Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27023 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27023 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5427/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
TERRACINA SALVATORE ,
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n.1929/2020 depositata il 23.12.2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.9.2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 26.6.2012, Messina Salvatrice conveniva innanzi al Tribunale di Termini Imerese COGNOME NOME e COGNOME NOME al fine di sentire dichiarare l’inesistenza di qualsivoglia diritto di passaggio pedonale e carrabile sul suo fondo, sito in agro di Cefalù, INDIRIZZO, fatto salvo il diritto di passaggio pedonale per attingere acqua dal pozzo ivi esistente.
Costituitasi, COGNOME NOME chiedeva il rigetto della domanda avversaria e l’accoglimento, gradatamente, delle seguenti domande riconvenzionali: a) usucapione della servitù attiva di passaggio pedonale e carrabile in favore dei suoi immobili (terreno e fabbricato) ed a carico del fondo attoreo; b) costituzione della medesima servitù per destinazione del padre di famiglia; c) costituzione coattiva della medesima servitù per interclusione assoluta del fondo dei convenuti. COGNOME NOME restava invece contumace.
Con la sentenza n. 366/2018 del 20.3.2018, il Tribunale di Termini Imerese, espletate le prove per interpello e testi ed acquisiti documenti, e rigettata la richiesta di CTU volta ad accertare l’interclusione assoluta del fondo dei COGNOME, dichiarava l’inesistenza del diritto di passaggio sul fondo di Messina Salvatrice in favore dei convenuti COGNOME NOME e COGNOME NOME, ferma restando la facoltà di accesso pedonale per attingimento dal pozzo sulla particella 453 del foglio 11 del NCT del Comune di
Cefalù della Messina, respingendo le riconvenzionali e condannando i COGNOME alle spese processuali.
In particolare, per quanto ancora rileva, la sentenza di primo grado riteneva non raggiunta la prova del passaggio pedonale e carrabile sul fondo della Messina da parte di Terracina NOME, non desumibile dall’ordinanza di reintegrazione nel possesso del febbraio 1993 conseguente allo spoglio dell’agosto 1992, in quanto nella fase successiva a quella interdittale vi era stata la rinuncia agli atti del giudizio di merito, con conseguente esclusione del giudicato possessorio, e non forniva motivazione alcuna in ordine al rigetto della riconvenzionale di costituzione coattiva della servitù di passaggio.
Avverso tale sentenza presentava appello COGNOME NOME riproponendo le riconvenzionali e reiterando l’istanza di CTU per accertare l’interclusione assoluta del suo fondo, derivata dalla rimozione dell’accesso insistente sul contiguo terreno di Messina Filippo, in esecuzione della sentenza del Tribunale di Termini Imerese, sezione distaccata di Cefalù, n. 87/2012, emessa nel giudizio dallo stesso promosso contro COGNOME NOME e COGNOME NOME, e resisteva Messina Salvatrice, mentre COGNOME NOME rimaneva contumace anche in secondo grado.
Con la sentenza n. 1929/2020 del 9.10/23.12.2020, la Corte d’Appello di Palermo rigettava il gravame e condannava NOME alle spese processuali della Messina.
La sentenza di secondo grado rilevava che, anche accedendo alla tesi della appellante, secondo la quale in ragione dell’estinzione per rinuncia agli atti del giudizio di merito possessorio, il termine ventennale dell’usucapione aveva ripreso a decorrere subito dopo la presentazione del ricorso per reintegrazione nel possesso (effetto interruttivo solo istantaneo), ossia dall’11.11.1992, tale termine comunque non era maturato alla data del 29.6.2012 di notificazione da parte della Messina della citazione per
l’accertamento negativo della servitù; che poiché nel novembre 1992 il giudizio possessorio era ancora a struttura bifasica, l’ordinanza del Pretore di Cefalù del 6.2.1993, che aveva reintegrato NOME NOME nel possesso della servitù di passaggio, a seguito della rinuncia agli atti e conseguente estinzione della successiva fase di merito, aveva perso efficacia ed era inidonea a formare giudicato ed a costituire prova del possesso ad usucapionem ; che la riconvenzionale subordinata di costituzione coattiva della servitù di passaggio, respinta in primo grado senza motivazione, non poteva essere accolta, in quanto la Messina nella memoria ex art. 183 comma 6° n. 1) c.p.c. aveva dedotto che l’invocato passaggio sarebbe dovuto avvenire sul viale e sulla corte costituente area di pertinenza del suo fabbricato, e la stessa appellante non aveva contestato tale deduzione, offrendone anzi conferma nella memoria ex art. 183 comma 6° n. 2) c.p.c., per cui la servitù coattiva di passaggio richiesta doveva ritenersi esclusa in virtù dell’esenzione prevista dall’art. 1051 ultimo comma cod. civ. per i cortili di pertinenza dei fabbricati.
Avverso tale sentenza, COGNOME NOME ha proposto tempestivo ricorso a questa Corte sulla scorta di tre motivi. COGNOME NOME ha resistito con controricorso e COGNOME NOME é rimasto intimato.
È stata formulata proposta di definizione anticipata ex art. 380bis c.p.c. per inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso, ed i difensori di Terracina NOME hanno depositato tempestiva istanza di decisione ex art. 380bis, comma 2°, c.p.c..
Nell’imminenza dell’adunanza in camera di consiglio la sola ricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, nn. 3) e 4) c.p.c., la violazione dell’art. 1167 cod. civ., nonché il grave vizio di motivazione quanto alla ritenuta decisività
dell’estinzione del giudizio possessorio, nonché la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 115, 116 e 310, terzo comma, c.p.c. quanto all’inutilizzabilità astratta delle prove del giudizio possessorio soltanto perché estinto.
In particolare, la ricorrente, che aveva sostenuto fin dall’originaria comparsa di costituzione di avere esercitato il passaggio pedonale e carrabile fin dal 1970, per cui l’usucapione della servitù di passaggio pedonale e carrabile doveva ritenersi maturata alla data della notifica della citazione della parte della Messina del 29.6.2012, contesta la statuizione con la quale la Corte d’Appello ha ritenuto irrilevante l’ordinanza di reintegrazione che la Terracina aveva ottenuto all’esito della fase sommaria di un precedente giudizio possessorio, che a seguito dell’estinzione della successiva fase di merito per rinuncia agli atti avrebbe perso ogni effetto, anche sostanziale. La ricorrente allega, al riguardo, che essendo stata disposta la reintegrazione nel possesso della servitù di passaggio in suo favore prima che fosse trascorso l’anno dallo spoglio in suo danno, in base all’art. 1167 cod. civ. quello spoglio non poteva valere come atto interruttivo del possesso ad usucapionem da lei esercitato.
Col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, nn. 3) e 4) c.p.c., la ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1051, ultimo comma, cod. civ., del quale sarebbe stata data un’interpretazione letterale determinante l’esenzione totale ed in ogni caso dei cortili dei fabbricati dalla costituzione coattiva delle servitù di passaggio, ancorché la giurisprudenza di questa Corte affermi tale esenzione solo quando il proprietario del fondo intercluso non abbia la possibilità di scegliere il passaggio attraverso un altro fondo contiguo che non fruisca della medesima esenzione (Cass. 30.9.2020 n.20875; Cass. 26.6.2019 n. 17156; Cass. 25.5.2016 n. 10857; Cass. 3.8.2012 n.14102; Cass. 15.5.2008 n. 12340; Cass. 26.5.2003 n. 8303), e
comunque della nullità della sentenza ex art. 132 n. 4) c.p.c. e 360 comma primo n. 4) c.p.c. per non avere motivato in ordine alla dedotta esistenza di un’interclusione assoluta idonea ad escludere l’esenzione ex art. 1051 ultimo comma cod. civ., e della nullità del procedimento ex art. 115 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello non avrebbe considerato la natura assoluta dell’interclusione del fondo di sua proprietà, che era stata dedotta e che emergeva dalla sentenza del Tribunale di Termini Imerese, sezione distaccata di Cefalù, n.87/2012, pronunciata nel giudizio promosso da COGNOME NOME contro COGNOME NOME e COGNOME NOME e della quale si era comunque chiesto l’accertamento tramite CTU in 1° e 2° grado.
3) Col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., la ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo, rappresentato dalla sentenza n. 87/2012 del Tribunale di Termini Imerese, sezione distaccata di Cefalù, con la quale era stato precluso alla Terracina di utilizzare un accesso diverso al proprio fondo, quello prima esistente sul terreno di Messina Filippo.
Va preliminarmente osservato che a seguito della decisione di questa Corte resa a sezioni unite (Cass. sez. un. 10.4.2024 n.9611), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato proponente, ex art. 380-bis c.p.c., al Collegio che definisce il giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 c.p.c..
Il primo motivo di ricorso, per la parte in cui si riferisce all’asserita violazione dell’art. 1167 cod. civ., come indicato nella proposta di definizione anticipata, é inammissibile per difetto di specificità, in quanto si limita ad indicare che il Pretore di Cefalù con l’ordinanza del 6.2.1993 avrebbe disposto la reintegrazione nel possesso della servitù di passaggio pedonale e carrabile sul fondo di Messina Salvatrice in favore di COGNOME NOME entro l’anno dall’avvenuto spoglio dell’agosto 1992, senza nulla dedurre però in
ordine all’effettivo conseguente recupero da parte sua del possesso della servitù, ancorché l’art. 1167 comma 2° cod. civ. stabilisca espressamente che lo spoglio abbia efficacia interruttiva del termine di usucapione solo ove il ricorso per reintegrazione sia stato accolto ed il possesso sia stato recuperato. Le sentenze di questa Corte menzionate nella memoria ex art. 380bis.1 c.p.c. della ricorrente (Cass. 30.7.1984 n. 4525 e Cass. 29.11.1993 n. 11842) secondo la cui massima ‘ il requisito della non interruzione del possesso non viene meno nel caso di spoglio seguito dal vittorioso esperimento dell’azione di reintegra ‘, se esaminate nel loro testo integrale, hanno inteso negare l’efficacia interruttiva del possesso ad usucapionem dello spoglio se contrastato dall’esercizio vittorioso dell’azione di reintegrazione nel possesso entro l’anno, ma non hanno certo negato, né potevano farlo, in contrasto con la specifica previsione dell’art. 1167 comma 2° cod. civ., che affinché sia negata efficacia interruttiva allo spoglio occorre non solo che il ricorso per reintegrazione nel possesso presentato entro l’anno dallo spoglio sia stato accolto (vedi art. 1167 comma 1° cod. civ.), ma anche che per effetto di tale accoglimento il possesso sia stato recuperato (vedi art. 1167 comma 2° cod. civ.), circostanza quest’ultima nella specie non allegata nel motivo.
L’impugnata sentenza ha, peraltro, correttamente escluso che la menzionata ordinanza del Pretore di Cefalù del 6.2.1993, di reintegrazione nel possesso, possa avere acquisito efficacia vincolante tra le parti, in quanto dopo la conclusione della fase sommaria é intervenuta la rinuncia agli atti del giudizio accettata per la fase di merito del giudizio possessorio, all’epoca a struttura bifasica, ed il giudizio é stato quindi dichiarato estinto, ed ha sottolineato che anche ipotizzando, secondo la prospettazione della appellante, un mero effetto interruttivo istantaneo, il termine ventennale di usucapione non era ancora maturato alla data della notifica della citazione introduttiva di questo giudizio in primo
grado del 29.6.2012, e tale motivazione non può certo considerarsi inesistente, meramente apparente, o contraddittoria, al punto da non consentire di comprendere le ragioni della decisione adottata, e soddisfa quindi il requisito minimo dell’art. 111 comma 6° della Costituzione (vedi sulla sufficienza di tale requisito ex multis Cass. ord. 27.8.2024 n. 2356; Cass. 24.1.2020 n. 1621).
Quanto alle ipotizzate violazioni degli articoli 115, 116 e 310, terzo comma, c.p.c., l’impugnata sentenza non ha omesso di valutare il peso probatorio delle dichiarazioni raccolte nel giudizio di reintegrazione nel possesso culminato nell’ordinanza del Pretore di Cefalù del 6.2.1993, priva per quanto esposto di efficacia di giudicato per la successiva estinzione della fase di merito, avendo evidentemente tenuto conto che esse erano state solo funzionali alla reintegrazione nel possesso, e non alla domanda di usucapione della servitù di passaggio, e quindi al profilo petitorio fatto valere in questo giudizio da NOME NOME risultando quindi prive di valore probatorio per la diversità di petitum e di causa petendi esistente fra giudizio possessorio e petitorio anche quando intercorsi tra le stesse parti (vedi sull’ininfluenza delle prove raccolte nel giudizio possessorio nel giudizio petitorio Cass. 30.6.2016 n. 13450; Cass. 5.2.2016 n. 2300; Cass. ord. 16.7.2015 n. 14979).
Vanno ora esaminati congiuntamente il secondo ed il terzo motivo di ricorso, inerenti al rigetto della riconvenzionale di costituzione coattiva della servitù di passaggio pedonale e carrabile sul fondo di Messina Salvatrice, motivato con l’esenzione dello stesso, in quanto corte del di lei fabbricato, ai sensi dell’art. 1051 ultimo comma cod. civ., censurato sotto il profilo della violazione di tale disposizione, o del difetto di motivazione, e dell’asserita mancata considerazione della sentenza del Tribunale di Termini Imerese, sezione distaccata di Cefalù, n.87/2012, pronunciata nel giudizio promosso da NOME contro COGNOME NOME e COGNOME NOME, con la
quale alla ricorrente era stato inibito il passaggio pedonale e carrabile sul fondo di Messina Filippo per accedere alla di lei proprietà.
Preliminarmente occorre osservare che il terzo motivo, formulato ex art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., non può ritenersi inammissibile per ‘doppia conforme’ ex art. 348 ultimo comma c.p.c., in quanto la riconvenzionale di costituzione di servitù di passaggio pedonale e carrabile avanzata da COGNOME NOME rigettata in secondo grado, era stata oggetto di omessa pronuncia da parte del Tribunale di Termini Imerese nel giudizio di primo grado.
Nel merito, l’impugnata sentenza non ha affatto trascurato di considerare ai fini della decisione la sentenza del Tribunale di Termini Imerese, sezione distaccata di Cefalù, n. 87/2012, pronunciata nel giudizio promosso da NOME contro COGNOME NOME e COGNOME NOME, in quanto alle pagine 6 e 7 della sua motivazione ha correttamente ritenuto che quella sentenza, essendo stata pronunciata in un giudizio al quale era rimasta estranea Messina Salvatrice, non poteva avere alcun valore probatorio nei confronti di quest’ultima, con la conseguenza che da essa non era desumibile l’interclusione assoluta del fondo di Terracina NOME, che poteva raggiungere la via pubblica sia attraverso il fondo di proprietà di Messina Filippo, sia attraverso il cortile di pertinenza del fabbricato di Messina Salvatrice.
Neppure può essere ravvisato il vizio della violazione dell’art. 1051 ultimo comma cod. civ., in quanto in virtù della riconosciuta esistenza di un cortile di pertinenza del fabbricato di Messina Salvatrice proprio nel tratto interessato dall’auspicata costituzione coattiva della servitù di passaggio pedonale e carrabile verso il fondo di COGNOME NOME, basata sul principio di non contestazione, e del ritenuto difetto di prova della mancanza di un accesso alternativo al fondo di Messina Salvatrice sul quale non
esistesse un cortile, riconducibile alla negata efficacia probatoria nei confronti della predetta della sentenza del Tribunale di Termini Imerese, sezione distaccata di Cefalù, n. 87/2012, l’impugnata sentenza ha pienamente rispettato l’onere motivazionale ed i principi di diritto affermati in materia da questa Corte. Secondo la Suprema Corte, infatti, é onere di chi invoca la costituzione di una servitù coattiva di passaggio provare l’impossibilità di praticare un altro passaggio, ove esistente, per la presenza di ostacoli (vedi in tal senso Cass. ord. 18.9.2024 n. 25088), ed ai fini della costituzione della servitù di passaggio coattivo, per escludere l’esenzione dell’ultimo comma dell’art. 1051 cod. civ., nel caso di un cortile, la circostanza dell’inesistenza di altri fondi a carico dei quali sia possibile costituire la servitù di passaggio, concorrendo ad integrare la fattispecie giustificativa della domanda di costituzione coattiva della servitù, deve essere tempestivamente eccepita e provata da colui che invoca la costituzione del diritto di passaggio nel giudizio di merito e non può, pertanto, essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (Cass. 27.3.1996 n. 2706; Cass. 14.5.1980 n. 3190).
La ricorrente va condannata, in ragione della soccombenza, e della conformità della decisione adottata alla proposta di definizione anticipata, al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo, da distrarre in favore del legale antistatario della controricorrente, avv. NOME COGNOME nonché al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. in favore di NOME COGNOME ed al pagamento in favore della Cassa delle Ammende ex art. 96 comma 4° c.p.c. delle somme indicate in dispositivo.
Vanno invece dichiarate irripetibili le spese della ricorrente nei confronti dell’intimato, Terracina Salvatore.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME e la condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in €200,00 per spese ed € 2.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, da distrarre in favore del legale antistatario di Messina COGNOME, avvocato NOME COGNOME, al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. per l’importo di € 2.500,00 in favore di Messina COGNOME, ed al pagamento in favore della Cassa delle Ammende ex art. 96 comma 4° c.p.c. della somma di € 1.500,00. Dichiara irripetibili le spese processuali della ricorrente nei confronti di Terracina Salvatore. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16.9.2025
Il Presidente
NOME COGNOME