Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3844 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3844 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14960/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (-) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 1325/2021 depositata il 13/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.la RAGIONE_SOCIALE ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Lecce ha ritenuto infondata la domanda proposta da essa ricorrente contro NOME COGNOME, ai sensi del secondo comma dell’art. 1067 c.c., affermando che, come già dichiarato dal giudice di primo grado sulla scorta degli accertamenti svolti dal consulente tecnico d’ufficio, la servitù di passaggio, a favore del terreno di essa ricorrente e a carico della confinante proprietà della COGNOME non risultava essere stata limitata dalle opere realizzate sul fondo servente. La Corte di Appello ha aggiunto che correttamente il giudice di primo grado aveva escluso potessero essere valorizzate le risultanze di una consulenza tecnica disposta nel giudizio tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, trattandosi, per un verso, di risultanze non opponibili alla COGNOME che ne aveva contestato la pertinenza rispetto alla servitù in questione e, per altro verso, di risultanze acquisite in un processo a cui la COGNOME era rimasta estranea. La Corte di Appello ha inoltre evidenziato che contrariamente a quanto sostenuto dalla RAGIONE_SOCIALE nessun valore ammissivo poteva essere annesso alla affermazione della COGNOME di aver realizzato opere sul fondo servente atteso che detta affermazione non involgeva il fatto che le opere avessero impedito o limitato l’esercizio della servitù;
NOME COGNOME resiste con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memoria;
la causa perviene al Collegio in conseguenza della richiesta di decisione formulata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione del giudizio per inammissibilità o comunque manifesta infondatezza del ricorso;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso vengono lamentate ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 1067, secondo comma, c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c. per avere la Corte di Appello ritenuto che le opere realizzate dalla COGNOME non avevano determinato alcuna limitazione all’esercizio della servitù laddove invece sarebbe stato da ritenere che dette opere avevano ‘determinato una maggiore difficoltà ed incomodo’ per il transito;
il motivo è inammissibile.
2.1. ‘In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità’ ( ex multis, Cass. Sez. 1, ord. n. 3340 del 05/02/2019).
La ricorrente, al di là della rubrica, non deduce che la Corte di Appello abbia violato o falsamente applicato l’art. 1067 c.c.
Mira a rimettere in discussione l’accertamento della Corte di Appello per cui ‘le opere eseguite non hanno inficiato la servitù di passaggio che non risulta violata’
2.2. Si aggiunge sotto diverso profilo che ‘ In tema di ricorso per cassazione, la deduzione del vizio di violazione di legge non determina, per ciò stesso, lo scrutinio della questione
astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, occorrendo che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente’ (Cass. Sez. U. n. 25573 del 12/11/2020);
3. con il secondo motivo di ricorso vengono lamentate ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 1067 c.c. e all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c.’. Deduce la ricorrente che la Corte di Appello avrebbe errato nel non prendere in esame, ‘quanto meno come prova di parte’, l’elaborato del consulente tecnico nominato nel processo tra essa ricorrente e la società RAGIONE_SOCIALE. Deduce poi che la Corte di Appello avrebbe errato nel non attribuire valore ammissivo alle dichiarazioni della COGNOME di aver realizzato opere sul proprio fondo;
4.il motivo è inammissibile.
4.1. In riferimento alla prima deduzione vale quanto segue. Sebbene sia vero che ‘il giudice di merito può utilizzare, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, anche prove raccolte in diverso giudizio fra le stesse o altre parti, come qualsiasi altra produzione delle parti stesse e può, quindi, avvalersi anche di una consulenza tecnica ammessa ed espletata in diverso procedimento, valutandone liberamente gli accertamenti ed i suggerimenti una volta che la relativa relazione peritale sia stata ritualmente prodotta dalla parte interessata’ (Cass. Sez. 2, sentenza n.12422 del 19/09/2000), deve tuttavia osservarsi che, nel caso di specie, la Corte di Appello ha escluso ‘l’opponibilità in alcun modo alla COGNOME‘ di quanto emerso nel giudizio promosso dalla odierna ricorrente nei confronti della RAGIONE_SOCIALE dopo aver ricordato l’eccezione sollevata dalla stessa COGNOME per cui la servitù oggetto di quel giudizio era altra rispetto a quella di cui si discuteva davanti alla Corte d’Appello essendo la prima la servitù costituita a mezzo
di atto notarile in data 8 ottobre 1991 e la seconda la servitù costituita con atto notarile del 1 agosto 1991, e dopo aver rilevato che i due atti notarili avevano ‘contenuto autonomo’. Alla luce di tale osservazione la deduzione in esame risulta inammissibile in quanto sottintendente una realtà di fatto, ossia la coincidenza tra le due servitù, che la Corte di Appello ha, sulla base di un confronto tra i due atti notarili, escluso e che non può essere ulteriormente riproposta in questa sede di legittimità.
4.2. In riferimento alla seconda deduzione, deve ricordarsi che la censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. può proporsi solo se sia allegato che il giudice del merito ha assunto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o ha disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, prove legali, ovvero ha considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. Sez. 1, sentenza n.6774 del 01/03/2022). Nel caso di specie la ricorrente, al di là della rubrica, non deduce che vi sia stata una violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 nei termini sopra delineati e mira invece a superare la riserva al merito del potere di valutazione del significato delle dichiarazioni di una parte, chiedendo in sostanza a questa Corte di legittimità una nuova valutazione del significato delle dichiarazioni;
5.in conclusione, sussistendo i presupposti per la declaratoria dell’inammissibilità di ciascuno dei motivi di ricorso , avuto riguardo all’art. 360-bis, n. 1, c.p.c. il ricorso va dichiarato inammissibile (Cass. 7155/2017);
a ll’inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese.
Poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque
infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatto applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma.
7.1. Quanto alla disciplina intertemporale, per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis cit. nel testo riformato, va richiamato l’indirizzo adottato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 27433/2023, secondo la quale detta normativa -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 d.lgs. n. 149 del 2022 -è immediatamente applicabile a seguito dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023; ciò in quanto l’art. 380 -bis cit. (che nella parte finale richiama l’art. 96, terzo e quarto comma, cit.) è destinato a trovare applicazione, come espressamente previsto dall’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 149 del 2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come quello in esame.
7.2. Sulla scorta di quanto esposto, la parte ricorrente va condannata al pagamento di una somma, equitativamente determinata in € 800,00, in favore della controparte e di una ulteriore somma, pari ad € 800,00, in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in
€1000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna la parte ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 800,00 in favore della controricorrente nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 800,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.