Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8480 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8480 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4399/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 949/2020 depositata il 30/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’appello dell’Aquila ha parzialmente riformato la sentenza resa dal Tribunale di Pescara che ha aveva accolto l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE. nonché da NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di fideiussori, contro il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti su richiesta di Banca Caripe s.p.a. per il pagamento della somma di euro 131.570,85, credito derivante da un finanziamento chirografario di originari 150.000 per anticipo fatture, chiedendo la revoca del decreto opposto e, in via riconvenzionale – considerato che il finanziamento era servito a ripianare l’esposizione debitoria di euro 686.112 relativa a ulteriori rapporti tra le parti estinti e volturata a sofferenza – la rettifica del saldo contabile, la condanna dell’opposta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e il risarcimento del danno subito per la segnalazione di sofferenza alla Centrale Rischi.
2.-Il Tribunale di Pescara condannava Banca Caripe al pagamento in favore della società della somma di euro 428.464,98 oltre rivalutazione e di interessi. Inoltre, considerata l’illegittimità della segnalazione del nominativo degli opponenti alla centrale dei rischi, ne ordinava la cancellazione e condannava la banca al risarcimento dei danni (anche ex art. 96 c.p.c.) liquidandoli nell’importo complessivo di euro 40.000,00, comprensiva anche del danno all’immagine derivante dalla illegittima segnalazione alla Centrale Rischi quantificata in 25.000 euro.
3.La Corte d’appello – per quanto qui ancora interessa accoglieva il motivo d’appello proposto da Banca Caripe relativamente alla condanna al risarcimento del danno non patrimoniale per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi osservando che, quale tipico danno-conseguenza, non coincide con
la lesione dell’interesse, ovvero non è in re ipsa, onde andava allegato e provato dagli opponenti, mentre nella fattispecie l’opponente si era limitato alla richiesta di liquidazione equitativa del danno a causa dell’onta subita, senza dedurre alcunché di ulteriore. Quanto alla richiesta di risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., ha rilevato che, volendo intendere la richiesta come riferita ai primi due commi della norma, occorreva che il richiedente desse la prova sia dell’ an che del quantum del danno subito, o quantomeno che fornisse al giudice gli elementi necessari per consentirgli una liquidazione d’ufficio, elementi non forniti dall’opponente; laddove, invece, fosse da intendersi riferito, alla responsabilità aggravata di cui al terzo comma dello stesso articolo, ha rilevato che, essendo necessario l’accertamento in capo alla parte soccombente della malafede – ovvero della consapevolezza dell’infondatezza della domanda o della colpa grave per carenza dell’ordinaria diligenza volta all’acquisizione di detta consapevolezza- nella specie la condotta processuale dell’istituto di credito, globalmente considerata, non avrebbe potuto essere sanzionata sotto detto profilo, poiché la domanda dell’opponente sia pure accolta nell’ an, era stata ridimensionata nel quantum, perciò la resistenza in giudizio da parte della banca opposta era del tutto giustificata. Infine ha compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio nella misura di un terzo considerando che la soccombenza reciproca che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende una pluralità di domande contrapposte, ovvero l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero ancora l’ipotesi di parzialità dell’accoglimento meramente quantitativo riguardante una domanda articolata in un unico capo.
4.Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE. nonché NOME
COGNOME e NOME COGNOME affidato a cinque motivi. Ha resistito la Banca Popolare di Bari quale successore a titolo universale di Banca Tercas spa e Banca Caripe spa a seguito di atto di fusione per incorporazione Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 2059, 2727, 2729 c.c. e 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto non adeguatamente allegate e provate dagli attori opponenti le circostanze di fatto concernenti il danno non patrimoniale alla reputazione commerciale della società nonché il danno alla persona degli altri due opponenti, fideiussori, causato dalle illegittima segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d’Italia, nonché quelle concernenti il danno da responsabilità aggravata che, invece, sarebbero stati documentati dalle evidenze probatorie complessivamente acquisite in giudizio; giacchè gli opponenti avrebbero offerto concreti elementi di fatto dai quali desumere in via presuntiva il lamentato danno per il fatto della durata della segnalazione e della percepibilità della notizia da parte dei terzi anche alla luce dell’esito dell’opposizione che aveva visto i presunti debitori risultare creditori verso la banca.
2.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano omesso esame di un fatto decisivo e controverso in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. ovvero del fatto consistito nell’allegazione e dimostrazione da parte degli opponenti del pregiudizio non patrimoniale subito a causa dell’illegittima segnalazione a sofferenza presso la Centrale Rischi ad opera della banca, avendo gli stessi allegato i concreti elementi di fatto dai quali desumere in via presuntiva il lamentato danno.
3.- I due motivi possono essere trattati congiuntamente poiché attengono entrambi alla valutazione delle prove del preteso danno non patrimoniale effettuata nella sentenza gravata. Entrambi sono inammissibili.
Va in premessa ribadito il principio consolidato per cui in sede di legittimità (ex multis, Cass. n. 10029/2021; Cass. n. 4172/2021; Cass. n. 1341/2021; Cass. n. 8444/20320; Cass. n. 6692/2020; n. 6519/2019; Cass. n. 3340/2019; Cass. n. 640/2019), rimane preclusa qualsiasi censura volta a criticare il «convincimento» che il giudice di merito si è formato all’esito all’esame del materiale probatorio laddove si deduca che il giudice ha male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, poiché la censura può essere prospettata solo come vizio motivazionale.
Inoltre va ulteriormente premesso che la denunciata mancata applicazione di un ragionamento presuntivo che si sarebbe potuto e dovuto fare, ove il giudice di merito non abbia motivato alcunché al riguardo, non è deducibile come vizio di violazione di norma di diritto, bensì solo quale vizio motivazionale ai sensi e nei limiti dell’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., cioè come omesso esame di un fatto secondario (dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto principale), purché decisivo (Cass. 17720/18).
Ciò precisato va rilevato che con il secondo motivo la censura viene effettivamente proposta come vizio motivazionale ma il motivo è inammissibile. Invero la fattispecie di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., per come rimodellata dal d.l. n. 83/2012, convertito in I. n. 134/2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, 1° co., n. 6, e 369, 2° co., n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione
processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053 cit.).
Pertanto la censura formulata nella specie è inammissibile anche come vizio motivazionale giacché, quanto alla durata della segnalazione, non risulta assolto l’onere di indicare – ai sensi dell’art. 366 n. 6 c.p.c. – specificatamente la sede di tempestivo ingresso della circostanza nel processo di merito, mentre quanto alla percepibilità della notizia da parte dei terzi difetta il requisito della decisività, trattandosi della riproposizione dell’ «onta» già valutata dalla corte come danno evento e non circostanza rilevante ai fini del danno conseguenza.
4.- Con il terzo e il quarto motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza in relazione all’articolo 360 n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. per avere la Corte distrettuale omesso di dettare un’adeguata motivazione a proposito della affermata mancanza di prova del danno derivante da illegittima segnalazione presso la Centrale Rischi e da responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.: la mancanza di adeguata motivazione risulterebbe dalla erroneità e contraddittorietà della stessa, che, pur avendo dato per certa la responsabilità da inadempimento della banca, aveva negato, poi, la quantificazione equitativa del danno per la perdita dell’immagine professionale e sociale; altrettanto varrebbe per l’affermazione illogica e contraddittoria per cui per il riconoscimento della responsabilità aggravata ex art. 96 terzo comma c.p.c. fosse necessario l’accertamento in capo alla parte soccombente della malafede (che in questo caso a dire del giudice di secondo grado) non sarebbe sussistita) perché la domanda della parte opposta era stata
ridimensionata nel quantum, donde la resistenza in giudizio dalla parte opponente doveva considerarsi giustificata.
4.1- I motivi sono entrambi inammissibili:
con riguardo alla dedotta inadeguatezza della motivazione relativa alla mancanza di prova del danno derivante da illegittima segnalazione presso la Centrale Rischi, che sarebbe illogica e contradditoria, perché -come noto – è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (SU 8053/2014);
con riguardo alla censura relativa alla illogicità e contraddittorietà della motivazione circa il mancato riconoscimento della responsabilità aggravata ex art. 96 terzo comma c.p.c. perché la stessa si riduce, in effetti, ad una critica al giudizio in fatto compiuto dal giudice di merito circa la sussistenza dei presupposti della malafede.
5.- Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 in riferimento all’articolo 96 c.p.c. ai sensi dell’articolo 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c. poiché la Corte territoriale avrebbe compensato tra le parti in misura di un terzo le spese di entrambi i gradi di giudizio senza considerare la natura meramente accessoria della domanda ex art. 96 c.p.c. rispetto all’effettivo tema di lite cui avrebbe dovuto essere rapportata la verifica della soccombenza e senza proporzionare tale compensazione alla misura della reciproca soccombenza.
5.1- Il motivo è inammissibile.
Laddove la parte ricorrente invoca la natura meramente accessoria della domanda di condanna al danno per lite temeraria, propone una critica alla sentenza che non muove da alcun violazione di legge, ma attiene alla valutazione compiuta dal
giudice di merito della condotta processuale dell’istituto di credito globalmente considerata agli effetti della valutazione della sussistenza di una soccombenza reciproca. Quanto, poi, alla proporzione della compensazione, si tratta ancora di una valutazione che spetta al giudice del merito, e che non può essere censurata in sede di legittimità, dovendo ribadirsi come il potere del giudice di compensare le spese di lite presenta natura discrezionale, sicché il sindacato di questa Corte, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; perciò resta censurabile in sede di legittimità la coerenza e la razionalità (non della scelta di compensare le spese, ma) della motivazione con cui il giudice di merito abbia sorretto la compensazione, nei limiti già ricordati in cui la motivazione risulta suscettibile di cassazione (v. in motivazione, Cass. n. 17816/2019; nonché Cass. 30328/2022; Cass. 6424/2024); ma sotto tale profilo la parte ricorrente non ha mosse critiche ammissibili, laddove la allegazione del vizio di cui all’art. 360 n. 4 c.p.c. è del tutto carente di illustrazione.
6.- Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese in favore della controricorrente liquidate nell’importo di euro 4.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228 dichiara la sussistenza dei presupposti
per il versamento da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto.
Cosí deciso in Roma nella camera di consiglio della 1° Sezione Civile del 28.3.2025
Il Presidente NOME COGNOME