Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26888 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26888 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22071/2019 R.G. proposto da : COGNOME VITALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
nonchè contro COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 338/2019 depositata il 24/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.NOME, NOME e NOME COGNOME citavano davanti al Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentando che la servitù di passaggio a favore del loro terreno agricolo in Materdomini e a carico del limitrofo terreno dei convenuti, costituita per atto del AVV_NOTAIO del 3 gennaio 1971, era stata ristretta per effetto della apposizione da parte dei convenuti di una recinzione in travi di ferro lungo il tracciato. Nel suddetto atto notarile, stipulato tra i danti causa delle parti, la sede della servitù era individuata con la fascia di terreno, di larghezza di due metri calcolati dal confine tra il fondo servente e il terreno di NOME COGNOME, a sud. I convenuti non contestavano di aver apposto la recinzione sul lato della striscia a nord, ossia dalla parte opposta rispetto al confine del fondo servente con il fondo della COGNOME. Eccepivano la estinzione della servitù per non uso ultraventennale. Con memoria ex art.183 c.p.c. deducevano che il restringimento della servitù era stato causato da NOME COGNOME, la quale aveva modificato lo stato dei luoghi appropriandosi di una parte del loro fondo. Il Tribunale ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti di quest’ultima ai sensi dell’art.107 c.p.c. NOME COGNOME, chiamata dai convenuti in
adempimento dell’ordine del Tribunale, chiedeva di essere estromessa dalla causa alla quale sosteneva di essere estranea. Il Tribunale, istruita la causa a mezzo di testi ed esperita una CTU, condannava la COGNOME al ripristino dello stato dei luoghi imputando alla stessa il restringimento;
1.1. La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe, rigettava il primo motivo di appello della COGNOME con cui quest’ultima, sostenendo di essere stata chiamata in causa dagli originari convenuti con una domanda di regolamento di confini del tutto slegata da quella avanzata dai COGNOME, aveva contestato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ‘ritenuto regolare la chiamata’. In merito, la Corte di Appello ha affermato che ‘NOME, COGNOME NOME e NOME COGNOME già convenuti in primo grado, non hanno affatto proposto nei confronti di COGNOME NOME una domanda di regolamento di confini e di rivendica ma una domanda di condanna al ripristino del passaggio di cui gli attori vantavano diritto ad esercitare la relativa servitù sul presupposto che era stata lei a restringere arbitrariamente la parte del fondo assoggettata al transito … i convenuti hanno allegato che la COGNOME si sarebbe appropriata di una parte del fondo di loro proprietà gravata dalla servitù di passaggio a favore degli attori e ne hanno chiesto la condanna al rilascio al fine evidente di declinare ogni propria responsabilità ed ottenere il rigetto della pretesa in loro confronto’. La Corte territoriale ha accolto il secondo motivo di appello della COGNOME con cui questa aveva contestato l’affermazione del Tribunale secondo cui essa COGNOME avrebbe ostacolato il passaggio ‘con una azione costante e ripetuta nel tempo di occupazione del terreno’ dei COGNOME e della COGNOME. Al riguardo la Corte di Appello ha dato conto del fatto che, in base al contratto costitutivo della servitù tra i danti causa dei COGNOME e i danti causa dei COGNOME, la servitù avrebbe dovuto essere esercitata su una striscia di terreno larga due metri calcolati dal
confine della proprietà COGNOME rispetto alla proprietà COGNOME, ha evidenziato che, come emerso dalla CTU di primo grado, il confine di fatto tra queste due proprietà non coincideva con quello catastale, lo spazio su cui i COGNOME potevano transitare non aveva ‘costantemente’ la larghezza di due metri ed era definito, a nord, dalla recinzione in ferro collocata dai COGNOME, a sud, verso il fondo della COGNOME, da un canale di scolo delle acque e da un ‘filare alberato’, che non vi era prova della ‘immutazione dello stato dei luoghi’ da parte della COGNOME sia ‘per la pacifica immanenza del filare alberato da epoca immemore’ sia, quanto al canale di scolo, perché, da un lato, ‘nulla si conosce della dimensione e dell’andamento del fosso ai tempi dell’atto costitutivo della servitù’, dall’altro lato, i convenuti non avevano neppure allegato in cosa sarebbe consistita la modifica dei luoghi, sia perché, in relazione alla erosione ‘del piano viabile’ accertata dal CTU come conseguente al deflusso delle acque piovane dal fondo dei COGNOMERAGIONE_SOCIALE ‘a monte’ verso il fosso di scolo ‘a valle’, niente, ai sensi dell’art. 913 c.c. poteva imputarsi alla COGNOME, sia, infine, perché né ‘l’accertamento effettuato dall’ausiliario’ né i testi escussi avevano offerto elementi circa le cause del restringimento del passaggio dal lato della COGNOME se non l’evento naturale del dilavamento. La Corte di Appello ha dato infine conto del fatto che i COGNOME non avevano insistito nella domanda contro i COGNOME–COGNOME con la conseguenza che non vi era luogo ad alcuna pronuncia in merito. La Corte di Appello ha da ultimo condannato i NOME, i NOME e la NOME al pagamento delle spese;
2. contro la sentenza della Corte di Appello di Napoli, i NOME e la NOME ricorrono con quattro motivi avversati dalla COGNOME con controricorso. I NOME sono rimasti intimati. I ricorrenti e NOME COGNOME hanno depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relaziona all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1079 c.c. per avere la Corte di Appello avuto riguardo ai confini di fatto e alla situazione dello stato dei luoghi laddove invece avrebbe dovuto avere riguardo al contenuto dell’atto costitutivo della servitù e alle mappe catastali;
con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c. che la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto delle risultanze dell’atto costitutivo della servitù e della raffigurazione planimetrica eseguita dal Ctu, relative alla esatta individuazione del tracciato della servitù;
con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c., che la Corte di Appello avrebbe travisato le risultanze dell’atto costitutivo della servitù e della raffigurazione planimetrica eseguita dal Ctu, relative alla esatta individuazione del tracciato della servitù;
4.con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di Appello omesso di ‘indagare compiutamente la domanda formulata dai convenuti nei confronti della terza chiamata’. Specificamente si deduce che ‘la domanda su cui la Corte di Appello omette di pronunciarsi non era tanto e solo attraverso quale attività si è materializzata l’erosione della passata ad opera della COGNOME ma dove andasse individuata la passata’;
il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto non coglie la ratio della decisione.
Si sostiene che ai fini dell’azione di cui all’art. 1079 c.c. e quindi dello accertamento della servitù contestata è necessario avere riguardo in primo luogo al titolo costitutivo della servitù e alle mappe catastali, che, nella specie, il contratto notarile del 3 gennaio 1971 prevedeva che la servitù sarebbe stata esercitata
‘attraverso la striscia di terreno della costante larghezza di metri lineari due che partendo dalla corte comune … e seguendo prima il confine con COGNOME NOME e poi quello con il terreno di … raggiunge il fondo attribuito a COGNOME NOME ‘, che la Corte di Appello avrebbe fatto riferimento non al confine catastale ma al confine di fatto e allo stato dei luoghi.
La Corte di Appello ha precisato, ed emerge anche dal ricorso ed è sottolineato nel controricorso, che i COGNOME avevano lamentato che la servitù di passo a carico del terreno degli attuali ricorrenti era stata ristretta a causa della apposizione, da parte di questi ultimi, di una recinzione in ferro e che i ricorrenti si erano difesi eccependo la estinzione della prescrizione per non uso salvo a prospettare, in una delle memorie ex art. 183 c.p.c., che il restringimento era stato causato dalla attuale controricorrente, la cui proprietà -come la Corte di Appello ha chiarito- si trova rispetto alla striscia di terreno gravata dalla servitù dal lato opposto rispetto alla suddetta recinzione. Non vi è quindi mai stata una questione di delimitazione della servitù tra attori e convenuti e il coinvolgimento della attuale controricorrente è stato basato, come ricorda la Corte di Appello a pagina 7 della sentenza, sulla allegazione da parte dei convenuti ‘che la COGNOME si sarebbe appropriata di una parte del fondo di loro proprietà gravata dalla servitù di passaggio in favore degli attori’.
Ciò posto la questione sollevata con il motivo in esame si rivela del tutto disallineata rispetto alla ratio della sentenza impugnata, espressa dall’accertamento in fatto per cui non vi era prova alcuna né poteva evincersi dalla CTU che la COGNOME avesse modificato lo stato dei luoghi;
6. il secondo e il terzo motivo veicolano, come omesso esame delle risultanze e, rispettivamente, come travisamento delle risultanze del contratto costitutivo della servitù e dello ‘stralcio del foglio di mappa allegato alla relazione del CTU’, la medesima censura ossia che nella sentenza non avrebbero ‘trovato giusta considerazione’ i
dati costituiti dalla previsione contrattuale secondo la quale la servitù era costituita seguendo il confine della proprietà RAGIONE_SOCIALE con la proprietà COGNOME e dall’effettiva collocazione (risultante dalla stralcio planimetrico) della servitù non lungo il confine catastale ma all’interno della proprietà COGNOME RAGIONE_SOCIALE. A questa censura, mediante il terzo motivo di ricorso, sono aggiunte le allegazioni in fatto per cui, ‘nel tempo, sia il canale di scolo che la passata’ -ossia il tracciato della servitù’sono stati trasferiti ben al di là del confine della proprietà COGNOME e a distanza ben maggiore di due metri lineari dal suddetto confine’ e per cui quello che nella sentenza viene definito come filare alberato’ presente ‘da epoca immemore’ è ‘tutt’altro che un innesto secolare’ trattandosi ‘di specie vegetale giovane e non longeva (in particolare nocciolo) … che appare di recente innesto’. Ancora, mediante il terzo motivo si deduce che i testi avrebbero tutti confermato che il passaggio risultava ristretto sul lato confinante con la proprietà COGNOME;
7. anche per questi due motivi vale, quanto alla comune censura, la stessa ragione di inammissibilità in cui incorre la censura veicolata col primo motivo. Inammissibile è il terzo motivo nella parte in cui tenta di introdurre davanti a questa Corte di legittimità allegazioni in fatto nuove -si ricorda che la Corte di Appello a pagina 10 della sentenza ha evidenziato che i convenuti non avevano neppure allegato in cosa sarebbe consistita la modifica dei luoghi da parte della COGNOME– e legate ad aspetti valutativi quali, in particolare, quella sulle caratteristiche degli alberi menzionati dalla Corte di Appello. Inammissibile è il terzo motivo anche nella parte finale in cui si deduce che i testi avrebbero tutti confermato che il passaggio risultava ristretto sul lato confinante con la proprietà COGNOME. In realtà la Corte di Appello ha dato conto della dichiarazione dei testi (v. pagina 11 della sentenza) ma anche dato conto della loro dichiarazione ulteriore di non essere in grado di confermare che la restrizione fosse stata operata dalla RAGIONE_SOCIALE. Dato
il complessivo tenore delle dichiarazioni, la Corte di Appello ha ritenuto che le stesse non avessero ‘offerto elementi probatori di sicuro segno’ favorevole per la tesi dei COGNOME e della COGNOME. In sostanza con la parte del terzo motivo ora in esame, sotto l’apparente deduzione del vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di travisamento delle prove testimoniali, si mira, in realtà, inammissibilmente (v. Cass. SU n. 24476 del 27/12/2019) ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito;
8. il quarto motivo di ricorso è inammissibile. È censurabile come violazione dell’art. 112 c.p.c. l’omessa pronuncia su una domanda o eccezione. Nel caso si denuncia invece che la Corte di Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla attività attraverso la quale si è materializzata l’erosione della passata ad opera della COGNOME e sulla individuazione della passata. Come si legge nella sentenza impugnata e come gli stessi ricorrenti ricordano, in appello essi ricorrenti si erano limitati a ‘dedurre l’inammissibilità dell’appello e comunque la sua infondatezza’. Si aggiunge per completezza che la Corte di Appello non ha omesso di pronunciarsi sulla attività attraverso la quale si sarebbe materializzata l’erosione della passata avendo invece escluso che (vi fosse prova) di alcuna attività posta in essere dalla COGNOME determinativa della riduzione della servitù. Né la Corte di Appello ha omesso di pronunciarsi sulla individuazione della passata avendo dato conto del fatto che la stessa, come rappresentato dal CTU (v. pagina 9 della sentenza) era ‘all’interno della proprietà COGNOME –COGNOME‘ ed era delimitata, dal lato della proprietà della COGNOME, da un canale di scolo delle acque piovane provenienti dal fondo COGNOME–COGNOME mentre, dal lato opposto, era delimitata dalla recinzione in travi di ferro apposta dai COGNOMECOGNOME su ‘quella che era la via di passaggio’; 9. in conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
10. le spese seguono la soccombenza;
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in € 3500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2024.