Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4195 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4195 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14203/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende per procura in calce al ricorso,
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n.2333/2021 depositata l’ 1.12.2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25.1.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME e NOME COGNOME, proprietari di un fabbricato colonico poi trasformato in civile abitazione su due piani, con ripostiglio, garage e resede in Comune di Montecarlo (LU), riportato nel NCT a foglio 13, mappale 20, con atto del 25.3.1988 del AVV_NOTAIO acquistavano da COGNOME NOME una porzione di terreno posta sul retro del fabbricato, lato nord (mappale 426), sulla quale gravava un fabbricato rurale da demolire, al posto del quale avevano poi realizzato abusivamente una tettoia per riporvi il pallet e altro materiale, senza che nell’atto stesso fosse fatta menzione delle modalità di accesso a tale porzione, che confinava con la parte terminale della corte Tori, di proprietà esclusiva di COGNOME NOME (a foglio 13 mappale 19, poi 881).
Con atto di citazione del 2013 COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Lucca gli eredi del deceduto COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, sostenendo che fin dall’acquisto del mappale 426 nel 1988 avevano esercitato il passaggio a piedi e con mezzi meccanici per raggiungere tale porzione di terreno posta sul retro della loro abitazione, lato nord, sulla porzione terminale della corte esclusiva, denominata corte Tori, di COGNOME NOME (a foglio 13 mappale 19, poi 881), limitrofa, che conduceva alla strada vicinale, lamentando che i COGNOME avevano frapposto ostacoli a tale passaggio (in particolare una recinzione che chiudeva lo sbocco della corte sulla strada vicinale all’altezza dello spigolo nord dell’abitazione degli attori), confermato dalla presenza di ghiaia sul tratto terminale della corte, e chiedevano
quindi l’accertamento dell’acquisto da parte loro della suddetta servitù di passaggio pedonale e carrabile per usucapione, con condanna dei convenuti alla rimozione della recinzione che lo ostruiva.
Si costituivano nel giudizio di primo grado COGNOME NOME e COGNOME NOME, che chiedevano il rigetto dell’avversa domanda, negando la sussistenza del passaggio ultraventennale reclamato dagli attori, e sottolineando che la proprietà dei predetti era munita di altri accessi alla parte posteriore, anche se in parte ostruiti dalle costruzioni abusive realizzate dagli attori medesimi, e che l’atto di acquisto del AVV_NOTAIO del 25.3.1988, col quale gli attori avevano in un secondo momento comprato da COGNOME NOME la porzione sul retro della loro abitazione (il mappale 426), prevedeva l’obbligo da parte degli acquirenti di realizzare a loro spese un muretto di delimitazione del confine rispetto alla residua corte esclusiva del venditore, che avrebbe dovuto impedire l’accesso da tale corte alla porzione venduta, che però gli attori non avevano costruito, collocando al suo posto delle reti di cantiere precarie, a protezione dei piccoli fabbricati abusivi che avevano edificato sul retro della loro abitazione.
Con sentenza n. 1551/2018 del 19.10.2018 il Tribunale di Lucca rigettava la domanda di usucapione della servitù, ritenendo insufficienti le testimonianze addotte per provare il possesso del passaggio ultraventennale, e non provato il requisito dell’apparenza della servitù, in quanto la residua ghiaia presente sul tratto della corte esclusiva di proprietà dei convenuti, che sfociava sulla strada vicinale, non aveva il necessario carattere della permanenza, e non vi era prova che gli attori avessero curato e mantenuto l’inghiaiatura di tale tratto di corte limitrofo al loro mappale 426, osservando che la proprietà degli attori era munita di ben tre altri accessi e condannando gli attori alle spese processuali e di CTU.
Appellata tale sentenza dagli originari attori, che chiedevano una diversa valutazione delle prove ed una revisione delle statuizioni sulle spese, invocando per la prima volta la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, e venivano contrastati dai COGNOME, la Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza n. 2333/2021 del 27.10/1.12.2021, rigettava l’appello, previo riesame delle prove testimoniali e della CTU, ritenendo non provato il possesso ultraventennale del passaggio, ribadendo il difetto delle opere permanenti e visibili indicative della sussistenza del peso sulla corte degli appellati a favore del mappale 426, in quanto le residue tracce di inghiaiatura emergenti dalle foto allegate alla CTU, ormai neppure evidenti, non avevano il carattere della permanenza e non era stata fornita dagli attori la prova che fossero stati loro a curare e fare oggetto di manutenzione continuativamente detta inghiaiatura per il tempo necessario alla maturazione dell’usucapione, e condannava gli appellanti alle spese di secondo grado.
Avverso tale sentenza, non notificata, hanno proposto ricorso alla Suprema Corte, notificato il 27.5.2022 a COGNOME NOME e COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, affidandosi a due motivi, e resistono i COGNOME con controricorso notificato l’1.7.2022.
Il 27.2.2023 il Consigliere delegato ha depositato proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis c.p.c., per inammissibilità o comunque manifesta infondatezza del ricorso.
Ricevuta comunicazione il 27.2.2023 della suindicata proposta, il legale dei ricorrenti, AVV_NOTAIO, munito di nuova procura speciale, l’8/11.4.2023 ha depositato istanza di decisione ex art. 380 bis comma 2° c.p.c.
Fissata quindi udienza in camera di consiglio, i soli ricorrenti hanno depositato l’8/11.4.2023 memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
La causa è stata trattenuta in decisione nell’adunanza camerale del 25.1.2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 1062 cod. civ., sostenendo che l’impugnata sentenza avrebbe omesso di pronunciarsi sul loro motivo di appello col quale avevano chiesto di accertare la costituzione della servitù oggetto di causa per destinazione del padre di famiglia, per la quale, in assenza di manifestazione nell’atto di vendita del mappale 426 di una volontà contraria al diritto di passaggio, era sufficiente che il requisito dell’apparenza sussistesse solo al momento della separazione dei fondi originariamente di un unico proprietario (nella specie COGNOME NOME), come affermato dalla sentenza n. 4214 del 21.2.2014 della Corte di Cassazione, e quindi alla data dell’acquisto da parte loro, previo distacco dalla corte Tori, del mappale 426, avvenuto il 25.3.1988, e non per tutto il tempo necessario alla maturazione dell’usucapione, come motivato dalla Corte d’Appello di Firenze. A supporto di tale motivo i ricorrenti osservano che essendo il diritto di servitù di passaggio un diritto reale autodeterminato che si identifica in sé e non in base alla sua fonte, con conseguente possibilità per il giudice di accogliere la domanda di accertamento di tale diritto anche per un titolo diverso da quello invocato (nella specie destinazione del padre di famiglia, anziché usucapione ventennale), la Corte d’Appello di Firenze non poteva omettere di pronunciarsi sulla domanda di accertamento della costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia (oggetto di un primo richiamo nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado e poi di uno specifico motivo di appello) evocando il divieto di domande nuove in appello e la corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.
Pur essendo corretti i principi affermati in ordine ai diritti autodeterminati ed alla possibilità della Corte d’Appello di pronunciarsi sulla domanda di accertamento della costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia e non per usucapione ordinaria senza incorrere nella violazione del dovere di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e nella violazione del divieto di domande nuove in appello (vedi in tal senso Cass. 17.9.2021 n. 25197; Cass. 29.7.2019 n. 20434; Cass. n. 24702/2006), e pur essendo vero che ai fini dell’applicazione dell’art. 1062 cod. civ. è sufficiente, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, che le opere permanenti e visibili, indicative della sussistenza del peso gravante sul preteso fondo servente a favore del preteso fondo dominante, esistano al momento della separazione dei due fondi (vedi Cass. 22.5.2015 n. 10662; Cass. 21.2.2014 n. 4214; Cass. 16.2.2007 n. 3634), il primo motivo è inammissibile.
La Corte d’Appello di Firenze, infatti, non ha negato la possibilità di pronunciarsi sul motivo di appello proposto dagli attuali ricorrenti per ottenere la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, anziché solo per usucapione come chiesto in primo grado, ed ha rigettato nel merito tale motivo di appello, motivando anzitutto il rigetto della domanda di usucapione della servitù sul fatto che il primo giudice aveva correttamente escluso che fosse stato provato attraverso i testimoni l’esercizio del passaggio per oltre venti anni da parte degli attori; ma in secondo luogo il rigetto anche della domanda di costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia (pur non espressamente menzionata) sul fatto che l’inghiaiatura, solo in parte ancora visibile sul tratto finale della corte Tori di proprietà dei COGNOME, asseritamente utilizzato dagli originari attori per il passaggio, non poteva considerarsi oggettivamente, a prescindere dal dato temporale, come opera permanente indicativa in modo inequivoco della sussistenza del
peso sul preteso fondo servente, ed aggiungendo poi che neppure era stato dimostrato che fossero stati gli originari attori ad effettuare l’inghiaiatura e ad occuparsi della sua manutenzione.
L’art. 1061 cod. civ. stabilisce al primo comma che le servitù non apparenti non possono acquistarsi per usucapione, o per destinazione del padre di famiglia, ed al secondo comma che devono considerarsi non apparenti le servitù quando non vi sono opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, per cui l’impugnata sentenza ha correttamente escluso la costituzione della servitù reclamata dagli attori ex art. 1062 cod. civ., in quanto ha negato che l’inghiaiatura potesse essere considerata, a prescindere dall’epoca del suo spargimento, dall’individuazione degli autori dello stesso e della sua manutenzione, come l’opera permanente indispensabile per la costituzione della servitù invocata, a nulla rilevando pertanto l’accertamento dell’epoca in cui tale inghiaiatura fosse stata collocata sulla corte Tori, se prima, o dopo l’acquisto del mappale 426 da parte degli attori.
I ricorrenti, inoltre, non hanno contestato che l’inghiaiatura non possa essere considerata opera permanente indicativa dell’esistenza del peso gravante sul preteso fondo servente, omettendo quindi di impugnare la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, né hanno individuato altre opere permanenti e visibili esistenti al momento della separazione del loro mappale 426 dalla residua corte di proprietà esclusiva di COGNOME NOME del 25.3.1988. Evidentemente non avevano proposto nell’originario atto di citazione la domanda di accertamento della costituzione della servitù di passaggio pedonale e carrabile per destinazione del padre di famiglia, di più agevole prova rispetto alla domanda di acquisto della stessa servitù per usucapione, perché nell’atto di acquisto del mappale 426 del AVV_NOTAIO del 25.3.1988, essi si erano espressamente impegnati alla realizzazione di un muretto di recinzione volto a chiudere il confine
della porzione di terreno acquistata rispetto alla residua corte Tori di proprietà esclusiva del venditore COGNOME NOME, sicché in quell’atto era stata univocamente manifestata una volontà contraria alla costituzione della servitù di passaggio, in seguito reclamata dagli attori, anche se poi essi non hanno mai inteso realizzare quel muro di confine, collocando sul posto, in sua vece, delle reti di cantiere provvisorie a protezione dei manufatti abusivi realizzati sul retro della loro abitazione.
Col secondo motivo i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. in combinato disposto con gli articoli 1051, 1052 e 1054 cod. civ.
Si dolgono i ricorrenti che l’impugnata sentenza non abbia costituito coattivamente la servitù di passaggio in loro favore, per mancanza di una domanda in tal senso degli originari attori, perché essendo la servitù di passaggio un diritto reale autodeterminato, non richiedente l’allegazione del titolo costitutivo, la Corte d’Appello avrebbe potuto riconoscerne la costituzione coattiva sulla base degli atti del giudizio a prescindere dal diverso titolo invocato dagli attori.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto l’impugnata sentenza in relazione alla presunta impossibilità di utilizzare percorsi diversi da quello rivendicato dagli attori per raggiungere i manufatti abusivi e parzialmente demoliti posti sul retro della loro abitazione, lato nord, ha accertato sulla base della CTU espletata, che gli stessi risultavano raggiungibili dal fronte est, dove gli appellanti avevano collocato ponteggi ed una recinzione di rete arancione a protezione dei manufatti stessi in precario stato di conservazione, così escludendo il presupposto dell’interclusione richiesto per la costituzione della servitù coattiva, e poi solo ad abundantiam ha aggiunto che nella fattispecie la costituzione coattiva della servitù non era stata neppure domandata, circostanza peraltro veritiera, in quanto nell’atto di appello gli originari attori avevano invocato in
alternativa all’usucapione, solo la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia. In ogni caso, dagli atti del giudizio come ricostruiti dall’impugnata sentenza non risultava affatto l’interclusione del mappale 426, per cui la Corte d’Appello di Firenze non poteva certo procedere d’ufficio alla costituzione coattiva della servitù in questa sede invocata dagli originari attori, che neppure possono richiedere alla Suprema Corte, che é giudice di legittimità e non del merito, di ricostruire diversamente in punto di fatto lo stato dei luoghi, riconoscendo, attraverso la valorizzazione di altri elementi istruttori rispetto alla CTU, lo stato d’interclusione del mappale 426.
Sul punto la proposta di definizione anticipata, che qui si conferma, ha opportunamente richiamato la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte che reputa inammissibili le valutazioni alternative del materiale probatorio prospettate dalla parte ricorrente in sede di legittimità (Cass. sez. lav. 13.6.2014 n. 13485; Cass. 23.5.2014 n. 11511; Cass. sez. un. 25.10.2013 n.24148; Cass. 24.5.2006 n.12362).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico dei ricorrenti in solido, e poiché sono state confermate le ragioni che erano state poste a sostegno della proposta di definizione anticipata in base alla previsione dell’art. 380 bis ultimo comma c.p.c., i ricorrenti vanno altresì condannati in solido al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. (vedi sulla configurabilità di un abuso del processo valutato sussistente dal legislatore in caso di conformità della decisione alla proposta di definizione anticipata Cass. sez. un. 22.9.2023 n. 27195) in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, liquidati in € 1.500,00, ed al pagamento ex art. 96 4° comma c.p.c. in favore della cassa delle ammende della somma di € 1.500,00.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1 -quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un
ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, sezione seconda civile, dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e COGNOME NOME, e li condanna in solido al pagamento in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per spese ed € 2.500,00 per compensi, oltre IVA, C.A. e rimborso spese generali del 15%, al pagamento in favore degli stessi della somma equitativamente determinata di €1.500,00 ed al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di € 1.500,00.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1 -quater D.P.R. n.115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 25.1.2024