Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13389 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13389 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29427/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1598/2020 depositata il 26/08/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero NOME COGNOME e NOME COGNOME avanti il Tribunale di Firenze, sez. distaccata di Empoli, domandando che fosse accertato il confine fra i fondi rispettivi e che fosse acclarata l’inesistenza di qualsiasi servitù di passo sul loro terreno a favore dei convenuti, con cessazione delle turbative o molestie e con il risarcimento dei danni. Ritualmente costituitisi, i convenuti eccepivano l’intervenuta usucapione della servitù. In esito all’istruttoria del caso, il giudice adito respingeva le domande principali ed, in accoglimento della riconvenzionale avversaria, accertava l’intervenuta usucapione della servitù di passaggio a favore del COGNOME e della COGNOME.
Su gravame di NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME, con sentenza n. 1598 depositata il 26 agosto 2020, la Corte d’appello di Firenze accoglieva parzialmente l’impugnazione, rigettando la domanda di servitù di passo a favore degli appellati, già accolta dal Tribunale, ed ordinando il ripristino dello stato dei luoghi, con il coevo risarcimento dei danni.
Il giudice di secondo grado affermava che la servitù pretesa dagli appellati non era apparente e quindi neppure usucapibile, né acquisibile per destinazione del padre di famiglia: conseguentemente, l’eventuale possesso sarebbe stato utilizzabile esclusivamente ai fini della tutela possessoria.
Contro la predetta sentenza, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di sei motivi. Resistono con controricorso i COGNOME e l’COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con la prima doglianza, i ricorrenti assumono l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., costituito ‘dal mancato accertamento dell’individuazione del luogo oggetto dell’intervento ascritto ai signori COGNOME e COGNOME e della titolarità della proprietà dello stesso’. In altri termini, la Corte d’appello avrebbe mancato di accertare la proprietà del terreno oggetto dei lavori contestati.
Il motivo non è accoglibile.
1.1. Nella specie, il richiamo al vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. è infatti incongruo. In tema di giudizio di cassazione, il motivo di ricorso di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio.(Sez. 2, n. 10525 del 31 marzo 2022; Sez. 2, n. 20718 del 13 agosto 2018; Sez. 1, n. 17761 dell’8 settembre 2016).
Attraverso la seconda censura, il COGNOME e la COGNOME lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., giacché il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto dimostrato un ‘danno dominicale’,
quindi relativo alla proprietà altrui, sulla sola base della prospettazione avversaria.
Il motivo è immeritevole di accoglimento, perché si traduce in una richiesta di nuova valutazione del materiale probatorio assunto nel corso del giudizio di merito.
2.1. Giova in proposito considerare che, in generale, la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicché rimane estranea al presente giudizio qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.
2.2. Per il resto, va ribadito che l’esame dei documenti esibiti e la valutazione degli stessi, come anche il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra limite diverso da quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono
logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 1, n. 19011 del 31 luglio 2017; Sez. 1, n. 16056 del 2 agosto 2016).
2.3. In altri termini, la differente lettura delle risultanze istruttorie, ed in particolare dei documenti in atti, proposta dal ricorrente non tiene conto del principio per il quale la doglianza non può tradursi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Sez. U, n. 24148 del 25 ottobre 2013).
Con il terzo mezzo di impugnazione, i ricorrenti lamentano l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., costituito dal mancato esame ed accertamento delle caratteristiche dei luoghi oggetto dell’eccezione di usucapione, nonché sull’apparenza della servitù e sulla presenza di opere che ne indicassero univocamente la destinazione all’esercizio del diritto.
Il motivo è fondato.
3.1. La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”
e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U., n. 8053 del 7 aprile 2014; Sez. 1, n. 7090 del 3 marzo 2022).
3.2. Nella specie, per escludere l’invocata usucapione del diritto di servitù di passo, la Corte d’appello (pag. 15) afferma ‘La sussistenza o meno del requisito dell’apparenza della servitù non è stata in alcun modo valutata dal Tribunale, mentre al contrario era dirimente per valutare la fondatezza dell’eccezione di usucapione di parte convenuta’, per poi aggiungere, ‘Invero, nel caso di specie parte attrice contesta che prima del ’98, ossia prima dei lavori che hanno comportato l’alterazione dello stato dei luoghi vi sia stata una strada a servizio dei fondi convenuti. A pag. 21 dell’atto di appello si specifica che ante ’98 i terreni dei convenuti (p.lla 220) ed i terreni degli attori (p.lle 52, 53) erano separati da un terrapieno/dislivello e da una fossa di scolo ed in tali condizioni non era possibile l’esercizio di alcun passaggio in primis con mezzi meccanici per la coltivazione del fondo servente. Gli appellati, d’altro canto a pag. 11 della comparsa di risposta affermano che il passaggio avveniva sulla striscia di terreno e quindi nei campi’.
La motivazione adottata risulta sostanzialmente apparente, perché non dà conto degli elementi contenuti nella sentenza di primo grado e di quelli addotti dagli odierni ricorrenti ed, in ogni caso, è intrinsecamente contraddittoria laddove, pur dando atto dell’esistenza di un terrapieno a dislivello e di una fossa di scolo, elementi idonei in generale a delimitare l’ambito del percorso, assume poi che lo stesso avveniva in mezzo ai campi. In altri termini, sarebbe stato necessario accertare in modo oggettivo e maggiormente motivato sia il tracciato, sia la sua eventuale delimitazione.
La quarta lagnanza deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. giacché la Corte d’appello avrebbe dato per pacifica la non apparenza della servitù e l’assenza di opere utilizzate al fine del suo esercizio, senza minimamente valutare le argomentazioni degli allora appellati.
Mediante il quinto rilievo, il COGNOME e la COGNOME denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 132 comma 2° n. 4 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto la Corte distrettuale avrebbe omesso ogni motivazione in ordine alla ritenuta irrilevanza della prova documentale offerta ai fini della prova dell’usucapione.
L’ultimo mezzo di impugnazione è rivolto a contestare la violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., nella parte in cui il rigetto dell’eccezione di intervenuta usucapione della servitù era stato arbitrariamente esteso dalla Corte d’appello anche alla particella n. 58, benché la suddetta particella non fosse ricompresa nelle conclusioni avversarie.
I predetti motivi restano assorbiti dall’accoglimento del terzo mezzo.
In definitiva, la sentenza di cui al ricorso va cassata in relazione alla censura accolta ed il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, provvederà ad una nuova e completa valutazione in ordine alla eventuale apparenza della servitù, di cui i ricorrenti invocano l’acquisto per usucapione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il terzo motivo del ricorso, rigettati il primo ed il secondo e dichiarati assorbiti il quarto, il quinto ed il sesto, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia alla Corte
d’appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Seconda