Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5479 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5479 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11701/2023 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in SOVERIA SIMERI (CZ) INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 385/2023 depositata il 27/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Catanzaro accolse la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della vicina NOME COGNOME condannando quest’ultima a chiudere le aperture ed a demolire la sopraelevazione da ella realizzate in violazione delle distanze e senza autorizzazione dell’attore.
La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza n. 385 del 27 marzo 2023, in accoglimento del gravame della convenuta COGNOME ha dichiarato l’acquisto per usucapione della servitù di veduta sul lastrico solare di proprietà del Catalano, attraverso le finestre, ed ha rigettato la domanda di demolizione del muro edificato in sopraelevazione dall’appellante convenuta.
Per giungere a tale conclusione, la Corte di merito ha osservato -per quanto ancora interessa in questa sede – che le aperture oggetto di lite esistevano almeno dal 1986, epoca della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, e costituivano un’opera finalizzata all’esercizio della servitù di veduta, ancorché -essendo l’immobile allo stato rustico le aperture medesime fossero provvisoriamente chiuse con pignatte a secco e dunque amovibili ogni qualvolta ciò si rendesse necessario.
Ha poi rilevato che nel preliminare di acquisto del COGNOME era richiamata una servitù di veduta e di affaccio con riguardo al fabbricato di Bianco Maria e che nell’atto di vendita era contenuto il riferimento a servitù passive gravanti sull’immobile comp ravenduto.
Contro la predetta sentenza ricorre per cassazione l’originario attore NOME COGNOME sulla scorta di tre motivi.
Resiste con controricorso la Bianco.
In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DI DIRITTO
Attraverso la prima censura, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1061 c.c. in relazione al motivo di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. La Corte di Appello di Catanzaro -sostiene il ricorrente – avrebbe riconosciuto l’avvenuta usucapione di una servitù di veduta non apparente, in violazione di legge perché in contrasto con quanto stabilito dall’art. 1061 c.c. Infatti, non si sarebbe potuto parlare di servitù apparente in quanto il peso imposto sull’immobile del Catalano non era inequivoco , giacché la funzione tipica a cui erano destinate le finestre non era obiettivamente manifesta, posto che le stesse apparivano tamponate e pertanto private della loro funzione naturale, ossia quella di poter vedere e affacciarsi.
Conseguentemente, l’opera stessa era incerta ed equivoca, tutt’altro che apparente e inequivoca. Sarebbe in definitiva mancato i l requisito dell’apparenza della servitù in grado di rendere manifesta la specifica destinazione dell’opera all’esercizio della servitù di veduta.
Il motivo è fondato.
L’apparenza della servitù si identifica nell’oggettiva e permanente presenza di opere suscettibili di essere viste, ancorché in concreto ignorate, che, per struttura e consistenza, inequivocamente denuncino il peso imposto su un fondo a favore dell’altro; tale requisito mira a garantire l’acquirente del fondo servente dalla presenza di vincoli ignoti e non verificabili e va valutato caso per caso (cfr. 25493/2024; cass. n. 32816/2023; cfr. altresì sul concetto di apparenza Cass. N. 24401/2014 secondo cui la visibilità delle opere, ai sensi dell’art. 1061 cod. civ., deve essere tale da escludere la clandestinità del possesso e da far presumere che il proprietario del fondo servente abbia contezza dell’obiettivo asservimento della proprietà a vantaggio del fondo dominante. E ancora, v. cass. 6403/1980; cass. 1028/1984 secondo cui il requisito dell’apparenza richiesto ai fini dell’acquisto del diritto di servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia deve risultare in modo chiaro e certo, senza necessita di particolari
ricerche o indagini da parte di colui che subisce la servitù stessa, e si configura come presenza di segni visibili, indicativi del collegamento tra l’esercizio della servitù e le opere permanenti che ne sono mezzo necessario e ne rivelano univocamente la sussistenza.
Nel caso in esame, l a Corte d’ A ppello ha affermato: ‘ Ebbene, nella concreta fattispecie, non vi è dubbio che le aperture in questione esistenti quanto meno dal 1986 costituissero opera finalizzata all’esercizio di servitù di veduta, non esclusa dalla circostanza che essendo l’immobile della Bianco ancora a llo stato rustico – le aperture fossero provvisoriamente chiuse (per non far entrare all’interno acqua piovana ed altro) con pignatte (laterizi simili ai mattoni forati) a secco e dunque amovibili, che venivano tolte ogni qualvolta era necessario, per far entrare aria od espletare lavori. Trattasi di opere costituenti, ad avviso del Collegio, indice univoco del peso imposto al fondo del Catalano e dunque tali da far ragionevolmente presumere che egli ne fosse a conoscenza ‘ .
Così argomentando, la Corte d’Appello si è discostata dai suindicati e consolidati principi di diritto perché, valorizzando la mera presenza di finestre, ha però minimizzato il fatto -tutt’altro che secondario – che esse fossero tamponate da pignatte (cioè da laterizi simili a mattoni forati), dando così per scontato che il proprietario del fondo servente (l’odierno ricorrente, originario attore) fosse a conoscenza della loro amovibilità o che fosse tenuto a compiere indagini in tal senso, presidiando i luoghi e verificando quando le pignatte venivano tolte ed esercitato l’affaccio .
L’errore di diritto è palese e rende inevitabile la cassazione della sentenza.
Con il secondo mezzo, il Catalano si duole dell’o messo esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5. c.p.c. La sentenza impugnata non si sarebbe pronunciata riguardo all’esistenza del contratto definitivo di acquisto da parte sua, che avrebbe superato e dunque escluso la rilevanza del preliminare di vendita e l’argomento sarebbe stato decisivo perché implicante l’esistenza o meno della servitù. Infatti, il superamento del contenuto dell’atto preliminare di vendita da tutto quanto
previsto nel contratto definitivo avrebbe determinato il rigetto della domanda di usucapione.
Anche questo motivo è fondato sotto il profilo della mancata considerazione dell’assorbimento del contratto preliminare per effetto de l contratto definitivo, espressamente dedotto a pagg. 12 e 13 del ricorso.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, ove le parti, dopo avere stipulato un contratto preliminare abbiano stipulato il contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva (Sez. 2, n. 12090 del 6 maggio 2024; Sez. 2, n. 30735 del 21 dicembre 2017; Sez. 2, n. 9063 del 5 giugno 2012).
La Corte, come si evince dal passaggio a pag. 8 della sentenza, ultimo capoverso, non si è attenuta a questo principio.
Altro errore commesso dalla Corte d’Appello consiste nell’avere a pagg. 8 e 9 valorizzato la menzione, nell’atto di vendita del 2012 per notaio COGNOME di ‘ servitù passive gravanti sull’immobile compravenduto… ‘, senza confrontarsi con il principio di diritto secondo cui il titolo costitutivo od indicativo di una servitù prediale deve contenere tutti gli elementi atti ad individuare il contenuto oggettivo del peso imposto sopra un fondo per l’utilità di altro fondo appartenente a diverso proprietario, con la specificazione dell’estensione e delle modalità di esercizio in relazione all’ubicazione dei fondi, restando inefficaci, per detti fini, le clausole cosiddette di stile, che facciano, cioè, generico riferimento a stati di fatto sussistenti, a servitù attive e passive e cosi via’ (v. Cass. 18349/2012; cfr. anche 28604/2024).
Si rende pertanto necessario un nuovo esame anche sotto tale profilo.
Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c .p.c. per avere la sentenza
impugnata ritenuto inattendibili le risultanze testimoniali di parte attrice senza spiegarne i motivi.
La doglianza, che si riferisce sempre alle finestre, resta logicamente assorbita dall’accoglimento dei precedenti motivi.
Il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, si atterrà ai principi indicati e regolerà anche le spese di questo giudizio.
P. Q. M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 23 gennaio 2025