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Segnalazione sofferenza: quando il ricorso è inammissibile

Un correntista ha citato in giudizio un intermediario finanziario per una presunta illegittima segnalazione di sofferenza alla Centrale Rischi. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La Corte ha stabilito che non è possibile chiedere in sede di legittimità una nuova valutazione dei fatti o dell’interpretazione di un contratto, ribadendo che il prolungato inadempimento del debitore giustifica la segnalazione.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Segnalazione sofferenza: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema della segnalazione sofferenza in Centrale Rischi, chiarendo i rigidi confini del giudizio di legittimità. La vicenda riguarda un correntista che, dopo aver visto respinte le sue richieste risarcitorie sia in primo grado che in appello, ha tentato la via del ricorso in Cassazione. La decisione finale della Suprema Corte offre importanti spunti sulla corretta impostazione dei motivi di ricorso e sulla legittimità della segnalazione in caso di inadempimento consolidato.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla domanda di risarcimento danni avanzata da un privato nei confronti di un intermediario finanziario. L’attore lamentava l’illegittimità della segnalazione della propria posizione debitoria come ‘in sofferenza’ presso la Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Secondo il ricorrente, tale segnalazione era ingiusta e lesiva dei suoi diritti. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la sua domanda, ritenendo la segnalazione giustificata alla luce di un credito accertato con decreto ingiuntivo divenuto definitivo e di un inadempimento prolungato nel tempo.

I Motivi del Ricorso e la legittimità della segnalazione sofferenza

Giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, il ricorrente ha basato il suo gravame su cinque motivi principali:
1. Difetto di legittimazione processuale: Si contestava che l’intermediario finanziario, agendo come mandatario, non avesse il potere di resistere in un giudizio per fatto illecito, ma solo di recuperare i crediti.
2. Errore sull’ammontare del debito: Il ricorrente sosteneva che la segnalazione fosse illegittima perché basata su un importo del credito superiore a quello effettivamente dovuto.
3. Violazione dei diritti della personalità: Si deduceva che anche una mera discrepanza tra l’importo segnalato e il debito reale costituisse un’ingiustizia e una violazione dei diritti.
4. Violazione della normativa sulla privacy: Si lamentava la violazione delle norme sull’esattezza, attualità e completezza dei dati personali trattati.
5. Violazione della normativa bancaria: Veniva contestata la violazione delle regole sull’estrema esattezza dei dati trasmessi dagli intermediari.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato tutti i motivi di ricorso inammissibili, fornendo chiarimenti procedurali di grande rilevanza.

In primo luogo, riguardo alla legittimazione processuale dell’intermediario, la Corte ha ribadito che l’interpretazione di un contratto (in questo caso, il mandato) è un’operazione di accertamento dei fatti riservata al giudice di merito. Il ricorso in Cassazione non può limitarsi a contrapporre la propria interpretazione a quella accolta nella sentenza impugnata, ma deve specificare esattamente quale canone ermeneutico sia stato violato e in che modo, trascrivendo le clausole contrattuali pertinenti. In assenza di ciò, il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Per quanto riguarda i motivi relativi all’erroneità dell’importo e alla discrepanza del debito, la Corte ha sottolineato che tali censure miravano a una rivalutazione del merito della controversia. Il ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Cassazione di sostituire il proprio apprezzamento dei fatti a quello del giudice d’appello. Questo, però, è precluso, poiché il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non un terzo grado di merito. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare le prove o i fatti.

Infine, anche i motivi sulla violazione della normativa sulla privacy e bancaria sono stati giudicati inammissibili. La Corte ha osservato che tali doglianze sollevavano profili astratti e non pertinenti rispetto a quanto effettivamente deciso dalla Corte d’Appello. Un ricorso per cassazione deve attenere alle questioni comprese nel thema decidendum del giudizio precedente, non può introdurre prospettazioni del tutto slegate.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha confermato un principio consolidato: il prolungato inadempimento di un’esposizione debitoria legittima la banca o l’intermediario a procedere con la segnalazione sofferenza alla Centrale Rischi. La decisione sottolinea l’importanza di impostare correttamente il ricorso per cassazione, che non può essere utilizzato come un’ulteriore istanza per ridiscutere i fatti. Le censure devono essere mirate, specifiche e conformi ai rigidi requisiti procedurali, pena una declaratoria di inammissibilità che cristallizza la decisione dei giudici di merito.

È possibile contestare in Cassazione l’interpretazione di un contratto (come un mandato) fatta dal giudice d’appello?
No, non è possibile limitarsi a contrapporre la propria interpretazione a quella del giudice. L’interpretazione di un contratto è un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito. In Cassazione si può censurare tale interpretazione solo se si dimostra la violazione di specifici canoni legali di ermeneutica (es. art. 1364 c.c.) e il ricorso deve essere autosufficiente, riportando le clausole contrattuali pertinenti.

Una segnalazione di sofferenza è giustificata anche in presenza di un inadempimento consolidato?
Sì. La Corte di Cassazione ha ribadito il proprio orientamento secondo cui il prolungato inadempimento del correntista all’obbligo di rientrare dall’esposizione debitoria legittima la banca alla segnalazione alla Centrale Rischi. La valutazione si basa sulla situazione patrimoniale complessiva del debitore, non solo su un singolo debito.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per una presunta illegittima segnalazione di sofferenza?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati miravano a una rivalutazione dei fatti già decisi nei gradi di merito, cosa che esula dai poteri della Corte di Cassazione. Inoltre, le censure erano formulate in modo generico e non rispettavano il principio di autosufficienza, non consentendo alla Corte di valutare la fondatezza delle violazioni di legge lamentate senza riesaminare l’intero fascicolo processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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