Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5259 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5259 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13158/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti- contro
ANNUNZIATA NOME, NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti-
nonché contro
COGNOME PASQUALE, NOME ASSUNTA, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti- nonché contro
NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA,
INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e dife sa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME PIETRO
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 594/2019, depositata il 6/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno citato in giudizio i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME, esponendo di essere proprietari di due edifici siti in Barano d’Ischia, preceduti dal cortile antistante condominiale, a sua volta preceduto da un altro cortile a confine con la via pubblica, asservito oltre che ai loro edifici ad altro edificio adiacente di proprietà dei convenuti, che i convenuti avevano arbitrariamente installato all’ingresso del secondo cortile di proprietà comune un paletto estraibile in ferro munito di lucchetto, parcheggiando una propria autovettura e impedendo così il passaggio pedonale e carrabile. Gli attori chiedevano quindi al Tribunale di Napoli di dichiarare in via principale che il cortile era necessario all’uso comune dei tre edifici ai sensi dell’art. 1117 c.c., cui era funzionalmente collegato, e in subordine di dichiarare l’acquisto per usucapione della servitù pedonale e carrabile sul cortile medesimo, con condanna dei convenuti al ripristino dei luoghi.
I convenuti si costituivano, affermando l’esclusiva e piena proprietà del cortile, negando la pratica di passaggio carrabile e
non contestando quello pedonale, esercitato però solo in rare occasioni; chiedevano di chiamare in causa i loro danti causa, NOME e NOME COGNOME, per la prestata garanzia per evizione e, in caso di accoglimento della domanda attrice, proponevano domanda per ottenere la riduzione del prezzo pagato.
Si costituivano i germani NOME e NOME COGNOME, chiamati in causa, contestando anch’essi le pretese attoree ed affermando l’esclusiva e piena proprietà del cortile da parte del loro dante causa NOME COGNOME.
Interveniva nel processo NOME COGNOME, che aveva acquistato dai convenuti NOME COGNOME e NOME COGNOME l’edificio di loro proprietà.
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 1715 del 3 febbraio 2015, rigettava le domande degli attori.
La sentenza era impugnata da NOME, NOME e NOME (i primi due anche quali eredi di NOME, deceduto nelle more del giudizio).
Si costituivano tutti gli appellati e in particolare NOME COGNOME formulava appello incidentale.
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza 6 febbraio 2019, n. 594, ha rigettato sia l’appello principale che quello incidentale.
Avverso la sentenza ricorrono per cassazione NOME e NOME NOME.
Resistono con distinti atti di controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME (quale successore a titolo particolare di NOME COGNOME), nonché NOME e NOME COGNOME.
L’intimato NOME COGNOME non ha proposto difese.
Memoria è stata depositata dalla ricorrente NOME COGNOME e dai controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi.
Il primo motivo denuncia ‘violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame sul primo motivo d’appello’: la Corte d’appello, pur avendo dato atto della distinzione delle due domande proposte in primo grado, ha rigettato il primo motivo di appello, con espressioni che mostrerebbero l’omesso esame del motivo, dato che rinviano per relationem e alle ‘arbitrarie’ negazioni del giudice di primo grado dell’esistenza o efficacia delle prove acquisite, senza accedere all’esame del motivo con cui era stata dimostrata la loro esistenza e decisività.
Il motivo allega poi anche violazione di norme di diritto e emesso esame di fatto decisivo.
Esso è in parte inammissibile e, in parte infondato,
Inammissibile laddove lamenta il vizio di omesso esame di fatti decisivi perché si tratta di cd. doppia conforme (cfr. art. 348 ter ultimo comma cpc applicabile ratione temporis).
E’ altresì’ inammissibile laddove denunzia vizi di violazione di norme di diritto. Ed infatti, per giurisprudenza costante, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. tra le varie, Sez. 1 – , Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; Sez. 1 – , Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017). Nel caso in esame, è evidente che non si pone alcun problema di interpretazione della norma.
Per il resto, il motivo è infondato in quanto non sussiste il denunciato vizio di omessa pronuncia. Il giudice d’appello ha infatti risposto alla censura dei ricorrenti, che lamentava l’omessa
pronuncia del Tribunale, avendo il primo giudice rigettato ‘con pronuncia unica le due domande reali proposte la prima in via principale e la seconda in via alternativa’ (v. le pagg. 13 -14 del ricorso in cui viene riportato il primo motivo di gravame). La Corte d’appello ha infatti osservato che la ‘ sentenza impugnata, seppur sinteticamente, ha comunque indicato le ragioni per le quali ha rigettato la domanda sia proposta in via principale che in via subordinata, per cui l’obbligo di motivazione deve dirsi adempiuto in ordine alla prova dei fatti controversi, avendo il giudice indicato e valutato le fonti di prova da cui poi ha tratto il relativa convincimento ‘ (v. pag. 6 della sentenza impugnata). Inoltre, a pagg. 7 e ss ha affrontato il tema della servitù di passaggio carrabile e a pagg. 11 e ss si è soffermata sulla presunzione di comunione.
2. Il secondo motivo contesta, ai sensi dei numeri 3, 4 e 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., violazione degli artt. 1061, 1117, 2697 e 2712 c.c., 192 e 112 c.p.c., censure che, ‘essendo strettamente collegate, debbono essere esposte in unico testo’, poi articolate in 2°.b, in cui sono di nuovo richiamati gli artt. 1117 e 1061 c.c., 2°.c in cui si richiama l’art. 244 c.p.c., con una ultima parte rubricata ‘quanto alle altre domande’ in cui si richiamano gli artt. 2697, 2712, 49, 889 c.c. e 192 c.p.c.
Il motivo è inammissibile: di lettura oltremodo difficile, affastella varie denunzie di violazioni di legge senza specificarle (v. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite n. 23745/2020) e per il resto -a quanto è dato di capire contesta l’omesso esame di fatti decisivi non considerando ancora una volta che -come già esposto -ove la sentenza d’appello abbia confermato la decisione di primo grado fondandosi sulle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto, il ricorso per cassazione non può essere proposto ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (cfr. l’ultimo comma dell’art. 348 -ter c.p.c.) ovvero lamenta la valutazione di inattendibilità dei testimoni,
valutazione che spettava al giudice di merito e che non è sindacabile da parte di questa Corte di legittimità, senza peraltro cogliere la ratio della pronuncia impugnata (in particolare in relazione all’asserita presunzione di comunione del cortile la Corte ha sottolineato, a monte, la mancanza di qualsiasi elemento di collegamento con i beni degli attori, v. le pagg. 12 e 13 della pronuncia impugnata).
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME, che liquida in euro 4.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge; in favore di NOME COGNOME, che liquida in euro 3.700,00 di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge; e in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME, che liquida in euro 3.700,00 di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, in data 15 dicembre 2023.
Il Presidente
(NOME COGNOMECOGNOME