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Secondo licenziamento: annulla la reintegrazione?

La Corte di Cassazione stabilisce che un secondo licenziamento, se non impugnato, interrompe il rapporto di lavoro e limita il diritto al risarcimento, anche se il primo licenziamento era stato dichiarato illegittimo con ordine di reintegrazione. La sentenza chiarisce che il giudicato sul primo licenziamento non crea un “giudicato implicito” sull’inesistenza di altre cause di estinzione del rapporto, come un secondo licenziamento.

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Secondo Licenziamento: Può Annullare un Ordine di Reintegrazione?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: quali sono gli effetti di un secondo licenziamento intimato a un dipendente mentre è in corso la causa per l’impugnazione del primo? La questione centrale riguarda la portata dell’ordine di reintegrazione e se questo possa essere vanificato da un successivo recesso del datore di lavoro, specialmente se non impugnato. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una lavoratrice, dopo essere stata licenziata una prima volta nel novembre 2011, otteneva in tribunale una sentenza che dichiarava l’illegittimità del recesso e ordinava alla società datrice di lavoro la sua reintegrazione, con il conseguente risarcimento del danno. Sulla base di questa decisione, la lavoratrice richiedeva e otteneva un decreto ingiuntivo per le retribuzioni maturate dal giorno del primo licenziamento fino a una data successiva.

Tuttavia, la vicenda si complica: nelle more del giudizio sul primo licenziamento, nel giugno 2012, la società aveva intimato alla dipendente un secondo licenziamento per una diversa motivazione. A differenza del primo, questo secondo atto di recesso non era mai stato impugnato dalla lavoratrice.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, revocava il decreto ingiuntivo, sostenendo che il diritto al risarcimento della lavoratrice dovesse essere limitato al periodo tra il primo e il secondo licenziamento, poiché quest’ultimo, non essendo stato contestato, aveva definitivamente estinto il rapporto di lavoro.

La Questione Giuridica: Giudicato Implicito e Secondo Licenziamento

La lavoratrice ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che la sentenza che aveva annullato il primo licenziamento e ordinato la reintegrazione contenesse un “giudicato implicito”. Secondo questa tesi, il giudice, ordinando la reintegrazione, avrebbe implicitamente accertato la prosecuzione del rapporto di lavoro fino alla data della sentenza, rendendo irrilevante il secondo licenziamento avvenuto nel frattempo.

In sostanza, la domanda posta alla Corte era: l’ordine di reintegrazione “assorbe” e neutralizza ogni altro evento potenzialmente estintivo del rapporto di lavoro avvenuto prima della sentenza definitiva?

Le Motivazioni della Cassazione sul Secondo Licenziamento

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della lavoratrice, fornendo chiarimenti fondamentali sulla portata dell’ordine di reintegrazione e sui limiti del giudicato implicito.

I giudici hanno spiegato che il giudicato implicito si forma solo su questioni che sono un presupposto logico-giuridico “essenziale e indefettibile” della decisione esplicita. Nel caso di un licenziamento illegittimo, la decisione del giudice accerta l’inidoneità di quel specifico licenziamento a estinguere il rapporto di lavoro al momento in cui è stato intimato. Tuttavia, questo accertamento non si estende agli intervalli di tempo successivi.

L’ordine di reintegrazione, precisa la Corte, è una condanna del datore di lavoro a ripristinare la situazione di fatto (il lavoro) a quella di diritto (l’esistenza del rapporto). Tale ordine è implicitamente condizionato alla “permanenza del rapporto” e alla “possibilità giuridica di riammissione in servizio”. Se, nel frattempo, è intervenuto un altro fatto estintivo valido ed efficace, come un secondo licenziamento non impugnato, la possibilità giuridica di reintegrazione viene meno.

La sentenza sul primo licenziamento non può “travolgere” gli effetti di un secondo licenziamento, autonomo, basato su ragioni diverse e divenuto definitivo perché mai contestato. Il diritto al risarcimento del danno, quindi, si ferma al momento in cui il rapporto si è legittimamente concluso per effetto del secondo recesso.

Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: ogni licenziamento è un atto autonomo che deve essere singolarmente impugnato per contestarne la validità. Una vittoria giudiziaria su un licenziamento non garantisce una “immunità” da successivi atti di recesso. L’ordine di reintegrazione non ha un effetto retroattivo tale da cancellare eventi successivi che hanno validamente estinto il rapporto. Per i lavoratori, ciò significa che è essenziale impugnare tempestivamente ogni atto di recesso ricevuto per non perdere i propri diritti. Per i datori di lavoro, questa sentenza conferma la possibilità di procedere con un nuovo licenziamento, basato su giusta causa o giustificato motivo sopravvenuto, anche se è pendente un giudizio sul precedente.

Un ordine di reintegrazione per un primo licenziamento illegittimo annulla gli effetti di un secondo licenziamento avvenuto nel frattempo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che se il secondo licenziamento, basato su motivi diversi e successivi, non viene impugnato, esso produce l’effetto di estinguere il rapporto di lavoro. L’ordine di reintegrazione relativo al primo licenziamento non può travolgere gli effetti del secondo.

Il giudicato sull’illegittimità di un licenziamento accerta anche che il rapporto di lavoro è proseguito senza interruzioni fino alla data della sentenza?
No. La sentenza che dichiara illegittimo un licenziamento accerta l’inidoneità di quell’atto a risolvere il rapporto, ma non si estende ad accertare l’assenza di altre cause di estinzione verificatesi successivamente, come un secondo licenziamento.

Cosa succede se un lavoratore non impugna un secondo licenziamento?
Se un lavoratore non impugna un secondo licenziamento, questo diventa definitivo e pone fine al rapporto di lavoro a partire dalla sua data. Di conseguenza, il diritto al risarcimento del danno derivante da un precedente licenziamento illegittimo si interrompe alla data del secondo recesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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