Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15661 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15661 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19858/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di cassazione; -ricorrente-
contro
NOME NOME, COGNOME NOME e NOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, domiciliati ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-controricorrenti- per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Genova n. 110/2020, depositata il 27 gennaio 2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con l’atto introduttivo del giudizio, NOME, NOME e NOME citavano in giudizio, davanti al Tribunale di Sanremo, sezione distaccata di Ventimiglia, l’ RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE al fine di sentir accertare e dichiarare l’acquisto della proprietà, per intervenuta usucapione, dei terreni contenenti il fabbricato realizzato dal padre e dante causa delle stesse attrici, NOME, deceduto il 31 marzo 2007, e adibito ad abitazione civile, terreni e fabbricato utilizzati da sempre da quest’ultimo (fabbricato realizzato in epoca anteriore al 1986) fino al 2007, e precisamente la porzione di fondo su cui è stato eretto il fabbricato, derivante dalla variazione del mappale n. 989, nonché il fondo di cui all’mappale 1704 di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE e il fondo indicato col mappale 1707 di proprietà de ll’ RAGIONE_SOCIALE
Si costituivano separatamente le società convenute contestando la domanda di cui chiedevano il rigetto. In particolare, la RAGIONE_SOCIALE affermava che i terreni di cui ai mappali oggetto della domanda costituivano il risultato di frazionamenti di un originario mappale n. 774 (poi divenuto 1472 e dopo ancora 1646) di proprietà di terzi, successivamente acquisito in forza di decreto di occupazione permanente e definitiva emesso dal Prefetto di Imperia il 21 gennaio 1974 per la realizzazione del tronco 01, lotto 04 dell’autostrada Savona-Ventimiglia-confine francese di cui l’RAGIONE_SOCIALE era concessionaria dell’RAGIONE_SOCIALE per la costruzione e l’esercizio. Ciò determinava la demanialità del bene, con l’impossibilità di usucapione.
Assunte prove orali e disposta una consulenza tecnica descrittiva dello stato dei luoghi, il Tribunale di Imperia accoglieva la domanda di usucapione relativamente al fondo indicato con il mappale 1707 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, mentre respingeva le domande attrici proposte nei riguardi dell’RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE In parziale accoglimento della domanda riconvenzionale di quest’ultima, condannava le attrici a restituire la porzione di terreno di cui al mappale numero 1704, nonché quella su cui sorge il fabbricato censito al catasto fabbricati del Comune di Ventimiglia, mappale 989. Il Tribunale non accoglieva peraltro la domanda di demolizione del fabbricato a cura e spese delle attrici ma condannava queste ultime al pagamento delle spese di lite in favore della RAGIONE_SOCIALE
-Avverso la sentenza hanno interposto appello le originarie attrici, censurando la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto non dimostrata la tacita sdemanializzazione dei beni formalmente intestati alla convenuta.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE contestando l’appello di cui chiedeva il rigetto e proponendo appello incidentale diretto a censurare la sentenza nella parte in cui il giudice ha ritenuto raggiunta la prova della buona fede di NOME COGNOME nel costruire il fabbricato insistente sul terreno di cui al mapp. 989 del Foglio 56 e ha respinto la domanda di condanna delle attrici alla demolizione del manufatto.
La Corte di appello di Genova, in riforma dell’impugnata sentenza, ha dichiarato l’acquisto della piena proprietà, per intervenuta prescrizione acquisitiva ventennale, in favore delle attrici, della porzione di fondo su cui è stato eretto il fabbricato (ora censito a C.F. al Foglio n. 56 particella n. 989 categoria A/3, classe 2, vani 5, rendita euro 413,17), derivante dalla variazione del mappale n. 1472 e già n. 774 di cui al Foglio 56 del C.T. del Comune di Ventimiglia e del fondo indicato col mappale 1704 d mq. 456 (risultante dal frazionamento dell’originario mapp. 1646) di cui al Foglio 56 del C.T. del Comune censuario di Ventimiglia; al tempo stesso è stato rigettato l’appello incidentale . Le spese di lite sono state poste a carico della parte soccombente.
–RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
NOME, NOME e NOME hanno resistito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Le controricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 324, 342 e 346 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata non ha ritenuto passata in giudicato la statuizione della sentenza di primo grado circa la natura demaniale dei terreni appartenenti all’RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE. Sul punto, si sostiene che la semplice lettura dell’atto di appello proposto dalle sorelle NOME nei confronti della sentenza di primo grado consente di verificare che la demanialità del bene, per effetto dell’esproprio nel 1974, riconosciuta dal Tribunale, non ha formato oggetto di alcuno dei motivi di appello, essendosi le appellanti limitate a censurare il solo capo della sentenza che aveva ritenuto ‘ non dimostrata la sdemanializzazione dei beni oggetto di causa formalmente intestati alla convenuta RAGIONE_SOCIALE ‘ e a vantare il possesso precedente al 1974 solo al fine di dimostrarne la continuità nel tempo, ben oltre i 20 anni. Conseguentemente, come eccepito da RAGIONE_SOCIALE nel costituirsi in quel grado del giudizio, operando il principio della necessaria specificità dei motivi previsto dall’art. 342 cod. proc. civ., doveva ritenersi passata in giudicato la restante parte della sentenza non specificatamente censurata, ivi compresa, quella secondo cui ai terreni appartenenti all’RAGIONE_SOCIALE, in quanto oggetto del decreto prefettizio di esproprio del 1974, andava riconosciuta natura demaniale. Al riguardo si sostiene che erano le stesse NOME, nella redazione del
loro primo motivo, non solo a non formulare alcuna specifica censura sulla natura demaniale acquisita dai beni in forza del loro esproprio ma addirittura a presupporre, e quindi a riconoscere, che con il decreto prefettizio del 21 gennaio 1974 le porzioni di terreno oggetto della loro domanda avevano acquisito natura demaniale; tanto che si limitavano a criticare la sentenza per non avere ritenuto dimostrata l’intervenuta tacita sdemanializzazione , quando invece una corretta valutazione e interpretazione delle risultanze processuali l’avrebbe imposto.
Sennonché la Corte di appello di Genova, chiamata ad esaminare tale eccezione, l’ha respinta affermando che ‘ Se è vero che le appellanti hanno esaminato in particolare l’argomentazione della sentenza nella parte in cui ha escluso la sussistenza dei presupposti per riconoscere la c.d. tacita sdemanializzazione, occorre dire che le stesse sono state altrettanto chiare nell ‘ affermare (pag. 6 dell ‘ atto di appello) che i fondi oggetto di causa non erano mai stati sottratti al possesso di NOME NOME, ed altresì che non risultavano mai essere stati occupati dalla appellata per la costruzione dell’autostrada e dello svincolo autos tradale di Ventimiglia, né interessati dall ‘ opera pubblica attualmente in fase di realizzazione. La contestazione, pertanto, non consente di affermare che sia sceso il giudicato su quanto affermato dalla società appellata ”.
Tuttavia, così ragionando, la Corte territoriale non si è resa conto che le citate affermazioni delle NOME non erano affatto rivolte a censurare l’acquisizione della demanialità dei beni per effetto dell’esproprio, di cui non si trova traccia nell’att o di appello, ma si limitavano a lamentare che il Tribunale, ai fini dell’invocata sdemanializzazione tacita e conseguente usucapione, non avesse correttamente considerato le risultanze processuali e, in particolare, non avesse tenuto conto del preteso acquisto per usucapione in virtù del proprio possesso, cui univano quello del loro dante causa che
sarebbe avvenuto addirittura prima dell’esproprio; accertamento che peraltro, di per sé, non avrebbe comunque avuto alcuna rilevanza, essendo pacifico che un’ipotetica sussistenza dei presupposti necessari per il pregresso compimento della prescrizione acquisitiva in favore dell’occupante non avrebbe potuto, neppure in astratto, inficiare la validità di un decreto di esproprio emesso nei confronti di chi era, in allora, il legittimo proprietario e intestatario catastale.
1.1. -Il motivo è infondato.
Le attuali controricorrenti, nel proporre l’appello hanno contestato la pronuncia anche sotto il profilo dedotto nel motivo in questione, per cui -come correttamente ritenuto dalla Corte di appello -non si è formato alcun giudicato, costituendo la questione oggetto del gravame.
2. -Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 822, 823, 826, 828 e 829 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto la sdemanializzazione tacita dei terreni appartenenti all’RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE , oggetto della domanda di usucapione delle appellanti. La Corte di appello, dopo avere ricordato le circostanze di fatto accertate in sede di consulenza tecnica d’ufficio e richiamato la giurisprudenza della RAGIONE_SOCIALE in tema di sdemanializzazione tacita, ha poi finito, sulla scorta di una serie di argomentazioni opinabili e in aperto contrasto con la giurisprudenza in precedenza citata, per concludere che sarebbe quindi intervenuta una sorta di sdemanializzazione tacita, con conseguente possibilità di usucapione ad opera dei privati. Secondo la sentenza impugnata, la particolarità della vicenda sarebbe data dal fatto che l’area occupata da NOME COGNOME da tempo precedente all’emissione del decreto prefettizio era stata oggetto del provvedimento di esproprio in vista e con la specifica finalità della destinazione dell’area medesima all’ esercizio dell ‘ autostrada che, tuttavia, non era mai stata destinata a tale utilizzo, in quanto dalle risultanze di
causa sarebbe emerso che i fondi in questione erano sempre rimasti nel possesso del NOME NOME, dall’epoca della costruzione dell’autostrada, non eran o mai stati utilizzati nell’ambito dell’opera pubblica, neppure per attività e/o esecuzioni di natura pertinenziale. Per cui, prosegue la sentenza, non si tratta di un caso di disuso o di inerzia della RAGIONE_SOCIALE nell ‘ utilizzo di un bene destinato all ‘ uso pubblico ma di un bene che, pur occupato a tal fine, di fatto non è mai stato destinato alla finalità pubblica.
Parte ricorrente contesta sul punto la pronuncia, evidenziando che la motivazione sembra adombrare che, per effetto del decreto di esproprio del 1974, l’area occupata da l NOME non avrebbe mai assunto il carattere della demanialità, basandosi, in proposito, su due ragioni di cui non è difficile ravvisare l’irrilevanza. Da un lato, la circostanza che una porzione dell’area espropriata fosse, già da prima, nel possesso di NOME, non poteva di certo inficiare la validità del decreto di esproprio anche relativamente a tale porzione, essendo risaputo che il provvedimento espropriativo doveva essere emesso, come avvenuto anche in quel caso, nei confronti di chi erano, allora, i legittimi proprietari e intestatari catastali, cioè i COGNOME. Dall’altro, la sentenza impugnata sembra non essersi resa conto che, all’atto dell’emissione del provvedimento ablativo, la porzione espropriata era di per sé destinata all’esercizio dell’autostrada e che soltanto in epoca successiva il bene, pur occupato a tal fine, non è stato utilizzato. Pertanto, la circostanza che il bene non sia poi stato destinato alla finalità pubblica è un fatto non coevo all’esproprio ma ad esso successivo , per cui, contrariamente a quanto erroneamente affermato, si tratta di un caso di disuso o di inerzia della RAGIONE_SOCIALE nell’utilizzo di un bene destinato all’uso pubblico.
Siccome non è stato individuato , all’infuori di tale inerzia, alcun altro comportamento positivo da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, essendosi invece limitata a richiamare comportamenti di terzi
(il Comune di Ventimiglia), a tal fine del tutto ininfluenti, appare evidente come la Corte di appello abbia finito per discostarsi in modo plateale proprio da quel principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione in tema di sdemanializzazione tacita.
Con il terzo motivo di ricorso si prospetta l ‘ insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione, in relazione al l’ art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata, dopo aver affermato che i terreni oggetto di causa non sarebbero mai stati destinati alla finalità pubblica (e quindi non avrebbero avuto natura demaniale), ha stabilito che gli stessi avrebbero formato oggetto di sdemanializzazione tacita. Al riguardo, si osserva che la Corte di appello, dopo avere adombrato, sia pure in termini alquanto confusi, che l’area occupata da NOME già al tempo del decreto di esproprio del 1974 non avrebbe sin da allora goduto del requisito della demanialità, ha poi finito per concludere, con un salto logico, che sarebbe avvenuta una sorta di sdemanializzazione tacita, senza rendersi conto che, per definizione, si può parlare di sdemanializzazione, tacita o espressa, soltanto a proposito di un bene demaniale.
2.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la sdemanializzazione tacita non può desumersi dalla sola circostanza che un bene non sia più adibito anche da lungo tempo a uso pubblico, ma è ravvisabile solo in presenza di atti e fatti che evidenzino in maniera inequivocabile la volontà della RAGIONE_SOCIALE di sottrarre il bene medesimo a detta destinazione e di rinunciare definitivamente al suo ripristino, non potendo desumersi una volontà di rinuncia univoca e concludente da una situazione negativa di mera inerzia o tolleranza (Cass., sez. II, 9 aprile 2024, n. 9457; Cass., sez. II, 16 ottobre 2020, n. 22569; Cass., sez. II, 12 novembre 2019, n. 29228; Cass., sez. II, 11 marzo 2016, n. 4827; Cass., sez. un., 29 maggio 2014 n.
12062; Cass., sez. II, 3 giugno 2008, n. 14666; Cass., sez. II, 30 agosto 2004, n. 17387; Cass., sez. un., 26 luglio 2002, n. 11101; Cass., sez. II, 3 maggio 1996, n. 4089).
La sdemanializzazione può dunque verificarsi anche senza l’adempimento delle formalità previste dalla legge, purché risulti da atti univoci, concludenti e positivi della RAGIONE_SOCIALE, incompatibili con la volontà di conservare la destinazione del bene all’uso pubblico ma per la prova dell’intenzione di far cessare tale destinazione, è necessario che essi siano accompagnati da fatti concludenti e da circostanze così significative da rendere impossibile formulare altra ipotesi se non quella che la PRAGIONE_SOCIALE. abbia definitivamente rinunziato al ripristino della pubblica funzione del bene medesimo (Cass., sez. III, 23 maggio 2023, n. 14269; Cass., sez. II, 30 agosto 2004, n. 17387).
Nel caso di specie, l’area materia del contendere è stata oggetto del decreto di occupazione permanente del Prefetto della Provincia di Imperia del 21 gennaio 1974 per la costruzione e l’ esercizio dell’ autostrada. Tale decreto ha fatto seguito all’atto di accordo del 1970, intervenuto fra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, a causa di espropriazione per pubblica utilità per l’occupazione dell’area in vista della realizzazione dell’opera. Evidente, dunque, la destinazione a pubblica funzione del bene.
Se la sola inerzia o la mera tolleranza non sono sufficienti a ricavare la volontà della PRAGIONE_SOCIALEA. di sottrarre il bene alla destinazione di uso pubblico e di rinunciare definitivamente al suo ripristino, non è idonea a integrare il requisito degli atti univoci, concludenti e positivi della P.A. la circostanza che, dall’apertura del traffico ad oggi, la zona a sud dello svincolo autostradale, dove sono collocati il terreno e i fabbricati oggetto della controversia, non è mai stata utilizzata per ulteriori scopi viari e che l’area in questione non costituisca zona di rispetto. Non si tratta di fatti concludenti e di circostanze tali da
rendere impossibile formulare altra ipotesi se non quella della rinuncia definitiva al ripristino della pubblica funzione del bene.
Invero, la sentenza della Corte di appello, oltre a non essere conforme alla giurisprudenza di questa Corte, risulta anche contraddittoria.
Dapprima si esclude che il bene sia mai stato destinato all ‘ uso pubblico, pur richiamando il fatto dell’avvenuta occupazione (‘ Non si tratta quindi di un caso di disuso o di inerzia della RAGIONE_SOCIALE nell’utilizzo di un bene destinato all’uso pubblico. Si tratta di un bene che , pur occupato a tale fine, di fatto non è mai stato destinato alla finalità pubblica ‘) , poi si afferma che è intervenuta ‘una sorta di sdemanializzazione tacita’ (‘ In mancanza dell’utilizzo del bene per la finalità pubblica, ivi comprese le attività pertinenziali dall’epoca della costruzione dell’autostrada fino ad oggi, per cui era prevista ‘occupazione dell’area, è quindi intervenuta una sorta di sdemanializzazione tacita, con conseguente possibilità di usucapione ad opera dei privati ‘) , asserzione inconciliabile con la precedente.
Vi è altresì da osservare che gli atti univoci non possono desumersi dal comportamento di terzi, come nel caso dell’adozione di un Piano urbanistico parte del Comune di Ventimiglia, che destina tale area in località RAGIONE_SOCIALE in perimetro di centro abitato, con l’obiettivo di una riqualificazione urbanistica e paesaggistica. RAGIONE_SOCIALE è infatti soggetto diverso dal Comune, fatto di cui è consapevole la stessa Corte di appello nella parte in cui riconduce la volontà di rinunciare definitivamente al potenziale ripristino della destinazione del bene all’uso pubblico, in maniera alternata o congiunta, alla RAGIONE_SOCIALE ‘ e/o alla P.A. ‘.
3. -L’accoglimento del secondo e del terzo motivo determina l’assorbimento del quarto, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 936 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata, avendo accolto la domanda di usucapione delle appellanti NOME,
ha respinto l’appello incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE volto a ottenere la riforma del capo della sentenza che aveva respinto la domanda di condanna alla demolizione di fabbricato.
-Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso, quindi, va accolto nei termini di cui in motivazione.
La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto, e rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione