Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14090 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14090 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
COGNOME NOMECOGNOME
– intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI TRENTO n. 192/2020, depositata il 11/09/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME proprietaria di un’unità abitativa e di un fondo -identificati come p. ed. 143/1 e fondo p.f. 677/3 – attigui a quello in
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8073/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
– controricorrente –
nonchè contro
comproprietà di NOME, NOME, NOME ed NOME COGNOME -identificato come p.f. 1838 – conveniva questi ultimi innanzi al Tribunale di Trento chiedendo, in via principale, accertare e dichiarare l’avvenuto acquisto per usucapione del diritto di servitù di passo a piedi in favore del suddetto fondo, nonché costituire servitù coattiva di passo con ogni mezzo; in via subordinata, chiedeva costituire, ai sensi dell’art. 1051 cod. civ., servitù coattiva di passo a piedi a carico del fondo dei convenuti.
Il Tribunale di Trento accoglieva unicamente la domanda posta in via subordinata; costituiva quindi servitù di passaggio coattivo a piedi in favore della p. ed. 143/1 e fondo p.f. 677/3 e a carico della p.f. 1838.
Avverso la pronuncia del Tribunale interponeva gravame NOME COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Trento lamentando, tra l’altro, vizio di motivazione in relazione al rigetto della domanda relativa alla servitù di transito con ogni mezzo.
La Corte d’Appello di Trento, con sentenza n. 19 1/2015, respingeva l’appello rilevando la novità – rispetto al giudizio di primo grado – della domanda di costituzione di servitù coattiva «con ogni mezzo» in quanto diversa rispetto a quella di ampliamento del precedente passaggio posta al giudice di prime cure e dal medesimo in tal modo correttamente qualificata.
La suddetta pronuncia veniva impugnata da NOME COGNOME innanzi a questa Corte che, con sentenza n. 5402 del 25.02.2019, accoglieva il ricorso nella parte in cui riteneva non osservato nella sentenza impugnata il principio per cui nell’interpretazione della domanda giudiziale il giudice del merito deve tener conto dei limiti oggettivi della domanda, quali risultano non soltanto dal contenuto dell’atto introduttivo del giudizio, ma anche dalle conclusioni definitive precisate dopo la chiusura dell’istruzione, poste in relazione con la citazione e
con le eventuali modifiche e trasformazioni delle conclusioni originarie, essendo la pronuncia impugnata essenzialmente fondata su un passaggio argomentativo della memoria di replica.
L’attrice NOME COGNOME riassumeva quindi il giudizio e la Corte d’Appello in sede di rinvio, con la sentenza qui impugnata -qualificata la domanda di costituzione di servitù di passaggio «con ogni mezzo» non già quale mero ampliamento della servitù di passo a piedi bensì quale domanda autonoma, principale e alternativa rispetto alla domanda di acquisto per usucapione della servitù di passo a piedi -accoglieva la domanda di costituzione di servitù coattiva di passaggio con ogni mezzo, sulla base dell’inc ontestata circostanza dell’interclusione del fondo dominante e sulla non ipotizzabilità di un percorso alternativo se non attraverso la p.f. 1838 di proprietà degli appellati. Condannava, infine, gli appellati alla rifusione di tutte le spese processuali.
Contro tale sentenza ricorrono per cassazione NOME, NOME ed NOME COGNOME con tre motivi, contrastati con controricorso da NOME COGNOME.
E’ rimasto intimato NOME COGNOME erede di NOME COGNOME deceduto nel corso del giudizio di primo grado.
A séguito della proposta di definizione ex art. 380-bis cod. proc. civ del Consigliere Delegato, i ricorrenti hanno chiesto la decisione.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno presentato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza per mancanza di motivazione o per motivazione apparente. Violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ. ; v iolazione dell’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. I ricorrenti lamentano la mancanza
o la mera apparenza della motivazione della sentenza impugnata, in merito alla interpretazione delle domande attoree. In particolare, si ritiene che la Corte di Appello non abbia analizzato il contenuto sostanziale della pretesa, applicando erroneamente e sic et simpliciter il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte, con ciò non esercitando il potere dovere di interpretazione e qualificazione delle domande, nonostante le contestazioni svolte dai convenuti.
Il motivo è infondato.
La Corte di rinvio ha espressamente (seppure sinteticamente) affermato che la domanda di costituzione coattiva della servitù di passaggio proposta da NOME COGNOME deve essere qualificata come domanda autonoma, principale e alternativa rispetto alla domanda di acquisto per usucapione della servitù di passo a piedi (v. sentenza pag. 14). A tale affermazione, la Corte territoriale perviene dopo aver sintetizzato il principio espresso da questa Corte (Cass. n. 5401 del 2019), laddove -avendo ben presente il contenuto delle conclusioni dell’attrice (trascritte a pag. 5) – ha ritenuto che i giudici del merito avevano errato nell’individuazione del contenuto oggettivo della domanda proposta dall’attrice/appellante fondando l’interpretazione di quanto chiesto sulle argomentazioni addotte da quest’ultima nella memoria di replica (v. sentenza p. 14).
Da tanto si deduce che il giudice del rinvio non abbia affatto inteso l’argomentazione di questa Corte come qualificazione della domanda (non di ampliamento della servitù di passo pedonale, bensì la costituzione di nuova servitù coattiva); al contrario di quanto espresso in ricorso, la Corte d’Appello ha, invece, fatto applicazione del principio di diritto espresso da questa Corte nella pronuncia menzionata al fine di pervenire essa stessa alla corretta qualificazione della domanda dell’appellante, attraver so la valutazione e qualificazione del contenuto
e dell’ampiezza dell’atto introduttivo del giudizio nonché delle conclusioni definitive precisate dopo la chiusura dell’istruzione. Come si vede il fondamento della decisione è reso percepibile.
Deve quindi escludersi la sussistenza del vizio di motivazione inesistente o apparente: la costante giurisprudenza di legittimità ritiene, infatti, che detto vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 23123 del 28/07/2023, Rv. 668609 -01; Cass Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639 -01; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145; Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Cass. Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016).
2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 1051 cod. civ. ; violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. I ricorrenti lamentano l’assenza, in motivazione, della valutazione comparativa degli interessi opposti in merito alla possibilità di costituire una servitù per il solo passaggio pedonale, ovvero per il transito dei veicoli, omettendo di prendere in considerazione, sul punto, il principio di bilanciamento degli interessi. In particolare, osservano i ricorrenti, l’interclusione del fondo non giustificherebbe di per sé la costituzione di una servitù di passaggio con veicoli, poiché la pretesa è fatta valere solo per una maggiore comodità della ricorrente, non per una effettiva necessità. Del resto, la costituzione della servitù di transito con veicoli nella corte oggetto di lite comporta un sacrificio eccessivo rispetto alla
normale destinazione del fondo, anche in ragione della perdita di un posto auto.
Anche questo motivo è infondato.
Innanzitutto, è bene chiarire che – diversamente da quanto affermato in ricorso (p. 20, ultimi due righi) la Corte d’Appello è pervenuta al convincimento dell’interclusione del fondo dominante sia a séguito degli accertamenti del CTU (v. sentenza pagg. 15 e 18), sia in virtù del fatto che si trattava di circostanza non contestata tra le parti (v. sentenza p. 15). Quindi, la costituzione della servitù coattiva non discende da «esigenze di maggiore comodità» del fondo servente (così in ricorso p. 22, righi 15 e 16), ma dall’aver accertato che non è ipotizzabile un percorso alternativo, e che solo attraverso la p.f. 1838 NOME COGNOME può accedere alla sua proprietà (v. sentenza p. 18, 1° capoverso).
Quanto alla valutazione comparativa degli opposti interessi da tutelare, la Corte territoriale -in applicazione dei principi espressi da questa Corte in merito all’esenzione non assoluta di cortili e altre aree indicate all’art. 1051 cod. civ. dalle servi tù di passaggio, ispirati al bilanciamento di interessi del proprietario del fondo servente e del fondo dominante (da ultimo: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10944 del 23/04/2024, Rv. 670981 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8660 del 02/04/2024, Rv. 670729 – 01) -ha accolto la domanda di costituzione della servitù coattiva in quanto (come prima rilevato) il fondo dominante si trovava in una situazione di interclusione non altrimenti eliminabile, perché priva di alternative, comportando l’interclusione assoluta del fondo conseguenze maggiormente pregiudizievoli rispetto al disagio costituito dal transito attraverso cortili, aie, giardini e simili (v. sentenza pp. 15-17).
Del resto, la Corte di rinvio, avendo prescelto la domanda principale e autonoma di servitù coattiva con ogni mezzo, era tenuta a valutarne la sussistenza, ben potendo quindi tralasciare l’altra domanda, quella di servitù pedonale per usucapione.
3. Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. ; v iolazione dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ. La Corte di Appello -ad avviso dei ricorrenti – avrebbe ignorato le ragioni giustificatrici della soccombenza reciproca, violando il principio di causalità, non considerando che la parte attrice ha formulato più domande e che la domanda di usucapione, portata avanti sino in Cassazione e poi rivelatasi infondata, ha comportato una notevole istruttoria ed oneri superiori a quelli necessari per difendersi dalle sole pretese fondate.
Il motivo è infondato.
I ricorrenti non considerano che la domanda di parte controricorrente, proposta in via alternativa alla domanda di usucapione della servitù di passo pedonale è stata comunque accolta: tanto basta ad escludere la soccombenza reciproca, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi (Cass. SU n. 32061 del 31.10.2022).
La Corte di Appello ha, dunque, regolato le spese, riformando la sentenza di primo grado, tenendo conto dell’esito complessivo del giudizio, e senza che nessuna parte vittoriosa fosse stata condannata (cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9064 del 12/04/2018, Rv. 648466).
E’ utile, infine, ricordare che, a séguito della modifica di cui alla legge n. 162/2014, al di fuori dei casi di soccombenza reciproca, il potere di compensazione è stato limitato dal legislatore a tassative e
specifiche ipotesi, il che porta ad affermare, in difformità rispetto al passato, che il giudice non abbia più una discrezionalità al riguardo ma che sia tenuto a dare rigorosa applicazione del precetto normativo, essendo quindi preclusa la possibilità di compensare le spese di lite al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate nell’art. 92 cod. proc. civ.
Né risulta incidere su tale conclusione la sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 92 cod. proc. civ. ad opera della Consulta con la sentenza n. 77 del 2018 , la quale ne ha ravvisato la contrarietà ai principi della Costituzione nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni. In tal modo risulta di fatto ripristinata la vecchia formulazione dell’art. 92 cod. proc. civ. nella versione anteriore alla novella del 2014, in relazione alla quale può osservarsi che rispetto alla ancora più risalente formulazione dell’art. 92 cod. proc. civ., il testo della norma è più rigoroso e consente la compensazione solo in presenza di soccombenza o nel concorso di altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione (per tutte: Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2487 del 2019).
In conclusione, il ricorso va respinto con inevitabile aggravio di spese secondo la regola della soccombenza.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc.
civ., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in €. 4.000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
condanna altresì i ricorrenti in solido, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ. , al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di €. 4.000,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4 cod. proc. civ. – al pagamento della somma di €. 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2024.