Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32551 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32551 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31241/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 716/2019 depositata il 28/03/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nella parte ancora rilevante, la controversia concerne una servitù di passaggio. In primo grado, giudicando sulle domande principali e riconvenzionali delle parti in causa, volte ad ottenere la reciproca chiusura o rimozione di parti delle abitazioni tra loro confinanti, il Tribunale di Pistoia dichiarava tra l’altro la cessazione della materia del contendere in riferimento ad una serie di domande, rigettando tra l’altro una domanda riconvenzionale di accertamento dell’esistenza di una servitù di passaggio invocata, in via principale, per destinazione del padre di famiglia e, in via subordinata, per usucapione.
Nella parte rilevante, la Corte di appello ha confermato il rigetto della domanda riconvenzionale di accertamento della servitù di passaggio.
Ricorre in cassazione la parte convenuta con due motivi. Resiste la parte attrice con controricorso.
Il consigliere delegato ha proposto di definire il ricorso per inammissibilità o manifesta infondatezza. La ricorrente ne ha chiesto la decisione.
Sono pervenute memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Del Collegio fa parte legittimamente il Consigliere NOME COGNOME che ha redatto la proposta di definizione. Infatti, secondo Cass. SU 9611/2024, nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la
proposta di definizione può far parte – ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa.
2. – Il primo motivo (p. 13 ss.) denuncia che la Corte di appello ha errato nel trattare congiuntamente le questioni relative alla servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia e per usucapione, che avrebbero dovuto essere valutate separatamente. Si sostiene che la prova dell’esistenza di opere apparenti che giustificassero la servitù non sia stata adeguatamente considerata, allegandosi che l’esistenza del passo pedonale non è stata contestata da COGNOME e COGNOME, che tutti i testi escussi in primo grado hanno riferito dell’esistenza di un passo pedonale, che quindi la Corte di appello avrebbe dovuto dare per pacifica l’esistenza di opere apparenti. Quanto all’esistenza della servitù per destinazione del padre di famiglia, si sostiene che l’esistenza di tali opere all’atto della divisione è provata documentalmente. La circostanza che il fondo servente e quello dominante appartenessero ad un unico proprietario è documentata. Si deduce violazione degli artt. 1061, 1062, 2697 c.c., 115 c.p.c.
Il secondo motivo (p. 17 ss.) verte sul tema del possesso conforme al titolo e l’animus possidendi. La ricorrente cita una relazione ipotecaria ventennale con allegata una rettifica catastale concernente gli immobili de quibus. Si desume quindi l’esistenza di un titolo della servitù di passaggio, un possesso conforme al titolo, l’irrilevanza dell’indagine sull’animus possidendi, l’infondatezza
dell’eccezione fondata sulla mera tolleranza, la credibilità della deposizione della teste COGNOME, la non persuasività di altre deposizioni. Si deduce violazione degli artt. 1158, 1163, 1143, 1444, 116 c.p.c.
3.- I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per connessione.
Di entrambi è da dichiarare l’infondatezza.
Nella parte censurata della sentenza (p. 8-10), la Corte di appello ha argomentato in questi termini. Non è sufficiente dimostrare l’appartenenza originaria dei fondi a un unico proprietario, ma anche il concreto esercizio del diritto e la concreta utilità dello stesso in favore di colui che lo rivendica, nonché, sotto il profilo del consolidamento del diritto per decorso del termine ad usucapire, il possesso continuato nel tempo uti dominus. Nel caso attuale, la storia che ha riguardato l’edificio pervenuto alle parti in causa è ben lungi dall’identificarlo nei termini che consentano di accreditare la presenza di servitù costituite per destinazione del padre di famiglia. Difatti, è provato che l’intero stabile ebbe a subire modifiche dalle quali non risulta siano residuate a favore dell’uno o dell’altro proprietario specifiche servitù. Non sono stati prodotti elementi probatori tali da dimostrare l’esistenza della servitù e non risultano tracce permanenti o segni visibili che attestino l’utilizzazione stabile e continuata del passaggio in questione. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che non ci siano le condizioni per riconoscere la servitù di passaggio, né per destinazione del padre di famiglia, né per usucapione.
Dinanzi ad una motivazione così articolata, l’argomentazione complessiva sviluppata da ciascuno dei due motivi urta contro il principio secondo il quale il giudice di merito che fondi il proprio apprezzamento su alcune prove piuttosto che su altre non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere esplicitamente ogni
singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. In tal modo sono da ritenersi disattesi i rilievi che, sebbene non menzionati, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata. L’apprezzamento del giudice di merito è censurabile in sede di legittimità solo nel caso in cui la motivazione sia talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l’iter logico seguito dal giudice, mentre non vi è spazio per una critica ad opera del ricorrente che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente ricostruzione dei fatti.
Per quanto attiene alle censure di violazione di norme di diritto, la parte ricorrente prospetta come tali doglianze che muovono in realtà da una diversa ricostruzione istruttoria della situazione di fatto rilevante e quindi si risolvono nell’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta mediante una diversa valutazione delle risultanze di causa, che rientra nell’apprezzamento del giudice di merito. Censurare tale apprezzamento è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (così, tra le altre, Cass. 26709/2022).
Inoltre, in particolare, la parte ricorrente non si confronta con l’orientamento secondo il quale: «il requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio rivelanti, in modo non equivoco, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di un preciso onere a carattere stabile. Ne consegue che, per l’acquisto in base a dette modalità di una servitù di passaggio, non basta l’esistenza di una strada o di un percorso all’uopo idonei, essendo, viceversa, essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello
preteso servente ed occorrendo, pertanto, un quid pluris che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù (così, tra le altre, Cass. 11834/2021).
I due motivi vanno dunque respinti.
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, anche ai sensi dell’art. 96 co. 3 e 4 c.p.c. (essendo la decisione conforme alla proposta: cfr. art. 380 bis cpc).
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000,00 oltre a € 200 ,00 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge. Inoltre, condanna la parte ricorrente al pagamento ex art. 96 co. 3 c.p.c. di € 4.000,00 in favore della parte controricorrente, nonché al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. di € 3.000 ,00 in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23/10/2024.