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Servitù di passaggio: i limiti della prova testimoniale

Una società costruttrice veniva citata in giudizio per aver ecceduto i limiti di una servitù di passaggio. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31778/2024, ha rigettato i ricorsi, stabilendo un principio fondamentale: la prova testimoniale non può creare o modificare una servitù (che richiede un atto scritto), ma è ammissibile per chiarire le modalità pratiche con cui le parti originarie avevano concordato di esercitarla, soprattutto se l’atto costitutivo è generico. La decisione bilancia il rigore formale con le esigenze pratiche di esecuzione del diritto.

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Servitù di Passaggio e Prova Testimoniale: La Cassazione Fa Chiarezza

La servitù di passaggio è una delle fonti più comuni di liti tra vicini. Spesso, gli accordi originari, stipulati decenni prima, mancano di dettagli cruciali, lasciando spazio a interpretazioni contrastanti su larghezza, tracciato e modalità di esercizio. Con la recente ordinanza n. 31778 del 10 dicembre 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su un punto nevralgico: fino a che punto la prova testimoniale può essere utilizzata per definire i contorni di una servitù nata da un atto scritto? La risposta offre un importante equilibrio tra rigore formale e realtà fattuale.

I Fatti di Causa: Una Servitù Contesa

La vicenda trae origine dalla controversia tra due società. Una società costruttrice, dopo aver edificato un complesso residenziale, veniva citata in giudizio dalla società proprietaria di un fondo confinante. L’accusa era di aver realizzato la strada di accesso agli appartamenti in modo difforme da quanto stabilito nell’atto costitutivo della servitù di passaggio del 1981.

In particolare, la società attrice lamentava:

1. L’occupazione di un’area eccessiva e uno sconfinamento rispetto ai limiti pattuiti.
2. La violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni.

Chiedeva quindi la rimozione delle opere, il ripristino dei luoghi e il risarcimento dei danni. La società costruttrice si difendeva sostenendo che le opere erano state realizzate in conformità all’atto e, in ogni caso, le modifiche erano necessarie per la morfologia del terreno e consentire l’accesso.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

Il Tribunale di primo grado aveva accolto parzialmente la domanda, ordinando l’eliminazione dello sconfinamento. La Corte d’Appello, riformando in parte la decisione, ha condannato la società costruttrice a rimuovere tutte le opere (cordoli, pali della luce, siepi) esistenti oltre una fascia di 7 metri, calcolata a partire dal confine individuato dal consulente tecnico. Inoltre, ha ordinato l’arretramento di alcune scale esterne per violazione delle distanze legali.

Insoddisfatte, entrambe le parti hanno presentato ricorso in Cassazione. La società costruttrice (ricorrente principale) lamentava un’errata interpretazione del titolo della servitù e un errore nel calcolo delle distanze. La società proprietaria del fondo (ricorrente incidentale) contestava invece l’ammissione della prova testimoniale, ritenendola inammissibile per modificare un patto che, riguardando diritti reali, richiedeva la forma scritta.

Le Motivazioni della Suprema Corte sull’uso della prova nella Servitù di passaggio

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, fornendo motivazioni di grande interesse. Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra l’atto costitutivo della servitù e le modalità del suo esercizio.

Gli Ermellini hanno chiarito che, se è vero che per costituire o modificare una servitù di passaggio è indispensabile un atto scritto (artt. 1058 e 1350 c.c.), è altrettanto vero che la prova testimoniale può essere ammessa non per alterare il diritto in sé, ma per chiarire le modalità con cui le parti originarie avevano concordato di esercitarlo concretamente.

Nel caso di specie, l’atto del 1981 era generico, privo di indicazioni precise su confini e dati catastali. La testimonianza è stata quindi legittimamente utilizzata per ricostruire i fatti storici legati all’esecuzione del contratto: ovvero, per dimostrare che le modifiche al tracciato erano state decise e accettate dalle parti originarie (inclusi i venditori del fondo servente) durante la realizzazione della strada, per superare le difficoltà poste dalla natura dei luoghi e rendere effettivamente possibile il passaggio.

In altre parole, la prova non verteva sull’esistenza della servitù (l’ an), ma sul modo del suo esercizio (il quomodo). La Corte ha richiamato il principio secondo cui i limiti legali alla prova testimoniale operano quando il contratto è invocato come fonte di diritti e obblighi, non quando la sua esistenza è un semplice fatto storico influente sulla decisione. L’accordo verbale provato dai testimoni non ha modificato la servitù, ma ha semplicemente definito le opere necessarie al suo esercizio, rientrando nell’ambito dell’art. 1064 c.c.

La Corte ha inoltre respinto gli altri motivi di ricorso, qualificandoli come tentativi di ottenere un nuovo giudizio sul merito dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione offre importanti spunti pratici. In primo luogo, sottolinea l’importanza di redigere atti costitutivi di servitù il più dettagliati possibile, includendo planimetrie precise e descrizioni analitiche del tracciato e delle opere consentite, al fine di prevenire future controversie.

In secondo luogo, consolida un principio di ragionevolezza: il rigore della forma scritta, necessario per la certezza dei diritti reali, non deve tradursi in un ostacolo insormontabile quando si tratta di ricostruire la volontà originaria delle parti riguardo alle modalità pratiche di esercizio di quel diritto. La prova testimoniale, se usata correttamente per chiarire l’esecuzione e non per modificare il titolo, diventa uno strumento essenziale per il giudice al fine di pervenire a una decisione equa e aderente alla realtà storica dei rapporti tra i fondi.

È possibile utilizzare testimoni per provare un accordo che modifica una servitù di passaggio?
No, per costituire o modificare formalmente il diritto di servitù è sempre necessario un contratto scritto. Tuttavia, la prova per testimoni è ammessa per chiarire le modalità pratiche con cui le parti originarie avevano concordato di realizzare le opere necessarie all’esercizio della servitù, specialmente se il titolo originario è generico.

Se una strada costruita su una servitù risulta più larga di quanto previsto, si può sempre chiederne la rimozione totale?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte ha confermato la decisione d’appello che ordinava una rimozione solo parziale delle opere. Si è tenuto conto del fatto che le modifiche erano avvenute con il consenso, seppur non scritto, delle parti originarie per rendere possibile e funzionale l’accesso, bilanciando così i diritti delle parti.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti del caso come un giudice di merito?
No. La sentenza ribadisce che il ruolo della Corte di Cassazione è quello di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Non può procedere a una nuova e diversa valutazione dei fatti o delle prove, come le testimonianze o le consulenze tecniche, poiché tale compito spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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