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Scrittura privata: vale più dello statuto associativo?

Due ex membri di un’associazione sportiva hanno citato in giudizio due membri attuali per ottenere un pagamento basato su una scrittura privata. Gli attuali membri sostenevano che l’accordo fosse nullo perché legato ai loro ruoli nell’associazione non profit. La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, ha stabilito che la scrittura privata costituiva un’obbligazione separata e valida. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso successivo, confermando che non è sua competenza riesaminare i fatti e che i ricorrenti non avevano contestato tutte le ragioni indipendenti della decisione del tribunale inferiore.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Scrittura Privata tra Soci: Quando Prevale sullo Statuto dell’Associazione?

Una scrittura privata firmata tra membri di un’associazione può creare obbligazioni economiche vincolanti, anche se l’associazione è senza scopo di lucro? E fino a che punto i vincoli statutari possono invalidare un accordo privato? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3694/2024, offre chiarimenti cruciali, dichiarando inammissibile un ricorso che cercava di legare indissolubilmente un debito privato al contesto associativo.

Il Contesto: Un Accordo Economico e un’Associazione Sportiva

La vicenda ha origine da una scrittura privata del 1999. Due soggetti, ex membri di un’associazione sportiva, chiedevano il pagamento di una somma di denaro a due membri ancora attivi, sulla base di questo accordo. In primo grado, il Tribunale aveva dato ragione ai debitori, rigettando la richiesta di pagamento.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato completamente la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, la scrittura privata in questione regolava un rapporto obbligatorio distinto e autonomo dal vincolo associativo. Si trattava di un accordo tra persone fisiche, non tra l’associazione e i suoi membri. La Corte ha sottolineato come i debitori non avessero fornito alcuna prova concreta di come lo statuto dell’associazione o la sua natura non profit potessero invalidare l’obbligazione pecuniaria assunta privatamente. Anzi, il fatto che avessero già pagato una prima rata del debito costituiva un riconoscimento implicito dello stesso. Di conseguenza, la Corte d’Appello ha condannato i due membri a pagare la somma residua di oltre 22.000 euro.

Il Ricorso in Cassazione e le Motivazioni sulla Scrittura Privata

Contro la sentenza d’appello, i debitori hanno proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali:

1. Travisamento dei fatti: Sostenevano che la Corte d’Appello avesse ignorato il contesto, omettendo di considerare che la scrittura privata disciplinava la cessione delle loro quote associative e non avrebbe avuto senso al di fuori di tale ambito.
2. Violazione di legge: Affermavano la nullità dell’accordo, in quanto volto a cedere quote di un’associazione non profit, in presunto contrasto con norme imperative.
3. Improcedibilità: Eccepivano che la controversia non dovesse essere decisa da un tribunale ordinario, a causa di una clausola dello statuto associativo che prevedeva altri meccanismi per la risoluzione delle controversie.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in toto, smontando ogni motivo di doglianza con argomentazioni prettamente procedurali.

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di cassazione non è un terzo grado di merito. I ricorrenti, lamentando il travisamento dei fatti, stavano in realtà chiedendo alla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove, un compito che non le spetta. Il dissenso sull’interpretazione della scrittura privata data dalla Corte d’Appello è una questione di merito, non di legittimità.

In secondo luogo, riguardo alla presunta nullità, la Cassazione ha evidenziato che la decisione d’appello si fondava su una pluralità di ragioni autonome e indipendenti (rationes decidendi). Tra queste, la mancata prova da parte dei debitori dell’incidenza delle norme statutarie sul loro obbligo. Poiché il ricorso non riusciva a scalfire efficacemente tutte queste fondamenta, diventava inammissibile per difetto di interesse. In altre parole, anche se un motivo fosse stato fondato, gli altri sarebbero stati sufficienti a sorreggere la decisione.

Infine, sull’eccezione di improcedibilità, la Corte ha osservato che la Corte d’Appello l’aveva già respinta con una duplice argomentazione: si trattava di un rapporto tra privati e, soprattutto, sulla questione si era già formato un giudicato processuale interno sin dal primo grado, non essendo stata oggetto di specifico appello incidentale. Il ricorso non si confrontava adeguatamente con questa motivazione complessa, limitandosi a riproporre la stessa questione.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che un accordo stipulato tramite scrittura privata tra persone fisiche conserva la sua validità ed efficacia anche se i firmatari sono membri della stessa associazione. Per invalidarlo, è necessario fornire prove concrete e specifiche che dimostrino un contrasto insanabile con lo statuto o con norme imperative, un onere che spetta a chi eccepisce la nullità. La seconda lezione è di natura processuale: il ricorso per Cassazione deve essere mirato a contestare errori di diritto e vizi logici della motivazione, non a ottenere una nuova lettura dei fatti. Inoltre, quando una decisione è sorretta da più ragioni autonome, è indispensabile contestarle tutte efficacemente per sperare in una riforma della sentenza.

Una scrittura privata tra soci di un’associazione non profit è sempre valida?
Sì, secondo quanto emerge dalla decisione, una scrittura privata può creare un’obbligazione autonoma e vincolante tra le parti. Spetta a chi ne contesta la validità dimostrare in modo specifico e provato come lo statuto dell’associazione o altre norme imperative rendano nullo tale accordo. In assenza di tale prova, l’accordo tra privati prevale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di una causa?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito con forza che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo grado di merito’. Non può rivalutare le prove o riconsiderare i fatti come accertati dai giudici dei gradi precedenti, ma si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Cosa succede se una sentenza si basa su più motivazioni indipendenti?
Se la decisione di un giudice si fonda su diverse argomentazioni (le cosiddette ‘rationes decidendi’), ciascuna delle quali è di per sé sufficiente a giustificare la sentenza, il ricorso per Cassazione deve contestarle validamente tutte. Se anche una sola di queste motivazioni non viene efficacemente criticata, il ricorso viene dichiarato inammissibile per difetto di interesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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