Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31778 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31778 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11679/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA V.NOME COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME E C, elettivamente domiciliata in COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentale-
COGNOME RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Avellino INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
nonché nei confronti di
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 118/2021 depositata il 15/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE conveniva dinanzi al Tribunale di Avellino la società RAGIONE_SOCIALE, insieme agli acquirenti degli appartamenti dell’edificio realizzato dalla società costruttrice (convenuta) sul terreno acquistato nel 1981, per: (a) l’accertamento della difformità dell’esercizio di una servitù di passaggio (cioè, l’occupazione di un’area eccessiva, con sconfinamento) rispetto al titolo costitutivo del 1981, nonché rispetto alle norme vigenti in materia di distanze tra costruzioni; (b) la condanna dei convenuti in solido alla rimozione delle opere eseguite in difformità; (c) la rimessione in pristino e il risarcimento dei danni. In via riconvenzionale, i convenuti chiedevano l’accertamento della conformità delle opere all’atto costitutivo della servitù di passaggio o, in subordine, l’accessione invertita della proprietà del terreno occupato. Il Tribunale ha accolto (parzialmente) la domanda principale, condannando all’eliminazione dello sconfinamento, e ha rigettato il resto. Riuniti gli appelli proposti distintamente, la Corte di appello ha riformato parzialmente, condannando alla rimozione delle opere esistenti oltre la fascia di 7 metri
oggetto della servitù di passaggio e all’arretramento delle scale esterne entro il limite di 5 metri dal confine.
Ricorre in cassazione la società costruttrice convenuta con tre motivi. Resiste l’attrice con controricorso e ricorso incidentale con due motivi, illustrati da memoria. Resiste uno dei proprietari degli appartamenti, la RAGIONE_SOCIALE con due distinti controricorsi (uno diretto avverso il ricorso incidentale) e memoria. Il consigliere delegato ha proposto di definire il ricorso principale e il ricorso incidentale nel senso della inammissibilità e/o manifesta infondatezza. I ricorrenti ne hanno rispettivamente chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. – Il primo motivo (p. 5 ss.) del ricorso principale denuncia la violazione degli artt. 1064, 1065, 1067 c.c. avvenuta in conseguenza di una interpretazione errata del titolo costitutivo della servitù, in quanto non conforme alla volontà delle parti contraenti. Si fa valere che la convenuta, oggi ricorrente, ha realizzato ed esercitato la servitù legittimamente, per il raggiungimento dell’utilità sottesa all’esercizio del relativo diritto. Con atto del 1999 la restante proprietà del fondo è stata trasferita alla società attrice che a distanza di quasi venti anni ha contestato le difformità nella servitù. Le testimonianze assunte in appello hanno confermato gli assunti difensivi della convenuta, ma la Corte di appello ha adottato una motivazione contraddittoria, poiché da un lato ha evidenziato l’impossibilità di accogliere le soluzioni tecniche proposte dal c.t.u., dall’altro lato ha adottato però la seconda soluzione da quest’ultimo suggerita, senza spiegare perché i metri impegnati per riportare la strada al livello del piano di campagna debbano essere ricompresi nei 7 metri previsti per la servitù (sentenza, p. 17, penultimo capoverso nell’esame del secondo motivo di appello), quindi contravvenendo alla volontà delle parti e alla giurisprudenza di legittimità.
1.2. – Il secondo motivo (p. 23 ss.) denuncia la violazione dell’art. 873 c.c. e dei regolamenti amministrativi, nonché omesso esame
circa fatti decisivi. Si censura che la sentenza di appello ha aderito alle risultanze della c.t.u., senza considerare le critiche alle modalità di calcolo delle distanze dal confine previsto per le costruzioni interrate. In particolare, si fa valere che il c.t.u. avrebbe dovuto, prima di procedere alla misurazione delle distanze dal confine, eseguire i rilievi del muretto, delle quote del piano di campagna della proprietà dell’attrice, del dislivello esistente con i quattro giardini privati, posti sotto al piano di campagna, e misurare la distanza dal confine in base al gradino che si trova al di sopra di tale piano, tenendo conto che ben 8 gradini si trovano al di sotto. Pertanto, il c.t.u. ha commesso un errore di cui la Corte di appello non si è avveduta nel disporre l’arretramento delle scale esterne nel rispetto della distanza di 5 metri dal confine, senza fornire alcuna precisazione sul calcolo delle distanze dal confine in caso di manufatti interrati, avvalorando pur senza richiamarla la relazione peritale.
– Il primo motivo e il secondo motivo del ricorso principale sono da esaminare congiuntamente per connessione.
Essi non sono fondati.
Conviene anteporre un’ampia sintesi della parte censurata della sentenza impugnata. La Corte di appello ha accertato che la strada su cui veniva esercitata la servitù non risultava conforme al titolo costitutivo del 1981, né sotto il profilo quantitativo, poiché la larghezza reale eccedeva i 7 metri previsti, né sotto il profilo qualitativo, a causa delle modifiche alla conformazione del terreno e alla costruzione della strada. Tuttavia, la Corte ha respinto la richiesta di totale ripristino avanzata da Argenio, rilevando che tali modifiche erano avvenute con il consenso implicito delle parti ed erano determinate dalle caratteristiche morfologiche del terreno, che avevano reso necessarie tali opere per consentire l’accesso. La Corte ha ammesso la prova testimoniale richiesta da Tre Erre, precedentemente negata dal Tribunale, in ragione dell’incertezza riscontrata nel titolo di servitù, che mancava di indicazioni precise su confini e riferimenti
catastali. Tale prova ha confermato che le modifiche al tracciato erano state decise nel corso della realizzazione della strada, con l’intervento delle parti originarie, incluse i germani Caccese, venditori del fondo servente. Alla luce di queste considerazioni, la Corte ha stabilito che, pur non essendo possibile ripristinare la situazione originaria, la fascia di terreno destinata al passaggio doveva essere contenuta entro i 7 metri previsti dal titolo costitutivo, calcolati a partire dal confine individuato dal c.t.u. La RAGIONE_SOCIALE è stata quindi condannata a rimuovere tutte le opere eccedenti tale limite, inclusi cordoli, pali della luce e siepi. Inoltre, la Corte di appello ha accolto la censura relativa alla violazione delle distanze legali in relazione alle scale esterne a servizio degli appartamenti al primo piano. Di conseguenza, ne ha ordinato l’arretramento.
Rilette alla luce di questa struttura congrua e adeguata della motivazione, le censure tratte ad oggetto del primo e del secondo motivo si risolvono in doglianze di merito relative all’accertamento del fatto ed alla valutazione delle prove acquisite. Il ricorrente contrappone alla ricostruzione del fatto e delle prove motivatamente adottata dal giudice di merito una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. SU 24148/2013).
Il primo ed il secondo motivo sono rigettati.
3. – Il terzo motivo del ricorso principale (p. 30) denuncia ex art. 112 c.p.c. ultrapetizione, facendo valere che la società RAGIONE_SOCIALE non ha proposto alcuna domanda di condanna alle spese di lite nei confronti della tre Erre, ma solo una domanda di manleva relativa all’accoglimento della domanda principale.
Il terzo motivo è infondato.
Il testo della domanda di manleva (accolta dalla Corte di appello a p. 21), formulata dalla società RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società ricorrente principale, è riportato in sentenza (p. 8): « e) in via gradata e subordinata l’accoglimento della domanda di ma nleva da essa appellata proposta in primo grado nei confronti della RAGIONE_SOCIALE affinché fosse tenuta indenne dagli esiti negativi del giudizio». Orbene, « La condanna al pagamento delle spese del giudizio rappresenta la naturale conseguenza prevista dalla legge a seguito della decisione sulle domande proposte, dovendo pertanto il giudice procedervi, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., anche in mancanza di una esplicita richiesta della parte vittoriosa» (Cass. 30729/2022). La statuizione con la quale la Corte distrettuale ha accolto la domanda di manleva, tanto in relazione alle spese del giudizio di merito che per quanto concerne la rimozione delle opere realizzate in violazione delle distanze legali, non incorre dunque nel vizio di ultrapetizione.
Il terzo motivo del ricorso principale è rigettato.
– Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia l’inammissibilità della prova testimoniale in relazione all’atto costitutivo della servitù.
La Corte di appello ha ammesso le prove testimoniali (precedentemente ritenute inammissibili dal Tribunale) riguardanti un presunto accordo verbale che modificava i termini di una servitù costituita con atto scritto. Il ricorrente sostiene che la Corte ha errato nell’ammettere tali prove, poiché tese a dimostrare un patto aggiunto o contrario al contratto che è da redigere per scritto ai sensi degli artt. 1058 e 1350 c.c. Pertanto, secondo gli artt. 2722, 2723 e 2725 c.c., la prova testimoniale era inammissibile. Il ricorrente evidenzia inoltre di aver tempestivamente eccepito l’inammissibilità della prova sia in primo grado che in appello.
Il primo motivo del ricorso incidentale non è fondato.
La Corte di appello ha rilevato che la controversia non riguarda l’esistenza della servitù, già definita nel titolo del 1981, ma la sua
modalità di esercizio. La servitù, come effettivamente esercitata, presentava modifiche rispetto al tracciato e alle caratteristiche descritte nel titolo costitutivo e il c.t.u. stesso aveva evidenziato incertezze nel ricostruire la situazione originaria. La Corte osserva che il titolo costitutivo mancava di indicazioni precise su confini e dati catastali e che ciò rendeva necessario ricorrere a ulteriori elementi probatori, come la testimonianza di chi era a conoscenza delle modalità con cui la strada era stata realizzata. Richiama la disciplina degli artt. 2721, 2722 e 2723 c.c., evidenziando che il divieto di prova testimoniale riguarda i contratti dedotti come fonte diretta di diritti e obblighi. Tuttavia, esso non si applica quando la prova testimoniale è volta a chiarire fatti storici legati all’esecuzione del contratto. Nel caso in esame, la testimonianza è richiesta appunto per chiarire le modalità di realizzazione della strada, non per modificare il contenuto del titolo costitutivo (p. 15). Tale statuizione, frutto di una interpretazione della domanda riservata al giudice di merito, è coerente con l’insegnamento di questa Corte, poiché il giudice di seconda istanza ha applicato il principio secondo cui: « I limiti legali di prova di un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam operano esclusivamente quando il suddetto contratto sia invocato in giudizio, tra le medesime parti negoziali, come fonte di reciproci diritti ed obblighi, e non anche quando se ne invochi l’esistenza come semplice fatto storico influente sulla decisione » (così, tra le molte, Cass. 26003/2010) . Nel caso di specie, indiscussa l’esistenza del titolo costitutivo del diritto di passaggio, il giudice di merito ha ritenuto ammissibile la prova articolata dall’odierna ricorrente principale appunto ai fini di individuare il quomodo dell’esercizio del diritto predetto.
Il primo motivo del ricorso incidentale è rigettato.
– Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia la invalidità di un accordo verbale stipulato durante la realizzazione della strada oggetto della servitù, in assenza di tutti i comproprietari. Nel giudizio
impugnato, la Corte ha erroneamente ritenuto, basandosi su prove testimoniali illegittimamente ammesse, che esistesse un valido accordo tra le parti per modificare il patto costitutivo della servitù, consentendo l’occupazione di un’area maggiore per la realizzazione di una strada in rilevato con scarpate laterali. La Corte ha concluso che lo sconfinamento della RAGIONE_SOCIALE fosse giustificato da un accordo verbale con il proprietario del fondo servente, NOME COGNOME. Tuttavia, tale accordo è invalido ai sensi dell’art. 1350 n. 4 c.c., che richiede la forma scritta per la modifica delle servitù. Inoltre, la Corte non ha considerato che il consenso doveva essere prestato da tutti i comproprietari del fondo servente come previsto dall’art. 1059 c.c. Il consenso del solo sig. NOME COGNOME non è sufficiente a modificare la servitù. Questa circostanza è stata sollevata dall’appellante durante il processo, ma non è stata esaminata dalla Corte, configurando un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato.
La Corte di merito, in base alle risultanze istruttorie -ed in particolare alla prova per testi ha ritenuto provata (p. 17) l’esistenza di un accordo, tra i titolari dei due fondi, dominante e servente, sulle modalità di realizzazione della sede stradale destinata all’esercizio della servitù costituita con atto pubblico del 1981, la quale, stante la particolare natura dei luoghi, richiedeva la realizzazione di particolari opere neces sarie a renderne possibile l’esercizio concreto. Si tratta, quindi, di opere realizzate dal proprietario del fondo dominante, necessarie per l’esercizio della servitù, rientranti nell’ambito della norma di cui all’art. 1064 co. 1. c.c., ed eseguite, peralt ro, in accordo con il titolare del fondo servente. Alla base della violazione di legge lamentata vi è quindi il tentativo di sovrapporre l’apprezzamento di parte della situazione di fatto rilevante all’accertamento della Corte di appello, espresso in una motivazione che non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità.
Il secondo motivo del ricorso incidentale è rigettato.
6. -In sintesi, la Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, anche ai sensi dell’art. 93 c.p.c.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera ad opera di ciascuna delle due parti ricorrenti, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale, compensa le spese tra i ricorrenti e condanna ciascuno di loro al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. di € 3.000 in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera di ciascuna delle due parti ricorrenti, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 06/11/2024.