Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2431 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2431 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9740/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 1300/2023 depositata il 21/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
─ Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la pronuncia resa dal Tribunale di Frosinone nel giudizio di opposizione promosso dal sig. COGNOME al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti su ricorso della Carispaq – Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila spa per il pagamento della somma di euro 147.760,77, di cui 107.769,06 quale saldo passivo del conto corrente ordinario ed euro 39.991,71 quale saldo passivo del conto corrente per anticipo fatture a questo collegato. Dichiarata la contumacia della banca convenuta in opposizione, il Tribunale, all’esito di CTU, ha revocato il decreto ingiuntivo e condannato il sig. COGNOME NOME a pagare alla banca l’importo di 1.826,75 € quale saldo passivo del conto corrente ordinario e l’importo di 39.991,71 € quale saldo passivo del conto anticipi; inoltre ha respinto, perché infondata, la domanda di risarcimento danni per violazione dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto non ritenendo essere stato provato che i danni patrimoniali e non patrimoniali dedotti (quali la cessazione della sua impresa e il mancato pagamento delle rate del mutuo fondiario) fossero conseguenza della chiusura del conto e della iscrizione «a sofferenza» nella Centrale dei Rischi e nel Bollettino dei protesti.
L’appello proposto dal sig. COGNOME contro il capo della statuizione con cui è stata respinta la domanda risarcitoria -a fronte del quale ha resistito BPER Banca quale s.p.a., società incorporante la RAGIONE_SOCIALE.p.a., e per essa la sua mandataria di BPER RAGIONE_SOCIALE.c.p.a. -è stato respinto, in quanto la Corte di merito ha ritenuto che l’appellante – odierno ricorrente non avesse fornito alcun elemento di prova di quanto dedotto
poichè nessuno dei documenti prodotti nel primo grado e nuovamente depositati nel giudizio d’appello provava la crisi aziendale e il tracollo finanziario, e ciò in via assorbente rispetto alla possibilità di porre detti eventi in relazione con l’iscrizione nel bollettino dei protesti e del nominativo dello stesso a sofferenza nella centrale rischi, elementi costitutivi del danno.
3.- La sentenza è stata impugnata da NOME COGNOME con ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo, al quale ha resistito BPER Banca s,p.a. la quale ha depositato memoria.
4.E’ stata formulata una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c. La difesa di parte ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.L’unico motivo denuncia violazione degli artt. 2043 e 1176 c.c.; omessa e apparente motivazione su un punto determinante della controversia; violazione dell’articolo 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c.; richiamati i principi che regolano la condotta della banca vincolata a un generale obbligo di diligenza nell’adempimento delle proprie obbligazioni ed il fatto che un ‘ erronea e illegittima segnalazione «a sofferenza» nella Centrale dei Rischi comporta una lesione della reputazione economica dell’imprenditore persona fisica, della sua immagine e credibilità, il ricorrente reputa sulla base di quanto emerso nel corso del giudizio» che la Corte d’appello avrebbe omesso illegittimamente di condannare l’istituto intimato al risarcimento dei danni subiti.
2.- La proposta ha il tenore che segue.
« -la Corte d’appello di Roma, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto infondata la domanda risarcitoria da illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi, mancando del tutto la prova, anche indiziaria, dei danni patiti, essendo il relativo motivo anche generico ed aspecifico quanto alla pretesa prova documentale prodotta in primo grado;
-l’unico motivo, che deduce violazione degli artt. 1176 e 2043 c.c. e la motivazione omessa, è inammissibile, per più profili, in quanto esso intende invero riproporre un giudizio sul fatto, prospetta il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. pur in presenza di c.d. doppia conforme ed insiste piuttosto sulla condotta illecita della banca, non coglie ndo la «ratio decidendi» che è incentrata sul profilo probatorio del danno lamentato ».
3.Il Collegio condivide le conclusioni circa l’inammissibilità del motivo di cassazione proposto, poiché: (a) nell’illustrazione del motivo -tutta incentrata sulla negligenza della condotta della banca e sugli effetti che in astratto essa può produrre, alla luce dei vari arresti giurisprudenziali richiamati -non illustra alcunchè a proposito della violazione di legge dedotta con riguardo alle norme indicate in rubrica; (b) non si confronta con la ratio decidendi che a chiare lettere precisa che – a prescindere dalla condotta illecita e persino dal nesso di causalità -non erano stati indicate e provate le circostanze di fatto asseritamente fonte del danno; (c) invoca inammissibilmente il vizio di cui all’art. 360 comma 1 n. 5 a fronte di c.d. «doppia conforme», invero per giurisprudenza di questa Corte nota e consolidata « nell’ipotesi di “doppia conforme” ex art. 348 ter, comma 5, c.p.c., è onere del ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e del rigetto dell’appello, dimostrando che sono tra loro diverse» (v. per tutte Cass n. 26934/23).
4.- Il ricorso va in conclusione dichiarato inammissibile.
5.- Le spese processuali seguono la soccombenza.
5.1- Considerato che la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ultimo comma a seguito di proposta di inammissibilità, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c., come testualmente previsto dall’art. 380 bis ultimo comma (« Se entro il termine indicato al secondo comma la
parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 »). L’art. 96 terzo comma, a sua volta, così dispone: « In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» . Il quarto comma aggiunge: « Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000 ».
5.2- Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, si tratta di una disposizione (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione «altresì»). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale) » (Cass. Sez. Un. n.27433/2023, in motivazione).
5.4- In definitiva, il ricorrente va condannato, nei confronti della controricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi dell’art. 96 terzo comma c.p.c. avuto riguardo alla liquidazione dei compensi dovuti alla parte resistente, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore
della Cassa delle ammende, ex art, 96 quarto comma c.p.c.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente, al pagamento, in favore della controricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 5.000,00 in favore della parte controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende. A i sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª