Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20970 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20970 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11883-2020 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO , nello studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMAINDIRIZZO , nello studio dell’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
nonchè contro
ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI di MESSINA
– intimato – avverso la sentenza n. 668/2019 della CORTE DI APPELLO di MESSINA, depositata il 20/09/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 20.7.2004 COGNOME NOME evocava in giudizio COGNOME NOME, COGNOME NOME e lo RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, chiedendo di essere reintegrato nel possesso di un’area di proprietà dello RAGIONE_SOCIALE e comunque del diritto di passaggio sulla stessa, nonché la condanna dei convenuti NOME e COGNOME alla rimozione degli ostacoli frapposti al libero esercizio dell’uso e del passaggio ed al risarcimento del danno.
Nella resistenza dei convenuti il Tribunale, dopo aver ordinato, in via cautelare, al COGNOME ed alla COGNOME di sgomberare l’area oggetto di causa su richiesta del COGNOME, accoglieva la domanda, con sentenza n. 584/2017, ordinando ai predetti convenuti di reintegrare il ricorrente nel possesso del diritto di transito sullo spazio aperto oggetto di causa.
Con la sentenza impugnata, n. 668/2019, la Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE riformava la decisione di prime cure, limitando l’ordine di reintegrazione al solo diritto di transito a piedi e con veicoli a due ruote, ordinando al NOME ed alla COGNOME di lasciare libera una striscia della larghezza di 120 cm.
Propongono ricorso per la cassazione di tale pronuncia COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, eredi di COGNOME NOME, affidandosi a tre motivi.
Resistono con controricorso NOME e COGNOME NOME, spiegando a loro volta ricorso incidentale affidato a due motivi.
Lo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente principale ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente principale lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione degli artt. 1140 e 1168 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente limitato il diritto di passaggio al solo transito a piedi e con veicoli a due ruote, senza considerare che la servitù di passaggio ha carattere discontinuo, onde il suo ridotto uso temporaneo non ne dimostra l’inesistenza né ne comporta la limitazione dell’ampiezza, e che il garage di proprietà COGNOME, al cui servizio era esercitato il passaggio, presentava due aperture, una pedonale ed una carrabile, la cui ampiezza dimostrava la possibilità di accedervi anche con veicoli a quattro ruote.
La censura è fondata.
Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che ‘… l’ampio deposito-garage del ricorrente (realizzato nel 1975, INDIRIZZO, per fare da sostegno -insieme al contiguo terrapieno- al cortile di accesso al relativo fabbricato ed esteso circa 40 mq.) era sin dall’origine dotato di una porta larga 79 centimetri e di altra a due battenti larga metri 2,10 e quindi idonea all’ingresso di automezzi. Mentre l’accesso pedonale era ed è possibile anche mediante una scala in ferro che si diparte dalla sovrastante rampa di pertinenza del COGNOME, quello veicolare poteva avvenire solo attraversando lo spiazzo in contestazione’ (cfr. pag. 9 della sentenza). Alla luce di tale
accertamento in fatto, non utilmente censurabile in sede di legittimità, in quanto evidentemente fondato sulla valutazione delle risultanze istruttorie, deve ritenersi accertato che il garage del COGNOME aveva estensione (40 mq. circa) e caratteristiche (presenza di due porte, di cui una destinata all’accesso di veicoli) idonee per servire come ricovero di mezzi a quattro ruote e che tale condizione esisteva sin dalla sua edificazione, risalente -come accertato dalla Corte distrettuale- al 1975. Del pari accertato è che l’accesso a detto garage poteva avvenire, quanto ai veicoli, soltanto attraverso lo spiazzo di cui è causa. Inoltre, nel prosieguo della sua motivazione la Corte distrettuale dà atto che nel garage di cui si discute era ricoverata una vecchia automobile (Autobianchi TARGA_VEICOLO) ed erano presenti mobili, masserizie e varia merce ‘anche ingombrante’ (cfr. pagg. 9 e 10 della sentenza impugnata). L’utilizzazione, ancorché sporadica e non costante, del garage per ricoverare vetture non poteva dunque essere revocata in dubbio, non essendo possibile ipotizzare che la vecchia auto ivi presente vi fosse stata depositata mediante accesso diverso da quello attraverso l’area contestata. Stesso dicasi per i mobili, le masserizie e gli oggetti ingombranti, che evidentemente erano stati depositati nel ricovero mediante l’accesso carrabile attraverso lo spiazzo di proprietà di RAGIONE_SOCIALE
E’ dunque erronea la statuizione con la quale la Corte di Appello, di fronte a tali evidenze, ha escluso la configurazione di una servitù di transito carrabile, limitando il diritto al solo passaggio pedonale e con mezzi a due ruote, sulla base del rilievo che l’accesso al garage con veicoli avveniva ‘con modesta frequenza’ e mediante l’invito ai COGNOME e COGNOME di rimuovere gli oggetti depositati sull’area. La servitù di passaggio, infatti, è per sua natura discontinua, e dunque il suo esercizio saltuario ‘… non è di ostacolo a configurarne il possesso,
dovendo lo stesso essere determinato in riferimento alle peculiari caratteristiche ed alle esigenze del fondo dominante ;pertanto, ove non risultino chiari segni esteriori diretti a manifestare l’animus dereliquendi, la relazione di fatto instaurata dal possessore con il fondo servente non viene meno per l’utilizzazione non continuativa quando possa ritenersi che il bene sia rimasto nella virtuale disponibilità del possessore’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3076 del 16/02/2005, Rv. 586433; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13700 del 22/06/2011, Rv. 618276 e Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9626 del 10/04/2024, Rv. 670735). L’esercizio del diritto in re aliena , infatti, nel caso delle servitù discontinue, ‘… non implica necessariamente un’utilizzazione continuativa delle opere stesse, la cui apparenza e destinazione all’esercizio della servitù permangono, a comprova della possibilità di tale esercizio e pertanto, della permanenza del relativo possesso, anche in caso di utilizzazione saltuaria’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8736 del 26/06/2001, Rv. 547746).
Ne consegue l’irrilevanza dell’esercizio sporadico del diritto di transito, essendo piuttosto decisivo l’esame dello stato dei luoghi, che deve rivelare la possibilità di esercitare il passaggio (cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22579 del 16/10/2020, Rv. 659387 e Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 26636 del 12/12/2011, Rv. 620036). L’esistenza del portone di accesso carrabile, dunque, costituiva elemento decisivo, che la Corte di Appello avrebbe dovuto valutare ai fini della verifica dell’esistenza di opere apparenti a servizio del diritto di transito sul piazzale oggetto di causa. Sul punto, va anche ribadito l’insegnamento di questa Corte, secondo cui i segni visibili e le opere permanenti obiettivamente destinate all’esercizio di una servitù di passaggio possono insistere anche sul fondo dominante, o su fondo di terzi, e possono essere rappresentate anche da un portone o un androne di
accesso, utilizzati sia per accedere al fondo dominante che a quello servente, a condizione che sia riscontrata dal giudice di merito l’univoca destinazione di dette opere all’esercizio della servitù (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24856 del 21/11/2014, Rv. 633132 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7817 del 04/04/2006, Rv. 589310) e che sia evidente che non si tratti di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13238 del 31/05/2010, Rv. 613246 e Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 7004 del 17/03/2017, Rv. 643386). Del tutto secondaria, invece, era la circostanza che il transito fosse stato esercitato in modo più o meno intenso o frequente, giacché tale elemento non poteva incidere sul giudizio relativo all’esistenza del diritto di servitù oggetto di causa.
L’accoglimento del primo motivo implica l’assorbimento degli altri, con i quali i ricorrenti principali lamentano, rispettivamente:
con il secondo motivo, la nullità della sentenza per apparenza della motivazione, la violazione dell’art. 132 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe reso una motivazione apparente e non avrebbe considerato le risultanze delle prove acquisite agli atti del giudizio di merito;
con il terzo motivo, la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente compensato le spese del doppio grado del giudizio di merito.
Del pari assorbite sono le censure proposte con il ricorso incidentale, con le quali si denunzia, rispettivamente:
con il primo motivo, la nullità della sentenza e la violazione degli artt. 324, 346 c.p.c. e 2909 c.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto ravvisare l’esistenza di un giudicato interno sul fatto che l’area
di cui si controverte fosse occupata da beni e materiali degli odierni ricorrenti incidentali, e che dunque il transito esercitato dal COGNOME su di essa avveniva in base ad una concessione dei predetti occupanti;
con il secondo motivo, la nullità della sentenza e la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe riconosciuto l’esistenza di un diritto di servitù di passaggio con modalità diverse da quelle richieste dall’originario ricorrente.
In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso principale e dichiarati assorbiti il secondo ed il terzo, unitamente ai motivi del ricorso incidentale. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alle censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
la Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti il secondo ed il terzo, nonché i motivi del ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa alla Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda