Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34610 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 34610 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 25974-2020 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e dife nde unitamente all’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza non definitiva n. 1790/2019 della CORTE DI APPELLO di BOLOGNA, depositata il 06/06/2019, e della successiva sentenza definitiva n. 1889/2020, della stessa CORTE DI APPELLO di BOLOGNA, depositata il 02/07/2020;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
udito il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto dott. NOME COGNOME
uditi l’avv. NOME COGNOME per parte ricorrente, e l’avv. NOME COGNOME per parte controricorrente
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 25.3.2001 COGNOME NOME evocava in giudizio COGNOME NOME innanzi il Tribunale di Rimini, allegando l’esistenza di una servitù di passaggio di origine convenzionale sul terreno del convenuto, invocando l’arretramento del fabbricato realizzato dal convenuto, in quanto edificato a distanza e con aggetti tali da impedire l’esercizio del transito.
Con sentenza n. 1298/2006 il Tribunale rigettava la domanda, poiché il C.T.U. aveva evidenziato che le opere realizzate dal convenuto non costituivano ostacolo all’esercizio del diritto di passaggio, la cui esistenza, peraltro, non era stata negata dal COGNOME COGNOME
Con sentenza n. 661/2012 la Corte di Appello di Bologna rigettava sia l’appello principale proposto da COGNOME che quello incidentale spiegato da COGNOME COGNOME compensando le spese del grado.
Con sentenza n. 7564/2017 la Corte di Cassazione accoglieva il primo motivo del ricorso principale proposto da COGNOME avverso la decisione di appello, con il quale la sentenza di secondo grado era stata impugnata in relazione all’omessa statuizione sull’estensione e sulle modalità di esercizio della servitù oggetto di causa, dichiarando invece assorbito il secondo motivo del ricorso principale, con il quale si contestava l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione con la quale la Corte di merito aveva ritenuto ininfluenti l’innalzamento del piano di campagna, l’individuazione delle opere necessarie alla costruzione della strasa e l’esatta individuazione del confine. La Corte di Cassazione dichiarava altresì assorbito il ricorso incidentale spiegato da COGNOME COGNOME, concernente il governo delle spese operato dalla Corte felsinea.
Nel corso del giudizio di rinvio, la Corte di Appello di Bologna, dapprima, con sentenza non definitiva n. 1790/2019, accertava l’esistenza del diritto di passaggio, pedonale, veicolare e con mezzi agricoli, sul terreno distinto dal mappale 466, con esclusione del diritto di sosta; e poi, con sentenza definitiva n. 1889/2020, resa all’esito di C.T.U., individuava le opere necessarie all’esercizio del diritto reale, ponendo il relativo onere a carico di COGNOME, rigettava ogni altra domanda e regolava le spese dei vari gradi del giudizio di merito e di quello di legittimità.
Secondo il giudice del rinvio, ‘A seguito della pronuncia della Suprema Corte, le questioni ancora controverse sono circoscritte all’accertamento del contenuto della servitù costituita con atto dell’11.8.1983, alla individuazione delle opere necessarie al suo esercizio e alla regolazione delle spese, risultando invece coperte da giudicato, perché non oggetto di specifico motivo nel ricorso per Cassazione, tutte le altre questioni di cui alle domande reiterate ai punti
da 3) a 9) delle conclusioni dell’atto di citazione in riassunzione’ (cfr. pagg. 3 e 4 della sentenza non definitiva n. 1790/2019).
Propone ricorso per la cassazione di ambedue le predette decisioni COGNOME affidandosi a sei motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
In prossimità dell’adunanza camerale, il P.G. ha depositato requisitoria scritta, insistendo per il rigetto del ricorso, e la parte controricorrente ha depositato memoria.
Sono comparsi all’udienza pubblica il P.G., nella persona del Sostituto dott. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nella sua requisitoria scritta, l’avv. NOME COGNOME per parte ricorrente, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso, e l’avv. NOME COGNOME per parte controricorrente, il quale ha invece invocato il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va dato atto che non sussiste incompatibilità del pres. NOMECOGNOME già componente del collegio che ha pronunciato la sentenza n. 7564/2017, a far parte del collegio investito della decisione del presente ricorso, posto il principio, che merita di essere confermato, secondo cui ‘Il collegio che giudichi del ricorso per cassazione proposto avverso sentenza pronunciata dal giudice di rinvio può essere composto anche da magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento, senza che sussista alcun obbligo di astensione a loro carico ex art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c., in quanto tale partecipazione non determina alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice, e ciò a prescindere dalla natura del vizio che ha determinato la pronuncia di annullamento, che può consistere indifferentemente in un error in procedendo o in un error in iudicando, atteso che, anche in quest’ultima
ipotesi, il sindacato è esclusivamente di legalità, riguardando l’interpretazione della norma ovvero la verifica del suo ambito di applicazione, al fine della sussunzione della fattispecie concreta, come delineata dal giudice di merito, in quella astratta’ (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 1542 del 25/01/2021, Rv. 660462; conf. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 14655 del 18/07/2016, Rv. 640587; Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627789; nonché, di recente, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 30264 del 31/10/2023, non massimata, in motivazione, pagg. 3 e 4).
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 329 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto pronunciarsi anche sulle domande che erano direttamente dipendenti dalla questione oggetto del motivo accolto dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 7564/2017. In particolare, il giudice del rinvio avrebbe dovuto statuire anche sulle domande di cui ai punti da 3) a 9) delle conclusioni rassegnate dall’odierno ricorrente, in quanto oggetto del secondo motivo del ricorso in Cassazione, dichiarato assorbito dalla sentenza rescindente.
La censura, che è assistita dal richiesto grado di specificità perché riproduce le conclusioni sulle quali il giudice del rinvio ha omesso di pronunciarsi (cfr. pagg. 15 e 16 del ricorso), è fondata.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7564/2017, aveva infatti accolto il primo motivo del ricorso proposto da COGNOME, concernente l’omessa statuizione della Corte di Appello sull’estensione e sulle modalità di esercizio della servitù oggetto di causa, ma aveva anche dichiarato assorbito il secondo motivo del ricorso predetto, con il quale era stata denunziata l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione con la quale la Corte di merito aveva ritenuto ininfluenti
l’innalzamento del piano di campagna, l’individuazione delle opere necessarie alla costruzione della strasa e l’esatta individuazione del confine.
Non è dunque corretta l’affermazione della Corte bolognese, contenuta nella sentenza non definitiva n. 1790/2019, secondo cui non sarebbe stato proposto, nella prima impugnazione per Cassazione, un motivo dedicato alla contestazione delle statuizioni del giudice di merito concernenti le domande di cui ai punti da 3) a 9), dianzi menzionate, né si può configurare, sul punto, la formazione del giudicato, attesa la pronuncia di assorbimento della relativa censura, contenuta nella sentenza n. 7564/2017 di questa Corte.
Non può essere valorizzata, in senso contrario, la statuizione, contenuta nella sentenza definitiva della Corte bolognese, n. 1889/2020, di rigetto di ‘ogni altra domanda’ diversa da quelle accolte (cfr. ultima pagina della citata sentenza n. 1889/2020). Tale pronuncia, infatti, va posta in correlazione con le domande che la Corte di Appello, mercè la precedente sentenza non definitiva n. 1790/2019, aveva ritenuto ancora esaminabili. Giammai, infatti, la sentenza definitiva potrebbe contenere statuizioni in contrasto con quelle già proprie della precedente sentenza non definitiva, posto il principio, che merita di essere ribadito, secondo cui ‘Nel caso di sentenza d’appello non definitiva e di prosecuzione del giudizio per l’ulteriore istruzione della controversia, il giudice resta vincolato dalla pronuncia, ancorché non passata in giudicato, sia per le questioni definite, sia per quelle che costituiscono il presupposto logico necessario del prosieguo, senza alcuna possibilità di adottare una diversa decisione con la sentenza definitiva, pena la violazione del giudicato interno, rilevabile d’ufficio (pure in sede di legittimità) non solo quando la sentenza non definitiva non è stata immediatamente impugnata, né fatta oggetto di riserva di
impugnazione differita, ma anche per inosservanza della preclusione derivante dalla decisione non definitiva la cui impugnazione sia stata riservata’ (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 19145 del 11/07/2024, Rv. 671953; cfr. anche Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 17950 del 23/06/2021, Rv. 661742 e Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13513 del 08/06/2007, Rv. 597370).
Con il secondo motivo, la parte ricorrente denunzia la violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente qualificato il fondo dominante come agricolo, in assenza di prova della sua destinazione agricola ed in contrasto con le risultanze della C.T.U., che aveva accertato la natura edificabile dell’area.
La censura è innanzitutto carente del richiesto grado di specificità, poiché non riproduce il passaggio della C.T.U. che conterrebbe l’accertamento della natura edificabile del fondo dominante.
Inoltre, la Corte distrettuale, con la sentenza non definitiva n. 1790/2019, ha affermato che il fondo dominante ‘… distinto col mappale 467 del foglio 1 del Catasto terreni del Comune di Coriano … è costituito, ancora oggi come all’epoca del rogito notarile, da un appezzamento di terreno agricolo’ (cfr . pag. 4 della sentenza sopra richiamata). Il ricorrente, senza indicare alcun elemento di prova che il giudice del rinvio avrebbe, in ipotesi, omesso di considerare, o scorrettamente apprezzato, si limita a contrappone, in modo del tutto generico, alla ricostruzione del fatto e delle prove prescelta dal giudice di merito, una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n.
24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Né si configura alcun profilo di violazione dell’art. 115 c.p.c., perché va ribadito il principio secondo cui ‘In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.’
(Cass. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 01). Nella specie, come detto, non viene dedotta una delle ipotesi suindicate, ma si contesta, in sostanza, il risultato del procedimento di valutazione delle prove e di apprezzamento del fatto condotti dal giudice di merito.
Da quanto precede deriva l’infondatezza della doglianza in esame.
Con il terzo motivo, la parte ricorrente lamenta l’omesso esame di una domanda proposta ai sensi dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata sull’istanza di risarcimento del danno sofferto in relazione al tempo trascorso dall’inizio della controversia.
La censura è infondata.
La Corte di Appello, infatti, con la sentenza definitiva n. 1889/2020 si è pronunciata su tutte le domande proposte dall’odierno ricorrente, accogliendo quella relativa alla determinazione delle opere necessarie per l’esercizio della servitù e rigettando tutte le altre, ivi inclusa, quindi, anche quella risarcitoria. Non si configura, dunque, nessun profilo di omesso esame della stessa.
Con il quarto motivo, il ricorrente denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte di Appello non avrebbe rilevato che il fondo dominante non è costituito da un fondo agricolo, ma da un appezzamento edificabile.
La censura è inammissibile, poiché l’omesso esame denunziabile in sede di legittimità deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, ‘… dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè
un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo’ (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/2016, Rv. 641174; cfr. anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2805 del 05/02/2011, Rv. 616733). Non sono quindi ‘fatti’ nel senso indicato dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, ed infine neppure le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio.
Nel caso di specie, la doglianza, sotto le spoglie del vizio di omesso esame di un fatto decisivo, nasconde in effetti un’inammissibile istanza di revisione della valutazione del fatto e delle prove operata, in relazione alla natura e destinazione del fondo dominante, dal giudice del rinvio. Ne costituisce prova il fatto che il ricorrente si diffonda nella contestazione delle osservazioni formulate, alla bozza di consulenza, dal proprio perito di parte, in relazione ai profili dell’asfaltatura della strada, delle condizioni del relativo muro di contenimento e sostegno della stessa, della necessità, o meno, delle canalizzazioni da realizzare sotto il tracciato, nonché della recinzione dell’area destinata al transito (cfr. pagg. 30 e ss. del ricorso).
Con il quinto motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 384 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente posto a carico di COGNOME le opere necessarie all’esercizio della servitù, ancorché esse siano da realizzare sul fondo servente, di proprietà di COGNOME Mauro.
La censura è infondata.
Il secondo comma dell’art. 1069 c.c. prevede, testualmente, che il proprietario del fondo dominante deve fare le opere sul fondo servente
a sue spese, salvo che sia diversamente stabilito dal titolo o dalla legge. Il giudice del rinvio si è limitato, correttamente, ad applicare quanto previsto dalla norma, in assenza di diversa regolamentazione convenzionale sul riparto degli oneri di cui si discute.
Con il s esto motivo, infine, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 92 c.p.c., perché l’auspicato accoglimento dei primi cinque motivi di ricorso dovrebbe, secondo il ricorrente, comportare un nuovo governo delle spese, a lui totalmente favorevole.
La censura è assorbita dall’accoglimento del primo motivo, in quanto il giudice del rinvio dovrà statuire sulle spese, tanto del giudizio di merito che di quello di legittimità, tenendo conto del suo complessivo esito (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6522 del 20/03/2014, Rv. 630212; cfr. anche, in termini, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9587 del 12/05/2015, Rv. 635269; Cass. Sez. 6 -1, Ordinanza n. 18125 del 21/07/2017, Rv. 645057; Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 16431 del 19/06/2019, Rv. 654608; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24482 del 09/08/2022, Rv. 665389).
In definitiva, va accolto il primo motivo, va dichiarato inammissibile il quarto, vanno rigettati il secondo, terzo e quinto, mentre va dichiarato assorbito il sesto.
Il giudice del rinvio, dunque, dovrà pronunciarsi sulle domande, proposte dall’odierno ricorrente, coltivate nel corso del giudizio di merito e dichiarate assorbite dalla sentenza n. 7564/2017 della Corte di Cassazione, di cui ai punti da 3) a 9) delle conclusioni rassegnate nell’atto di riassunzione del 12.6.2017, riprodotte a pag. 15 e 16 del ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, e precisamente:
‘3) accertare e dichiarare che la striscia di terreno larga ml. 7 (sette), parallela alla superstrada Rimini – San Marino e confinante con
la stessa, di proprietà dei Sigg.ri COGNOME e COGNOME Mauro, è destinata a strada privata;
conseguentemente dichiarare che il convenuto COGNOME non ha il diritto di realizzare un pubblico parcheggio allo scopo di trasferirlo in proprietà al convenuto Comune di Coriano, sull’area destinata all’esercizio della servitù a strada privata; ove tale parcheggio risultasse costruito, ordinare l’immediata rimozione di tutte le relative opere a spese del convenuto COGNOME, e ciò anche nell’ipotesi in cui il posizionamento del parcheggio pubblico dovesse essere spostato all’interno della proprietà del convenuto;
accertare e dichiarare che l’edificio costruito dal convenuto COGNOME COGNOME sul mappale 446 del foglio 1 Catasto Terreni Comune di Coriano in forza della concessione n. 7359 rilasciata in data 12.10.2000 dal Comune di Coriano, non consente il pieno esercizio della servitù di passaggio nella parte in cui non consente di rispettare la larghezza di ml. 5 tra l’edificio stesso ed il muretto di divisione, nonché nei punti in cui aggetta sulla striscia di terreno destinata all’esercizio della servitù con balconi ad altezza insufficiente a garantire il passaggio di veicoli nel rispetto delle norme di sicurezza;
conseguentemente condannare il convenuto COGNOME COGNOME ad abbattere i balconi ed arretrare l’edificio sino al rispetto delle misure necessarie, a proprie spese;
ordinare al convenuto COGNOME COGNOME di realizzare la rete dispersiva delle acque reflue dell’edificio di cui si è detto in modo da escludere la dispersione nel mappale 467 di proprietà dell’attore e ordinare altresì la rimozione ed il rifacimento di tale rete ove eseguita in dispregio della anzidetta condizione;
dichiarare il convenuto COGNOME Mauro tenuto a contribuire proquota alle spese di realizzazione della strada privata di cui all’atto
Notaio COGNOME n. 3251 in data 11.08.1993; autorizzare l’attore a realizzarla anticipando le relative spese, in caso di inerzia del convenuto COGNOME COGNOME condannare quest’ultimo, in tale ipotesi, al rimborso delle spese per lui anticipate pro quota dall’attore; determinare le modalità di esecuzione delle opere ritenute necessarie; autorizzare l’attore COGNOME ad eseguire le opere di propria competenza; ordinare al convenuto COGNOME di prestarsi a sottoscrivere tutte le istanze necessarie per ottenere dal Comune di Coriano le relative autorizzazioni; nell’ipotesi di realizzazione del parcheggio pubblico, ordinare al convenuto COGNOME COGNOME di eseguire a proprie spese la recinzione a confine tra il parcheggio pubblico e l’area gravata dalla servitù di passaggio;
9) condannare il convenuto COGNOME al risarcimento di tutti i danni provocati dall’attore nella misura che risulterà in giudizio, con interessi e rivalutazione monetaria, anche per gli ulteriori danni verificatisi dopo la sentenza impugnata, e ulteriormente a verificarsi sino alla definizione del contenzioso, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., non avendo potuto disporre il Sig. COGNOME COGNOME della servitù di passaggio ancora a tutt’oggi’ .
Le sentenze impugnate vanno conseguentemente cassate, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Bologna, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il quarto motivo del ricorso, rigetta il secondo, terzo e quinto motivo, accoglie il primo e dichiara assorbito il sesto. Cassa le sentenze impugnate in relazione alla censura accolta e rinvia la causa alla Corte di Appello di Bologna, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda