Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25088 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25088 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23700/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrenti – avverso la sentenza n. 276/2022 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 01/03/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
Il Tribunale, in parziale accoglimento delle domande proposte da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, disattesa la pretesa di acquisto per usucapione di una servitù di passaggio per uso agricolo, in favore del fondo attoreo, accertata parziale interclusione dello stesso, dispose servitù coattiva di passaggio, riconoscendo un indennizzo di € 13.500,00 in favore dei convenuti.
La Corte d’appello di Brescia, rigettata l’impugnazione incidentale, con la quale il COGNOME si era doluto del mancato riconoscimento del diritto di servitù di passaggio acquisito per usucapione, accolta, per contro, quella dei convenuti, rigettò anche la domanda subordinata di costituzione di servitù coattiva di passaggio.
NOME COGNOME avanzava ricorso sulla base di due motivi e gli intimati resistevano con controricorso. Entrambe le parti depositavano memorie.
Il Consigliere delegato della Sezione ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
NOME COGNOME, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto decidersi il ricorso.
Il processo è stato fissato per l’adunanza camerale del 12 settembre 2024.
Occorre premettere che nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte -ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non
versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (S.U., n. 9611, 10/04/2024, Rv. NUMERO_DOCUMENTO -01).
Ciò posto il consigliere proponente NOME COGNOME legittimamente compone il Collegio.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia <> dell’art. 132, co. 1, n. 4), cod. proc. civ., assumendo che la Corte di merito aveva reso motivazione meramente apparente in ordine alle risultanze delle informazioni probatorie, così giungendo irragionevolmente a disattendere la domanda d’accertamento del diritto di passo per usucapione, coltivata in secondo grado con l’appello incidentale.
8.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
La giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145; ma già S.U. n. 22232/2016).
A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto.
Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914).
Nel caso in esame la Corte di merito ha reso motivazione, certamente al di sopra del ‘minimo costituzionale’, rendendo ripercorribili le ragioni che l’hanno indotta a reputare non essere stata raggiunta la prova del vantato acquisto per usucapione (pagg. 10/11). Per contro, il ricorrente invoca un improprio riesame di merito ovviamente precluso in questa sede.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia <> dell’art. 1051, co. 2, cod. civ., 22 e segg. d. lgs. n. 285/1992, 44 e 45 d.P.R. n. 495/1992, nonché degli artt. 12 e segg. del regolamento viario provinciale, 142, co. 1, lettera c) d. lgs. n. 42/2004.
Questo, in sintesi l’assunto impugnatorio.
Sin dall’atto introduttivo l’attore aveva precisato che il suo fondo risultava confinare a sud con la INDIRIZZO 510, a nord col fondo dei convenuti e a nord-est e a sud-est col torrente Gandovere e che aveva da sempre utilizzato l’accesso alla strada comunale attraverso il fondo dei convenuti. Esisteva un varco che consentiva l’accesso alla strada provinciale, tuttavia privo di autorizzazione amministrativa. Il c.t.u. aveva accertato che la Provincia di Brescia aveva escluso potersi autorizzare l’accesso alla SPBS 510, mancando le condizioni di sicurezza previste dalla legge.
Al contrario di quanto erroneamente affermato dalla sentenza impugnata l’esponente non aveva giammai chiesto l’allargamento di una preesistente servitù, ai sensi dell’art. 1051, co. 3, cod. civ., ma, ben diversamente, sia pure in via di subordine (ove fosse stata disattesa la domanda d’usucapione), costituirsi diritto coattivo di servitù di passaggio. A parere del COGNOME <>.
9.1. Il motivo è fondato.
Risulta confacente allo scopo prendere le mosse dal contenuto dell’art. 1051, co. 1, cod. civ.: <>.
L’istituto si fonda su ragioni tanto risalenti che ovvie: la mancanza d’accesso alla via pubblica renderebbe vano il diritto di proprietà, procurando, inoltre, la formazione di zone franche anche dalla indispensabile manutenzione e un danno all’economia agricola in generale.
La Corte di Brescia afferma che non potevasi invocare la norma sopra riportata <>.
In sostanza, la Corte locale non prende in esame l’evenienza che possa disporsi servitù coattiva in presenza d’impedimento solo giuridico dell’accesso alla pubblica via e, tuttavia, reputa non esservi prova in concreto di un tale impedimento.
La questione che va affrontata prioritariamente riguarda il significato normativo della mancanza d’uscita sulla pubblica via.
Ove si limitasse il concetto di interclusione alla presenza d’un ostacolo fisico, sia esso costituito dalla presenza di fondi altrui o dalla orografia dei luoghi, la ratio della norma risulterebbe radicalmente sconfessata. Invero, negare che l’impossibilità d’accesso derivante dalla legge o da determinazioni della pubblica amministrazione, come nel caso in cui la strada, per la sua qualità o per il suo modo d’essere, non consenta, senza pericolo,
l’autorizzazione di varchi privati, non integri l’ipotesi di cui all’art. 1051, co. 1, cod. civ., condannerebbe il fondo alla perenne interclusione.
Proprio in tale ottica questa Corte, in epoca oramai lontana, affermò sussistere il diritto del proprietario di un fondo destinato ad uso agricolo di ottenere la servitù di passaggio coattivo attraverso il fondo del vicino anche allorché esista un transito di accesso alla via pubblica, se il cattivo stato di manutenzione di esso, non occasionale e transitorio, e il potere discrezionale della RAGIONE_SOCIALE nel renderlo praticabile, ne escludano l’utilizzabilità, sì da configurare la sostanziale interclusione del fondo (sez. 2, n. 311, 14/01/1999, Rv. 522263 -01; ma già, sotto il profilo che qui rileva, Cass. n. 1808/1969).
Ovviamente, siccome per le circostanze che comportino l’interclusione fisica, anche per quella giuridica la prova deve essere fornita da chi agisce per la costituzione della servitù coattiva di passaggio.
Come si è visto, la sentenza evidenzia non constare che l’accesso sulla strada provinciale sia stato espressamente vietato, né che il COGNOME avesse dimostrato essere stata rigettata dalla pubblica amministrazione istanza di accesso carrabile.
L’osservazione, che in linea di principio non può dirsi errata, tuttavia, nel caso al vaglio finisce per violare il primo comma dell’art. 1051 cod. civ., siccome sopra interpretato, avendo la sentenza omesso di misurarsi con le valutazioni del consulente del giudice, il quale ha esposto che, in risposta a una specifica richiesta di parere in ordine alla possibilità di vedere autorizzato l’accesso, la Provincia di Brescia aveva espressamente esclusa la possibilità di una tale autorizzazione.
Siffatta conclusione costituisce emergenza di causa che non resta menomata per il mero fatto che il COGNOME non abbia versato in
atti la prova del rigetto di una propria istanza, proprio perché la non autorizzabilità risulta essere stata accertata dal collaboratore del giudice e, pertanto, solo l’emergere di circostanza che ne contraddica la portata assertiva potrebbe essere presa in considerazione.
È appena il caso di soggiungere che l’eventuale utilizzo (in esclusiva o in alternativa -fino al momento dell’interposta occlusione da parte dei controricorrenti ) d’una apertura abusiva sulla INDIRIZZO non può reputarsi giuridicamente apprezzabile. Si tratterebbe, invero, d’una situazione fattuale precaria e ‘contra legem’ che non libererebbe il fondo dall’interclusione.
9.2. Tenuto conto di quanto sopra la sentenza deve essere cassata con rinvio.
Il Giudice del rinvio si atterrà ai seguenti principi di diritto: ‘ (1) In materia di costituzione di servitù coattiva di passaggio, ai sensi del primo comma dell’art. 1051 cod. civ., costituisce impedimento ad usufruire d’uscita sulla via pubblica la circostanza che un tale accesso risulti precluso dalla legge o dalla pubblica amministrazione.
Spetta a colui che richiede la costituzione della servitù dimostrare la giuridica impossibilità di accesso alla via pubblica; tuttavia, ove il consulente del giudice abbia escluso, sulla base degli accertamenti e delle informazioni ricevute dalla pubblica amministrazione, che dell’accesso l’interessato possa legittimamente fruire, non costituisce argomento che possa ribaltare una tale valutazione tecnica la circostanza che non consti essere stata presentata istanza per l’autorizzazione al passo carrabile ‘.
Il Giudice del rinvio deciderà sulla base degli atti, essendogli precluso ogni ulteriore attività istruttorio. Regolerà, inoltre, anche il capo delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Brescia, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il giorno 12 settembre 2024.