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Sequestro conservativo: no senza diritto al mantenimento

In una complessa vicenda di separazione, un marito richiede in appello un sequestro conservativo sui beni della moglie per garantire un futuro assegno di mantenimento. La Corte d’Appello di Roma rigetta l’istanza, chiarendo che, se il Tribunale di primo grado ha già negato il diritto al mantenimento, viene a mancare il requisito del ‘fumus boni iuris’, indispensabile per concedere il sequestro conservativo.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sequestro Conservativo e Mantenimento: Se il Diritto non C’è, la Misura non si Applica

In una recente ordinanza, la Corte d’Appello di Roma ha affrontato un tema cruciale che interseca diritto di famiglia e procedura civile: la possibilità di ottenere un sequestro conservativo per garantire un assegno di mantenimento richiesto in appello, ma già negato in primo grado. La decisione offre un chiaro principio guida sull’importanza del requisito del fumus boni iuris (la parvenza del buon diritto) nelle misure cautelari.

I Fatti del Caso: Una Lunga Battaglia Legale

La vicenda trae origine da una storia coniugale estremamente conflittuale e complessa, caratterizzata da decenni di contenziosi. I coniugi, dopo una separazione consensuale nel 1999 e una successiva, provata riconciliazione, si ritrovavano nuovamente di fronte al Tribunale per una nuova separazione giudiziale. In primo grado, il Tribunale aveva pronunciato la separazione ma aveva rigettato tutte le domande accessorie di natura economica avanzate dal marito, tra cui la richiesta di un assegno di mantenimento a carico della moglie e l’assegnazione della casa coniugale di proprietà di quest’ultima.

La Richiesta di Sequestro Conservativo in Appello

Sentendosi gravemente pregiudicato dalla decisione, il marito proponeva appello, insistendo per il riconoscimento di un cospicuo assegno di mantenimento. In pendenza del giudizio d’appello, depositava un’istanza urgente per ottenere, ai sensi dell’art. 671 c.p.c., il sequestro conservativo di una parte significativa del patrimonio mobiliare e immobiliare della moglie, quantificandolo in un milione di euro. La sua tesi si fondava sull’asserito squilibrio economico tra le parti e sulla necessità di garantire il soddisfacimento del suo credito futuro per il mantenimento, maturato e maturando.

Le Motivazioni: Perché il Sequestro Conservativo è Stato Negato

La Corte d’Appello ha respinto in modo netto la richiesta di sequestro conservativo. La motivazione della Corte è lineare e si fonda su un pilastro delle misure cautelari: il fumus boni iuris. I giudici hanno osservato che il Tribunale di primo grado, con una sentenza esecutiva, aveva già esaminato e rigettato ogni pretesa patrimoniale del ricorrente, incluso il diritto al mantenimento.

Di conseguenza, allo stato attuale, non esiste alcun diritto di credito riconosciuto a favore del marito. La decisione del Tribunale, sebbene appellata, costituisce una statuizione che nega la sussistenza stessa del diritto che il sequestro vorrebbe tutelare. In assenza di una pronuncia, anche solo provvisoria, che riconosca il diritto al mantenimento, manca la ‘parvenza del buon diritto’ richiesta dalla legge per concedere una misura così incisiva come il sequestro dei beni. La Corte ha sottolineato che, per poter giustificare la misura cautelare, sarebbe necessario che la sentenza di primo grado venisse riformata in appello. Fino a quel momento, la pretesa del ricorrente rimane priva del fondamento giuridico minimo per attivare la tutela cautelare. Di riflesso, viene a mancare anche il periculum in mora, poiché non vi è un diritto accertato da proteggere dal pericolo del ritardo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: non si può chiedere di ‘conservare’ un bene a garanzia di un diritto la cui esistenza è stata già esclusa da un giudice. Il sequestro conservativo non è uno strumento per creare una garanzia in attesa di un’eventuale e futura riforma di una sentenza sfavorevole. È necessario che il richiedente possa dimostrare, almeno a livello di verosimiglianza, l’esistenza del proprio diritto. Una sentenza di primo grado che nega tale diritto, anche se non definitiva, rappresenta un ostacolo insormontabile per la concessione della misura cautelare. La decisione serve da monito: le istanze cautelari devono poggiare su basi solide e non possono essere utilizzate come un tentativo di ribaltare anticipatamente l’esito di un giudizio di merito sfavorevole.

È possibile ottenere un sequestro conservativo per garantire un assegno di mantenimento non ancora riconosciuto dal giudice?
No. L’ordinanza chiarisce che se il giudice di primo grado ha già rigettato la domanda di mantenimento, viene a mancare il presupposto del ‘fumus boni iuris’ (la parvenza del diritto), rendendo inammissibile la richiesta di sequestro fino a un’eventuale riforma della sentenza.

Cosa significa ‘fumus boni iuris’ in questo contesto?
Significa che deve esserci una probabilità ragionevole che il diritto al mantenimento esista. Poiché il Tribunale aveva già negato tale diritto con una sentenza, la Corte d’Appello ha ritenuto che non vi fosse nemmeno la ‘parvenza’ di tale diritto, requisito essenziale per concedere il sequestro.

Qual è stato il destino della richiesta di anticipare l’udienza di appello?
La Corte ha ritenuto che la richiesta di anticipare l’udienza non avesse carattere di urgenza e ha quindi rimesso la decisione sulla data dell’udienza alla Sezione ordinaria, separandola dalla trattazione della misura cautelare urgente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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