Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20680 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20680 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13415/2022 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME rappresentate e difese dagli avvocati COGNOME e COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali sono domiciliati per legge;
-controricorrenti- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 481/2022 depositata il 25/02/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Va premesso che i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME:
in data 20 dicembre 1986 a mezzo di scrittura privata non autenticata cedettero alcuni immobili (siti in INDIRIZZO di Mesola, provincia di Ferrara) a NOME COGNOME con contestuale trasferimento del possesso; la compravendita del 20 dicembre 1986, a seguito del giudizio di seguito indicata, fu trascritta in data 12.6.2017 nei registri immobiliari;
alcuni mesi dopo (e precisamente in data 12 agosto 1987) donarono al figlio NOME COGNOME la quota di ½ di detti immobili. L’atto di donazione fu trascritto nei registri immobiliari. Il COGNOME, tra il 2010 ed il 2017, effettuò pagamenti a favore del Comune di Mesola, a titolo di ICI e IMU gravanti sugli immobili oggetto della predetta donazione, pari a una somma complessiva di €. 14.454,00.
Nel 1995, il Ferrari – che, si ribadisce, era entrato nel possesso dei beni fin dalla data del 20 dicembre 1986 -, a seguito del rifiuto delle parti venditrici di perfezionare l’atto di compravendita, convenne in giudizio i predetti coniugi, formulando domanda di accertamento delle sottoscrizioni della scrittura privata tra loro intercorsa.
Il Tribunale di Ferrara con sentenza 1/ST/08 del 15 gennaio 2008 (confermata dalla corte territoriale con sentenza n. 1052/2014, non impugnata e quindi passata in giudicato) accertò l’autenticità della sottoscrizione della compravendita 20.12.1986 e ne ordinò la trascrizione nei Registri Immobiliari.
A seguito del passaggio in giudicato della sentenza della corte territoriale, la compravendita del 20 dicembre 1986 fu trascritta in data 12.6.2017 nei registri immobiliari.
Nel 2018 NOME COGNOME conveniva in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché COGNOME NOMECOGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME per sentirle condannare alla rifusione dei pagamenti da lui effettuati a favore del Comune di Mesola dal 2010 in
poi, fino al 2017, a titolo di ICI e IMU gravanti sugli immobili oggetto della predetta donazione, pari a una somma complessiva di €. 14.454,00 e fondando tale azione sulla ritenuta gestione d’affari ex art. 2028 c.c., ovvero in subordine, quale ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.
Assumeva infatti il COGNOME che, a seguito dell’accertamento, effettuato dalla sentenza 14.4.2014 del Tribunale di Ferrara, circa l’autenticità delle sottoscrizioni della scrittura privata 20.12.1986, sentenza poi divenuta definitiva e infine trascritta nel 2017, il trasferimento della proprietà in capo a NOME COGNOME sarebbe avvenuto fin dalla data della scrittura, per cui le imposte sugli immobili sarebbero dovute gravare sul proprietario effettivo (e non già sull’intestatario formale degli immobili).
Si costituivano le convenute, contestando la fondatezza della domanda avversaria per insussistenza dei presupposti della gestione di affari altrui e dell’ingiustificato arricchimento ed eccependo, comunque, la prescrizione per le somme maturate e pagate a titolo di imposte oltre i cinque anni antecedenti la data di notifica dell’atto di citazione, notificazione avvenuta il 6.3.2018. In via subordinata, contestavano anche il quantum della pretesa avversaria, in quanto sanzioni e interessi erano maturati ed erano stati pagati a seguito della condotta colposa del COGNOME, che avrebbe dovuto pagare nei termini.
Istruita documentalmente la causa, il Tribunale di Ferrara, con sentenza n. 209/2019, respingeva integralmente le domande attoree, in quanto:
a) riteneva l’azione promossa nel 1995, inerente alla scrittura privata non autenticata, quale azione di accertamento dell’avvenuta vendita ovvero di verifica di un atto negoziale di trasferimento della proprietà, azione la cui introduzione, cioè la domanda, ex art. 2652 n. 3 c.c., avrebbe dovuto essere trascritta, per rendere opponibili ai terzi il titolo di acquisto dedotto in giudizio a far data dalla detta trascrizione;
b) essendo tale trascrizione avvenuta solo nel 2017, i tributi erano stati legittimamente applicati al soggetto che risultava, nei confronti dei terzi (e quindi anche del comune di Mesola), legittimo proprietario e, quindi, soggetto passivo dei tributi legati alla proprietà dei beni soggetti a imposta.
Avverso la sentenza del Tribunale di Ferrara veniva proposto appello dal COGNOME.
Si costituivano in giudizio le appellate, che contestavano l’impugnazione avversaria, della quale chiedevano il rigetto.
La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza n. 481/2022, in riforma parziale della sentenza di primo grado, riconosceva a favore dell’appellante COGNOME e a carico delle appellate il pagamento della somma di €. 3.626,33, quale somma pagata dal COGNOME a partire dall’anno 2014, anno in cui era divenuta definitiva la sentenza di accertamento di autenticità della sottoscrizione della scrittura privata del 20.12.1986, a titolo di imposte immobiliari.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME.
Hanno resistito con controricorso NOME, NOME COGNOME, NOME e COGNOME NOMECOGNOME
Il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I Difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive ragioni.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME articola in ricorso due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia <> nella parte in cui ha attribuito natura costitutiva alla sentenza di accertamento dell’autenticità della sottoscrizione della scrittura privata, che contiene un atto di compravendita, e, quindi, l’efficacia della traslazione della proprietà (non dalla data dell’atto negoziale, ma) dalla pubblicazione della sentenza d’appello che ha accertato giudizialmente tale autenticità.
Sostiene che l’effetto traslativo della proprietà tra le parti decorre dalla data della sottoscrizione della scrittura non autenticata, in quanto quest’ultima ha effetto reale immediatamente traslativo della proprietà e la sentenza, che accerta giudizialmente l’autenticità della sua sottoscrizione, ha natura dichiarativa (e non costitutiva, come erroneamente ritenuto dal giudice d’appello). Con la conseguenza che (p. 12) <> (ricorso pag. 12) e, quindi, la domanda di indennizzo per arricchimento senza causa, da lui proposta in via subordinata, si sarebbe dovuta accogliere integralmente.
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte di merito – con motivazione l’assoluta apparente, in quanto assolutamente contraddittoria – ha attribuito al contempo natura di accertamento e natura costitutiva alla sentenza che aveva dichiarato l’autenticità delle sottoscrizioni del contratto di compravendita 20.12.1986.
I motivi -che, in quanto connessi, sono trattati congiuntamente – sono fondati.
La ricostruzione compiuta a mo’ di premessa nella sentenza impugnata è complessivamente corretta.
Vero è che, sotto il profilo tributario (e, in particolare, con riferimento all’imposta sugli immobili), perché sorga l’obbligo di pagare l’imposta è necessario che il rapporto che lega il soggetto all’immobile sia qualificato, cioè riconducibile ad una situazione giuridica specificatamente stabilita dalla legge (proprietà, usufrutto o altro diritto reale di godimento, ecc.); e che, in particolare, il diritto di proprietà, al pari degli altri diritti reali, è provato sulla base delle risultanze dei registri immobiliari, non potendo – in assenza di altri e più qualificanti elementi ed in considerazione del rigore formale prescritto per tali diritti – essere provato in base alla mera annotazione di dati nei registri catastali, che hanno in concrete circostanze soltanto il valore di semplici indizi (cfr. Cass. n. 22339/2019 che richiama Cass. n. 9096/1991; n. 3398/1984). L’identificazione catastale è richiesta al mero fine di consentire la trascrizione (cfr., tra le tante, Cass. n. 16853/2005), che non ha alcuna efficacia sostanziale, adempiendo alla limitata funzione di rendere l’atto opponibile ai terzi in caso di conflitto tra più acquirenti del medesimo immobile.
Come pure è vero che l’atto traslativo della proprietà immobiliare è esclusivamente l’atto pubblico (cioè, un rogito notarile, ovvero una sentenza che accerta la validità dell’acquisto), mentre il mero scambio dei consensi, seppur consacrato in una scrittura privata (come astrattamente consentito dall’art. 1350 c.c.), ha effetto solo tra le parti che l’hanno sottoscritto. Il contratto di compravendita dev’essere, altresì, registrato presso l’agenzia delle entrate e trascritto nei Registri Immobiliari allo scopo di dare certezza nei rapporti giuridici all’avvenuto trasferimento del diritto e produrre effetti anche nei confronti dei terzi. Nessun trasferimento immobiliare, dunque, può essere eseguito dai privati senza l’assistenza di un pubblico ufficiale (notaio o giudice che sia) e detta condizione è necessaria per trascrivere il trasferimento stesso nei pubblici registri immobiliari.
Ciò posto, dal giudizio di merito è risultato che il Tribunale di Ferrara con la citata sentenza del 15 gennaio 2008 (confermata dalla corte territoriale con sentenza del 14 aprile 2014 e, quindi, passata in giudicato) – dopo aver osservato che le parti concordavano nel ritenere che i contraenti avevano stipulato (non un semplice preliminare, ma) un vero e proprio contratto di compravendita, con conseguente effetto traslativo immediato – nella parte dispositiva ha accertato che in data 28 ( rectius 20) dicembre 1986 NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano alienato a NOME COGNOME i beni immobili di cui al ricorso.
Orbene, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. SU n. 1731/1996, e, a seguire, Cass. n. 13420/2003, n. 23708/2009, n. 2723/2010) il principio per cui la domanda di accertamento della autenticità della sottoscrizione di una scrittura privata, avente ad oggetto un contratto di compravendita, si distingue dalla domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre per petitum e causa petendi . Invero, la prima tende ad una sentenza dichiarativa, fondata su un negozio con efficacia reale, immediatamente traslativo della proprietà, mentre la seconda tende ad una pronuncia costitutiva, fondata su un contratto con effetti meramente obbligatori quale il preliminare.
Di tali principi di diritto non ha fatto corretta applicazione la corte territoriale nella parte in cui ha affermato che, tra le parti, il trasferimento della proprietà è divenuto efficace (non per effetto dello scambio dei consensi e con decorrenza dalla data della scrittura privata, ma) soltanto per effetto dell’accoglimento della domanda di accertamento dell’effetto traslativo della proprietà e con decorrenza dalla data di pubblicazione della sentenza (d’appello), che tale effetto aveva confermato.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla corte territoriale, prima il loro dante causa NOME COGNOME e, poi, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME quali sue eredi, sono proprietarie degli
immobili, per cui è ricorso (non dal maggio del 2014, cioè, si ribadisce, dalla pubblicazione della sentenza d’appello, ma) dal 20 dicembre 1986 (o dal 28 dicembre 1986, come indicato in dispositivo della sentenza ferrarese). E, in quanto proprietari degli immobili, nei rapporti con le controparti della compravendita erano onerati, le seconde anche quali eredi del primo, del pagamento delle imposte gravanti dai fabbricati.
Infatti, in presenza di una scrittura privata, che integra un contratto di compravendita, ai fini della trascrizione dell’atto (con conseguente sua opponibilità a terzi) è sufficiente e necessario un unico adempimento: la redazione di un atto pubblico con negozio ripetitivo. Nel caso in cui una delle parti decida di non compiere detto atto, l’altra può chiedere in via giudiziale una pronuncia d’accertamento dell’avvenuto trasferimento di proprietà. Tale pronuncia ha natura (non costitutiva, ma) dichiarativa e, come tutte le pronunce dichiarative, ha effetto ex tunc (e cioè nel caso di specie con effetto che risale al momento della sottoscrizione della scrittura privata del 20 dicembre 1986, allorquando si era prodotto tra le parti l’effetto traslativo della proprietà).
L’immediata efficacia inter partes di quel trasferimento esonerava, tra loro, il venditore dagli oneri normalmente facenti capo al proprietario e, tra questi, dal pagamento dei relativi tributi (tenuto conto che NOME COGNOME era donatario nella misura di ½ degli stessi immobili oggetto della compravendita tra i suoi danti causa COGNOME e il COGNOME).
Esclusa la configurabilità di una utile gestione in difetto dell’assenza del dominus , è, pertanto, senza causa, nei rapporti tra le parti del contratto di compravendita, il pagamento dei tributi relativi all’immobile trasferito, se eseguito dal venditore: e ingiustificato è l’arricchimento degli acquirenti per i relativi importi.
Ne consegue che la domanda di indennizzo del ricorrente, in dipendenza dall’arricchimento senza causa conseguito dalle odierne
resistenti, è stata erroneamente limitata alle imposte maturate a partire dal maggio 2014 (mese di pubblicazione della sentenza d’appello n. 1052/2014).
In definitiva, il ricorso va deciso in base al seguente principio di diritto:
<>.
Per le ragioni che precedono, s’impone la cassazione dell’impugnata sentenza in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame dell’appello ed applicherà il detto principio di diritto.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie per quanto di ragione entrambi i motivi di ricorso; cassa, in relazione alle censure accolte, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2025, nella camera di consiglio