Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6665 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6665 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17251/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE giusta procura speciale in atti
-ricorrenti-
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME , elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), giusta procura speciale in atti
-controricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI TRENTO n. 72/2022 depositata il 22/03/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nell’anno 2016 NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio avanti il Tribunale di Trento NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo che fosse accertato l’avvenuto acquisto per usucapione del diritto di proprietà della p.f. 1297/172 CC Ischia, intestata alle convenute, riguardante un terreno di modesta estensione che confinava con la loro proprietà, utilizzato esclusivamente per l’accesso alla spiaggia e al lago. Nel costituirsi in giudizio, le convenute contestavano il fondamento della domanda di usucapione e avanzavano azione ‘ negatoria servitutis ‘ per far accertare l’inesistenza di servitù di passaggio a carico di tale particella. Gli attori proponevano a loro volta, quale ‘reconventio reconventionis’, domanda di accertamento di servitù di passo a piedi a favore della proprietà attorea.
Con sentenza n. 927/2019 il Tribunale di Trento respingeva le domande attoree e accoglieva la negatoria servitutis .
Avverso tale decisione NOME e NOME COGNOME proponevano appello.
Nella resistenza di NOME COGNOME e NOME COGNOME, che proponevano appello incidentale nella parte in cui il Tribunale di Trento aveva dichiarato l’ammissibilità della domanda svolta in via di ‘ reconventio reconventionis ‘ dagli attori, la Corte di Appello di Trento rigettava l’appello principale per difetto del requisito
dell’apparenza necessario ai fini della usucapibilità della servitù, non ritenendo la situazione morfologica del presunto fondo servente sufficiente per dimostrare l’esistenza del requisito di cui all’art. 1061 c.c., non trattandosi di opere realizzate per favorire l’esistenza della pretesa servitù. Rigettava altresì l’appello incidentale.
Avverso tale decisione NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidando le loro doglianze a due motivi di ricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato controricorso e hanno proposto ricorso incidentale condizionato, cui hanno resistito, con controricorso, NOME e NOME COGNOME.
A seguito di proposta di definizione accelerata formulata dal Consigliere delegato per inammissibilità/infondatezza del ricorso, i ricorrenti hanno chiesto la decisione del giudizio ex art. 380 bis c.p.c.
In prossimità dell’adunanza camerale ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. per motivazione meramente apparente, in quanto la Corte territoriale ha ritenuto di escludere l’apparenza della servitù di passo a piedi oggetto della domanda degli stessi, non tenendo in adeguata considerazione le opere e situazioni di fatto sintomatiche dell’asservimento ai fini del passo a piedi, che rendono evidente che il tracciato serve solo al passaggio dei ricorrenti per raggiungere il lago, mentre non è funzionale né alla proprietà della p.f. 1297/172 né a terzi.
2.Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art.
1061 c.c., avendo la Corte distrettuale errato a ritenere che ai sensi di tale norma il termine ‘opere’ non va inteso come limitato alle opere dell’uomo, potendosi riferire anche a qualunque situazione di fatto naturale sintomatica dell’asservimento di un fondo all’altro.
3.Con il ricorso incidentale condizionato le controricorrenti contestano alla sentenza impugnata la dichiarazione di ammissibilità (per violazione dell’art. 183 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.), della domanda svolta in via di ‘ reconventio reconventionis ‘ , benché proposta tardivamente e non conseguenziale rispetto alla domanda riconvenzionale.
4.Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile per plurime ragioni.
Anzitutto, nel caso di specie la motivazione della sentenza impugnata non risulta viziata da apparenza ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logicoargomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053/2014).
La costante giurisprudenza di legittimità ritiene infatti che il vizio di motivazione apparente ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni oggettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante, Sez. U, Sentenza n. 22232/2016; Sez. U, Sentenza n. 16599/2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758/2022; Ordinanza n. 13977/2019).
Nel caso di specie, la Corte distrettuale ha adeguatamente motivato la propria decisione, osservando che gli elementi indicati dagli appellanti, tutti puntualmente analizzati, ‘ sono inidonei a
rappresentare l’apparenza della servitù oggetto della domanda degli appellanti, mancando tra l’altro un’evidente univoca destinazione all’esercizio del diritto reale rivendicato ‘ dagli stessi.
A ben vedere, inoltre, il mezzo di ricorso, più che censurare la nullità della sentenza, attiene al vizio motivazionale, censurabile in sede di legittimità solo ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c., che nemmeno sarebbe stato deducibile nella fattispecie, trovando in questa applicazione la previsione di cui all’art. 348 ter ultimo comma c.p.c., posto che la sentenza gravata ha confermato quella di primo grado sulla base RAGIONE_SOCIALE medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto.
Risultando inoltre la decisione conforme alla giurisprudenza di questa Corte, il ricorso appare inammissibile anche ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c. (cfr. Cass. SS.UU. sentenza n. 7155/2017), posto che la Corte di Appello di Trento ha deciso il caso sottoposto al suo giudizio in senso pienamente conforme ai precedenti di questo Giudice, né l’esame dei motivi offre elementi per mutare questi orientamenti.
Costituisce infatti giurisprudenza consolidata di questa Corte (tra le tante: Cass. n. 11834/2021; Cass. n. 25355/2017; Cass. n. 24856/2014) l’affermazione per cui il requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, ‘ si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio rivelanti, in modo non equivoco, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di un preciso onere a carattere stabile. Ne consegue che, per l’acquisto in base a dette modalità di una servitù di passaggio, non basta l’esistenza di una strada o di un percorso all’uopo idonei, essendo, viceversa,
essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un “quid pluris” che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva ritenuto acquisita, per usucapione, la servitù di passaggio su di una scalinata presente sul fondo dei convenuti ed utilizzata dall’attrice per accedere alla propria cantina, collocata sul fondo costeggiato dalla scalinata medesima, nonostante quest’ultimo avesse altro accesso dalla pubblica via e la scalinata fosse stata realizzata non già per accedere a detta cantina, ma per collegare due strade pubbliche, collocate una a monte e l’altra a valle) ‘.
Per l’accertamento del carattere di apparenza della servitù occorre quindi un nesso evidente, funzionale e inequivocabile tra i due fondi, peraltro identificabile in un ‘quid pluris’ che comprovi la specifica destinazione dell’opera all’esercizio della servitù. Questo non è stato correttamente riconosciuto esistente nella specie, ‘ in difetto di accertamento dell’esistenza di opere appositamente realizzate per l’esercizio del diritto reale ‘.
5.Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Con un giudizio riservato alle prerogative del giudice di merito che si è risolto in un accertamento di fatto, è stata ritenuta dal giudice distrettuale insufficiente a dimostrare l’esistenza dell’apparenza la mera circostanza che il giardino RAGIONE_SOCIALE COGNOME presentasse piante e arredi sui lati, mentre la parte centrale era libera e consentiva l’accesso a un lago.
Le doglianze dei ricorrenti invocano una revisione del giudizio fattuale operato dalla Corte territoriale, estraneo alla natura alla finalità del giudizio di legittimità (Cass. S.U. n.24148/2013) e un diverso apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie, non
confrontandosi con il principio granitico secondo cui l’esame e la valutazione dei documenti, il giudizio sull’attendibilità dei testimoni, l’analisi della prova testimoniale, la scelta tra le varie risultanze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, che non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (per tutte, Cass. n. 11511/2014, n. 29404/2017).
Non sussiste comunque alcuna violazione dell’art. 1061 c.c., sia per le ragioni in parte addotte a confutazione del primo motivo di ricorso principale quanto alla giurisprudenza di questa Corte con riguardo all’apparenza della servitù, sia per il fatto – proprio a stregua di tale indirizzo giurisprudenziale – che la mancanza di opere realizzate per favorire l’esercizio della pretesa servitù e funzionali all’utilità del fondo non può essere supplita dalla consistenza e situazione fisica del fondo servente e di quello dominante.
5.1.I ricorrenti sostengono che nel concetto di ‘opere’ di cui alla norma invocata come violata rientri la situazione di esatta complanarità dei terreni, non destinati alla coltivazione ma alla balneazione, che rendeva comodo il passaggio a piedi attraverso il terreno RAGIONE_SOCIALE appellate per raggiungere il lago di Caldonazzo, facendo leva sulla situazione del presunto fondo servente, che presentava piante e arredi ai lati e la parte centrale libera da impedimenti di sorta.
L’assunto non ha pregio. Se le opere (dotate del requisito della permanenza, certamente non rinvenibile negli arredi e nelle piante posizionate ai lati del fondo) possono essere anche naturali, oltre che artificiali (Cass. n. 15477/2007), le stesse devono costituire ‘ indice non equivoco ed obiettivo del peso imposto al fondo servente ‘ (Cass. n. 3389/2009; n. 1510/1980).
Nel caso di specie le caratteristiche morfologiche dei terreni non possono sostituire la presenza di opere realizzate per favorire l’esistenza della pretesa servitù e funzionali alla sua attuazione. In altri termini, la conformazione morfologica dei fondi, con la degradazione verso il lago, certamente comune alla struttura della zona, non può rendere obiettivamente manifesta per chi possegga il fondo la situazione di asservimento di questo rispetto ad un presunto fondo dominante.
La situazione naturale dei luoghi e la presenza del lago nelle vicinanze esclude che ciò possa soddisfare i requisiti necessari per invocare la costituzione della servitù di passaggio per usucapione, potendo integrare – si deve aggiungere – al più una ‘utilitas’ per le persone e non per il fondo.
Con il rigetto dei motivi di ricorso principale per infondatezza nel merito il ricorso incidentale condizionato proposto dalle controricorrenti deve considerarsi assorbito.
7.In conclusione, per quanto argomentato, il ricorso principale è manifestamente infondato e va disatteso.
8.In ragione dell’esito del giudizio, parte ricorrente deve essere condannata al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate come in dispositivo, in forza del principio della soccombenza.
Essendo la decisione resa in tema di procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380 bis c.p.c. novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere inoltre condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE ulteriori somme ex art. 96 commi 3 e 4 c.p.c., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del
pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, c.p.c. in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: Cass. S.U. 27195/2023).
6.Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P .R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di RAGIONE_SOCIALEzione rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Condanna altresì parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di Euro 2.000,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96 comma 4 c.p.c. – al pagamento della somma di Euro 1.500,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione