Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9457 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9457 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25261-2019 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato nella cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende
– controricorrente –
nonchè contro
COMUNE DI FARRA IN SOLIGO
– intimato –
avverso la sentenza n. 2099/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 21/05/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 20.12.2011 COGNOME NOME evocava in giudizio COGNOME NOME ed il RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Treviso, proponendo opposizione di terzo avverso la sentenza del medesimo ufficio giudiziario, sezione distaccata di Montebelluna, n. 75/2007, con la quale era stato dichiarato l’acquisto per usucapione, in favore del COGNOME, della proprietà di una porzione di terreno demaniale adibito a strada pubblica. L’attore esponeva di aver sempre utilizzato la detta strada per accedere al suo fondo, ma che il COGNOME aveva nel 2010 posto in opera, sulla stessa, dei paletti per potervi installare un filare di viti, così impedendo il passaggio. Invocava quindi l’accertamento della natura demaniale del suolo oggetto della sentenza n. 75/2007 e, in subordine, l’accertamento dell’usucapione, in proprio favore, del diritto di servitù di passaggio su di esso.
Con sentenza n. 2292/2017, resa nella resistenza del COGNOME, il Tribunale rigettava ambedue le domande formulate dall’attore.
Con la sentenza impugnata, n. 2099/2019, la Corte di Appello di Venezia rigettava il gravame interposto dal COGNOME avverso la decisione di prime cure.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione NOME NOME, affidandosi a sei motivi.
Resiste con controricorso COGNOME.
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza e la violazione degli artt. 112, 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. Con il secondo motivo, invece, denunzia l’omesso esame dell’effettiva portata dell’impugnazione e violazione dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c.
Con le due censure, trattate unitariamente, il ricorrente si duole del fatto che il giudice di merito, dopo aver riconosciuto che dalla sentenza n. 75/2007 egli riceve un pregiudizio, ha poi rigettato l’opposizione di terzo, poiché il COGNOME non aveva fatto valere, con essa, un diritto di proprietà incompatibile con quello riconosciuto al COGNOME, ma soltanto un diritto di passaggio, di per sé non incompatibile con la statuizione contenuta nella decisione opposta. Il ricorrente evidenzia che mentre prima egli poteva utilizzare il sedime della strada per esercitare il diritto di passaggio uti cives , tale facoltà sarebbe venuta meno per effetto della decisione oggetto dell’opposizione di terzo.
Le censure sono infondate.
In primo luogo, va evidenziato che non sussiste alcun irriducibile contrasto logico tra l’iniziale affermazione, secondo cui il COGNOME aveva interesse a proporre opposizione di terzo avverso la decisione del 2007, in quanto potenzialmente pregiudicato dalla relativa statuizione, ed il successivo rigetto della domanda. La prima affermazione, infatti, si pone sul piano dell’interesse ad agire, e dunque concerne l’astratta configurabilità di un pregiudizio derivante, a carico
del COGNOME, dalla statuizione di usucapione contenuta nella sentenza opposta. La seconda, invece, è stata assunta dalla Corte di Appello all’esito della disamina, nel merito, della domanda proposta dal COGNOME, sulla scorta della verifica che la stessa concerneva il riconoscimento di un diritto di passaggio, di per sé non incompatibile con quello di proprietà riconosciuto al COGNOME dalla decisione opposta.
In effetti, nel caso concreto la Corte territoriale ha rigettato la domanda principale spiegata dall’odierno ricorrente, di riconoscimento della natura demaniale della strada oggetto di causa, rilevando che essa, già appartenente al demanio comunale, era stata sdemanializzata di fatto, come evidenziato dalla mappa allegata alla variante al P.R.G. del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 17 gennaio 1998, nella quale veniva indicata con una linea tratteggiata, corrispondente alle strade interpoderali, e non invece con una linea continua, corrispondente alle strade comunali. La Corte di Appello ha ritenuto che detto provvedimento evidenziasse l’intenzione del RAGIONE_SOCIALE di non considerare più la strada di cui è causa ‘… come arteria ad uso pubblico rientrante nel demanio stradale comunale quanto piuttosto come mera via di comunicazione che garantisce ai proprietari dei fondi confinanti l’accesso alla pubblica via ovvero alla sottostante INDIRIZZO ha evidenziato che tale manifestazione di volontà è confermata dall’assenza di interventi di manutenzione del tracciato, ad opera del RAGIONE_SOCIALE, e dalla mancata opposizione dell’ente locale all’edificazione, da parte del COGNOME, ‘… di un muro di contenimento in sassi, lungo oltre 70 metri, con chiusura del tratto di INDIRIZZO che ricongiungeva con la INDIRIZZO‘ (cfr . pag. 8 della sentenza impugnata). Trattasi di accertamento in punto di fatto, fondato sulla valutazione delle risultanze istruttorie, che non è, in sé, censurabile in sede di legittimità.
Una volta esclusa la natura demaniale della strada oggetto di causa, la Corte di Appello ha evidenziato che il diritto di passaggio rivendicato dal COGNOME con la domanda subordinata non era in sé incompatibile con la proprietà privata della strada. In ogni caso, il giudice di merito ha ritenuto non conseguita la prova dell’esercizio del passaggio da parte dell’attore e dei suoi danti causa ed ha evidenziato l’assenza di opere apparenti a servizio della presunta servitù.
Il rigetto dell’opposizione, quindi, consegue ad un duplice accertamento in punto di fatto, incidente sull’esclusione, rispettivamente, della natura demaniale del suolo, per effetto della sua intervenuta sdemanializzazione, e dei presupposti per il riconoscimento dell’usucapione del diritto di passaggio rivendicato dal COGNOME.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112, 132, 163, 164 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c. Con il quarto motivo, si duole invece della violazione degli artt. 829, 1362 c.c., 12 delle Preleggi e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Con le due censure, trattate unitariamente, il ricorrente contesta la statuizione con la quale la Corte distrettuale ha ravvisato la sdemanializzazione tacita della strada oggetto di causa, affermando che nella fattispecie difetterebbero gli atti univoci, concludenti e positivi, atti ad evidenziare l’intenzione dell’ente locale di rinunciare alla natura demaniale dell’area.
Le censure sono inammissibili.
Esse, infatti, contrappongono, alla ricostruzione del fatto e delle prove prescelta dal giudice di merito, una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova
pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Nel caso di specie, inoltre, la motivazione della sentenza impugnata non risulta viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639).
Peraltro, la statuizione assunta dalla Corte veneziana è coerente con l’insegnamento di questa Corte, secondo cui ‘La
sdemanializzazione tacita non può desumersi dalla sola circostanza che un bene non sia più adibito anche da lungo tempo ad uso pubblico, ma è ravvisabile solo in presenza di atti e fatti che evidenzino in maniera inequivocabile la volontà della RAGIONE_SOCIALE. di sottrarre il bene medesimo a detta destinazione e di rinunciare definitivamente al suo ripristino’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 11101 del 26/07/2002, Rv. 556306; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19458 del 28/09/2004, Rv. 577397 e Cass. Sez. U, Sentenza n. 12062 del 29/05/2014, Rv. 630827).
Negli stessi termini, si è affermato, proprio con riferimento ad una strada, che ‘La sdemanializzazione di una strada può avvenire anche tacitamente, indipendentemente da un atto formale di sclassificazione o di inclusione o meno nell’elenco comunale delle strade, quale conseguenza della cessazione della destinazione del bene al passaggio pubblico, in virtù di atti o fatti, univoci ed incompatibili con la volontà di conservare quella destinazione’ (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22569 del 16/10/2020, Rv. 659386). E’ evidente che l’accertamento circa la sussistenza, o meno, dei predetti atti o fatti univoci e incompatibili con la volontà di conservare la destinazione pubblica dell’area rientra nel sindacato riservato al giudice di merito, il quale nella specie ha valorizzato sia l’esistenza di un provvedimento di variante al P .R.G. promanante dall’ente locale, sia il comportamento in concreto assunto da quest’ultimo, idoneo ad evidenziare un sostanziale disinteresse al destino dell’area oggetto di causa.
Con il quinto motivo, il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 1158 e ss. c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che la decisione del 2007, oggetto di opposizione di terzo, aveva di fatto riconosciuto al COGNOME un diritto di proprietà sulla strada di cui è causa sulla base di un possesso esercitato al massimo per 9 anni, e
precisamente dal 1998 (data della sdemanializzazione) al 2007 (data della sentenza).
La censura è inammissibile, posto che la questione non risulta proposta con i motivi di gravame proposti innanzi la Corte di Appello. La sentenza impugnata, infatti, esamina soltanto due doglianze, relative alla reiezione, rispettivamente, della domanda principale di riconoscimento della natura demaniale della strada oggetto di causa, e di quella subordinata concernente invece il riconoscimento dell’usucapione del diritto di passaggio su di essa. Con la prima doglianza, in particolare, la sentenza oggetto dell’opposizione era stata attinta in base alla presupposta natura demaniale della strada, e dunque della sua inusucapibilità ope legis , ma non invece in relazione all’insussistenza, nel caso di specie, dei presupposti di fatto richiesti per il riconoscimento in favore del COGNOME dell’usucapione (possesso continuativo, pubblico, pacifico e non interrotto, esercitato uti dominus per oltre un ventennio).
Solo con la censura in esame il COGNOME contesta la sussistenza del ventennio utile ad usucapionem , e dunque la questione oggi proposta va ritenuta nuova e inammissibile. Non soccorre, al riguardo, la natura autodeterminata del diritto di proprietà, in quanto nel caso di specie la causa non concerne direttamente l’accertamento della sussistenza, o meno, in capo al COGNOME, dei presupposti di fatto per il riconoscimento di detto diritto -questione, questa, già scrutinata nell’ambito del giudizio conclusosi con la sentenza oggetto di opposizione- bensì la configurabilità, in capo al COGNOME, di una situazione soggettiva incompatibile con quella già accertata in favore del COGNOME. Situazione soggettiva che, in concreto, il giudice di merito ha escluso, sulla base della ravvisata sdemanializzazione tacita dell’area già costituente il sedime della strada e della ritenuta assenza della prova dei presupposti
per il riconoscimento, in favore dell’odierno ricorrente, dell’usucapione di un diritto di passaggio sulla stessa.
Con il sesto motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1158 e ss. e 1362 e ss. c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la sussistenza di opere apparenti a servizio del diritto di passaggio.
La censura è inammissibile.
La Corte distrettuale ha ritenuto non conseguita la prova del possesso utile ad usucapionem e, comunque, non sussistenti le opere apparenti a servizio del diritto di servitù rivendicato dal COGNOME. Una volta confermata la prima statuizione, diviene irrilevante la disamina del motivo di ricorso concernente la seconda ratio decidendi, poiché, ‘Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012, Rv. 621882; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013, Rv. 625631; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016, Rv. 639158).
In ogni caso, anche questa statuizione della Corte distrettuale è coerente con l’insegnamento di questa Corte, secondo cui ‘Il requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio e rivelanti, in modo non equivoco, l’esistenza del peso
gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile; ne consegue che, per l’acquisto in base a dette modalità di una servitù di passaggio, non basta l’esistenza di una strada o di un percorso all’uopo idonei, essendo viceversa essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un quid pluris che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù’ (Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 7004 del 17/03/2017, Rv. 643386; conf. Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 11834 del 06/05/2021, Rv. 661174).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 3.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda