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Servitù di non edificare: quando nasce da accordo

Una società alberghiera e un condominio stipulano un accordo che vieta costruzioni entro cinque metri dal confine. Anni dopo, la società costruisce violando l’accordo. La Corte di Cassazione conferma che tale accordo ha creato una vera e propria servitù di non edificare, un diritto reale sulla proprietà, e non un semplice obbligo personale. La decisione si basa sull’interpretazione della volontà delle parti e sulla presenza di un’utilitas (beneficio) per il condominio.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Servitù di non edificare: quando un accordo privato diventa un vincolo reale

Un semplice accordo scritto tra vicini per non costruire vicino al confine può trasformarsi in un vincolo permanente sulla proprietà? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito come interpretare queste pattuizioni, stabilendo che possono dare vita a una vera e propria servitù di non edificare. Questa decisione sottolinea l’importanza di comprendere la differenza tra un obbligo personale e un diritto reale, con conseguenze significative per i proprietari di immobili.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce da una controversia tra una società alberghiera e un condominio confinante. A seguito di una denuncia di nuova opera per la costruzione di una terrazza da parte dell’hotel, le parti avevano raggiunto nel 2004 un accordo transattivo. L’articolo 5 di tale accordo prevedeva espressamente che la società alberghiera “si impegna a non realizzare opere a distanza inferiore a cinque metri dal confine”.

Dieci anni dopo, nel 2014, la società realizzava una nuova costruzione in cemento armato lungo la linea di confine, violando l’impegno preso. Il Condominio agiva in giudizio, ottenendo sia in primo che in secondo grado la condanna della società alla demolizione del manufatto. I giudici di merito avevano interpretato la clausola dell’accordo non come un semplice impegno personale, ma come la costituzione di una servitù di non edificare a carico del fondo dell’hotel e a favore del fondo del condominio.

La Questione Giuridica: Obbligo Personale o Servitù di Non Edificare?

Il cuore del ricorso per cassazione presentato dalla società alberghiera ruotava attorno all’interpretazione di quella clausola. Secondo la ricorrente, l’espressione “si impegna” indicava la volontà di assumere un vincolo meramente obbligatorio, non di costituire un diritto reale come la servitù. Mancavano, a suo dire, gli elementi essenziali per la costituzione di una servitù, come la precisa volontà del proprietario del fondo servente e la determinazione della natura del peso imposto.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto questa tesi, e la Cassazione ne ha confermato l’operato. I giudici hanno sottolineato che per costituire una servitù non sono necessarie formule sacramentali o espressioni tecniche particolari. È sufficiente che dall’atto scritto emerga in modo inequivocabile la volontà delle parti di creare un vantaggio per un fondo (dominante) attraverso l’imposizione di un peso o di una limitazione su un altro fondo (servente).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso della società alberghiera, confermando la natura reale del vincolo.

Primo Motivo: L’Interpretazione della Volontà Contrattuale e la Servitù di Non Edificare

I giudici hanno chiarito che l’interpretazione del contratto non deve fermarsi al senso letterale delle parole, ma deve considerare l’intenzione complessiva delle parti. In questo caso, l’impegno a non costruire entro una certa distanza, inserito in un contesto di risoluzione di una disputa sui confini e sulle costruzioni, è stato ritenuto espressivo della volontà di creare un vincolo permanente e reale, ovvero una servitù di non edificare.

Secondo Motivo: La Sussistenza dell’Utilitas

La società sosteneva che mancasse l'”utilitas”, cioè il beneficio concreto per il fondo dominante (il condominio), requisito essenziale per l’esistenza di una servitù. La Corte ha respinto anche questa argomentazione, ricordando che il concetto di utilitas è ampio. Esso include non solo vantaggi economici, ma ogni elemento che aumenti l’amenità, l’abitabilità e la comodità del fondo dominante, come evitare rumori o costruzioni sgradevoli. Il divieto di edificare fino a cinque metri dal confine garantiva proprio questo tipo di beneficio al condominio.

Terzo Motivo: Inammissibilità della Prova Testimoniale

L’ultimo motivo, relativo alla mancata ammissione di prove testimoniali che avrebbero dovuto chiarire la finalità dell’accordo, è stato dichiarato inammissibile per ragioni procedurali, in quanto la società non aveva specificato adeguatamente nel ricorso il contenuto e la decisività di tali prove.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione ribadendo principi consolidati. Per la costituzione di una servitù volontaria è necessaria la forma scritta, ma non l’uso di formule specifiche. L’elemento cruciale è la volontà delle parti di imporre un peso su un fondo a vantaggio di un altro, volontà che deve essere desunta in modo inequivocabile dall’intero contenuto dell’atto. Il giudice di merito aveva correttamente interpretato la convenzione del 2004 non limitandosi alla clausola n. 5, ma considerandola nel contesto dell’intero accordo, che mirava a porre fine a una vertenza su distanze e costruzioni. L’utilitas per il fondo condominiale è stata ravvisata nella maggiore amenità e comodità derivante dall’assenza di costruzioni a ridosso del confine. Infine, il divieto di “realizzare opere” è stato interpretato in senso giuridico, come divieto di realizzare qualsiasi costruzione dotata di stabilità e immobilizzazione al suolo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante insegnamento: gli accordi transattivi che regolano i rapporti di vicinato, specialmente se contengono clausole che limitano il diritto di costruire, devono essere redatti con estrema attenzione. Un’espressione apparentemente semplice come “si impegna a non realizzare opere” può essere sufficiente a creare una servitù di non edificare, un vincolo reale che non solo lega le parti originarie, ma si trasferisce anche ai futuri acquirenti dell’immobile. La volontà delle parti, ricostruita dal giudice attraverso l’analisi dell’intero contratto, prevale sul tenore letterale di singole espressioni.

Quando un accordo privato crea una servitù di non edificare?
Quando dall’atto scritto emerge in modo chiaro e inequivocabile la volontà delle parti di creare un peso su un immobile (fondo servente) per il beneficio e la comodità (utilitas) di un altro immobile (fondo dominante), anche senza l’uso di formule legali specifiche.

Cosa si intende per ‘utilitas’ in una servitù?
L’utilitas è il vantaggio per il fondo dominante. Non deve essere necessariamente un vantaggio economico, ma può consistere in una maggiore amenità, abitabilità o comodità, come ad esempio evitare costruzioni vicine che possano essere fastidiose o sgradevoli.

L’espressione ‘si impegna a non realizzare opere’ è sufficiente per creare una servitù?
Sì. Secondo questa decisione, se inserita in un contratto che regola i rapporti di confine e analizzata nel contesto dell’intera volontà delle parti, questa frase è sufficiente a manifestare l’intenzione di costituire un vincolo reale sulla proprietà (servitù) e non un semplice obbligo personale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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