Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11078 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11078 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
COGNOME NOME;
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23071/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOMECOGNOME;
– controricorrenti – nonchè contro
– intimato –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA n. 1606/2019, depositata il 15/05/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME proprietari di un terreno in comproprietà pervenuto loro per successione mortis causa , proponevano ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ. innanzi al Tribunale di Reggio Emilia per sentire dichiarare estinta, ex art. 1055 cod. civ., la servitù di passaggio gravante sul lato ovest del terreno in questione costituita in favore dell’attiguo fondo di proprietà COGNOME per l’accesso alla via pubblica denominata INDIRIZZO
A sostegno della domanda deducevano che l’interclusione assoluta del fondo COGNOME era sorta nel 1971 in occasione del frazionamento e della vendita del terreno originariamente appartenente ad un unico proprietario, sì che l’originaria proprietà aveva costituito una servitù coattiva gravante sul lotto venduto al dante causa dei COGNOME. Era accaduto che a favore del fondo COGNOME, a partire dal 1983, era stata costituita un’altra servitù di passaggio con accesso alla nuova strada denominata INDIRIZZO IV, sicché il fondo dominante non era più intercluso e la servitù poteva cessare.
1.1. Il Tribunale adìto rigettava le domande attoree, ritenendo provato per tabulas che si trattasse di servitù volontariamente costituita, come tale non soggetta alla disciplina dettata dagli artt. 1051 e 1054 cod. civ.
Avverso la pronuncia di primo grado interponevano appello i COGNOME innanzi alla corte d’Appello di Bologna che, in riforma dell’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia, accertava la avvenuta costituzione della servitù coattiva e, di conseguenza, dichiarava
l’estinzione della servitù di passaggio costituita con rogito del 10.10.1971 a carico del fondo di proprietà degli appellanti.
NOME COGNOME ricorre per cassazione con due motivi.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME mentre NOME COGNOME è rimasto intimato.
A seguito della proposta di definizione del Consigliere Delegato, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis cod. proc. civ. e successivamente ha depositato una memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Innanzitutto, la partecipazione, quale componente del Collegio giudicante, del consigliere delegato proponente ex art. 380bis cod. proc. civ., non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ. (v. Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024).
Ciò chiarito e passando all’esame dei motivi, col primo di essi si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1032, 1051 e 1055 (passaggio coattivo ed interclusione del fondo) cod. civ. nonché dell’art. 116 cod. proc. civ. (valutazione delle prove) (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto natura coattiva alla servitù in questione collegandola solo alla interclusione del fondo, senza tenere conto del complesso dei patti della vendita. Rileva in particolare che la servitù coattiva si basa sulla necessarietà del passaggio: l’area non può essere accessibile se non attraverso la imposizione di una servitù di passaggio sul fondo servente. Deve, infatti, essere l’unico e necessario accesso: requisito non integrato nel caso di specie, in quanto era presente un ulteriore accesso sul lato sud del fondo. Osserva che con il rogito del 1971, a seguito della suddivisione della proprietà con i nuovi acquirenti, veniva istituita una servitù convenzionale che aveva ad oggetto un
disegno più ampio della mera trasfusione in un contratto di una servitù coattiva: il predetto rogito, in altri termini, non regolamentava un accesso necessario, ma sceglieva tra vari accessi possibili quello più gradito al venditore, il quale avrebbe potuto consentire l’accesso da INDIRIZZO mentre ha scelto dove e come dovesse avvenire lo svuoto su INDIRIZZO impedendo volutamente contestualmente altri accessi. Ne discende che il sopravvenire di un accesso ulteriore sul fondo, a titolo oneroso, non rend e applicabile l’art. 1055 cod. civ. ma fa convivere i due passaggi, perché si ritiene che entrambe le servitù siano volontarie. Infine, anche se si fruisce di un diritto di accesso convenzionalmente stabilito col dante causa come necessario, ma in un assetto di interessi più ampio, che si basa sul riordino delle proprietà, il diritto di accesso non viene meno se viene meno la necessarietà dell’asservimento .
1.1. Il motivo è infondato in quanto censura la valutazione di fatto condotta dalla Corte di Appello, in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di estinzione del diritto di servitù coattiva.
E’ opportuno precisare che come del resto rilevato dalla Corte territoriale – la servitù di passaggio costituita per contratto non cessa di essere coattiva, con conseguente operatività della causa di estinzione per cessazione dell’interclusione di cui all’art. 1055 cod. civ., laddove risultino sussistenti le relative condizioni di legge, pur se non emergenti dall’atto, ma ricavabili aliunde , senza che rilevi che le parti non abbiano previsto la corresponsione di un’indennità in favore del proprietario del fondo servente, dovendosi presumere il carattere coattivo del vincolo, salvo che non emerga in concreto l’intento inequivoco dei contraenti di assoggettarsi al regime delle servitù volontarie (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 29921 del 2023; Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 24470 del 2017; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18770 del 23/09/2015, Rv. 636382 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5053 del 28/02/2013, Rv. 625168 – 01).
Nel caso in esame, la Corte distrettuale ha ritenuto pacifico che il fondo COGNOME, per effetto della suddivisione dell’originario lotto unico e della vendita dei lotti ricavati, si sia trovato intercluso, cioè privo di un diritto reale di passaggio verso la via pubblica, con conseguente necessità di creare una servitù di passaggio. Secondo il giudice di seconde cure, la volontà degli originari proprietari non fu quella di concedere la servitù di passaggio attraverso il loro fondo sulla carraia esistente, ma di costituire altrove la servitù, e la scelta è caduta sul fondo alienato ai Morini; la coincidenza temporale fra la creazione della nuova proprietà interclusa e la costituzione della servitù è argomento decisivo in favore della tesi di parte appellante, dovendosi ritenere che la servitù sia stata contestualmente costituita proprio per ovviare all’interclusione: a tal fine, la gratuità della servitù de qua costituisce altro elemento a favore del suo carattere coattivo, apparendo inusuale il riconoscimento di un (non dovuto ex lege ) diritto reale che reca utilità di un fondo senza alcun corrispettivo a favore del fondo che ne subisce il peso. Del resto, conclude la Corte, non emerge dall’atto del 1971 un inequivocabile intento delle parti di assoggettarsi al regime delle servitù volontarie, né i capitoli di prova indicati dell’appellato in comparsa di costituzione possono fornire elementi utili alla sua tesi (v. sentenza, p. 8, 1°-5° capoverso).
A tale plausibile e logica ricostruzione in fatto la ricorrente contrappone una lettura alternativa delle risultanze istruttorie, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla
natura ed ai fini del giudizio di cassazione ( ex multis : Cass. Sez. 2 del 23.4.2024 n. 10927, Rv. 670888-01; Cass. sez. 2, n. 19717 del 17.06.2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’08.08.2019; Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1032, 1051 e 1055 (passaggio coattivo ed interclusione del fondo) cod. civ. nonché dell’art. 116 cod. proc. civ. (valutazione delle prove) (art. 360 n. 5 cod. proc. civ. , carenza assoluta di motivazione). La ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello non ha ammesso le prove orali riguardanti l’esistenza di una possibilità di accesso alla via pubblica dal fondo di proprietà COGNOME e la data di costruzione del muretto di chiusura e delimitazione della proprietà di questi ultimi. Tali prove avrebbero potuto orientare la Corte d’Appello a qualificare come convenzionale la servitù di cui si discute.
2.1. Il motivo si rivela inammissibile perché carente di riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (Cass . Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017, Rv. 645361 -01; cass. Sez. 3, Ordinanza n. 8247 del 2024). La Corte territoriale ha rilevato che l’interclusione rilevante ai sensi degli art. 1051 ss. cod. civ. si riferisce alla situazione di diritto, ossia all’assenza di alcun diritto reale di passaggio dal fondo COGNOME sul fondo degli originari venditori. Dunque, conclude la Corte, è del tutto irrilevante che all’epoca non esistesse il muretto con la recinzione e che fosse previsto con il rogito del 1971 l’obbligo della sua edificazione, posto che la realizzazione del muretto avrebbe semplicemente determinato la rispondenza dello Stato di fatto allo stato di diritto dei fondi (v. sentenza pag. 7).
Né è consentito contrapporre, alla ricostruzione del fatto e delle prove prescelto dal giudice di merito, una lettura alternativa del
compendio istruttorio, poiché il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (per tutte: Cass. Sez. U, n. 24148 del 2013, cit.).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese sono liquidate in dispositivo secondo soccombenza, da distrarsi a favore dei difensori dichiaratisi antistatari.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in €. 4.000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%, con distrazione in favore dei procuratori antistatari;
condanna altresì parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ. , al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di € . 4.000,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4 cod. proc. civ. – al pagamento della somma di €. 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda