Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1244 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1244 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18701/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (VLVGPP66E20F943V) , rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (RVNVCN68S03G999F)
-ricorrenti principali-
contro
COGNOME NOMECOGNOME, COGNOME COGNOME, difesi dagli avvocati COGNOME (BGNFNC75E55D612W) e COGNOME (PSQLSN67T13B832F)
-controricorrenti-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE difese dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 923/2022 depositata il 16/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia, concernente l’accertamento negativo di una servitù di passaggio, trae la propria origine da un atto di divisione del 1958. In particolare, i signori COGNOME e COGNOME convenivano dinanzi al Tribunale di Prato l’Immobiliare RAGIONE_SOCIALE e la LCS per l’accertamento dell’inesistenza di una servitù di passaggio (carrabile). Le parti convenute eccepivano la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia o, in subordine, per usucapione. In via riconvenzionale, proponevano domanda di garanzia per evizione nei confronti dei danti causa (i signori COGNOME e COGNOME). Il Tribunale rigettava. In riforma, la Corte di appello ha accolto la domanda principale (accertando l’inesistenza della servitù) e rigettato la domanda di garanzia, ritenendo che difetti la prova che, nel contratto tra i chiamati in garanzia per evizione e la società che si pretende come garantita, sia stata trasferita tale servitù.
Ricorrono in cassazione la parte pretesa come garante (COGNOME/COGNOME) con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste la parte che si pretende garantita (RAGIONE_SOCIALE con controricorso e ricorso incidentale con un motivo, illustrati da memoria. Resiste la parte attrice (COGNOME/COGNOME) con controricorso, illustrato da memoria. Il consigliere delegato ha proposto di definire il ricorso principale e quello incidentale nel senso della loro inammissibilità e/o manifesta infondatezza. I ricorrenti ne hanno chiesto rispettivamente la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Le eccezioni pregiudiziali di rito sollevate dalla parte controricorrente a p. 9 ss. (difetto di legittimazione ad impugnare dei sig.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME inammissibilità dei documenti prodotti con il ricorso nonché dei documenti prodotti ai sensi dell’art. 372 c.p.c.) sono superate in virtù del principio della ragione più liquida (cfr., per tutte Cass. SU 9936/2014: «In applicazione del principio processuale della ragione più liquida desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale. (Nella specie, la S.C., sebbene il ricorrente avesse formulato l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano, ha dichiarato l’infondatezza di una domanda risarcitoria ex art. 2051 cod. civ., avendo ravvisato l’origine dell’evento dannoso in una utilizzazione impropria della res da parte del danneggiato).
2.1. – Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 1062 c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione alla costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia. La Corte di appello di Firenze ha erroneamente rigettato l’eccezione proposta da RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME di costituzione della servitù di passo a favore delle particelle 1317, 1316 e 1224, ritenendo che l’atto di divisione ereditaria del 26/04/1958 non avesse ad oggetto le particelle originarie della corte comune e dei resedi. Lo stradello si articola in tre parti: la prima è la corte comune (particella 144), la seconda sono i resedi oggetto di permuta COGNOME
COGNOME/COGNOME
COGNOME nel dicembre 1998, la terza è stradello vero e proprio sulle particelle oggetto dell’atto di divisione del 1958. Gli attori COGNOME e COGNOME hanno peraltro ammesso nell’atto di citazione l’esistenza della servitù di passo sulla corte di loro proprietà, contestandone solo la limitazione all’uso agricolo e alle particelle 394 e 728 di proprietà COGNOME. Sussistono tutti i presupposti per la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, essendo provata l’appa-
renza della servitù da plurimi elementi fattuali quali la partecipazione di NOME COGNOME alle spese di manutenzione, l’esistenza di un marciapiede cordonato, di box accessibili dallo stradello e il possesso del telecomando della sbarra d’ingresso.
2.2. – Il secondo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 1141, 1143, 1158, 2697 e 2729 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’acquisto per usucapione della servitù di passo. La Corte di appello ha erroneamente rigettato l’eccezione di usucapione ultraventennale proposta da COGNOME, ritenendo insufficienti le presunzioni offerte e non considerando che oggetto di prova non era l’esistenza della servitù sulle particelle degli attori COGNOME–COGNOME (già pacifica e ammessa in citazione), ma solo la sua estensione alle particelle 1224, 1316 e 1317, oltre che alla particella 106. Il possesso ultraventennale risulta invece provato da plurimi elementi quali: l’ammissione degli attori dell’esistenza di una servitù di passo agricolo dalla particella 144 alla 106, l’impossibilità di accesso carrabile dalla INDIRIZZO Casale per la presenza dal 1978 di un marciapiede cordonato, l’esistenza di box accessibili solo dallo stradello tergale, la partecipazione di Giusti alle spese di manutenzione della corte comune come da scrittura privata del 13/05/01, l’utilizzo dello stradello da parte di tutti i frontisti come accertato dal c.t.u.
– I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente perché sono accomunati dal tratto che ne determina altresì l’infondatezza: essi aspirano a una terza istanza di cognizione piena in fatto e in diritto, che non può essere dischiusa da una pronuncia di una corte di legittimità come la Cassazione. Dinanzi a censure di tale tipo, il compito di questa Corte è di verificare che il giudice di merito manifesti di aver fatto buon governo del proprio potere di apprezzamento.
Ciò è accaduto nel caso attuale. A fondamento dell’accoglimento della domanda negatoria, la Corte di appello (p. 13) ha premesso
che l’onere della prova del fatto costitutivo della servitù grava sul convenuto e che la destinazione del padre di famiglia presuppone appartenenza originaria dei due fondi allo stesso proprietario (art. 1062 c.c.). Essa ha accertato che l’atto di divisione del 1958 non si riferiva ai terreni di proprietà della parte attrice, in altri termini in tale atto non vi erano le attuali particelle (144, 545 e 1064) controverse. Ritiene anzi raggiunta la prova contraria, cioè che i due fondi non appartenevano originariamente allo stesso proprietario NOME COGNOME Quanto all’usucapione (p. 15 s.), essa non si è verificata: « nessuna prova storica diretta del corpus possessionis per il tempo necessario all’usucapione è stata fornita, non essendo stato escusso alcun testimone, né fornita altra prova equipollente », né è stato adempiuto l’onere di riproposizione specifica delle istanze istruttorie in sede di precisazione delle conclusioni. Quanto ai capitoli di prova indicati dalla parte pretesa come garante, essi sono generici e quindi inammissibili. Stesse considerazioni ostative valgono per i capitoli identici articolati dalla parte che si pretende come garantita. La prova per presunzioni non sarebbe assistita da sorte migliore. Le fotografie citate dalla difesa della parte pretesa come garante non sono disponibili, poiché la difesa non ha depositato in appello il relativo fascicolo (sentenza, p. 10). Altri elementi indicati (la presenza del box di lamiera ovvero il cordolo del marciapiede) sono equivoci, perché non sono in grado di dimostrare l’attualità e la costanza dell’esercizio della servitù. La partecipazione agli oneri di asfaltatura è irrilevante.
Dinanzi ad una motivazione così articolata, questa Corte non può che ribadire che il giudice di merito che fondi il proprio apprezzamento su alcune prove piuttosto che su altre non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento in una motivazione effettiva, risoluta e coerente (che rispetti quindi i canoni dettati da Cass. SU 8053/2014). Di talché egli – in obbedienza al canone di proporzionalità di una motivazione necessaria,
idonea allo scopo e adeguata – non è tenuto a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. Sarebbe superfluo ricordare che l’esito positivo della verifica compiuta dalla Corte di cassazione non implica logicamente che essa faccia proprio tale apprezzamento: esso è e rimane del giudice di merito (cfr. l’aggettivo «suo» che qualifica l’apprezzamento del giudice di merito ex art. 116 co. 1 c.p.c.).
I primi due motivi del ricorso principale sono rigettati.
4. – Il terzo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c. in relazione al rigetto delle prove testimoniali. La Corte di appello ha contraddittoriamente negato la prova del corpus possessionis respingendo al contempo i capitoli di prova specificamente dedotti dai Giusti/COGNOME sul punto. Questi ultimi miravano a dimostrare: l’utilizzo dello stradello da parte dei frontisti dal 1958, l’uso dello stesso da parte dei Giusti/COGNOME dal 11/03/82 per accedere alle particelle 1317, 1316 e 1224, l’impossibilità di accesso diretto dalla INDIRIZZO Casale per la presenza di recinzione metallica, canale di scolo e cordolo del marciapiede, nonché la realizzazione da parte dei Colzi di un passo carrabile con cancello automatico sulla particella 1064. La riproposizione di tali prove in appello, mediante richiamo alla seconda memoria istruttoria di primo grado, non può considerarsi mera clausola di stile, come dimostra la stessa motivazione della sentenza impugnata. Nel motivo sono stati esposti i quattro capitoli di prova non ammessi dalla Corte di appello di Firenze. In particolare, si chiedeva di provare per testimoni: l’utilizzo dello stradello da parte dei frontisti a piedi e con autoveicoli dal 1958; l’uso dello stesso da parte dei Giusti NOME COGNOME e NOME per accedere con autoveicoli alle particelle 1317, 1316 e 1224 dall’11/03/821; l’impossibilità di accesso diretto dalla INDIRIZZO Casale per la presenza di recinzione metallica, canale di scolo e cordolo del mar-
ciapiede; la realizzazione da parte dei Colzi di un passo carrabile con cancello automatico sulla particella 1064 e il tipo di utilizzo dello stesso.
Il terzo motivo è inammissibile.
La pronuncia d’inammissibilità dell’istanza di prova testimoniale si fonda su due ragioni distinte, ciascuna delle quali è autonomamente in grado di fondarla. Solo una di esse è stata tratta ad oggetto del motivo di ricorso. Infatti, ove la sentenza (o il capo di sentenza) sia sorretto da due (o più) ragioni, distinte ed autonome, nel senso che ciascuna è sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile la censura relativa all’altra (o alle altre), poiché la progressiva formazione del giudicato – inerente al progredire delle istanze e al restringersi della portata delle censure -ha reso ormai definitiva la sentenza (o la parte di sentenza), sulla base della ragione non colpita dall’impugnazione (cfr., tra le altre, Cass. 9752/2017).
Nel caso attuale, la Corte di appello ha fondato la dichiarazione d’inammissibilità dell’istanza di prove testimoniali dirette a provare l’usucapione della servitù anche sulla genericità e irrilevanza dei capitoli di prova presentati (v. p. 16 e 19). Tale ratio non è stata tratta ad oggetto di una censura specifica.
5. L’unico motivo d el ricorso incidentale denuncia violazione degli artt. 1484 e 1489 c.c. in tema di garanzia per evizione, sostenendo che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto non operativa la garanzia prestata nel contratto di compravendita del 29/10/04, qualificando come mera clausola di stile l’art. 3 del contratto con cui il venditore si obbligava a tenere indenne la società acquirente da ogni danno conseguente all’indisponibilità totale o parziale dei terreni venduti. La Corte distrettuale ha inoltre escluso il danno sul presupposto che la società acquirente aveva scelto di edificare secondo un progetto alternativo rinunciando all’accesso carrabile dallo stradello tergale, mentre il danno sussisteva quanto
meno nelle spese legali di € 35.856,20 sostenute nel giudizio contro i terzi e per chiamare in causa i venditori.
L’unico motivo di ricorso incidentale è inammissibile .
Sotto il profilo formale della violazione degli artt. 1484 e 1489 c.c., esso mira in realtà a sollecitare una inammissibile rivalutazione del merito della controversia in ordine alla sussistenza dei presupposti della garanzia per evizione, attraverso la una ricostruzione della volontà delle parti alternativa (senza censurare specificamente la violazione di canoni legislativi di ermeneutica contrattuale) rispetto a quella che invece la Corte distrettuale ha ricostruito, in modo adeguato.
Infatti, la Corte di appello ha accertato in fatto che il contratto di compravendita del 29/10/04 non disponeva il trasferimento del diritto reale di accesso dallo stradello tergale, sicché la clausola di garanzia contenuta nell’art. 3 del contratto non poteva operare rispetto a un diritto non compreso nella vendita. Tale accertamento di fatto, sorretto da motivazione congrua e immune da vizi logici, non è sindacabile in sede di legittimità attraverso la denuncia di violazione di legge, costituendo un tipico giudizio di merito la valutazione se un determinato diritto sia stato o meno incluso nel contratto di vendita.
Il ricorso incidentale è rigettato.
– Tra le parti ricorrenti principale e incidentale le spese del presente giudizio vanno compensate integralmente in considerazione dell’esito del giudizio ; la parte ricorrente principale e quella incidentale vanno invece condannate a rimborsare alla parte controricorrente vittoriosa (COGNOME/COGNOME) le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
Considerato che la decisione è conforme alla proposta, infine, i ricorrenti principali e incidentali vanno condannati in via solidale al pagamento ex art. 96 co. 3 c.p.c. di ulteriore somma in favore della parte controricorrente (COGNOME/COGNOME; ricorrenti principali e ricor-
renti incidentali vanno condannati ciascuno al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. di una ulteriore somma in favore della cassa delle ammende;
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente principale e della parte ricorrente incidentale, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa integralmente tra le parti ricorrenti principale e incidentale le spese del presente giudizio; condanna altresì le parti ricorrenti (principale, incidentale) in via solidale a rimborsare alla parte controricorrente (RAGIONE_SOCIALE COGNOME) le spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000,00 oltre a € 200 ,00 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge; condanna le parti ricorrenti principale e incidentale in via solidale al pagamento ex art. 96 co. 3 c.p.c. di € 4.000,00 in favore della parte controricorrente (Colzi/Di COGNOME); condanna, infine, la parte ricorrente principale e la parte ricorrente incidentale ciascuna al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. della somma di € 3.000 ,00 in favore della cassa delle ammende;
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera sia della parte ricorrente principale che della parte ricorrente incidentale, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 06/11/2024.