Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34879 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34879 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28615/2020 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
– ricorrente –
contro
COGNOMENOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME;
– intimati –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI PALERMO n. 1321/2020, depositata il 11/09/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME citavano avanti al Tribunale di Palermo NOME e NOME COGNOME (quest’ultimo rimasto contumace) chiedendo, tra l’altro, il riconoscimento dell’acquisto per usucapione in loro favore della servitù di passaggio, anche con mezzi meccanici, su una stradella che attraversa oggi i fondi di proprietà dei convenuti; in subordine chiedevano, data la condizione di interclusione dei loro fondi, la costituzione coattiva della servitù di passaggio.
Con sentenza n. 1471 del 2017, il Tribunale adito rigettava le domande.
Avverso la suddetta sentenza COGNOME e COGNOME proponevano appello. Si costituiva COGNOME NOME; restava nuovamente contumace NOME COGNOME
La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza n. 1321 del 2020 accoglieva il gravame degli attori e, in parziale riforma della pronuncia impugnata, costituiva la servitù di passaggio in favore dei fondi di proprietà degli appellanti osservando, per quanto ancora rileva, che:
dalla planimetria che correda una consulenza tecnica proveniente da altro procedimento intercorso tra le medesime parti del presente giudizio, le cui risultanze non sono mai state contestate, è visibile l’inesistenza di un varco sui fondi degli attori ve rso la strada statale o altre pubbliche vie;
non può trovare accoglimento la richiesta dei convenuti di collocare l’attraversamento su altra particella limitrofa, adibita a
parcheggio, in modo da non arrecare nocumento economico al fondo servente: oltre al fatto che non è stata addotta nessuna prova del danno alla proprietà arrecato dalla presenza della servitù, è preferibile costituire il passaggio su un percorso già esistente (la stradella controversa esiste da tempo, ed è già stata utilizzata dagli appellanti da congruo lasso di tempo), piuttosto che realizzare un nuovo percorso su altro sito, peraltro impossibile da costituire in questo giudizio in cui non sono stati citati i proprietari delle particelle menzionate.
3. La predetta sentenza è impugnata per cassazione da NOME COGNOME sulla base di quattro motivi contrastati con controricorso da NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione, ex art. 360 comma 1, n. 3) cod. proc. civ., degli artt. 310, comma 3 e 116 comma 1 e 2 cod. proc. civ. Il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha accolto la domanda di costituzione della servitù coattiva esclusivamente sulla base di una CTU acquisita in un precedente giudizio ex art. 700 cod. proc. civ., conclusosi per difetto dei presupposti processuali. Ai sensi dell’art. 310, comma 3, cod. proc. civ., le risultanze istruttorie di un giudizio estinto possono essere utilizzate nei limiti di cui al secondo comma dell’art. 116 cod. proc. civ., cioè quali argomenti di prova che in quanto tali non possono fondare da soli la decisione di merito, come invece ha fatto il giudice di seconde cure.
1.1. Il motivo è infondato.
Il giudice di merito può utilizzare per la formazione del proprio convincimento anche gli elementi istruttori raccolti in un processo tra le parti (o altre parti), sempre che siano acquisiti al giudizio della cui cognizione è investito (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11555 del
14/05/2013, Rv. 626416 -01); ne consegue che è irrilevante l’inutilizzabilità nel diverso grado o nel distinto processo di provenienza, poiché a rilevare è l’effettiva utilizzabilità dell’elemento istruttorio nella causa in cui essa viene acquisita (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 31312 del 03/11/2021, Rv. 662952 – 01).
Quanto alla valutazione di una CTU proveniente da altro procedimento, si osserva in proposito che – oltre alla prova cosiddetta «tipica» (prova testimoniale, ispezione e C.T.U.) resa nel processo base – ben possono essere liberamente esaminate e valorizzate le risultanze probatorie assunte in altri processi, intercorsi tra le stesse parti o tra parti diverse, e/o in altre sedi. Le emergenze probatorie assunte aliunde possono ritenersi dimostrate in un diverso processo, ancorché non costituiscano prova tipica, in base ad un insieme univoco di elementi certi sul quale possa fondarsi una ricostruzione attendibile, ancorché desunta (parzialmente) in via presuntiva dei fatti attinenti al thema probandum . Si può, dunque, ravvisare nella categoria delle presunzioni semplici (con l’osservanza dei parametri di cui all’art. 2729 c.c.) la via attraverso la quale le prove atipiche possono trovare ingresso nel processo civile. Ciò vuol dire, in sostanza, che, una volta acquisita la prova nel nuovo processo, essa entra a far parte del thema probandum di quel processo, con tutte le facoltà concesse reciprocamente alle parti, le quali, nell’ipotesi di consulenza -quella che qui interessa -possono: a) chiederne la rinnovazione, proprio perché la consulenza si è svolta senza il contraddittorio – e il giudice deve provvedere alla rinnovazione, non potendo altrimenti decidere utilizzando la consulenza espletata in violazione del contraddittorio; b) ricorrere ad un perito di parte per controdeduzioni scritte o orali; c) in generale, svolgere valutazioni critiche o stimolare la valutazione giudiziale su di essa (Cass. n. 11555 del 2013, cit.; in motiv., Cass. del
13/12/2019, n. 32784; Cass. Sez. L, Sentenza n. 28855 del 05/12/2008, Rv. 605788 – 01).
Nel caso di specie, non risulta la formulazione di nuove istanze probatorie a cura dell’odierno ricorrente; di contro, il giudice di seconde cure sottolinea la non contestazione delle risultanze della CTU, delle quali peraltro la Corte territoriale ha utilizzato la planimetria, insistendo comunque sulla libera valutazione di essa, secondo il suo prudente apprezzamento (v. sentenza p. 5, 5° e 6° capoverso; p. 6). Inoltre, la Corte d’Appello ha tratto le sue deduzioni partendo dalle criticità offerte dal richiamo dei testi, ritenuto «estremamente generico» (v. sentenza p. 5, righi 1314), all’unica circostanza sulla quale il giudice di prime cure avrebbe fondato il suo convincimento circa l’esclusione dell’interclusione del fondo, ossia la presenza sul fondo d egli appellanti di bestiame da pascolo; indizio, questo, idoneo – a giudizio della Corte territoriale -a sostenere che i fondi sono usati per attività produttiva, circostanza che rende necessario il passaggio.
In definitiva, la Corte di merito ha operato il raffronto con le altre risultanze esaminando lea prova ter testi e i percorsi alternativi indicati e quindi la censura non coglie nel segno, limitandosi solo a sollecitare alternativa valutazione del materiale istruttorio
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione, ex art. 360 comma 1, n. 3) cod. proc. civ., dell’art. 1051, comma 4, cod. civ. Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata avrebbe violato l’art. 1051 cod. civ. per aver costituito una servitù coattiva di passaggio attigua ad un’area adibita ad attività commerciale (centro revisione auto) e sulla quale è stato istituito un vincolo permanente di destinazione a parcheggio a favore del Comune di Cinisi.
2.1. Il motivo è infondato.
In materia di servitù di passaggio coattivo, questa Corte ha più di recente (rispetto al precedente richiamato in ricorso) e ormai costantemente affermato che l’insediamento produttivo non rientra nell’esenzione di cui all’art. 1051, comma 4, c.c. (norma che esenta da detta servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti), atteso che la predetta disposizione contiene un’elencazione tassativa che trova la sua ratio nell’esigenza di tutelare l’integrità delle case di abitazione e delle pertinenze che le rendono più comode (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19901 del 12/07/2023, Rv. 668414 -01; Cass. Sez. 2 , Ordinanza n. 17156 del 26/06/2019, Rv. 654341 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9116 del 06/06/2012, Rv. 622638 – 01).
Con il terzo motivo si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. In tesi, il giudice di seconde cure avrebbe omesso di considerare le inequivocabili risultanze istruttorie dalle quali emerge che il fondo di proprietà dell’odierno ricorrente è adibito ad attività produttiva.
3.1. Alla luce della giurisprudenza richiamata supra , punto 2.1., risulta evidente come il fatto che si assume tralasciato (svolgimento di attività produttiva sul terreno gravato) non sia decisivo ai fini della risoluzione della presente controversia. Il motivo è, dunque, inammissibile, alla luce dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ratione temporis al caso di specie), che introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione: nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, comma 2, n. 4) cod. proc. civ., il ricorrente deve indicarne gli elementi costitutivi (il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente,
il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti), tra i quali sua «decisività», mancante per le ragioni sopra esplicitate (per tutte: Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01).
Con il quarto motivo si deduce infine violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., dell’art. 1051, comma 1 e 2 cod. civ. Il ricorrente censura la pronuncia nella parte in cui ha negato agli appellati la possibilità di costituire la servitù coattiva su altro fondo limitrofo; e ciò in assenza di alcuna prova che attesti l’esistenza attuale della stradella controversa, e pur avendo il Saputo eccepito la sussistenza di altre strade, diverse da quella pretesa dall’attore, che consentirebbero ai fondi di proprietà COGNOME e COGNOME l’accesso alla via pubblica (circostanza mai contestata dagli attori). –
4.1. Il motivo è infondato, in quanto, lungi dal denunziare violazione di norme di diritto nel senso inteso dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le varie, cass. n. 3340/2019) sollecita la rilettura di elementi di fatto.
La Corte palermitana ha verificato la possibilità di percorsi alternativi rispetto a quello prescelto dagli appellanti, concludendo per la preferibilità di un percorso già esistente (v. sentenza p. 6, 4° e 5° capoverso; p. 7, 1° – 4° capoverso): la decisione, dunque, non è criticabile in sede di legittimità in quanto afferente al merito e sorretta da incensurabile motivazione.
In definitiva, il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 3.500,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda