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Servitù di passaggio: limiti all’uso del viale comune

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1710/2024, ha stabilito i limiti della servitù di passaggio su un viale in comproprietà. Il caso riguardava l’utilizzo di un viale, originariamente destinato al servizio di due fondi specifici, per l’accesso di mezzi pesanti a un opificio industriale situato su un terzo fondo, non contemplato nell’atto costitutivo. La Corte ha confermato la decisione d’appello, ribadendo che tale utilizzo costituisce un’illegittima imposizione di una nuova servitù, eccedendo i limiti del diritto di comunione. È stato inoltre respinto il ricorso per l’acquisizione del diritto per usucapione, mancando il presupposto temporale ventennale.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Servitù di Passaggio: Quando l’Uso del Viale Comune Supera i Limiti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di diritti reali: i limiti e la destinazione di una servitù di passaggio costituita su un’area comune. La decisione chiarisce che il diritto di usare una strada condivisa è strettamente legato ai fondi per i quali è stata originariamente creata e non può essere arbitrariamente esteso a proprietà diverse, anche se appartenenti a uno dei comproprietari.

I fatti del caso: una strada condivisa e un’attività industriale

La vicenda giudiziaria nasce da un atto di divisione del 1976, con cui due sorelle avevano convenuto di creare un viale comune (un ‘viottolo’) per dare accesso ai loro rispettivi fondi. Anni dopo, una delle sorelle e suo marito, dopo aver acquistato il fondo dell’altra e aggregato ulteriori terreni, utilizzavano questo viale per il transito di mezzi pesanti (TIR, autotreni) diretti a un opificio per la lavorazione di prodotti agricoli, situato su una particella di loro esclusiva proprietà che non era originariamente servita dal viale.

L’altra sorella, proprietaria del fondo confinante, lamentava che tale uso intensivo e industriale del viale, con conseguente occupazione di aree e danneggiamenti, fosse illegittimo, in quanto eccedeva la funzione originaria della strada, destinata a un uso residenziale e agricolo.

La decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Napoli, riformando la sentenza di primo grado, dava ragione alla proprietaria del fondo confinante. I giudici stabilivano che l’utilizzo del viale per servire l’opificio, situato su un fondo diverso da quelli per cui era stato creato, costituiva un’illegittima imposizione di una nuova servitù di passaggio. Di conseguenza, ordinavano ai proprietari dell’opificio di cessare il transito di automezzi commerciali sul viale comune.

La questione della servitù di passaggio e l’estensione del diritto

I proprietari dell’opificio hanno impugnato la decisione in Cassazione. Sostenevano che i successivi atti di acquisto avessero di fatto ampliato il loro diritto di comunione sul viale, estendendolo anche a servizio della loro attività industriale. A loro avviso, il diritto di passaggio si era trasferito e ampliato con le proprietà acquistate.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la decisione d’appello. I giudici hanno chiarito che, ai sensi degli articoli 1100 e 1102 del codice civile, il diritto di ciascun partecipante alla comunione di servirsi della cosa comune trova un duplice limite: non pregiudicare il diritto degli altri partecipanti e non alterare la destinazione impressa dal titolo costitutivo.

Nel caso specifico, il viale era stato creato con un preciso contratto per servire unicamente due specifici fondi. Utilizzarlo per accedere a un terzo fondo, per di più a servizio di un’attività industriale con mezzi pesanti, altera la destinazione originaria e crea un peso indebito (una servitù illegittima) sul fondo dell’altro comproprietario. L’acquisto di nuove proprietà confinanti non determina automaticamente l’estensione della comunione del viale a queste ultime.

Inoltre, la Corte ha respinto la domanda subordinata di riconoscimento dell’acquisto della servitù per usucapione. I giudici di merito avevano correttamente accertato che il passaggio con mezzi pesanti era iniziato in un’epoca troppo recente per far maturare il termine di venti anni necessario per l’usucapione, basandosi sulle risultanze di perizie e testimonianze.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un importante monito per chi è comproprietario di aree comuni come strade, cortili o passaggi. La destinazione d’uso stabilita nell’atto costitutivo della comunione è vincolante e non può essere modificata unilateralmente per servire altre proprietà esclusive. Per estendere l’utilità di un bene comune a un fondo diverso, è necessario il consenso di tutti i comproprietari, formalizzato in un nuovo accordo, in quanto si tratta di costituire una nuova servitù. In assenza di tale accordo, l’uso improprio è illegittimo e può essere inibito dall’autorità giudiziaria.

È possibile utilizzare una strada privata comune per accedere a un proprio fondo che non era originariamente servito da quella strada?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’uso di una strada comune è limitato ai soli fondi per i quali è stata originariamente creata tramite accordo. Utilizzarla per accedere a un fondo diverso costituisce un’alterazione della destinazione e un’illegittima imposizione di una nuova servitù, che richiede il consenso di tutti i comproprietari.

Cosa succede se un comproprietario acquista un terreno confinante con la strada comune?
L’acquisto di un terreno confinante non estende automaticamente il diritto di usare la strada comune a servizio della nuova proprietà. Il diritto di comunione sulla strada rimane legato ai fondi originari, come stabilito nel titolo costitutivo.

Perché la Corte ha negato l’acquisto della servitù per usucapione?
La Corte ha rigettato la domanda di usucapione perché non era trascorso il periodo di tempo necessario (di regola 20 anni) di possesso continuo e ininterrotto. L’istruttoria ha dimostrato che l’uso intensivo del passaggio con mezzi pesanti era iniziato in un’epoca troppo recente per soddisfare il requisito temporale previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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