Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7128 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7128 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17230/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura in calce al ricorso,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
(CODICE_FISCALE) per procura in calce al controricorso, -controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE . (P_IVA) che la rappresenta e difende ex lege, -controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME,
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n.1825/2018 depositata il 28.11.2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13.3.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1) Con atto di citazione in data 14.1.2008, per quanto ancora rileva, COGNOME NOME, detta NOME, in proprio e quale titolare dell’impresa individuale esercente il RAGIONE_SOCIALE, sito in RAGIONE_SOCIALE di Carrara, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Massa, sezione distaccata di Carrara, l’RAGIONE_SOCIALE, esponendo che i suoi ascendenti negli anni ’50 RAGIONE_SOCIALE scorso secolo avevano ottenuto per concessione l’utilizzo di una porzione di terreno facente parte del demanio marittimo e come tale accatastata, edificandovi nel tempo vari manufatti, che nel NCEU erano intestati a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME in proprietà superficiaria; che la porzione era stata sdemanializzata con decreto interministeriale del 23.3.1970 e trasferita al patrimonio disponibile RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; che da allora al rapporto concessorio era seguito un rapporto locatizio privato inerente ai fabbricati insistenti sull’ex area demaniale, avendo l’Ufficio del Registro imposto il pagamento di canoni di affitto anche per i fabbricati, ancorché ancora intestati in proprietà superficiaria ai privati sopra indicati; che con D.L. n. 63 del 15.4.2002 l’intero compendio immobiliare, comprensivo sia della porzione di sedime che dei manufatti, era stato trasferito alla RAGIONE_SOCIALE, società RAGIONE_SOCIALE pubblico incaricata della sua alienazione, che lo aveva messo all’asta; che nel 1994 l’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria aveva indebitamente cancellato dal catasto i diritti di superficie sui fabbricati che risultavano intestati a COGNOME NOME, NOME e NOME; che non essendo applicabile l’art. 49 del codice della navigazione, che prevedeva l’incameramento delle opere non amovibili a titolo gratuito da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, solo alla scadenza, o alla revoca della concessione dell’area demaniale sulla quale erano state realizzate, e non nelle ipotesi, come quella di specie, di sdemanializzazione intervenuta in corso di concessione, e poiché l’Autorità Marittima non aveva disposto la demolizione dei manufatti realizzati dai concessionari, né il loro incameramento, e
neppure il decreto di sdemanializzazione aveva disposto in tal senso, si doveva ritenere persistente il diritto di superficie di COGNOME NOME sui fabbricati realizzati in pendenza di concessione demaniale.
Sulla base di queste premesse, la COGNOME chiedeva di accertare che gli edifici realizzati da lei e dai suoi danti causa in regime di concessione demaniale marittima, già ad essi intestati in catasto in proprietà superficiaria, avevano conservato tale regime giuridico anche dopo la sdemanializzazione, con conseguente inapplicabilità dell’art. 953 cod. civ., di ordinare alle convenute la cessazione di ogni turbativa del possesso di tali costruzioni e di reintegrarla nel possesso della proprietà superficiaria, e di ripristinare la corretta intestazione catastale degli edifici realizzati nel periodo di durata della concessione dell’area demaniale di sedime.
2) Si costituiva nel giudizio di primo grado l’RAGIONE_SOCIALE, che contrastava le pretese della COGNOME, sostenendo che col decreto di sdemanializzazione dell’area di sedime dei fabbricati si era anche estinto il diritto di superficie sui fabbricati costruitivi nel periodo di durata della concessione, con conseguente automatica acquisizione degli stessi allo RAGIONE_SOCIALE, pur in mancanza di un atto formale di incameramento, posto che nei titoli concessori non vi era alcuna clausola che prevedesse la rimozione delle opere realizzate sull’area demaniale, o che l’RAGIONE_SOCIALE dovesse manifestare una volontà in tal senso; che era applicabile, per stabilire la sorte degli edifici costruiti sull’ex area demaniale, l’art. 49 del codice della navigazione, e comunque in assenza di esso, l’art. 934 cod. civ. sul principio di accessione; che il decreto di sdemanializzazione, che aveva disposto il passaggio dell’area in questione dal demanio marittimo al patrimonio disponibile RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non era stato impugnato, per cui legittimamente l’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria aveva proceduto alla modifica dell’intestazione catastale dei fabbricati.
Si costituiva nel giudizio di primo grado la RAGIONE_SOCIALE (alla quale poi subentrava in virtù di fusione per incorporazione la RAGIONE_SOCIALE), che contrastava le pretese dell’attrice, sostenendo che le concessioni dell’area demaniale non prevedeva alcun diritto di superficie in favore dei concessionari, prevedendo al contrario che alla scadenza dei rapporti concessori, in assenza di rinnovo, i predetti dovessero sgombrare a proprie spese le aree concesse, smontando i manufatti impiantati, per riconsegnarle all’RAGIONE_SOCIALE nello stato originario, potendo in difetto provvedervi d’ufficio l’RAGIONE_SOCIALE marittima; che in ogni caso eventuali diritti di superficie sui fabbricati realizzati sull’area demaniale in corso di concessione, a causa della sopravvenuta sdemanializzazione, erano stati acquisiti al patrimonio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in virtù dell’art. 49 del codice della navigazione e del principio di accessione, senza alcun diritto ad indennizzi, o rimborsi del concessionario; che il citato art. 49 non prevedeva la necessità di provvedimenti di demolizione, o di incameramento delle costruzioni realizzate su area demaniale marittima in corso di concessione.
Sempre nel giudizio di primo grado interveniva in causa NOME, quale cessionario dei diritti e delle azioni fatti valere da COGNOME NOME in forza di scrittura del 16.12.2013, facendo proprie le domande e difese della COGNOME.
Con la sentenza n. 1277 del 14.11.2014 il Tribunale di Massa (soppressa nelle more la sezione distaccata di Carrara), per quanto ancora rileva, rigettava le domande avanzate da COGNOME NOME e COGNOME NOME, condannandoli in solido al pagamento delle spese processuali in favore delle convenute.
Appellata la sentenza di primo grado in via principale da COGNOME NOME e COGNOME NOME, che riproponevano le domande avanzate in primo grado, ed in via incidentale dalla RAGIONE_SOCIALE, quale successore a titolo particolare della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE), che censurava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato ancora in corso e non cessati i contratti di affitto, interveniva poi in secondo grado la RAGIONE_SOCIALE, successore a titolo particolare della RAGIONE_SOCIALE, facendo proprie le sue conclusioni, mentre l’RAGIONE_SOCIALE restava contumace.
Con la sentenza n. 1825/18 del 24.4/28.11.2018, la Corte d’Appello di Genova respingeva l’appello principale, in relazione all’appello incidentale rilevava che le domande di accertamento della durata dei rapporti di affitto, così come quella dell’eventuale realizzazione di opere inamovibili sull’area di sedime già oggetto di concessione dopo la sdemanializzazione, erano inammissibili, in quanto proposte dopo la maturazione delle preclusioni dell’art. 183 c.p.c., e condannava in solido gli appellanti al pagamento delle spese processuali di secondo grado in favore della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale sentenza, non notificata, ha proposto ricorso alla Suprema Corte, notificato il 24.5.2019 alla RAGIONE_SOCIALE, il 29.5.2019 all’RAGIONE_SOCIALE ed a COGNOME NOME (attrice in primo grado insieme a COGNOME NOME per la quale é stata dichiarata cessata la materia del contendere per le analoghe domande che la stessa aveva avanzato), ed il 5.6.2019 alla RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, affidandosi a tre motivi, essendo deceduta nelle more COGNOME NOME, e resistono con controricorso la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va respinta l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE, che sostiene che la notifica compiuta nei suoi confronti da NOME il 5.6.2019 sarebbe avvenuta dopo la scadenza del termine lungo di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata del 28.11.2018, stabilito dall’art. 327 nuova formulazione c.p.c..
L’eccezione é infondata in diritto, in quanto non tiene conto che nel caso di specie, essendo iniziato il giudizio in primo grado il 14.1.2008, e quindi in data anteriore al 4.7.2009, il termine lungo d’impugnazione, applicabile ex art. 327 c.p.c. in assenza di notificazione ad istanza di parte dell’impugnata sentenza, era quello di un anno, e non di sei mesi dalla pubblicazione, secondo quanto disposto dalla norma transitoria dell’art. 58 comma 1° della L. 18.6.2009 n.69, per cui il ricorso é stato tempestivamente notificato da NOME COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE il 5.6.2019, in quanto a quella data non era ancora decorso il termine di un anno dal 28.11.2018.
10) Col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 952 cod. civ. (relativo al diritto di superficie), della L. n. 392/1978 e dell’art. 49 del codice della navigazione.
Si duole il ricorrente, che l’impugnata sentenza abbia fatto discendere l’acquisizione a titolo gratuito allo RAGIONE_SOCIALE delle opere inamovibili realizzate sulla ex area del demanio marittimo, dall’applicazione dell’art. 49 del codice della navigazione, in un’ipotesi di sdemanializzazione per effetto dei decreti del 1965 e 1970 intervenuta in corso di concessione, anziché nelle ipotesi previste da quell’articolo, di revoca, o di scadenza della concessione dell’area demaniale sulla quale le opere inamovibili erano state realizzate.
Il COGNOME ritiene inconferente il richiamo fatto dai giudici di merito alla sentenza n. 1324 del 13.2.1997 delle sezioni unite della Corte
di Cassazione, che avrebbe riconosciuto l’inapplicabilità dell’art. 49 del codice della navigazione alle costruzioni realizzate sul bene demaniale, ritenendole assoggettate al diritto comune, e prevedendo l’estinzione del diritto di superficie costituitosi in pendenza di concessione solo con la revoca, o con la scadenza della concessione, e non nei casi di sdemanializzazione in corso di concessione, determinanti la trasformazione automatica della concessione in locazione commerciale dei beni.
Il ricorrente sostiene, quindi, che essendosi instaurato tra le parti, dopo la sdemanializzazione in corso di concessione, un rapporto di locazione superficiaria ex L. 392/1978 in condizione di parità delle parti (in tal senso richiama Cass. sez. un. 28.4.1989 n.2014), per stabilire la sorte dei beni produttivi realizzati sull’ex area demaniale, doveva essere applicata la disciplina di diritto privato della locazione di quei beni, comportante il diritto del conduttore di essere indennizzato per il controvalore delle costruzioni realizzate sull’area ex demaniale ed autorizzate alla scadenza del contratto, non avendo colto l’impugnata sentenza che la sdemanializzazione era intervenuta prima della rinnovazione del rapporto.
Aggiunge, infine, il ricorrente che poiché i decreti di sdemanializzazione adottati ex art. 35 del codice della navigazione, che dispongono il passaggio di un bene dal demanio marittimo al patrimonio disponibile RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, hanno efficacia costitutiva, facendo venir meno ex nunc la concessione, legittimando l’ente proprietario a richiederne il rilascio, ma non incidendo per il passato sull’operatività del titolo negoziale ai fini della disciplina del rapporto estinto, le opere eseguite in pendenza di concessione sul bene demaniale, non sono soggette alla disciplina di cui all’art. 936 cod. civ., che regola l’ipotesi di costruzioni eseguite da un terzo con suo diritto all’indennizzo in caso di ritenzione delle opere da parte del proprietario, e non quella del soggetto che sia legato al proprietario da un rapporto di natura reale od obbligatoria che lo
abiliti e legittimi alla costruzione (Cass 4.5.1981 n. 2701), ed anche da ciò fa discendere la pretesa inapplicabilità al caso di specie dell’art. 49 del codice della navigazione, per la presenza di un titolo diverso dalla concessione, asseritamente rappresentato dal contratto di affitto delle attività produttive.
Il primo motivo é anzitutto inammissibile ex art. 360 bis n. 1) c.p.c. (essendo la sentenza impugnata pubblicata dopo il 4.7.2009), in quanto la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 1825/2018 si é conformata alla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, sia in punto d’individuazione dell’ambito applicativo dell’art. 49 del codice della navigazione, comprendente oltre alle ipotesi di revoca, decadenza, o scadenza del termine di durata della concessione, anche quella della sdemanializzazione del bene in corso di concessione (Cass. 14.2.2017 n. 3842; Cass. 1.4.2015 n. 6619; Cass. n.2701/1981), sia sul fatto che la sdemanializzazione determina l’estinzione della concessione relativa al ex bene demaniale, nonché del diritto di superficie temporaneo che era sorto a favore del concessionario a seguito della realizzazione autorizzata della costruzione sull’area demaniale in pendenza di concessione (Cass. sez. un. n. 1324/1997; Cass. n. 1369/1980) con deroga al disposto dell’art. 936 cod. civ., che riconosce l’indennizzo al costruttore in caso di ritenzione dell’opera da parte del proprietario al quale la proprietà della costruzione perviene per accessione (Cass. n. 5842/2004), sia in punto di esclusione che in caso di sdemanializzazione di un bene appartenente allo RAGIONE_SOCIALE si verifichi l’automatica trasformazione della concessione esistente fino alla sdemanializzazione in un rapporto di affitto del medesimo bene, occorrendo allo scopo della costituzione di tale rapporto una specifica manifestazione scritta di volontà dell’RAGIONE_SOCIALE proprietaria del bene già oggetto di concessione (Cass. sez. un. n.2014/1989; Cass. 5.11.1985 n.5348) ed il ricorrente non ha
offerto elementi che debbano indurre a mutare i suddetti orientamenti.
Anzitutto l’art. 49 del codice della navigazione stabilisce che ‘ salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili costruite sulla zona demaniale restano acquisite allo RAGIONE_SOCIALE, senza alcun compenso o rimborso ‘, per cui non é sostenibile che tale disposizione si riferisca alle sole ipotesi di revoca, o di scadenza naturale della concessione, e non a quella di sdemanializzazione in corso di concessione, in quanto il legislatore, parlando di cessazione della concessione, si é riferito indifferentemente a tutte le varie ipotesi che possono determinare l’estinzione della cessazione, e per esse, e quindi anche per la sdemanializzazione, ha inteso escludere l’applicabilità dell’art. 936 cod. civ. (opere fatte da un terzo con materiali propri) a favore del concessionario, che non può quindi pretendere indennizzi, o rimborsi per costruzioni realizzate sull’area demaniale concessagli in pendenza della concessione poi estintasi.
Non condivisibile é poi la lettura fatta dal ricorrente della sentenza n. 1324 del 13.2.1997 delle sezioni unite della Corte di Cassazione, che ha stabilito il principio per cui se la sdemanializzazione di un bene RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE col suo passaggio al patrimonio disponibile preceda la costituzione del rapporto in forza del quale tale bene sia ceduto in godimento al privato, tale rapporto, ai fini della giurisdizione, resta nell’ambito privatistico (locazione od affitto) e non é riconducibile ad una concessione amministrativa, essendosi occupata di una fattispecie in cui, la costituzione del rapporto col privato, dal quale era derivato il godimento del bene, era sì successiva al provvedimento di sdemanializzazione dell’area sulla quale il manufatto era stato costruito, ma quest’ultimo era stato realizzato nella vigenza del rapporto privato paritario e non sotto la vigenza della concessione.
Nel caso qui in esame, invece, secondo l’unanime ricostruzione di fatto dei giudici di merito, ferma restando l’anteriorità della sdemanializzazione dell’area concessa rispetto (avvenuta col decreto del Ministro della RAGIONE_SOCIALE Mercantile di concerto col Ministro delle Finanze il 25.3.1970) alla costituzione del rapporto di affitto col quale é stato attribuito a COGNOME NOME, dante causa di COGNOME NOME, il godimento dell’area di sedime ex demaniale ed insieme dei fabbricati sovrastanti (scrittura privata del 20.10.1972), e quindi l’assenza di continuità temporale tra concessione ed affitto di beni produttivi, le pretese di accertamento del diritto di superficie sulle opere non amovibili e di ripristino RAGIONE_SOCIALE stesso, sono state avanzate in primo grado per le costruzioni che erano state realizzate in pendenza di concessione. Per esse valeva quindi la deroga all’art. 936 cod. civ. stabilita dall’art. 49 del codice della navigazione, e non era applicabile la disciplina giuridica propria delle opere realizzate in pendenza del contratto di affitto di bene produttivo, alle quali si é tentato inammissibilmente di estendere le originarie domande con richieste di rimborsi ed indennizzi basate sulla disciplina della locazione solo tardivamente.
Proprio per questo motivo la sentenza di secondo grado ha opportunamente richiamato la sentenza n. 5348 del 1985 delle sezioni unite della Corte di Cassazione, e la n. 2014/1989 RAGIONE_SOCIALE stesso consesso, che in ipotesi di costruzione dei manufatti in corso di concessione e di estinzione della stessa per successiva sdemanializzazione, hanno escluso l’automatica conversione della concessione in un rapporto di affitto, richiedente un’autonoma manifestazione scritta di volontà in questo senso dell’RAGIONE_SOCIALE, nel contempo mantenendo per quei manufatti inamovibili la deroga al regime privatistico per i manufatti realizzati prima dell’estinzione della concessione.
Addirittura controproducente é poi il richiamo del ricorrente alla sentenza del 4.5.1981 n. 2701 della Corte di Cassazione, che ha
evidenziato come i decreti di sdemanializzazione, aventi efficacia costitutiva ex nunc quanto al passaggio del bene oggetto di concessione dal demanio al patrimonio disponibile RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, lasciando invariato il regime giuridico valevole per le attività svolte dal concessionario in costanza di concessione, comportino il permanere per i manufatti costruiti dal concessionario sull’ex area demaniale, in pendenza di concessione, della deroga all’art. 936 cod. civ., che legittimerebbe altrimenti l’autore della costruzione a chiedere il rimborso delle spese sostenute, o l’indennizzo per l’aumento di valore se il proprietario dell’area di sedime manifesti la volontà di ritenere i manufatti.
Quanto alla violazione dell’art. 953 cod. civ., dev’essere esclusa, in ragione della ritenuta corretta applicabilità alla fattispecie concreta, ricostruita dai giudici di merito, e non modificabile attraverso un nuovo apprezzamento delle risultanze probatorie dalla Suprema Corte, giudice di legittimità, della norma speciale dell’art. 49 del codice della navigazione, che alla cessazione per qualunque causa della concessione ricollega l’automatica e gratuita acquisizione dei manufatti non amovibili realizzati sull’area oggetto di concessione, facendo salva solo la possibilità per le parti di diversamente disporre nella concessione, con conseguente estinzione del diritto temporaneo di superficie eventualmente costituitosi in pendenza di concessione (vedi sull’incameramento automatico allo RAGIONE_SOCIALE delle costruzioni realizzate in pendenza di concessione recentemente Cass. ord. 24.10.2023 n. 29492).
Quanto alla violazione della L. n. 392/1978, il motivo é inammissibile per difetto di specificità, non essendo individuata la specifica disposizione di questa legge che sarebbe stata violata, e peraltro va rimarcato che le domande tempestivamente avanzate in primo grado erano relative al diritto di superficie che sarebbe sorto per le opere inamovibili realizzate sull’ex area demaniale durante la vigenza della concessione, e non ai manufatti costruiti in pendenza
del sopravvenuto contratto di affitto di beni produttivi, concluso dalle parti circa due anni dopo l’estinzione per sdemanializzazione della concessione.
11) Col secondo motivo il ricorrente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 49 del codice della navigazione, ove interpretato, come fatto dai giudici di primo e secondo grado, come applicabile anche alle ipotesi di cessazione della concessione del demanio marittimo per intervenuta sdemanializzazione, in quanto prevedrebbe la perdita della proprietà delle opere realizzate sull’area demaniale da parte del concessionario alla cessazione della concessione a beneficio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE senza alcun indennizzo, in violazione dell’articolo 42 comma 3° della Costituzione dettato in materia di espropriazione per pubblico interesse, e nel contempo deduce che tale interpretazione contrasterebbe con l’art. 1 del protocollo n. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo con violazione della norma interposta dell’art. 117 comma 1° della Costituzione, e sollecita comunque la disapplicazione dell’art. 49 del codice della navigazione per contrasto con l’art. 17 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea (cosiddetta Carta di Nizza) per come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Dev’essere, in primo luogo, rilevato che non può costituire motivo di ricorso per cassazione la prospettazione di una questione di legittimità costituzionale in quanto è riservata al potere decisorio del giudice la facoltà di sollevare o meno la questione dinanzi alla Corte costituzionale (vedi art. 23 della L.11.3.1953, n. 87), mentre alle parti non è attribuito alcun potere di iniziativa al riguardo, in quanto, in riferimento alle questioni di legittimità costituzionale in via incidentale, l’iniziativa spetta esclusivamente al giudice e le parti possono presentare soltanto delle deduzioni nel processo dinanzi alla Corte costituzionale e possono, eventualmente, limitarsi a sollecitare anche motivatamente il giudice a sollevare la questione di costituzionalità.
Peraltro, ai sensi dell’art. 24 comma 2° della L. 11.3.1953, n. 87, la questione di costituzionalità di una norma, non solo non può costituire unico e diretto oggetto del giudizio, ma soprattutto può sempre essere proposta, o riproposta, dalla parte interessata, oltre che prospettata d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, purchè essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali che siano state ritualmente dedotte nel processo (in senso conforme vedi, tra le altre: Cass. 18 febbraio 1999 n. 1358; Cass. 22 aprile 1999, n. 3990; Cass. 29 ottobre 2003, n. 16245; Cass. 16 aprile 2018, n. 9284; Cass. 24 febbraio 2014, n. 4406) e non risulta che la questione sia stata prospettata dal ricorrente nel giudizio di secondo grado.
Ne deriva l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso per cassazione formulato come diretto esclusivamente a prospettare una questione di legittimità costituzionale (come accade nella specie), perchè non può essere configurato al riguardo un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne l’annullamento da parte di questa Corte (Cass. 9.7.2020 n.14666; Cass. n.9284/2018; Cass. n. 28892/2017; Cass. n. 17862/2016; Cass. n.25343/2014; Cass. n. 3798/2014; Corte Costituzionale n.1/2014; Cass. sez. un. n. 7929/2013).
Peraltro anche a voler considerare il secondo motivo, come mera sollecitazione a questa Corte a sollevare una questione di legittimità costituzionale, non ritiene questo collegio di dover raccogliere la sollecitazione.
La Consulta, infatti, ha recentemente dichiarato l’illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 117 comma 2 lettera e) della Costituzione di alcune norme di legge regionali (l’art. 2 comma 1 lettera c) e d) della L.R. Toscana n.31/2016 con la sentenza n. 157 del 7.7.2017 n. 157, e l’art. 49 della L.R. Friuli Venezia Giulia n.10/2017 con la sentenza n. 109 del 30.5.2018), che
prevedevano, in caso di subentro di un concessionario ad altro concessionario, il pagamento di un indennizzo a cura del concessionario subentrante a quello precedente, richiamando nelle motivazioni, come espressivo della legislazione statale, l’art. 49 del codice della navigazione, che per l’ipotesi di cessazione della concessione non attribuisce alcun rilievo alle componenti economico -aziendali dell’impresa del concessionario uscente, implicitamente ritenendo che tale previsione non sia contraria alla Costituzione, e sottolineando anzi che l’attribuzione generalizzata al concessionario uscente di un diritto all’indennizzo potrebbe costituire per le imprese diverse dal concessionario uscente, un disincentivo alla partecipazione al concorso che deve portare ad un nuovo affidamento della concessione.
Neppure é ravvisabile da parte dell’art. 49 del codice della navigazione, una violazione dell’art. 117 comma 1° della Costituzione per contrasto con l’art. 1 del protocollo n. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo il quale ‘ Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale ‘. Ed invero, l’attuale ricorrente e la sua dante causa non potevano vantare alcuna legittima aspettativa alla protezione della proprietà delle costruzioni realizzate su area demaniale in pendenza di concessione, in quanto dalla realizzazione di quelle costruzioni, a tutto concedere, poteva derivare solo un diritto di superficie ab origine temporaneo e non perpetuo, destinato fin dall’inizio ad estinguersi con la cessazione della concessione, ed a ciò va aggiunto che l’art. 49 del codice della navigazione prevede espressamente la possibilità che nell’atto di concessione, fermo il principio del ritorno della proprietà delle costruzioni realizzate in pendenza di concessione sull’area demaniale allo RAGIONE_SOCIALE al momento della cessazione della
concessione, sia comunque pattuito un compenso o un rimborso a favore del concessionario (pattuizione nella specie non contemplata), per cui la mancata previsione di essi deriva dall’adesione della parte concessionaria (e quindi anche del suo avente causa) alla disciplina legale, in vista di altre utilità alla stessa derivate dalla concessione, idonee a compensare la mancanza di corrispettivo al venir meno della concessione stessa (vedi in tal senso Cass. 27.4.1993 n. 4962).
Per identiche ragioni, ed in quanto il decreto di sdemanializzazione non é stato impugnato, non si deve procedere neppure alla disapplicazione dell’art. 49 del codice della navigazione per contrasto con l’art. 17 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea (cosiddetta Carta di Nizza) per come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Secondo tale articolo ‘ Ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale’ . Nella specie non solo il diritto di superficie era ab origine destinato ad estinguersi con la cessazione della concessione, nella quale non erano state inserite pattuizioni, pur possibili secondo l’art. 49 del codice della navigazione, su rimborsi ed indennizzi spettanti al concessionario alla cessazione della concessione, per cui non vi erano aspettative del concessionario da tutelare, ma la sdemanializzazione dell’area di sedime delle costruzioni realizzate in corso di concessione ed amovibili é avvenuta per la realizzazione di un pubblico interesse. Neppure risulta necessaria la rimessione alla Corte di Giustizia UE della questione, se gli articoli 49 e 56 del TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza della Corte di Giustizia UE Laezza (C –
375/14), ostino all’applicazione dell’art. 49 del codice della navigazione, in quanto espressivo del principio dell’estinzione del diritto di superficie sulle costruzioni realizzate su area ex demaniale senza indennizzo a seguito della cessazione della concessione per sdemanializzazione, come invece ritenuto dall’ordinanza del Consiglio di RAGIONE_SOCIALE del 15.9.2022 n. 8010, in quanto nella fattispecie lì esaminata si trattava di una concessione rinnovata senza soluzione di continuità con incameramento delle opere inamovibili da parte del concedente, mentre nel nostro caso non ricorre un’ipotesi di rinnovazione senza soluzione di continuità di concessione, ma di cessazione della concessione per sdemanializzazione, seguita dopo alcuni anni da un autonomo contratto di affitto di beni produttivi e per giunta la domanda è stata tempestivamente avanzata solo per costruzioni realizzate in pendenza di concessione e non per eventuali altri manufatti realizzati sotto la vigenza del contratto di affitto di beni produttivi.
12) Col terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione dell’art. 950 cod. civ..
Si duole il ricorrente che la Corte d’Appello, dopo avere correttamente riconosciuto l’insorgenza del diritto di superficie in favore della concessionaria COGNOME NOME, o NOME (e quindi del cessionario dei suoi diritti NOME), l’abbia ritenuto estinto per effetto della sdemanializzazione a seguito dell’applicazione dell’art. 49 del codice della navigazione, in contrasto con le risultanze catastali, che almeno fino al 23.3.1970 riportavano COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME come proprietarie, per 1/3 ciascuna, delle costruzioni realizzate in corso di concessione sull’area di demanio marittima oggetto di concessione in loro favore, e che in difetto di prove contrarie dovevano far presumere in via assoluta il permanere della proprietà superficiaria, in contrasto col verbale di consegna dell’area della Capitaneria di Porto all’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria nel 1971, nel quale si parlava
espressamente del diritto di superficie, in contrasto con gli accertamenti del AVV_NOTAIO, con le ammissioni dell’RAGIONE_SOCIALE e con ulteriore documentazione prodotta in appello.
Il terzo motivo é inammissibile, anzitutto perché l’art. 950 cod. civ. attribuisce valore probatorio residuale, e non certo valore di presunzione assoluta, alle mappe catastali, relativamente ai giudizi di regolamento dei confini, ed é quindi totalmente inconferente nella presente causa, relativa all’accertamento dell’esistenza e dell’estinzione dei diritti di proprietà superficiaria del concessionario sui manufatti inamovibili realizzati su area demaniale in corso di concessione, poi estinta per sopravvenuta sdemanializzazione.
In secondo luogo il motivo non si confronta con la motivazione addotta dall’impugnata sentenza, che alle pagine 13 e 14 ha inequivocamente ricollegato l’estinzione dei diritti di superficie sulle costruzioni inamovibili realizzate da COGNOME NOME in corso di concessione, alla cessazione di quest’ultima a seguito dell’intervenuta sdemanializzazione ex art. 49 del codice della navigazione, con conseguente devoluzione gratuita allo RAGIONE_SOCIALE della proprietà dei manufatti, trovando poi riscontro a tale ricostruzione giuridica nella mancanza di continuità temporale tra la concessione ed i contratti di affitto di beni produttivi poi conclusi dalla COGNOME con l’RAGIONE_SOCIALE e prorogati, i quali ultimi peraltro non avevano riguardato la sola area di sedime, ma anche i manufatti su di essa realizzati, smentendo così la tesi della sopravvivenza dei diritti di superficie alla cessazione della concessione.
In terzo luogo il motivo é inammissibile nella parte in cui vorrebbe rimettere alla Suprema Corte, giudice di legittimità, una rivalutazione del materiale probatorio, già accuratamente valutato nell’esercizio del libero convincimento dai giudici di primo e di secondo grado, allo scopo di pervenire al riconoscimento in capo al ricorrente, quale avente causa di COGNOME NOME, di diritti di
superficie sulle costruzioni realizzate su area ex demaniale in corso di concessione, prima che intervenisse la sdemanializzazione.
In base al principio della soccombenza il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, in favore delle controricorrenti.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1 -quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna NOME al pagamento in favore delle controricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in €200,00 per spese vive ed € 6.000,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15% ciascuna, ed in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, liquidate in € 200,00 per spese vive ed € 4.500,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15%.
Visto l’art. 13 comma 1 -quater D.P.R. n. 115/2002 dà atto che sussistono i presupposti per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 13.3.2024