Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13459 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13459 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28351/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO NOME COGNOME INDIRIZZO (Studio legale COGNOME -Assciazione professionale), presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n.1115/2021 depositata il 16.4.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15.5.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata il 15.11.2016, COGNOME NOME e COGNOME NOME, proprietari di un fondo agricolo con annessi fabbricati in Mirano, domandavano al Tribunale di Venezia l’accertamento negativo dell’esistenza di servitù di elettrodotto a carico del proprio terreno e la condanna di Enel Distribuzione s.p.a. alla rimozione del palo di sostegno dell’elettrodotto a ridosso di un rustico che insieme alla loro abitazione dovevano essere oggetto di accorpamento e ristrutturazione, ovvero, in subordine, il suo spostamento e la corresponsione dell’indennità ex art. 123 R.D. n.1775/1933.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio domandando, in via subordinata al rigetto delle avverse pretese, la costituzione di servitù coattiva di elettrodotto ai sensi dell’art. 1056 cod. civ..
Con sentenza n. 2217/2019, il Tribunale adito, in esito ad una CTU, accoglieva la domanda principale di parte attrice, condannando la convenuta alla rimozione del palo di sostegno della conduttura elettrica, perché non autorizzato, ed al pagamento in favore degli attori di un indennizzo di €500,00.
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, impugnava la predetta decisione e COGNOME NOME e COGNOME NOME resistevano al gravame.
Con sentenza n. 1115/2021 del 2.3/16.4.2021, la Corte di Appello di Venezia, in riforma della pronuncia di prime cure, costituiva la servitù di elettrodotto a carico del fondo degli appellati, ritenendo sussistente il presupposto dell’autorizzazione amministrativa
dell’impianto prevista dalla L.R. Veneto n.24/1991, atteso che la società, già titolare di autorizzazione relativa ad impianti di media tensione ed alla cabina denominata Don Orione, avrebbe potuto realizzare anche impianti a bassa tensione collegandoli alla linea già esistente. Inoltre, la Corte territoriale negava il riconoscimento in favore degli appellati dell’indennizzo ex art. 123 R.D. n.1775/1933, la cui richiesta, formulata in primo grado, non era stata riproposta in appello, nonché del risarcimento dei danni patiti, attesi i benefici conseguiti dai proprietari del fondo servente in ragione della presenza, già al tempo dell’acquisto dell’immobile, della linea elettrica.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di sei motivi, ed RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale i soli ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 4) c.p.c., i ricorrenti si dolgono della violazione dell’art. 102 c.p.c.. La Corte territoriale avrebbe erroneamente aderito alla soluzione prospettata dal CTU in ordine alle modalità di realizzazione della servitù coattiva, omettendo di integrare il contraddittorio nei confronti dei terzi confinanti, il cui fondo era interessato dalle opere necessarie alla costituzione del passaggio.
Il motivo é infondato, in quanto il percorso C2, che l’impugnata sentenza ha individuato in motivazione, come preferibile, per la costituzione coattiva della servitù di elettrodotto a bassa tensione, proprio perché non richiedeva l’acquisizione del consenso di soggetti terzi confinanti con la proprietà degli attuali ricorrenti, né l’acquisizione di autorizzazioni ambientali, e che deve coerentemente intendersi richiamato anche nel dispositivo, ricade secondo la tavola 2 allegata alla CTU, considerata dall’impugnata
sentenza, sia con i due pali di sostegno di dieci metri ai confini est ed ovest individuati, che col suo tratto interrato, interamente nell’ambito della proprietà degli attuali ricorrenti.
2) Con la seconda censura i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 132 c.p.c. e, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la violazione degli artt. 1032 e 1056 cod. civ., 122 e 123 R.D. 1775/1933. Il Giudice di seconde cure avrebbe erroneamente disposto la costituzione coattiva di servitù di elettrodotto, omettendo di rilevare l’insufficienza del progetto indicato nella relazione peritale, che non aveva fornito indicazione alcuna in merito all’esatta collocazione dei pali di sostegno e della linea.
Il secondo motivo di ricorso, attinente all’asserita mancanza di elementi sufficienti per l’individuazione della servitù di elettrodotto coattivamente costituita é inammissibile, sia in quanto tale indeterminatezza, della quale l’impugnata sentenza non si occupa, non é mai stata lamentata, neppure dopo il deposito della CTU che individuava il percorso C2 della tavola 2 allegata alla CTU, sia in quanto non si assume l’errata nozione delle norme di legge che si asseriscono violate, e si richiede piuttosto, per la prima volta in questa sede, una valutazione di fatto, che deve ritenersi riservata al giudice di merito, ed in ogni caso la suddetta tavola 2 allegata alla CTU, che riporta il percorso C2 richiamato nel primo capoverso di pagina 12 dell’impugnata sentenza, soddisfa gli elementi necessari per l’individuazione della servitù.
3) Con la terza doglianza, articolata in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1032 cod. civ., degli artt. 102 ss. R.D. 1775/1933 e, qualora ritenuto applicabile, ratione temporis , del D.Lgs. n. 259/2003, dell’art. 4 della L.R.V. 24/1991 e dell’art. 1056 cod. civ., nonché la carenza di motivazione. La Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto provata l’esistenza
dell’autorizzazione amministrativa alla realizzazione della linea per cui è causa, malgrado l’autorizzazione invocata da Enel afferisse alla costruzione di una cabina elettrica ed il collegamento tra quest’ultima e la conduttura a bassa tensione oggetto di controversia non fosse stato dimostrato dall’appellante.
I ricorrenti, sul presupposto pacifico che l’autorizzazione all’impianto costituisca, in base al rinvio dell’art. 1056 cod. civ. alle leggi vigenti in materia, condizione dell’azione per la costituzione della servitù coattiva di elettrodotto (richiamando Cass. n. 483/2002), assumono che la controparte, con la produzione degli elenchi e della carta topografica allegati al decreto del Presidente della Giunta regionale del Veneto n. 1134 del 20.5.1993, riferibili solo all’autorizzazione alla cabina elettrica denominata Don Orione (identificata col codice 4834), non abbia fornito la necessaria prova dell’autorizzazione della linea a bassa tensione, che da quella cabina si diparte, per la quale si é intesa costituire la servitù di elettrodotto, e che la sentenza impugnata non abbia tenuto conto che la linea a bassa tensione, realizzata secondo il CTU tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80 dello scorso secolo, era inizialmente attaccata ad una cabina diversa dalla cabina Don Orione, essendo stata messa in esercizio quest’ultima in modo temporaneo nel 1991 e definitivamente il 20.5.1993. Ulteriormente i ricorrenti deducono che, secondo l’art. 4 della L.R. Veneto n. 24/1991, l’autorizzazione alla costruzione di impianti di tensione inferiore a 1000 volt, come quello oggetto di causa, poteva ritenersi sostituita da quella rilasciata per la costruzione di impianti compresi tra 1000 e 30.000 volt (quale la linea di media tensione alimentata dalla cabina Don Orione), solo se non sussisteva opposizione da parte dei privati interessati, opposizione che però nella specie sarebbe stata da loro manifestata fin dalle prime difese giudiziali.
Il motivo é inammissibile, anzitutto in quanto non si confronta con la motivazione dell’impugnata sentenza, che a pagina 9 ha indicato che il decreto del Presidente della Giunta Regionale del Veneto n. 1134 del 20.5.1993 era stato emanato in attuazione della disciplina transitoria dell’art. 17 della L.R. Veneto n. 24/1991, secondo la quale i proprietari degli impianti a media tensione già in esercizio prima dell’entrata in vigore della legge e per i quali non era stata rilasciata autorizzazione definitiva, entro due anni dalla predetta data, erano obbligati a richiedere l’autorizzazione al Presidente della Giunta Regionale, precisando che il decreto autorizzatorio prodotto si riferiva alla cabina elettrica denominata Don Orione ed alla collegata linea a media tensione, dalla quale si dipartiva la linea a bassa tensione oggetto di causa. L’impugnata sentenza, ulteriormente a pagina 11, ha spiegato, che in base all’art. 4 della L.R. Veneto n. 24/1991, il titolare dell’autorizzazione per impianti aventi tensione compresa tra 1000 e 30.000 volt (tra i quali pacificamente rientrano la cabina elettrica Don Orione e la linea di media tensione ad essa collegata autorizzate dal prodotto decreto del Presidente della Giunta regionale del Veneto n. 1134 del 20.5.1993) era anche autorizzato a realizzare impianti a bassa tensione che si diramino dall’impianto autorizzato, o preesistente, e che la linea oggetto di causa, a bassa tensione, si diramava dalla linea principale (autorizzata) per servire le abitazioni poste in Mirano (VE) ai civici 53, 55 (di proprietà dei ricorrenti) e 55A di INDIRIZZO
Orbene, i ricorrenti si sono limitati ad affermare che non sarebbe stato provato il previo rilascio dell’autorizzazione amministrativa per la linea a bassa tensione oggetto di causa, ma non hanno censurato la suddetta motivazione al fine di dimostrare che tale autonoma autorizzazione fosse necessaria per le linee a bassa tensione.
Inammissibile é anche la deduzione nuova, formulata per la prima volta in questa sede, che la linea a bassa tensione oggetto di causa non sarebbe stata in origine collegata alla cabina elettrica denominata Don Orione, posto che la sentenza impugnata indica a pagina 11 che la linea a bassa tensione si dirama dalla linea principale autorizzata, e che pacificamente la linea a bassa tensione preesisteva, senza contestazioni del dante causa dei ricorrenti, dalla fine degli anni ’70 ed inizio anni ’80 dello scorso secolo, ossia da molti anni prima del rilascio dell’autorizzazione per la cabina elettrica Don Orione del 1993, essendo stato richiesto dai ricorrenti lo spostamento di tale linea, dopo l’acquisto della proprietà da parte loro nel 1998, in relazione all’esigenza sopravvenuta di ristrutturare il fabbricato, che già pacificamente era servito da quella linea, anche se ancora non corrispondente ad una servitù di elettrodotto formalmente costituita.
Infondato é poi il richiamo alla violazione dell’art. 4 della L.R. Veneto n.24/1991, in quanto la linea a bassa tensione preesisteva all’entrata in vigore della legge regionale del Veneto n. 24/1991.
Col quarto motivo i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360, comma 1°, n.4) c.p.c., la violazione dell’art. 132 c.p.c. e, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la violazione degli artt. 1032 e 1056 cod. civ. e degli artt. 122 e 123 R.D. 1775/1933 e della L.R.V. n. 24/1991. Il Giudice di secondo grado avrebbe erroneamente omesso di verificare se la linea a bassa tensione derivasse dalla cabina indicata da Enel e se fosse stata effettivamente realizzata in un momento successivo, in carenza di adeguata documentazione di Enel al riguardo ed in contrasto con le risultanze della relazione peritale, che aveva rilevato la preesistenza della linea a bassa tensione rispetto alla predetta cabina.
Il quarto motivo, col quale si assume che la sentenza impugnata sarebbe nulla per vizio di motivazione, e per violazione delle norme
di legge richiamate, per avere ritenuto sussistente l’autorizzazione della linea a bassa tensione sulla base dell’avvenuta autorizzazione relativa alla cabina elettrica, denominata Don Orione, senza accertare se la linea a bassa tensione derivasse da tale ultima cabina elettrica, che secondo la CTU non esisteva all’epoca della realizzazione della linea a bassa tensione, é inammissibile.
Anzitutto il motivo mira ad ottenere un accertamento in fatto in sede di legittimità con la prospettazione di una questione nuova, quella della mancanza di collegamento della linea a bassa tensione con la cabina elettrica denominata Don Orione, per giunta in contrasto con l’accertamento di fatto compiuto dalla Corte d’Appello a pagina 11 dell’impugnata sentenza, allorché sulla base della relazione del CTU, ha confermato che la linea di bassa tensione si dirama dalla linea principale, che é stata autorizzata ex art. 17 della L.R. Veneto n. 24/1991, dal Presidente della Giunta regionale del Veneto n. 1134 del 20.5.1993.
La circostanza poi che la linea a bassa tensione realizzata tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 dello scorso secolo, secondo il CTU, derivasse in origine l’energia elettrica da una cabina diversa dalla cabina elettrica denominata Don Orione, messa in esercizio in modo temporaneo nel 1991 e definitivamente il 20.5.1993, non significa affatto che al momento dell’entrata in vigore della L.R. Veneto n. 24/1991 la linea a bassa tensione non fosse allacciata alla nuova cabina elettrica di zona.
5) Col quinto motivo, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., si denuncia la violazione dell’art. 42/3 Cost., dell’art. 1056 cod. civ., dell’art. 15 della L.R. Veneto n. 24/1991, dell’art. 123 R.D. 1775/1933 e dell’art. 346 c.p.c.. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto non dovuto agli odierni ricorrenti l’indennizzo ex art. 123 del R.D. n. 1775/1933, la cui corresponsione, domandata in via subordinata in primo grado, non era stata nuovamente richiesta in sede di gravame; ciò in spregio
al principio costituzionale che tutela la proprietà privata consentendone l’esproprio a fronte di un indennizzo, nonché in assenza di rinuncia dei beneficiari all’indennizzo stesso.
Il quinto motivo, col quale si lamenta che l’impugnata sentenza abbia costituito coattivamente la servitù di elettrodotto per la linea a bassa tensione individuata nella tavola 2 allegata alla CTU col percorso C2, che attraversa il loro terreno, senza imporre alla Edistribuzione SPA il preventivo pagamento dell’indennizzo, con la motivazione che gli originari attori dopo aver chiesto in via subordinata, nel giudizio di primo grado, il pagamento dell’indennizzo secondo i criteri già previsti dall’abrogato art. 123 del R.D. n. 1775/1933, per l’ipotesi di accoglimento della domanda riconvenzionale della RAGIONE_SOCIALE, di costituzione coattiva della suddetta servitù di elettrodotto, non avevano riproposto, nel giudizio di secondo grado, quella domanda di pagamento, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., per l’ipotesi in cui fosse accolto l’appello principale della RAGIONE_SOCIALE, che aveva reiterato in secondo grado la domanda di costituzione coattiva della servitù di elettrodotto, é invece fondato e merita accoglimento.
La giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che ‘ il giudice, costituendo la servitù di elettrodotto ha il potere di valutare se il percorso autorizzato riesca il meno pregiudizievole possibile al fondo servente ovvero se è necessario modificarlo a tal fine. Ed infatti l’autorizzazione amministrativa, quando l’ente pubblico invece di seguire la via espropriativa, abbia discrezionalmente preferito servirsi della costituzione coattiva della servitù jure privatorum, integra gli estremi di un mero presupposto, di per sè inidoneo per il successivo insorgere della servitù di elettrodotto che ha come titolo unicamente la pronuncia del giudice, sicché l’autorizzazione non è la fonte dell’effetto costitutivo dell’insorgere della servitù che è e resta ancorato unicamente alla sentenza che la pone in essere previo pagamento della relativa indennità’ (Cass.
25.5.1993 n. 5864; Cass. 18.6.1987 n. 5350; Cass. 18.7.11981 n.4653; Cass. sez. un. 9.3.1981 n. 1298; Cass. 24.7.1980 n. 4812).
Pur essendo stato abrogato l’art. 123 del R.D. 11.12.1933 n. 1775, l’indennità per la costituzione della servitù coattiva di elettrodotto era dovuta in base all’art. 15 della L.R. Veneto n. 24/1991, che al comma 3° stabilisce in continuità con la norma abrogata, che a sua volta prevedeva che l’indennizzo precedesse l’inizio dei lavori, che ‘in assenza di opposizione da parte del proprietario interessato, l’indennità deve essere corrisposta prima dell’inizio dei lavori; può essere corrisposta successivamente con l’assenso del proprietario dei beni asserviti, al quale é dovuto in tal caso, dalla data di inizio dei lavori, un interesse pari al tasso ufficiale di sconto ‘, e del resto si trattava di prima formale costituzione della servitù di elettrodotto, e non di mero spostamento di una servitù già formalmente costituita.
Non poteva l’impugnata sentenza costituire la servitù di elettrodotto in pregiudizio del diritto dei proprietari del fondo gravato, senza imporre alla parte appellante, il pagamento dell’indennizzo relativo, da determinare a norma dell’art. 15 della L.R. Veneto n. 24/1991, con la motivazione che gli appellati non avevano riproposto in secondo grado la domanda di pagamento dell’indennizzo sulla quale il giudice di primo grado non si era pronunciato, reputando erroneamente insussistenti i presupposti per la costituzione coattiva della servitù di elettrodotto, e ciò in quanto la domanda di determinazione dell’indennizzo da pagare per la costituzione della servitù di elettrodotto doveva ritenersi implicitamente proposta dalla appellante principale RAGIONE_SOCIALE giacché senza l’indennizzo, anteriore all’inizio dei lavori, la servitù in questione non poteva essere costituita dalla Corte d’Appello.
La giurisprudenza di questa Corte, del resto, sia pure ai fini della determinazione della competenza, ha stabilito che, la determinazione dell’indennità dovuta per la costituzione della servitù coattiva al proprietario del fondo servente, non può formare oggetto di un capo di domanda autonoma e valutabile di per sé, perché essa fa parte del processo di accertamento del diritto alla costituzione di una servitù (Cass. 14.11.1991 n. 12171; Cass. n.1045/1963).
6) Con la sesta censura, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 1056 e 2043 cod. civ.. La Corte veneziana avrebbe altresì erroneamente rigettato le richieste risarcitorie degli odierni ricorrenti, sulla scorta di un’incongrua comparazione tra i danni subiti per la costituzione del peso e i vantaggi conseguiti, per la presenza della linea elettrica, dai proprietari del fondo servente, omettendo di considerare che questi ultimi corrispondevano regolarmente un canone per la fruizione del servizio di energia elettrica.
Il sesto motivo, inerente al rigetto della domanda di risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti per effetto dell’imposizione sui loro terreni agricoli della servitù di elettrodotto, deve ritenersi assorbito dall’accoglimento del quinto motivo, in ragione delle interferenze di accertamento e di quantificazione dei danni rispetto all’indennizzo che sarà riconosciuto per la costituzione coattiva della servitù di elettrodotto.
In conclusione, va accolto solo il quinto motivo e la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia che, in diversa composizione, rimedierà all’errore di diritto sopra evidenziato e, all’esito, regolerà anche le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, respinge i primi quattro motivi e dichiara assorbito il sesto; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello
di Venezia in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15.5.2025