Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27738 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27738 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24085/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
SCALA NOME
-intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 853/2022 depositata il 14/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/09/2024 dal Presidente di sezione NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME propose opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bologna per l’importo di Euro 444.000,00 ed in favore di NOME COGNOME a titolo di risarcimento del danno. Il Tribunale adito, revocato il decreto, condannò l’opponente al p agamento della somma di Euro 207.610,00. Avverso detta sentenza propose appello la COGNOME COGNOME appello incidentale lo COGNOME. Con sentenza di data 14 aprile 2022 la Corte d’appello di Bologna rigettò entrambi gli appelli.
Premise la corte territoriale che NOME COGNOMECOGNOME padre dell’appellante, qualificandosi come promotore finanziario, si era fatto consegnare dall’appellato somme di denaro ai fini di investimento mai eseguito e che dal 2009 l’attività illecita era stata po sta in essere anche dalla figlia che, presentandosi telefonicamente allo COGNOME quale sedicente figlia di un tenente colonnello della Guardia di finanza, aveva chiesto ulteriori importi per svincolare somme asseritamente sequestrate dalla medesima Guardia di finanza, ed in particolare gli importi indicati nei modelli F23 risultanti dagli atti, modelli predisposti ad arte. Osservò quindi che la COGNOME aveva confermato in sede di interrogatorio formale di avere formulato le richieste di denaro e che irrilevante era la circostanza che i modelli F23 fossero stati predisposti dal padre, posto che sussisteva chiaramente un nesso di causalità fra la condotta di NOME COGNOME, la dazione di denaro e la finalità attestata dai falsi modelli F23. Aggiunse che, per le medesime ragioni, doveva rigettarsi l’appello incidentale, avente ad oggetto l’istanza di condanna ad un importo maggiore sulla base di quanto risultante dalla sentenza di patteggiamento, in quanto l’art. 445 c.p.p. negava ogni efficacia in
sede civile alla sentenza di applicazione della pena su richiesta, per cui la pretesa di maggior somma risultava non provata.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di due motivi. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che erroneamente è stata ritenuta la sussistenza del nesso causale perché in sede penale non era mai stato contestato a NOME COGNOME di avere consegnato le false ricevute e di avere effettuato le telefonate di richiesta di denaro.
Il motivo è manifestamente infondato. In presenza di una sentenza di patteggiamento non esiste alcun vincolo per il giudice civile, il quale, alla luce dell’assenza del principio di atipicità della prova nel giudizio civile, può assumere quale elemento di prova la detta sentenza (da ultimo Cass. n. 2897 del 2024). Vige così la regola dell’ autonomo accertamento degli elementi costitutivi dell’illecito civile sui quali il giudice è chiamato ad indagare, con particolare riferimento al nesso causale, al danno risarcibile e all’elemento soggettivo civilistico, che possono essere valutati eventualmente, ma non necessariamente, anche sulla base di quanto risultante dall’applicazione della pena su richiesta (secondo un principio, peraltro, vigente anche nel caso di sentenza penale dibattimentale di condanna costituente giudicato per ciò che concerne le prove assunte nel processo penale, liberamente valutabili dal giudice civile -Cass. n. 12901 del 2024).
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 cod. civ., 15 e 116 cod. proc. civ., 444 e 445 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la decisione impugnata riposa esclusivamente sulla sentenza di patteggiamento, del cui contenuto
fanno parte i modelli TARGA_VEICOLO, sentenza che per legge non fa stato nel giudizio civile e che, contraddittoriamente, la Corte territoriale per un verso, ai fini del rigetto dell’appello incidentale, esclude l’efficacia civile dell’applicazione della pena su richiesta, per l’altro rigetta l’appello principale sulla base della medesima sentenza penale.
Il motivo è inammissibile. La censura resta eccentrica rispetto alla motivazione, la quale non è basata su una presunta efficacia civile dell’applicazione della pena su richiesta. La decisione di appello è basata sui documenti costituiti dai modelli F23 e sull’interrogatorio formale della COGNOME, avendo evidentemente presente, sulla base del principio di atipicità della prova civile, anche quanto risultante dalla sentenza di patteggiamento. Considerando questo articolato quadro probatorio, la corte territoriale ha confermato la sentenza di condanna emessa dal primo giudice.
Nulla per le spese del giudizio di cassazione, in mancanza di partecipazione della parte intimata.
Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 20 settembre 2024