Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8660 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8660 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6116-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COMUNE DI SANTO COGNOME DI CADORE e RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE
– intimati –
avverso la sentenza n. 5069/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 15/11/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 19.1.2010 COGNOME NOME evocava in giudizio il RAGIONE_SOCIALE Stefano di RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Belluno, esponendo di aver ottenuto dall’ente locale il permesso di costruire n. 12/2007 ma di non poter dar corso ai relativi lavori per impossibilità di accedere al suo lotto con mezzi meccanici e chiedeva pertanto la costituzione, in favore della sua proprietà ed a carico di quella del RAGIONE_SOCIALE convenuto, di una servitù di passaggio coattiva, pedona e carrabile, ai sensi degli artt. 1051 e 1052 c.c.
Si costituiva il RAGIONE_SOCIALE resistendo alla domanda ed invocando l’individuazione di un percorso alternativo, a carico di fondo di altri soggetti, che chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa. All’esito dell’autorizzazione alla chiamata, si costituivano COGNOME NOME e COGNOME NOME, mentre rimaneva contumace RAGIONE_SOCIALE
Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE, che formulava a sua volta domanda di costituzione di servitù coattiva di elettrodotto, a
norma degli artt. 1051 e 1052 c.c., a carico del fondo di proprietà del RAGIONE_SOCIALE e a vantaggio di quello dell’attore.
Nel corso del giudizio di prime cure l’attore veniva autorizzato, con provvedimento emesso ai sensi dell’art. 700 c.p.c., a transitare sul fondo del RAGIONE_SOCIALE per eseguire le opere inerenti il permesso di costruire rilasciatogli dal RAGIONE_SOCIALE.
Espletata quindi l’istruttoria, nel corso della quale venivano disposte due C.T.U., il Tribunale pronunciava sentenza non definitiva n. 137/2017, con la quale accertava l’interclusione del fondo dell’attore, ai sensi dell’art. 1051 c.c., costituiva la servitù di elettrodotto coattivo a vantaggio dello stesso ed a carico del fondo di proprietà del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, fissando la relativa indennità dovuta da RAGIONE_SOCIALE, e rimettendo la causa in istruttoria per l’individuazione del percorso più consono per l’accesso pedonale e carrabile al fondo intercluso, nel contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE, proprietaria di un terreno interessato al tracciato ipotizzato dal C.T.U. e sino ad allora non evocata in causa.
Detta decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Venezia, che con sentenza n. 5092/2019, separatamente impugnata con ricorso n. 6121/2020, chiamato alla medesima odierna adunanza camerale, rigettava il gravame interposto dal RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di COGNOME NOME, originario attore, e dei suoi genitori COGNOME NOME e COGNOME NOME, chiamati in causa, confermando la decisione di prime cure.
Con successiva sentenza n. 349/2018 il Tribunale, definitivamente pronunciando, disponeva la costituzione di servitù di passaggio coattiva, pedonale e carrabile, a vantaggio del fondo di proprietà dell’originario attore, COGNOME NOME, ed a carico di quelli di proprietà dell’RAGIONE_SOCIALE, del RAGIONE_SOCIALE di
RAGIONE_SOCIALE Stefano di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Con la sentenza impugnata, n. 5069/2019, la Corte di Appello di Venezia rigettava il gravame interposto dal RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di prime cure, confermandola.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione il RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME NOME.
Gli altri intimati, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Stefano di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
Con atto depositato il 20.2.2020 il RAGIONE_SOCIALE ricorrente ha chiesto la riunione del presente ricorso a quello distinto dal n. 6121/NUMERO_DOCUMENTO.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti costituite hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va rigettata la richiesta di riunione del presente ricorso a quello, distinto dal n. 6121/NUMERO_DOCUMENTO, chiamato alla medesima odierna adunanza camerale ed avente ad oggetto l’impugnazione della diversa sentenza della Corte di Appello di Venezia n. 5092/2019, con la quale era stata confermata la prima decisione, non definitiva, del Tribunale di Belluno, n. 137/2017. Le due impugnazioni, infatti, hanno ad oggetto diverse decisioni di merito, e le parti dei due giudizi di legittimità non sono perfettamente coincidenti, posto che nella presente impugnazione risultano intimati anche RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Stefano di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che non sono invece parti del ricorso n. 6121/2020.
Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi il condominio ricorrente denuncia la nullità della sentenza per motivazione apparente ed omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la possibilità di costituire la servitù di passaggio, a vantaggio del fondo di proprietà di RAGIONE_SOCIALE, lungo percorsi alternativi non interessanti l’area cortilizia in concreto asservita, e non avrebbe considerato le soluzioni alternative proposte dal C.T.P. della parte odierna ricorrente.
La censura è in parte inammissibile ed in parte infondata.
In particolare, è inammissibile la deduzione del vizio di omesso esame di fatto decisivo, in presenza di una ipotesi di cd. doppia conforme (cfr. art. 348 ter ultimo comma cpc)..
Inoltre, la parte ricorrente non considera che l’omesso esame denunziabile in sede di legittimità deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, ‘… dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo’ (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/2016, Rv. 641174; cfr. anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2805 del 05/02/2011, Rv. 616733). Non sono quindi ‘fatti’ nel senso indicato dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, ed infine neppure le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del
fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio.
Nel caso di specie, poiché si denunzia l’omessa considerazione di una soluzione alternativa rispetto a quella in concreto individuata e prescelta dal giudice di merito, l’omesso esame non investe un ‘fatto’ nell’accezione individuata dalla norma.
Peraltro, la Corte di Appello ha preso le mosse dalla natura interclusa del fondo e dall’inesistenza di un diritto di servitù su fondi diversi da quello del RAGIONE_SOCIALE odierno ricorrente, già accertate dal Tribunale con sentenza parziale n. 137/2017, a sua volta fondata sulla base delle risultanze della C.T.U. esperita in corso di causa, ed ha esaminato le due soluzioni prospettate dal C.T.U., individuate come ‘ipotesi A’ e ‘ipotesi B’ , dando atto che la prima delle due costituiva il percorso più breve (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata). Ha poi esaminato le soluzioni alternative prospettate dalle parti, indicate come ‘ipotesi Est’ e ‘ipotesi Ovest’ , evidenziando le ragioni della loro ritenuta inadeguatezza: in particolare, la prima, perché ‘… richiederebbe lo spostamento di almeno cinque cisterne di gasolio, il rifacimento di un muro posto al confine ed avrebbe un dislivello di 5,70 m. con una pendenza pari a circa il 40%, improponibile per un automezzo’ ; e la seconda, invece, perché ‘… il tracciato avrebbe un dislivello di 5,70 m. e una pendenza maggiore pari ad oltre il 50% improponibile per il passaggio di automezzi’ . Ha poi aggiunto che ‘In ogni caso il superamento di un dislivello di circa 5,70 m. richiederebbe soluzioni tecnicamente ed economicamente improponibili per il danno cagionato dall’occupazione di un’ampia superficie di terreni di proprietà di terzi necessaria alla realizzazione di opere di sostegno’ (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata, che a sua volta richiama passaggi contenuti
alle pagg. 10 e ss. della C.T.U. esperita nel corso del primo grado di giudizio).
Non sussiste, dunque, alcun profilo di omesso esame, avendo la Corte distrettuale considerato tutte le soluzioni alternative prospettate nel corso del giudizio, dato atto della inadeguatezza di quelle scartate dal C.T.U. e prescelto, tra le restanti due, quella costituente il percorso più breve.
La Corte di merito ha anche evidenziato che entrambe le ipotesi ritenute praticabili dal C.T.U. (e dunque sia la ‘ipotesi A’ che la ‘ipotesi B’ ) comportano il medesimo aggravio per il RAGIONE_SOCIALE, in quanto entrambe ‘… prevedono il passaggio sulla stessa parte dell’area del RAGIONE_SOCIALE e la stessa riduzione di spazio’ (cfr. pag. 7 della sentenza, che richiama la planimetria allegata alla relazione depositata dal C.T.U.), con conseguente infondatezza della doglianza in esame, nella parte in cui essa lamenta la mancata valutazione delle ipotesi alternative di tracciato della servitù di cui è causa che erano state prospettate nel corso del giudizio.
Allo stesso modo, non è fondata la doglianza, nella parte in cui si lamenta che la servitù sarebbe stata posta a carico di un’area destinata a cortile, poiché l’esenzione prevista dal quarto comma dell’art. 1051 c.c. opera soltanto qualora il proprietario del fondo dominante abbia la possibilità di scegliere tra più fondi, attraverso i quali raggiungere la pubblica via eliminando così la condizione di interclusione del suo fondo. Sul punto, va ribadito il principio, secondo cui ‘In materia di servitù di passaggio coattivo, la disposizione dell’art. 1051, quarto comma, c.c. -che esenta dall’assoggettamento le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti ed è applicabile anche all’ipotesi di passaggio su fondo non intercluso, in base al richiamo contenuto nel successivo art. 1052 c.c.- non prevede un’esenzione assoluta delle
aree indicate dalla servitù di passaggio, bensì solo un criterio di scelta, ove possibile, nei casi in cui le esigenze poste a base della richiesta di servitù siano realizzabili mediante percorsi alternativi, tra i quali deve attribuirsi priorità a quelli non interessanti le menzionate aree’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12340 del 15/05/2008, Rv. 603221; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19482 del 23/09/2011, Rv. 619332; nonché Cass.
Sez. 2, Sentenza n. 14102 del 03/08/2012, Rv. 623558, secondo la quale ‘Nel giudizio di comparazione, ispirato ai principi costituzionali in materia di proprietà privata dei beni immobili e di iniziativa economica privata, il giudice deve tener conto dell’eventuale destinazione industriale del fondo intercluso, contemperando, anche mediante lo strumento indennitario, i contrapposti interessi’).
Di conseguenza, ‘… la norma indicata non trova applicazione allorché, rispettando l’esenzione, l’interclusione non potrebbe essere eliminata, comportando l’interclusione assoluta del fondo conseguenze più pregiudizievoli rispetto al disagio costituito dal transito attraverso cortili, aie, giardini e simili’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6814 del 14/12/1988, Rv. 461067; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3049 del 13/09/1975, Rv. 377138; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3517 del 23/06/1979, Rv. 399933; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 162 del 25/01/1971, Rv. 349546).
Inoltre, va anche ribadito che ‘La determinazione delle modalità di attuazione ed esercizio della servitù di passaggio coattivo rientra nelle attribuzioni del giudice di merito, che può scegliere tra le varie ipotesi prospettate in merito dal consulente tecnico, con l’unico limite dell’osservanza dei criteri dettati dal codice civile in relazione alle accertate concrete necessità da soddisfare, curando l’equo contemperamento dell’utilità del fondo dominante e dell’aggravio del fondo servente. Ogni dubbio che residui al riguardo, in ordine alle
modalità di esercizio della servitù coattiva (come di quella convenzionale) di passaggio, va risolto alla stregua della medesima legge economica del minimo mezzo’ (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17940 del 27/08/2020, Rv. 658945). Nel caso di specie, la Corte di Appello ha operato la valutazione comparativa tra le varie possibilità individuate dal C.T.U., pervenendo al fine ad una decisione adeguatamente motivata, che rispetta pienamente i criteri fissati da questa Corte di legittimità per l’esercizio e lo svolgimento del procedimento valutativo di cui anzidetto.
Né, infine, è possibile richiamare, a favore della tesi propugnata dal RAGIONE_SOCIALE ricorrente, l’ulteriore principio, sempre affermato da questa Corte, secondo cui ‘In tema di servitù coattive, in virtù dei principi di correttezza e lealtà nei rapporti tra il proprietario del fondo dominante e quello del fondo servente, l’interclusione derivata dall’iniziativa edilizia del proprietario del fondo dominante in tanto può trovare tutela in quanto la stessa sia chiesta al giudice prima dell’intervento edilizio, in modo che questi possa valutare, senza i limiti derivanti dall’ormai avvenuta realizzazione dell’intervento stesso, quale sia la soluzione più idonea a contemperare le contrapposte esigenze dei proprietari’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 944 del 16/01/2013, Rv. 624868). Nel caso di specie, infatti, è la stessa parte ricorrente, nell’esposizione dei fatti processuali, a dare atto che l’originario attore si era rivolto alla giustizia prima di eseguire le opere autorizzate dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Stefano di RAGIONE_SOCIALE con il permesso di costruire n. 12/2007, tanto è vero che lo stesso aveva proposto, in corso di causa, ricorso ex art. 700 c.p.c. proprio per conseguire, dal Tribunale, un provvedimento che autorizzasse il passaggio al fine di terminare l’edificazione dell’edificio assentito dal permesso di costruire di cui anzidetto.
Per quanto concerne la motivazione della sentenza impugnata, infine, essa non è viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639).
La Corte di Appello, infatti, ha illustrato adeguatamente i motivi per cui ha ritenuto opportuno individuare il percorso oggi contestato dalla parte ricorrente, all’esito di una ricostruzione del fatto e delle prove che il RAGIONE_SOCIALE attinge contrapponendovi una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non
menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Con il secondo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1053 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente determinato l’indennità dovuta al RAGIONE_SOCIALE a fronte della costituzione, a carico dell’area cortiliva, della servitù coattiva di passaggio oggetto di causa. Ad avviso del RAGIONE_SOCIALE, il giudice di merito non avrebbe apprezzato il pregiudizio complessivamente subito dal proprietario del fondo servente, ma si sarebbe limitato a determinare l’indennità sulla base del solo valore della superficie asservita.
La censura è inammissibile.
La Corte di Appello, esaminando il motivo di gravame proposto, sul punto, dall’odierno ricorrente, ha evidenziato che l’ausiliario aveva determinato il valore dell’indennità tenendo conto che l’asservimento di parte dell’area cortiliva del RAGIONE_SOCIALE implicava il sacrificio di un posto auto scoperto, e che la tesi dell’ente di gestione, odierno ricorrente, secondo la quale sarebbe stato invece necessario sacrificare almeno due posti auto, non aveva trovato alcun idoneo riscontro (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
Il ricorrente attinge tale statuizione allegando un danno ulteriore, costituito dal fatto che alcuni dei condomini sarebbero costretti a parcheggiare le proprie vetture a distanza dalle proprie abitazioni, ma non indica in quale momento del giudizio di merito, e con quale strumento processuale, tale questione sarebbe stata introdotta. La
sentenza impugnata, infatti, si limita ad affermare che il RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto, con il secondo motivo di appello, che la soluzione prescelta dal Tribunale implicava il sacrificio di due posti auto, e non soltanto di uno; era quindi onere dell’odierno ricorrente indicare, ai fini della specificità della censura, in quale momento del giudizio di merito era stata introdotta la diversa questione, non esaminata dalla Corte di Appello, del danno ulteriore oggi dedotto con il motivo in esame. Peraltro, sotto questo profilo, è necessario evidenziare che la doglianza non concerne l’omesso esame di un motivo di appello, bensì di un fatto, onde in relazione ad essa valgono le considerazioni già esposte in occasione dello scrutinio della prima censura, sia in relazione alla preclusione della deducibilità del vizio di omesso esame in presenza di una ipotesi di cd. doppia conforme, sia con riguardo all’impossibilità di ritenere che la mancata considerazione di una voce di danno possa rappresentare un ‘fatto’ nell’accezione prevista dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di quella controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 3.200,00 di cui € 200,00
per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in ragione del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda