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Servitù coattiva: CTU e prove non verbalizzate

Una disputa sulla costituzione di una servitù coattiva arriva in Cassazione. I ricorrenti contestavano la relazione del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), ritenendola nulla perché basata su dichiarazioni non verbalizzate. La Corte Suprema ha rigettato il ricorso, affermando che il CTU può raccogliere informazioni informali senza che ciò comporti la nullità della perizia. Inoltre, ha ribadito l’importanza del principio di autosufficienza del ricorso, sanzionando i ricorrenti per non aver trascritto adeguatamente le loro critiche alla relazione tecnica, rendendo il motivo di ricorso in parte inammissibile.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Servitù coattiva: la Cassazione sul valore delle prove non verbalizzate dal CTU

Quando un terreno è ‘intercluso’, ovvero non ha un accesso comodo alla via pubblica, la legge prevede la possibilità di imporre una servitù coattiva di passaggio su un fondo vicino. Ma cosa succede se la prova di questa interclusione si basa su informazioni raccolte da un consulente tecnico (CTU) ma non messe a verbale? Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione fa luce sui poteri del CTU e sui doveri della parte che intende contestarne l’operato.

I Fatti del Caso: Una Disputa sul Diritto di Passaggio

La vicenda nasce da una causa tra proprietari di fondi confinanti. I proprietari di un fondo avevano citato in giudizio i vicini per far accertare la loro proprietà esclusiva su un’area e l’inesistenza di un diritto di passaggio a favore dei convenuti. Questi ultimi, a loro volta, avevano risposto con una domanda riconvenzionale, chiedendo che venisse riconosciuto il loro diritto di passaggio o, in subordine, che venisse costituita una servitù coattiva, sostenendo che i loro terreni non avessero altro accesso alla strada pubblica.
Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda principale e accolto quella subordinata dei convenuti, costituendo la servitù. La Corte d’Appello, in riforma parziale, aveva confermato la costituzione della servitù, definendone il tracciato sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU).

La Decisione della Corte di Cassazione sulla servitù coattiva

I proprietari del fondo servente hanno presentato ricorso in Cassazione, lamentando la nullità della sentenza e della CTU. A loro dire, il consulente aveva accertato l’interclusione del fondo dei vicini basandosi su dichiarazioni rese dalle parti durante il sopralluogo ma non verbalizzate, in particolare riguardo all’impraticabilità di un percorso alternativo che terminava su una particella di proprietà di terzi. Secondo i ricorrenti, questa modalità operativa avrebbe violato il principio del contraddittorio e reso la perizia inutilizzabile.

Il Ruolo del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU)

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti sul ruolo del CTU. I giudici hanno stabilito che il consulente, nell’espletamento del suo incarico, ha il potere di chiedere informazioni alle parti e a terzi per accertare i fatti, senza bisogno di una preventiva autorizzazione del giudice. Crucialmente, la legge non impone al CTU l’obbligo di redigere un verbale di queste dichiarazioni. L’omissione non comporta, quindi, alcuna nullità della relazione peritale.

Il Principio di Autosufficienza del Ricorso

Oltre a respingere la censura nel merito, la Corte ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile per violazione del principio di autosufficienza. I ricorrenti si erano limitati a criticare genericamente l’operato del CTU, senza però trascrivere nel ricorso i passaggi specifici della relazione tecnica contestata e il contenuto preciso delle critiche mosse nei gradi di merito. Questo ha impedito alla Corte di Cassazione di valutare la fondatezza delle loro lamentele senza dover consultare altri atti, attività che non le è consentita.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri. In primo luogo, la natura del mandato del CTU, che è quella di ausiliario del giudice. In questa veste, egli può acquisire tutti gli elementi di conoscenza che ritiene utili per rispondere ai quesiti posti dal tribunale, potendosi limitare a riferirne i risultati nel proprio elaborato peritale. La verbalizzazione non è un requisito di validità, ma una mera facoltà. La Corte ha sottolineato che erano stati gli stessi ricorrenti ad ammettere che l’informazione sull’inesistenza di una servitù sulla particella di terzi proveniva dalle dichiarazioni delle parti in sede di sopralluogo.
In secondo luogo, la Corte ha ribadito che l’accertamento dell’interclusione di un fondo è una valutazione di fatto, demandata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, è sorretta da una motivazione congrua e logica. La decisione della Corte d’Appello, basata sulle conclusioni del CTU, è stata ritenuta correttamente motivata e quindi incensurabile.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che il lavoro del CTU gode di ampia autonomia nella raccolta di elementi conoscitivi, e la mancata verbalizzazione di dichiarazioni informali non è, di per sé, motivo di nullità della perizia. La seconda è un monito per chi intende impugnare una sentenza in Cassazione basandosi su presunti vizi della CTU: è fondamentale rispettare il principio di autosufficienza, trascrivendo nel ricorso tutti gli elementi (parti della perizia, critiche specifiche, etc.) necessari a sostenere le proprie ragioni. In caso contrario, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento di sanzioni pecuniarie.

Può un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) basare le sue conclusioni su informazioni non verbalizzate raccolte durante un sopralluogo?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il CTU, nell’espletamento del suo mandato, può chiedere informazioni a terzi e alle parti per l’accertamento dei fatti collegati all’oggetto dell’incarico, senza essere tenuto a redigere un relativo verbale.

L’omissione di verbalizzare le dichiarazioni raccolte dal CTU rende nulla la sua relazione peritale?
No. Secondo la sentenza, da tale omissione non deriva alcuna nullità, e il consulente può limitarsi a riferire di tali informazioni nel proprio elaborato peritale, ai sensi dell’art. 195, secondo comma, del codice di procedura civile.

Cosa deve fare una parte che contesta le conclusioni di un CTU nel ricorso per cassazione?
La parte ha l’onere di rispettare il principio di autosufficienza del ricorso. Deve indicare specificamente le circostanze e gli elementi contestati, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche sollevate, per permettere alla Corte di valutare l’incidenza del presunto difetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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