Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8703 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8703 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6121-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME COGNOME NOME e NOME COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 5092/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 18/11/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 19.1.2010 COGNOME NOME evocava in giudizio il RAGIONE_SOCIALE Stefano di RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Belluno, esponendo di aver ottenuto dall’ente locale il permesso di costruire n. 12/2007 ma di non poter dar corso ai relativi lavori per impossibilità di accedere al suo lotto con mezzi meccanici e chiedeva pertanto la costituzione, in favore della sua proprietà ed a carico di quella del RAGIONE_SOCIALE convenuto, di una servitù di passaggio coattiva, pedonale e carrabile, ai sensi degli artt. 1051 e 1052 c.c.
Si costituiva il RAGIONE_SOCIALE resistendo alla domanda ed invocando l’individuazione di un percorso alternativo, a carico di fondo di altri soggetti, che chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa. All’esito dell’autorizzazione alla chiamata, si costituivano COGNOME NOME e COGNOME NOME, mentre rimaneva contumace RAGIONE_SOCIALE
Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE, che formulava a sua volta domanda di costituzione di servitù coattiva di elettrodotto, a norma degli artt. 1051 e 1052 c.c., a carico del fondo di proprietà del RAGIONE_SOCIALE e a vantaggio di quello dell’attore.
Nel corso del giudizio di prime cure l’attore veniva autorizzato, con provvedimento emesso ai sensi dell’art. 700 c.p.c., a transitare sul
fondo del RAGIONE_SOCIALE per eseguire le opere inerenti il permesso di costruire rilasciatogli dal RAGIONE_SOCIALE.
Espletata quindi l’istruttoria, nel corso della quale venivano disposte due C.T.U., il Tribunale pronunciava sentenza non definitiva n. 137/2017, con la quale accertava l’interclusione del fondo dell’attore, ai sensi dell’art. 1051 c.c., costituiva la servitù di elettrodotto coattivo a vantaggio dello stesso ed a carico del fondo di proprietà del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, fissando la relativa indennità dovuta da RAGIONE_SOCIALE, e rimettendo la causa in istruttoria per l’individuazione del percorso più consono per l’accesso pedonale e carrabile al fondo intercluso, nel contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE, proprietaria di un terreno interessato al tracciato ipotizzato dal C.T.U. e sino ad allora non evocata in causa.
Con la sentenza impugnata, n. 5092/2019, la Corte di Appello di Venezia rigettava il gravame interposto dal RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di COGNOME NOME, originario attore, e dei suoi genitori COGNOME NOME e COGNOME NOME, chiamati in causa, avverso la decisione di prime cure, confermandola.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione il RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME NOME.
Gli altri intimati, COGNOME NOME e COGNOME NOME, non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti costituite hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1051 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma,
n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato la natura interclusa del fondo di proprietà di COGNOME NOME.
Con il secondo motivo, il condominio ricorrente si duole invece dell’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe trascurato di considerare le cause che avevano determinato la situazione di fatto posta a sostegno della presunta natura interclusa del fondo dell’originario attore; cause dipendenti esclusivamente dalla scelta dei genitori dello stesso, che nel donare il terreno al figlio non avevano costituito un diritto di transito a carico della loro residua proprietà, e dalle scelte progettuali del COGNOME COGNOME NOME.
Con il terzo motivo, la parte ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1054 e 2697 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello non avrebbe rilevato che il COGNOME COGNOME NOME aveva l’obbligo di rivolgersi prima ai suoi genitori, diretti suoi danti causa, per ottenere gratuitamente la costituzione di servitù a carico della loro proprietà, e perché non avrebbe considerato che, prima della donazione all’originario attore di parte del terreno in origine tutto di proprietà dei suoi genitori, il cespite costituiva un unicum che disponeva di comodi accessi pedonali e carrabili alla pubblica via.
Le tre censure, che sono intimamente collegate, sono in parte inammissibili ed in parte infondate.
In particolare, è inammissibile la deduzione del vizio di omesso esame di fatto decisivo, contenuta nel secondo ed, in parte, nel terzo motivo di ricorso, in presenza di una ipotesi di cd. doppia conforme (v. art. 348 ter ultimo comma cpc).
Del pari inammissibile è la censura di cui al primo motivo, diretta avverso la statuizione con la quale la Corte di Appello ha ravvisato la
natura interclusa del fondo, sulla base delle risultanze della C.T.U. esperita in corso di causa, e l’inesistenza di un diritto di servitù su fondi diversi da quello del RAGIONE_SOCIALE odierno ricorrente.
La Corte distrettuale, sul punto, ha infatti dato atto che uno dei due percorsi pedonali esistenti aveva natura meramente precaria, mentre l’altro non era comunque idoneo ad assicurare il transito veicolare. Ha poi evidenziato che, poiché il fondo dell’attore aveva destinazione residenziale, il suo conveniente e normale uso richiedeva la possibilità di accedervi anche con vetture, e che tale possibilità non era possibile neppure mediante costituzione di servitù a carico della limitrofa proprietà dei suoi genitori (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata).
Inoltre, la Corte distrettuale ha esaminato le varie ipotesi individuate dal C.T.U., dando atto che entrambe le soluzioni prospettate prevedono il transito pedonale e carrabile sulla proprietà del RAGIONE_SOCIALE, in assenza di percorsi alternativi praticabili (cfr. pag. 9 della sentenza).
Il RAGIONE_SOCIALE ricorrente attinge tale complessiva ricostruzione del fatto e delle prove contrapponendovi una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle
ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
E’ invece infondata è la tesi prospettata con il terzo motivo di ricorso, secondo cui la disposizione di cui all’art. 1054 c.c. sarebbe applicabile, giusta la previsione del secondo comma, ad ogni ipotesi di divisione del fondo, originariamente unitario. La parte ricorrente incorre in un evidente equivoco, poiché ritiene che per ‘divisione’ si debba intendere il materiale distacco, dall’originaria consistenza unitaria, di una parte del fondo. In realtà, l’art. 1054 c.c. si applica, giusta il primo comma, alle alienazioni a titolo oneroso e, giusta il secondo, alle divisioni, per tali dovendosi eventualmente intendere le sole fattispecie di scioglimento della comunione (ordinaria o ereditaria). Diversamente argomentando, infatti, qualsiasi atto dispositivo avente ad oggetto una sola parte di un fondo, originariamente unitario, ne implicherebbe la materiale divisione, il che renderebbe vana la limitazione, contenuta nel primo comma della norma, alle sole ipotesi di alienazione a titolo oneroso. Ipotesi, quest’ultima, che nel caso di specie non ricorre, posto che, come lo stesso ricorrente afferma a pag. 5 della memoria, la separazione del
fondo è avvenuta mediante donazione di una parte di esso, e dunque mediante un atto non avente carattere di onerosità.
Con il quarto motivo, la parte ricorrente lamenta infine la violazione o falsa applicazione dell’art. 1051 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente costituito una servitù coattiva a carico di area costituente cortile del RAGIONE_SOCIALE ricorrente. Inoltre, nella parte finale della doglianza il condominio contesta anche la natura apparente della motivazione, perché essa si risolverebbe in un apodittico recepimento delle conclusioni del C.T.U.
La censura è infondata.
La Corte di Appello, esaminando il motivo di gravame proposto, sul punto, dall’odierno ricorrente, ha evidenziato che l’esenzione prevista dal quarto comma dell’art. 1051 c.c. opera soltanto qualora il proprietario del fondo dominante abbia la possibilità di scegliere tra più fondi, attraverso i quali raggiungere la pubblica via eliminando così la condizione di interclusione del suo fondo. La statuizione è conforme all’insegnamento di questa Corte, secondo cui ‘In materia di servitù di passaggio coattivo, la disposizione dell’art. 1051, quarto comma, c.c. -che esenta dall’assoggettamento le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti ed è applicabile anche all’ipotesi di passaggio su fondo non intercluso, in base al richiamo contenuto nel successivo art. 1052 c.c.- non prevede un’esenzione assoluta delle aree indicate dalla servitù di passaggio, bensì solo un criterio di scelta, ove possibile, nei casi in cui le esigenze poste a base della richiesta di servitù siano realizzabili mediante percorsi alternativi, tra i quali deve attribuirsi priorità a quelli non interessanti le menzionate aree’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12340 del 15/05/2008, Rv. 603221; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19482 del 23/09/2011, Rv. 619332; nonché Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 14102 del 03/08/2012, Rv. 623558, secondo la quale ‘Nel giudizio di comparazione, ispirato ai principi costituzionali in materia di proprietà privata dei beni immobili e di iniziativa economica privata, il giudice deve tener conto dell’eventuale destinazione industriale del fondo intercluso, contemperando, anche mediante lo strumento indennitario, i contrapposti interessi’).
Di conseguenza, ‘… la norma indicata non trova applicazione allorché, rispettando l’esenzione, l’interclusione non potrebbe essere eliminata, comportando l’interclusione assoluta del fondo conseguenze più pregiudizievoli rispetto al disagio costituito dal transito attraverso cortili, aie, giardini e simili’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6814 del 14/12/1988, Rv. 461067; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3049 del 13/09/1975, Rv. 377138; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3517 del 23/06/1979, Rv. 399933; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 162 del 25/01/1971, Rv. 349546).
Inoltre, va anche ribadito che ‘La determinazione delle modalità di attuazione ed esercizio della servitù di passaggio coattivo rientra nelle attribuzioni del giudice di merito, che può scegliere tra le varie ipotesi prospettate in merito dal consulente tecnico, con l’unico limite dell’osservanza dei criteri dettati dal codice civile in relazione alle accertate concrete necessità da soddisfare, curando l’equo contemperamento dell’utilità del fondo dominante e dell’aggravio del fondo servente. Ogni dubbio che residui al riguardo, in ordine alle modalità di esercizio della servitù coattiva (come di quella convenzionale) di passaggio, va risolto alla stregua della medesima legge economica del minimo mezzo’ (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17940 del 27/08/2020, Rv. 658945). Nel caso di specie, la Corte di Appello ha operato la valutazione comparativa tra le varie possibilità individuate dal C.T.U., pervenendo al fine ad una decisione adeguatamente
motivata, che rispetta pienamente i criteri fissati da questa Corte di legittimità per l’esercizio e lo svolgimento del procedimento valutativo di cui anzidetto.
Né, infine, è possibile richiamare, a favore della tesi propugnata dal RAGIONE_SOCIALE ricorrente, l’ulteriore principio, sempre affermato da questa Corte, secondo cui ‘In tema di servitù coattive, in virtù dei principi di correttezza e lealtà nei rapporti tra il proprietario del fondo dominante e quello del fondo servente, l’interclusione derivata dall’iniziativa edilizia del proprietario del fondo dominante in tanto può trovare tutela in quanto la stessa sia chiesta al giudice prima dell’intervento edilizio, in modo che questi possa valutare, senza i limiti derivanti dall’ormai avvenuta realizzazione dell’intervento stesso, quale sia la soluzione più idonea a contemperare le contrapposte esigenze dei proprietari’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 944 del 16/01/2013, Rv. 624868). Nel caso di specie, infatti, è la stessa parte ricorrente, nell’esposizione dei fatti processuali, a dare atto che l’originario attore si era rivolto alla giustizia prima di eseguire le opere autorizzate dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Stefano di RAGIONE_SOCIALE con il permesso di costruire n. 12/2007, tanto è vero che lo stesso aveva proposto, in corso di causa, ricorso ex art. 700 c.p.c. proprio per conseguire, dal Tribunale, un provvedimento che autorizzasse il passaggio al fine di terminare l’edificazione dell’edificio assentito dal permesso di costruire di cui anzidetto.
Per quanto concerne la motivazione della sentenza impugnata, infine, essa – come si è visto – è tutt’altro che apparente, né appare manifestamente illogica, essendo idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 nonché, sullo specifico
profilo della motivazione apparente, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023 in motivazione).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di quella controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 3.200,00 di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in ragione del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda