Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27661 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27661 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13984/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 285/2020, depositata il 06/03/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE chiedeva al Tribunale di Salerno – Sez. distaccata di Eboli la costituzione di una servitù di passaggio, anche per il transito di veicoli a trazione meccanica, sulla strada che dal confine con la proprietà attrice prosegue per circa 550 mt all’interno della proprietà del convenuto, NOME COGNOME, fino a collegare il fondo dell’attrice con la via pubblica.
A sostegno della sua pretesa, l’attrice affermava: di essere proprietaria di un appezzamento di terreno, riportato al catasto al foglio 2, p.lla 1293, confinante con la proprietà di NOME COGNOME, con la proprietà COGNOME e con altri terreni di proprietà della stessa attrice; per accedere a detta particella era da sempre stata utilizzata una strada carrabile corrente nei fondi RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME; all’altezza del confine di cui ai termini 111 e 112 a suo tempo apposti tra i due fondi, era stata eretta dalla proprietà COGNOME una recinzione metallica che taglia per traverso la strada carrabile e che, di conseguenza, impedisce l’accesso alla particella 1293, rendendo quest’ultima interclusa rispetto alla strada provinciale; la peculiare morfologia del fondo RAGIONE_SOCIALE – in particolare, la presenza di un profondo vallone – rendeva impossibile la comunicazione tra la particella in questione e gli altri terreni di proprietà di RAGIONE_SOCIALE posti sull’altra sponda del vallone, per cui la medesima non poteva coltivare e utilizzare oltre 5 ettari di terreno.
Il Tribunale di Salerno, espletata prova testimoniale e CTU, accoglieva la domanda dell’attrice e dichiarava costituito il diritto di servitù coattiva di passaggio pedonale e carrabile sulla strada che, dai termini 111 e 112, prosegue per circa 500 mt all’interno della proprietà COGNOME fino a collegare con la via pubblica la particella 1293, di proprietà RAGIONE_SOCIALE
La sentenza del primo giudice veniva impugnata innanzi alla Corte d’Appello di Salerno dall’originario convenuto NOME COGNOME e dagli interventori NOME, NOME e NOME COGNOME, divenuti proprietari del medesimo fondo in virtù di atto di donazione.
Il giudice di seconde cure rigettava il gravame confermando la sentenza impugnata.
Facendo proprie le conclusioni cui era pervenuta la CTU, la Corte territoriale riteneva che, a seguito della posizione della recinzione metallica tra i termini 111 e 112, una porzione della particella 1293 a nord del vallone era rimasta interclusa, e che per rimediare a tale interclusione occorreva costituire il passaggio attraverso la particella di proprietà di NOME COGNOME.
La suddetta sentenza è oggetto del ricorso per Cassazione promosso da NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, affidato a tre motivi e illustrato da memoria.
Resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
La decisione veniva chiamata all’adunanza camerale del 23.05.2024.
Con ordinanza interlocutoria del 21.06.2024, n. 17203, il Collegio rimetteva la causa a nuovo ruolo, in attesa della pronuncia della Sezioni Unite sulla questione di massima rilevanza in precedenza sollevata dall’ordinanza interlocutoria di questa sezione , n. 32528/2023 – con riferimento alla quale si sono pronunciate le Sezioni unite con la sentenza n. 9685 del 2013 -, al fine di valutare se pervenire ad una conferma del principio di diritto con la stessa affermato ovvero ad una diversa conclusione giuridica, relativa alla individuazione delle conseguenze derivanti, con riguardo all’esercizio dell’azione di costituzione di servitù coattiva (prevista dall’art. 1051 cod. civ.), nell’eventualità in cui uno o più titolari dei fondi ritenuti intercludenti
(quindi potenzialmente serventi) non siano evocati in giudizio con l’atto introduttivo della causa in primo grado.
Intervenuta sentenza delle Sezioni Unite n. 1900 del 27.01.2025 (Rv. 673629 01) la causa è stata chiamata all’adunanza camerale del 16 settembre 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 1051 cod. civ. e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. I ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe violato il principio di diritto posto da questa Corte in virtù del quale per verificare la sussistenza dell’interclusione di un fondo, ai fini della costituzione di una servitù di passaggio coattivo ai sensi dell’art. 1051 cod. civ., esso deve essere considerato unitariamente e non per parti separate (Cass. Sez. 2, n. 22834 del 2009; Cass. Sez. 2, n. 20518 del 2020, citata in memoria). Poiché la particella 1293 di cui si discute, nel suo insieme, non poteva essere considerata interclusa, neppure per la parte ricadente a monte del vallone, in quanto essa riceve un comodo accesso dalla strada proveniente dal fondo COGNOME, non si ha interclusione nel caso di specie, poiché da una residua parte del fondo che ha accesso alla via pubblica è possibile, senza lavori particolarmente onerosi, realizzare un collegamento con la parte interclusa.
2. Con il secondo motivo si deduce falsa applicazione dell’art. 1051 cod. civ. e violazione degli artt. 1052 e 2697 cod. civ., nonché degli artt. 112 cod. proc. civ. e 345 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ. In tesi: sarebbe evidente, nel caso di specie, la possibilità di accesso all’intera porzione di fondo sovrastante il vallone, restando controverso solo se una porzione della particella 1293 all’interno del medesimo fondo possa considerarsi interclusa. Pertanto,
la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare l’art. 1052 cod. civ. (anziché l’art. 1051), norma che rende possibile da parte del proprietario del fondo la richiesta di costituzione di un altro passaggio per accedere al medesimo fondo per esigenze dell’agricoltura o dell’industria, spettando al giudice verificare non solo l’interclusione del fondo, ma anche l’interesse (della collettività) alla coltivazione del fondo, identificabili con il più razionale ed efficiente sfruttamento del fondo. A tal proposito, i ricorrenti precisano di aver sollevato l’eccezione di non coltivabilità della porzione di fondo interclusa in quanto il terreno per cui è causa altro non rappresenta che l’alveo di un torrente, rispetto al quale è evidente l’insuscettibilità di forme di coltivazione, trattandosi di beni demaniali – già nel giudizio di primo grado e anche attraverso le note tecniche della CTP; in ogni caso, essa andava intesa come mera difesa, rilevabile anche d’ufficio, non come eccezione in senso stretto: ne deriva che erroneamente la Corte d’Appello l’ha ritenuta tardiva.
3. Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 1051 e 1052 cod. civ., nonché dell’art. 102 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. A giudizio dei ricorrenti, la domanda di costituzione coattiva di servitù di passaggio doveva essere contestualmente proposta anche nei confronti della proprietà COGNOME che si frappone all’accesso alla pubblica via, poiché solo con la costituzione del passaggio nella sua interezza si realizza la funzione propria del diritto riconosciuto al proprietario del fondo intercluso dall’art. 1051 cod. civ. Ne consegue che, in mancanza, la domanda andava respinta perché diretta a far valere un diritto inesistente, restando esclusa la possibilità di integrare il contraddittorio rispetto ai proprietari pretermessi (così Cass. Sez. U, n. 9685 del 22.04.2013).
4. Il Collegio ritiene di dover esaminare innanzitutto il terzo motivo, per questione di priorità logica, fondato nei limiti di quanto si dirà.
La questione posta dai ricorrenti riguarda le conseguenze derivanti, con riguardo all’esercizio dell’azione di costituzione di servitù coattiva prevista dall’art. 1051 cod. civ., dalla situazione in cui uno (o più) titolari dei fondi ritenuti intercludenti (proprietà COGNOME, nel caso di specie), quindi potenzialmente serventi, non siano stati evocati in giudizio con l’atto introduttivo della causa in primo grado.
Si tratta di questione rispetto alla quale questa Corte ha espresso più volte soluzioni contrastanti.
4.1. Nel 2013, con la sentenza richiamata in ricorso (n. 9685 del 22.04.2013) le Sezioni Unite avevano enunciato il principio -contrapposto a quello precedente delle stesse Sezioni unite culminato nelle più risalenti sentenze nn. 670 e 671 del 1989 – in virtù del quale la mancata integrità del contraddittorio nelle azioni di costituzione coattiva della servitù di passaggio nei confronti dei proprietari di tutti fondi serventi per consentire l’accesso alla via pubblica, determina la conseguenza del rigetto nel merito della domanda e non conduce all’obbligo di integrare il contraddittorio.
Tanto sul presupposto che non si sarebbe in presenza di un rapporto unico ed inscindibile (fra titolare del fondo dominante e la pluralità dei titolari dei fondi serventi: situazione, invece, ricorrente nell’ipotesi di uno o più fondi appartenenti a più comproprietari), tale da concretare propriamente la condizione essenziale imposta dall’art. 102 cod. civ., bensì la domanda sarebbe carente sotto il profilo oggettivo della congruità del petitum .
Ad avviso delle Sezioni Unite menzionate, con riferimento ad una domanda del genere non vi sarebbero litisconsorti necessari pretermessi, ma si configurerebbe, in primo luogo, la mancanza di
«quella essenziale condizione dell’azione che consiste nella “possibilità giuridica” – ossia nella sia pure solo astratta corrispondenza della pretesa accampata in giudizio a una norma che le dia fondamento poiché il bene della vita reclamato dall’attore non gli è accordato dall’ordinamento»; mancanza che, ad avviso delle stesse Sezioni Unite, deve condurre al rigetto della domanda, «perché diretta a far valere un diritto inesistente».
4.2. L’ordinanza interlocutoria n. 32528/2023 ha espresso perplessità riguardo alla suddetta soluzione, chiedendo alle Sezioni Unite di questa Corte un ulteriore intervento sulla questione giuridica come sopra riportata.
4.3. Con la sentenza n. 1900 del 27/01/2025 (Rv. 673629 – 01), le Sezioni Unite hanno espresso il seguente principio di diritto (enunciato nell’interesse della legge, ex art. 363 cod. proc. civ.): «In caso di più fondi intercludenti appartenenti a diversi soggetti, l’azione per la costituzione di servitù coattiva di passaggio in favore del fondo intercluso (anche nelle ipotesi previste dagli artt. 1051, comma 3, e 1052 cod. civ.) deve essere promossa nei confronti di tutti i proprietari e avuto riguardo a tutti i percorsi concretamente sperimentabili, poiché essa determina un processo litisconsortile per comunanza dei plurimi rapporti bilaterali, strettamente correlati al fine di consentire il soddisfacimento del vantato diritto; pertanto, in mancanza dell’integrazione del contraddittorio ordinato dal giudice, il processo va dichiarato estinto, senza che ne derivi il rigetto della domanda».
Più in dettaglio: questa Corte nel suo massimo consesso ha ritenuto che la costituzione del diritto di servitù coattiva di passaggio imponga la presenza in giudizio dei proprietari di tutti i fondi interessati. Tanto in applicazione del precetto di legge sostanziale (art. 1051 cod. civ.)
che il giudice è chiamato ad applicare, e sulla scorta dei seguenti passaggi essenziali:
la pretesa fatta valere con la domanda potrà trovare soddisfazione solo attraverso l’approvazione di un percorso che, nell’apprezzamento del giudice, soddisfacendo i presupposti e le condizioni di legge, sia necessariamente idoneo ad assicurare lo sbocco sulla pubblica via;
-dalla circostanza che l’attore non abbia chiamato in giudizio taluno dei proprietari dei fondi occludenti non appare logico farne derivare le conseguenze di una sorta di «rinuncia implicita» alla domanda;
-la condizione d’interclusione deve essere negata dal giudice nel solo caso in cui egli escluda che il fondo, circondato da fondi altrui, non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza «eccessivo dispendio o disagio». Ove, invece, detta interclusione sussista il diritto deve essere riconosciuto e l’interclusione rimossa con la costituzione del passaggio coattivo, tertium non datur ;
ciò in quanto, anche alla luce degli artt. 2 Cost e 17 CDFUE, la necessità che ogni fondo sia normalmente accessibile, se indubbiamente concreta il diritto privato soggettivo ad ottenere coattivamente il soddisfacimento di una tale esiziale condizione, allo stesso tempo soddisfa la fondamentale esigenza pubblica dell’ordinamento d’impedire la formazione di aree, che per essere prive d’accesso, divengano «terra di nessuno».
Pertanto, consapevole delle criticità derivanti dall’opzione per il litisconsorzio necessario, e negando l’unicità e inscindibilità del rapporto nella situazione di richiesta di costituzione di servitù coattiva a carico solo di alcuni dei proprietari dei fondi limitrofi potenzialmente serventi, la pronuncia citata perviene alla conclusione per la quale, nonostante la pluralità dei rapporti sostanziali intercorrenti fra l’attore ed i proprietari dei fondi intercludenti, la natura del diritto che il giudice
è chiamato a costituire impone la compresenza in giudizio di tutti i proprietari degli anzidetti fondi.
4.4. Tornando al caso che ci occupa, diversamente da quanto argomentato nel mezzo di gravame, in applicazione del principio di diritto da ultimo enunciato, dalla mancata contestuale proposizione della domanda originaria nei confronti di tutti i proprietari dei fondi limitrofi alla p.lla 1293 di proprietà RAGIONE_SOCIALE non discende il rigetto nel merito della domanda, bensì la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME e NOME COGNOME.
Il Collegio – riscontrata la nullità del giudizio di primo grado a causa della quale la Corte d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice – rinvia la causa al Tribunale di Salerno in persona di diverso magistrato, ai sensi dell’art. 382, comma 3, cod. proc. civ. vigente ratione temporis .
Avendo il Collegio accolto il terzo motivo, i restanti si dichiarano logicamente assorbiti.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il terzo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa al Tribunale di Salerno in persona di diverso magistrato, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 16 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME