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Servitù di passaggio: cosa stabilisce il titolo?

In una controversia su una servitù di passaggio nata da una donazione familiare, la Corte di Cassazione interviene per chiarire i limiti e l’estensione del diritto. La Corte ha stabilito che il contenuto della servitù è definito primariamente dal titolo costitutivo (l’atto notarile), escludendo l’applicazione di criteri sussidiari quando il titolo è chiaro. Inoltre, ha cassato la decisione d’appello nella parte in cui si era pronunciata su una porzione di strada non oggetto della domanda iniziale, riaffermando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Servitù di passaggio: La Chiarezza del Titolo Notarile Vince su Tutto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di diritti reali: quando si parla di servitù di passaggio, il titolo costitutivo, come un atto notarile, è il faro che guida l’interpretazione dei diritti e dei doveri delle parti. Se l’atto è chiaro e completo, non c’è spazio per criteri interpretativi sussidiari. Analizziamo insieme questa importante decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da una donazione con cui un padre divide un fondo tra i figli. Nello stesso atto, i figli costituiscono una reciproca e perpetua servitù di passaggio pedonale e carrabile su due stradine private, denominate “viale 1” e “viale 2”, per garantire l’accesso ai rispettivi lotti. Anni dopo, uno dei figli vende la sua porzione di terreno, insieme ai relativi diritti di servitù.

Il fratello, proprietario del terreno su cui insiste il “viale 1”, cita in giudizio gli acquirenti, lamentando un aggravamento della servitù. Secondo l’attore, i nuovi vicini avrebbero trasformato il fondo da agricolo a parcheggio, aumentando il traffico, e realizzato opere non consentite.

Il Tribunale, in primo grado, accoglie parzialmente le ragioni dell’attore, limitando il diritto di passaggio degli acquirenti. La Corte d’Appello, però, ribalta la decisione, ripristinando pienamente la servitù di passaggio carrabile su “viale 1” e anche su “viale 2”, ritenendo che il titolo originario fosse sufficientemente chiaro da consentire un passaggio senza limiti specifici se non quelli derivanti dalla larghezza della strada.

La Decisione della Corte di Cassazione e la servitù di passaggio

L’originario attore ricorre in Cassazione, sollevando diverse censure. La Suprema Corte accoglie solo uno dei motivi di ricorso, ma questo si rivela decisivo per ridisegnare i confini della decisione.

La Corte ha ritenuto fondata la doglianza relativa alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.). La Corte d’Appello, infatti, si era espressa anche sulla servitù relativa al “viale 2”, un punto che non era mai stato oggetto di contestazione né nell’atto di citazione iniziale né nell’appello. Su questo punto, la sentenza d’appello viene cassata.

Tutti gli altri motivi vengono respinti. In particolare, la Cassazione conferma l’interpretazione della Corte d’Appello riguardo alla prevalenza del titolo costitutivo della servitù. Secondo gli Ermellini, i giudici di merito hanno correttamente ricostruito la volontà delle parti originarie basandosi sull’atto di donazione e sulla successiva scrittura privata, che definivano con precisione l’esistenza, il tracciato e la larghezza della servitù.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso a criteri sussidiari, come quello del soddisfacimento del bisogno del fondo dominante con il minor aggravio per il fondo servente (art. 1065 c.c.), è possibile solo quando il titolo costitutivo è incerto o lacunoso. Nel caso di specie, gli atti notarili e le scritture private erano chiari nel definire l’estensione del diritto di passaggio. Pertanto, l’interpretazione dei giudici d’appello, che hanno dato prevalenza alla volontà contrattuale, è stata ritenuta corretta. L’abbattimento di un muro di confine per consentire il passaggio, secondo la Corte, rientra nell’esercizio delle facoltà del proprietario del fondo dominante e non costituisce di per sé un’alterazione della funzione economico-giuridica del fondo.

La Corte ha inoltre respinto le censure relative a una presunta motivazione illogica o contraddittoria, ricordando che, a seguito della riforma del 2012, il vizio di motivazione è censurabile in Cassazione solo in casi estremi di “anomalia motivazionale” che si traducono in una violazione di legge, ipotesi non riscontrata nella sentenza impugnata. Infine, la decisione di compensare le spese legali è stata ritenuta legittima a causa della soccombenza reciproca delle parti nei vari gradi di giudizio.

Le Conclusioni

La Suprema Corte, decidendo nel merito dopo la cassazione parziale, ha dichiarato la sussistenza della servitù di passaggio pedonale e carrabile a favore degli acquirenti solo sul “viale 1”, conformemente a quanto era stato effettivamente richiesto e dibattuto nel processo. Questa ordinanza offre due importanti lezioni: la prima è la centralità assoluta del titolo negoziale nella definizione dei diritti reali come la servitù di passaggio. Una redazione chiara e dettagliata degli atti può prevenire future controversie. La seconda è un monito di carattere processuale: i giudici non possono spingersi oltre le domande formulate dalle parti, a pena di violare un principio cardine del nostro ordinamento giuridico.

Come si determina l’estensione di una servitù di passaggio?
L’estensione e le modalità di esercizio di una servitù sono determinate principalmente dal titolo che l’ha costituita (es. un contratto o un testamento). Solo se il titolo è poco chiaro o incompleto, si può ricorrere a criteri sussidiari, come quello di soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio possibile per il fondo servente.

Può un giudice decidere su una questione non sollevata dalle parti in causa?
No, il giudice deve attenersi alle domande e alle eccezioni formulate dalle parti. Se si pronuncia su questioni non richieste (ultra petita), la sua decisione viola il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.) e può essere cassata.

Quando vengono compensate le spese legali tra le parti?
Le spese legali possono essere compensate, in tutto o in parte, quando vi è una soccombenza reciproca, cioè quando nessuna delle parti esce completamente vittoriosa dal giudizio perché alcune delle sue domande sono state accolte e altre respinte. La Corte di Cassazione interviene su tale decisione solo se viene violato il principio secondo cui le spese non possono essere addebitate alla parte totalmente vittoriosa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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