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Servitù apparente: cosa fare se l’opera non si vede?

La Corte di Cassazione affronta un caso di servitù di scarico fognario, chiarendo i requisiti della cosiddetta servitù apparente. La Corte ha stabilito che opere interrate e non visibili, come tubature e un pozzo nero, non soddisfano il requisito dell’apparenza necessario per la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia o per usucapione. Pur confermando l’inesistenza della servitù, la sentenza d’appello è stata cassata per non essersi pronunciata sulla conseguente domanda di rimozione delle opere e di rimborso spese.

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Servitù Apparente di Scarico: Quando Opere Non Visibili Annullano il Diritto?

Il concetto di servitù apparente è fondamentale nel diritto immobiliare, poiché da esso dipende la possibilità di acquistare un diritto reale su un fondo altrui tramite usucapione o per destinazione del padre di famiglia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire questo tema, analizzando un caso relativo a una servitù di scarico fognario le cui opere erano completamente interrate. La decisione mette in luce non solo i requisiti sostanziali della visibilità, ma anche importanti aspetti processuali.

I Fatti di Causa

La controversia nasce tra due proprietari di fondi confinanti. La proprietaria di uno dei fondi avvia un’azione legale (negatoria servitutis) per far dichiarare l’inesistenza di una servitù di scarico fognario a favore del fondo del vicino. In sostanza, contestava il diritto del vicino di far passare le proprie tubature di scarico attraverso la sua proprietà per raggiungere un pozzo nero.

La Decisione della Corte d’Appello

In secondo grado, la Corte d’Appello accoglie la domanda, riformando la decisione precedente. I giudici hanno ritenuto che non vi fosse prova di un titolo contrattuale che istituisse la servitù. Inoltre, hanno escluso che tale diritto potesse essere sorto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia. Il motivo? Mancava il requisito fondamentale dell’apparenza. Il consulente tecnico aveva infatti accertato che le condutture e il pozzo nero erano interrati a circa un metro e mezzo di profondità e, di conseguenza, non erano in alcun modo visibili dall’esterno. Secondo la Corte, questa invisibilità escludeva la configurabilità di una servitù apparente.

L’Analisi della Cassazione sulla Servitù Apparente

La proprietaria del fondo servente, non soddisfatta, si rivolge alla Corte di Cassazione con un ricorso incidentale, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare l’apparenza. A suo dire, le opere, pur essendo interrate, erano occasionalmente visibili e, soprattutto, la valutazione andava fatta con riferimento al momento in cui i fondi, originariamente appartenenti a un unico proprietario, erano stati separati.

La Cassazione rigetta questa tesi. Gli Ermellini confermano il principio consolidato secondo cui il requisito della servitù apparente richiede la presenza di opere permanenti, artificiali o naturali, obiettivamente destinate al suo esercizio, la cui struttura e funzionalità rivelino in modo inequivocabile il peso imposto sul fondo servente. Le opere devono essere visibili, escludendo così la clandestinità. Nel caso di specie, l’accertamento di fatto del giudice di merito, che aveva concluso per la totale invisibilità delle condutture, non era sindacabile in sede di legittimità. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile la censura relativa allo stato dei luoghi al momento della separazione dei fondi, poiché la parte non aveva adeguatamente provato tale circostanza nei precedenti gradi di giudizio.

La Violazione del Principio di Corrispondenza tra Chiesto e Pronunciato

Se da un lato la Cassazione ha confermato la decisione sull’inesistenza della servitù, dall’altro ha accolto il ricorso principale della proprietaria del fondo che aveva avviato la causa. Quest’ultima lamentava che la Corte d’Appello, pur avendole dato ragione sul punto principale, aveva omesso di pronunciarsi sulle sue ulteriori domande: la condanna della controparte a rimuovere a proprie spese gli scarichi abusivi e a rimborsarle le spese legali dei precedenti giudizi.

La Cassazione ha riconosciuto il vizio di omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 c.p.c.). Quando un giudice accoglie una domanda principale, ha il dovere di esaminare e decidere anche su tutte le domande accessorie e consequenziali che sono state proposte. L’aver dichiarato l’inesistenza della servitù non implicava un rigetto automatico della domanda di rimozione, che doveva essere esaminata nel merito. Per questo motivo, la sentenza è stata cassata con rinvio.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri giuridici. Il primo riguarda la definizione di servitù apparente: non è sufficiente una visibilità occasionale o parziale, ma è necessaria la presenza di segni tangibili e permanenti che manifestino l’esistenza della servitù a chiunque. Il secondo pilastro è di natura processuale: il giudice ha l’obbligo di pronunciarsi su tutta la domanda e non solo su una parte di essa. L’omessa pronuncia su una richiesta specifica costituisce un errore che invalida la sentenza.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. Innanzitutto, ribadisce che per la costituzione di una servitù apparente non basta che le opere esistano, ma devono essere chiaramente visibili. Chi acquista un immobile deve prestare la massima attenzione a ispezionare i luoghi per individuare eventuali segni di servitù esistenti. In secondo luogo, la decisione sottolinea che l’obbligo di rimozione delle opere abusive grava sul proprietario del fondo che ne trae vantaggio, a prescindere da chi le abbia materialmente realizzate. Infine, dal punto di vista processuale, insegna l’importanza di formulare in modo chiaro e completo tutte le proprie richieste al giudice, poiché una vittoria sulla domanda principale non garantisce automaticamente l’accoglimento delle pretese accessorie se il giudice omette di valutarle.

Quando una servitù di scarico è considerata “apparente”?
Una servitù di scarico è considerata apparente solo se esistono opere permanenti e visibili dall’esterno (come tubature a vista, chiusini, pozzetti di ispezione) che rivelino in modo inequivocabile la sua esistenza. Secondo la sentenza, condutture e un pozzo nero completamente interrati a un metro e mezzo di profondità non soddisfano tale requisito.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello pur confermando l’inesistenza della servitù?
La sentenza è stata annullata per un vizio di “omessa pronuncia”. La Corte d’Appello, pur avendo correttamente dichiarato l’inesistenza della servitù, non ha poi deciso sulle ulteriori domande della parte vincitrice, ovvero la condanna alla rimozione delle opere abusive e al rimborso delle spese di altri procedimenti. Il giudice ha l’obbligo di pronunciarsi su tutte le domande proposte.

Chi è responsabile della rimozione delle opere abusive che concretizzano una servitù inesistente?
Nell’ambito della tutela dei diritti reali, l’obbligo di rimuovere le opere abusive e di ripristinare lo stato dei luoghi grava sul proprietario dell’immobile su cui insiste l’opera e che ne trae vantaggio, indipendentemente da chi abbia materialmente realizzato tali opere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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