Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5202 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 5202 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22404/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
nonchè contro
COMUNE DI ALBANO LAZIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 2891/2018 depositata il 04/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano dinanzi al Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Albano Laziale, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e il Comune di Albano Laziale, in confessoria servitutis, con conseguenti domande di condanna alla rimozione di opere e siepi da un percorso pedonale che collega i Comuni di Albano Laziale e di Ariccia, nonché al risarcimento dei danni.
Premettevano gli attori: (a) nell’atto di acquisto del 1956 del loro fondo era menzionato un diritto di passaggio corrispondente a tale percorso pedonale; (b) in seguito ad un piano particolareggiato, nella seconda metà degli anni ’90, l’area era stata urbanizzata e quindi il passaggio era stato interrotto.
Eccepiva RAGIONE_SOCIALE, in via preliminare, il proprio difetto di legittimazione passiva, avendo già alienato l’area in questione e nel merito, insieme agli altri convenuti, chiedeva il rigetto della domanda avversaria. Spiegavano intervento circa 65 abitanti della
zona, chiedendo l’accertamento dell’esistenza di un diritto di uso pubblico del passaggio pedonale.
Il Tribunale accoglieva la domanda.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e, con separato atto, anche RAGIONE_SOCIALE liquidazione proponevano gravame. Nella resistenza delle controparti, con sentenza n. 2891, depositata il 4 maggio 2018, la Corte d’appello di Roma rigettava l’impugnazione principale, confermando la condanna alla rimozione dei manufatti, che in accoglimento dell’appello incidentale estendeva altresì al Comune, di cui il Tribunale aveva invece acclarato l’estraneità alla lite.
I giudici di secondo grado ribadivano la correttezza delle modalità operative utilizzate dal C.T.U., che aveva accertato la sede originaria della servitù, il suo tracciato e la sua estensione, anche attraverso le riprese aerofotografiche. Aggiungevano che, nello stato di fatto descritto, neppure avrebbe potuto sostenersi che l’attuazione del P.R.G. potesse tradursi nell’eliminazione di un diritto reale parziario, in carenza di un obiettivo volto al raggiungimento di un interesse collettivo.
Ricorre in cassazione RAGIONE_SOCIALE con tre motivi.
Resistono NOME e NOME COGNOME con controricorso.
La causa, originariamente assegnata alla camera di consiglio del 10 marzo 2023, è stata rimessa all’udienza pubblica, alla luce della valenza nomofilattica della materia del contendere.
In prossimità della presente udienza, come per la precedente, entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con l’assorbimento dei restanti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte deve preliminarmente dare atto che il ricorso non risulta notificato agli appellati rimasti contumaci in secondo grado. Tuttavia, nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso o qualora questo sia prima facie infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (Sez. 2, n. 11287 del 10 maggio 2018).
Con il primo motivo, adducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2074 c.c., 42 Cost., 13 e 16 L. n. 1150/1942, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., si denuncia che la Corte di appello avrebbe disatteso il principio secondo cui gli strumenti urbanistici, quale espressione del potere autoritativo e discrezionale della Pubblica Amministrazione, ben possono incidere sul diritto di proprietà o sui diritti reali limitati, compresa quindi la servitù.
1.a) Censurato è fondamentalmente il seguente passaggio della motivazione della sentenza impugnata (p. 10 s.): nessun «rilievo assume la circostanza secondo cui nei grafici del Piano particolareggiato, approvato in esecuzione del Piano regolatore generale, non risultava indicato lo stradello in questione né che il citato strumento urbanistico avesse previsto un diverso collegamento tra il quartiere Stella e quello dei Bolognesi, circostanza questa peraltro negata dal Comune di Albano Laziale che in primo grado evidenziava l’inesistenza di atti della pubblica amministrazione modificativi di diritti esistenti in capo ai singoli cittadini. Nello stato di cose descritto, peraltro, neppure può sostenersi che l’attuazione del Piano regolatore generale –
certamente espressione della sussistenza di un interesse pubblico possa tradursi nella eliminazione di un diritto reale parziario se tale eliminazione non è funzionale al raggiungimento del citato interesse collettivo».
Il motivo è immeritevole di accoglimento.
1.b) La Corte d’appello ha dapprima accertato l’esistenza del vialetto, alla stregua dei titoli di provenienza e della C.T.U. espletata, indipendentemente dalle mappe catastali, ed ha inoltre convincentemente affermato che l’eliminazione di un diritto reale da parte del P.R.G. deve essere funzionale al raggiungimento di un interesse pubblico.
1.c) Il principio è certamente coerente con la statuizione di questa Suprema Corte, secondo cui, in tema di servitù, la sopravvenuta mancanza della ” utilitas ” che ne determina la quiescenza ai sensi dell’art. 1074 cod. civ., può derivare anche dal contrasto tra il contenuto del diritto reale minore e la normativa urbanistica di piano applicabile al fondo servente (allorché questa faccia venir meno la giustificazione e la rilevanza funzionale del contenuto della servitù), ma perché si determini l’estinzione della servitù è necessario che l’impossibilità di realizzare le opere necessarie all’esercizio del diritto perduri per il tutto il periodo, ventennale, di prescrizione previsto dal codice (Sez. 2, n. 7485 del 31 marzo 2011; Sez. 2, n. 1394 dell’11 febbraio 1998).
1.d) Nella specie, la mancata indicazione del viottolo nell’ambito del piano particolareggiato non significa necessariamente che esso contrasti con l’interesse pubblico né la ricorrente ne ha offerto adeguata dimostrazione -ed, inoltre, neppure è stato provato il decorso del termine di prescrizione.
E tanto a voler sottacere che, in difetto di un decreto di occupazione, il mutamento di destinazione urbanistica dei luoghi, non essendo atto rivolto specificamente ai privati, è inidoneo a
giustificare di per sé solo il sacrificio del diritto del privato senza alcun corrispettivo (Sez. U., n. 233 del 10 aprile 1999).
Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., si denuncia l’adesione acritica alle risultanze della c.t.u. senza adeguata risposta alle specifiche contestazioni dei convenuti. In particolare, a fronte dei rilievi svolti (piano particolareggiato non riportante come esistente lo stradello; non corrispondenza della presunta servitù di passaggio con il tracciato dello stradello; erronea ricostruzione della linea di confine e mancato accertamento dell’esatta posizione del muro delimitante la proprietà rispetto al muro di confine; stato di abbandono e disuso del camminamento, coperto in gran parte da una folta vegetazione; mancata menzione della servitù negli atti di acquisto della ricorrente e della sua dante causa), la Corte d’appello si era limitata a richiamare l’operato del consulente tecnico, con il solo riferimento agli accertamenti svolti circa l’esistenza del vialetto, senza prendere minimamente in considerazione le altre contestazioni.
2.a) Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., si censura la valutazione delle prove aventi ad oggetto il mancato esercizio ultraventennale della servitù con conseguente prescrizione. La Corte d’appello avrebbe mancato di considerare che i due testi di parte appellata erano parenti stretti di due soggetti in causa, che le loro dichiarazioni erano state smentite dal rilascio della concessione edilizia e che nel 1973 il Comune aveva occupato una porzione di superficie interessata dallo stradello.
I due motivi -scrutinabili congiuntamente, considerata la loro continenza logico sistematica – sono inammissibili.
3.a) Infatti, essendo stato evocato il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., il motivo di ricorso deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal
giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio.(Sez. 2, n. 10525 del 31 marzo 2022; Sez. 2, n. 20718 del 13 agosto 2018; Sez. 1, n. 17761 dell’8 settembre 2016).
3.b) Per un verso, nella nozione di fatto storico non sono inquadrabili le conclusioni di una consulenza tecnica d’ufficio, risolvendosi la critica nell’esposizione di mere argomentazioni difensive riguardanti un elemento istruttorio (Sez. 3, n. 6322 del 2 marzo 2023; Sez. 1, n. 16 marzo 2022 n. 8584). Se poi il fatto storico fosse considerato l’accertamento dell’esistenza del tracciato e il suo uso, la sentenza impugnata lo avrebbe comunque esaminato (v. pagg. 9,10, 12).
3.c) Per altro verso, è opportuno ricordare che la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicché rimane estranea al presente giudizio qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.
3.d) Per il resto, va ribadito che l’esame dei documenti esibiti e la valutazione degli stessi, come anche il giudizio sull’attendibilità dei
testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 1, n. 19011 del 31 luglio 2017; Sez. 1, n. 16056 del 2 agosto 2016).
3.e) È, in conclusione, inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Sez. U, n. 34476 del 27 dicembre 2019; Sez. 1, n. 5987 del 4 marzo 2021).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite della controricorrente, come liquidate in dispositivo.
Si dà atto che sussistono i presupposti processuali per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore del COGNOME e della COGNOME , liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 3.500
(tremila/500) per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
Così deciso in Roma il 16 gennaio 2024, nella camera di consiglio