Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9870 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso 20645/2021 proposto da:
NOME COGNOME, in qualità di erede di COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliato presso il domicilio digitale pec:
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
Pec:
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9870 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 75/2021 del GIUDICE DI PACE di MONZA, depositata il 01/02/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La sig. NOME COGNOME convenne la società RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) davanti al Giudice di Pace di Monza per ivi sentir nei confronti della medesima dichiarare non dovuta la somma di € 50 ,00 portata da una fattura del 14/10/2017 dalla medesima emessa, con condanna al risarcimento de i danni per la violazione dell’obbligo di esecuzione del contratto secondo buona fede lamentati nella misura di € 400 ,00;
RAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio chiedendo il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la condanna della COGNOME al pagamento della somma di € 487,20 oltre interessi;
il Giudice di Pace adito, emesso l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, con sentenza depositata in data 1/2/2021 rigettò la domanda dell’attrice , e in accoglimento della domanda riconvenzionale dell ‘RAGIONE_SOCIALE condannò la COGNOME al pagamento del la somma di € 487,20 , oltre a interessi legali dalla domanda al saldo;
avverso la suindicata sentenza il sig. NOME COGNOME, qualificandosi erede della COGNOME, deceduta in data 26 dicembre 2020, propone ora ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria;
resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso, illustrato da memoria;
MOTIVI DELLA DECISIONE
va pregiudizialmente esaminata l’eccezione sollevata dalla controricorrente d’ inammissibilità del ricorso proposto avverso sentenza impugnabile con l’appello ;
l’eccezione è fondata ;
giusta orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità dall’assetto scaturito dalla riforma di cui al d.lgs. n. 40 del 2006 e particolarmente dalla nuova disciplina delle sentenze appellabili e delle sentenze ricorribili per cassazione, emerge con certezza assoluta che, riguardo alle sentenze pronunciate dal giudice di pace nell’ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria, l’appello a motivi limitati, previsto dal terzo comma dell’art. 339 cod. proc. civ., è l’unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso (se si esclude la revocazione per motivi ordinari).
Tale conclusione -non desumibile esplicitamente da detta norma, posto che l’avverbio “esclusivamente” che in essa figura potrebbe apparire riferibile non al mezzo esperibile, bensì ai motivi deducibili con il mezzo stesso, onde l’interprete potrebbe avere il dubbio (peraltro per il solo vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ.) che contro la sentenza sia esperibile, prevedendolo altra norma, altra impugnazione ordinaria per i motivi esclusi e segnatamente il ricorso per cassazionesi giustifica, oltre che per un’elementare ragione di coerenza, che esclude un concorso di mezzi di impugnazione non solo per gli stessi motivi, ma anche per motivi che, rispetto a quelli ammessi in riferimento ad un mezzo, rappresenterebbero un loro allargamento, si giustifica in forza della lettura dell’art. 360 c.p.c. nuovo testo, là dove nel primo comma prevede l’esperibilità del ricorso per cassazione soltanto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado. Poiché la sentenza equitativa del giudice di pace non è né una sentenza pronunciata in grado di appello né una sentenza pronunciata in unico grado (atteso che è, sia pure per motivi limitati, appellabile e, dunque, è sentenza di primo grado), appare evidente che essa non è sottoponibile a ricorso per cassazione per i vizi diversi da quelli indicati dal terzo comma dell’art. 339 c.p.c. e particolarmente per quello di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
Né è d’altro canto ipotizzabile la configurabilità del ricorso per cassazione per il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. sulla base dell’ultimo comma del nuovo testo dello stesso art. 360 c.p.c., che ammette il ricorso per cassazione contro le sentenze ed i provvedimenti diversi dalla sentenza per i quali – a norma del settimo comma dell’art. 111 Cost. – è ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge per tutti i motivi di cui al primo comma e, quindi, nelle intenzioni del legislatore, anche per quello di cui al n. 5 citato.
Invero, la sentenza del giudice di pace pronunciata nell’ambito della giurisdizione equitativa, essendo appellabile, sia pure per motivi limitati, sfugge all’ambito di applicazione del suddetto settimo comma, che pertiene alle sentenze ed ai provvedimenti aventi natura di sentenza in senso c.d. sostanziale, per cui non sia previsto alcun mezzo di impugnazione e non riguarda i casi nei quali un mezzo di impugnazione vi sia, ma limitato a taluni motivi e la decisione riguardo ad esso possa poi essere assoggettata a ricorso per cassazione (com’è quella resa dal giudice d’appello sulle sentenze del giudice di pace ai sensi del terzo comma dell’art. 339 c.p.c., la quale, naturalmente, lo sarà con adattamento dei motivi di ricorso all’ambito di quelli devolvibili al giudice d’appello stesso) ‘ ( v. Cass., 3, n. 13019 del 4/6/2007, e, conformemente, Cass., 3, n. 10774 del 24/4/2008, Cass., 3 n. 10775 del 24/4/2008; Cass., 6-3 n. 4036 del 14/3/2012; Cass., 6-2, n. 10063 del 28/5/2020 );
alla fondatezza dell’ eccezione consegue l’inammissibilità del ricorso;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in
complessivi € 900 ,00, di cui € 700,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione