Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32502 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32502 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
La Corte di Appello di Genova ha confermato la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto di NOME COGNOME, dipendente del Ministero dei beni e delle attività culturali e per il Turismo in servizio presso l’Archivio di Stato di Genova , all’inquadramento nella superiore area C, posizione economica C1, in virtù dello scorrimento della graduatoria di un concorso riservato a personale interno bandito nel 2007.
La Corte territoriale ha rilevato che non era stata specificamente censurata l’affermazione del primo giudice secondo cui doveva in ogni caso ritenersi provata in quanto incontestato, che si erano in concreto verificate scoperture di organico tali da consentire lo scorrimento delle graduatorie, nonché l’inquadramento dei potenziali vincitori e degli idonei nell’area III posizione economica F1, ovvero che vi fossero le necessarie disponibilità finanziarie.
Il giudice di appello ha dunque richiamato i propri precedenti specifici, che avevano ritenuto sussistente l’obbligo del Ministero di scorrere le graduatorie per la copertura dei posti di Area III resisi vacanti nei termini della loro vigenza ordinaria triennale (19.12.2015) o comunque delle successive proroghe (fino al 31.12.2017 e al 30.9.2019), escludendo che a ciò ostasse il limite introdotto dall’art. 24 del d.lgs. n. 150/2009 in quanto ratione temporis inapplicabile alle situazioni giuridiche già perfezionatesi sulla base delle previsioni vincolanti contenute nei bandi e negli accordi sindacali che avevano preceduto l’entrata in vigore della nuova disciplina.
Ha evidenziato che era stata ritenuta implausibile un’interpretazione letterale dell’accordo sindacale dell’accordo del 13.7.2007 che circoscrivesse lo scorrimento degli idonei alle sole ipotesi di abbandono del posto da parte dei osservato che nel ricorso il Rao aveva assolto ai propri oneri allegando quale causa petendi l’inadempimento del Ministero all’obbligo di scorrimento sui posti vacanti come previsto dalla norma pattizia, mentre gravava sull’Amministrazione l’onere di dimostrare di avere cor rettamente adempiuto, provando che tali vacanze esulavano da quelle destinate agli idonei.
Ha altresì evidenziato che era stata esclusa l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 1, comma 342, della legge n. 145/2018, in quanto non costituisce norma di interpretazione autentica della precedente normativa, nonché l’applicabilità dell ‘art. 24 d.lgs. n. 150 del 2009, in quanto la procedura era stata bandita in epoca antecedente.
Avverso tale pronuncia il Ministero dei beni e delle attività culturali e per il turismo ha proposto ricorso per cassazione per due motivi, ai quali il Rao ha resistito con controricorso.
DIRITTO
1.Con il primo motivo, il Ministero ricorrente denuncia , ai sensi dell’ art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., nonché degli artt. 416, comma 3, e 115 cod. proc. civ.
Deduce che la Corte territoriale avrebbe dovuto preliminarmente verificare l’applicabilità dello scorrimento in favore degli idonei, e solo successivamente valutare se i dipendenti che avevano invocato il suddetto scorrimento si trovavano in una posizione utile.
Evidenzia di avere eccepito che non poteva farsi luogo allo scorrimento e che da tale impossibilità deriva l’irrilevanza della mancata contestazione nell’area superiore.
Aggiunge che l’originari o ricorrente non aveva assolto all’onere di dimostrare che si erano resi disponibili sufficienti posti nella posizione C1 (poi F1) e che la sua posizione in graduatoria gli avrebbe permesso di usufruirne.
Addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente ritenuto incontestate e sufficienti ai fini del passaggio di area la sussistenza di carenze di organico e di copertura finanziaria.
Evidenzia che il Rao non aveva mai dato piena contezza della sua specifica posizione in graduatoria e dell’idoneità di tale posizione ai fini di un posizionamento utile in caso di scorrimento.
Il secondo motivo deduce, ai sensi dell’ art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 62 del d.lgs. n. 150 del 2009, per come novella l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché dell’art. 27, comma 1, n. 7 della legge n. 93 del 1983, dell’art. 35 , comma 3 ter, del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 4, comma 4, del d.l. n. 101/2013, nonché dell’art. 1, commi 342 e 362, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
In particolare, il Ministero evidenzia che l’art. 2, comma 1, dell’Accordo del 12.7.2007 faceva salve le disposizioni normative vigenti e non prevede alcun obbligo assoluto dell’Amministrazione e che in ogni caso lo scorrimento richiedeva la previa autorizzazione all’assunzione, che non sussisteva nella specie; evidenzia che il parere negativo del Dipartimento della Funzione Pubblica era vincolante e che non poteva pertanto considerarsi avverata la condizione prevista dall’art. 1359 cod. civ.
Sostiene che qualora si discuta di scorrimento della graduatoria, le condizioni richieste ai fini dell’assunzione non possono che essere quelle vigenti al momento della decisione sullo scorrimento, non già quelle previste all’atto di indizione della procedura concorsuale; pertanto, lo scorrimento era impedito dallo ius superveniens che, nel modificare l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, aveva richiesto il concorso pubblico, eventualmente con riserva di posti in favore degli interni.
Aggiunge che l’art. 1, commi 342 e 362, della legge n. 145/2018, applicabile alla fattispecie, comprovano l’impossibilità fattuale e giuridica di procedere allo scorrimento prima dell’introduzione delle suddette norme.
Torna a sostenere che il lavoratore avrebbe dovuto dimostrare che in caso di scorrimento la sua posizione gli avrebbe consentito di accedere all’area superiore.
I motivi, da trattarsi congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati.
La pronuncia impugnata non è conforme ai principi di diritto enunciati da plurime decisioni di questa Corte, cui si rinvia, ai sensi dell’art. 118 disp. att. proc. civ. anche per la completa ricostruzione della vicenda (in particolare, fra molte, Cass. Sez. L, 16/01/2024, n. 1674).
In questa sede giova ribadire che, nel pubblico impiego contrattualizzato, anche ai fini della selezione interna per l’accesso a posti superiori vacanti, la scelta dell’amministrazione di utilizzare le graduatorie degli idonei ‘per scorrimento’ non costituisce un diritto soggettivo degli stessi , ma postula sempre l’esercizio prioritario di una discrezionalità della P.A. nel coprire il posto o la posizione disponibile, ove un obbligo in tal senso non sia contemplato dalla contrattazione collettiva o dal bando (così, Cass. Sez. L, n. 1674 del 2024, cit., che richiama «i principi, consolidati nella giurisprudenza della Corte, ben riassunti nella motivazione di Cass. n. 19006 del 2010» e successive pronunce conformi pure ivi indicate).
Ne consegue che la posizione giuridica de ll’ odierno controricorrente non poteva ritenersi definita quale diritto quesito allorché era entrato in vigore il decreto legislativo n. 150 del 2009, dal momento che all’epoca mancava l’autorizzazione ad attuare l’assunzione (quale necessario presupposto di essa) e la graduatoria non era stata ancora approvata; cosicché lo ius superveniens non ha modificato la posizione giuridica di coloro che si erano posizionati oltre le posizioni già autorizzate, poiché gli stessi non avevano ancora maturato alcun diritto soggettivo (in tal senso, Cass. Sez. L, n. 1674 del 2024 cit.).
Peraltro, va sottolineato che anche il diritto del candidato vincitore ad assumere l’inquadramento previsto dal bando di concorso è subordinato alla permanenza, al momento dell’adozione del provvedimento di nomina, dell’assetto organizzativo degli uffi ci in forza del quale il bando è stato emesso, sicché, nel caso in cui detto assetto sia mutato a causa dello ius superveniens , l’amministrazione ha il potere -dovere di bloccare i provvedimenti dai quali possano derivare nuove assunzioni che non corrispondano più alle oggettive necessità di incremento del personale, quali valutate prima della modifica del
quadro normativo, in base all’art. 97 Cost. (così ancora Cass. Sez. L, n. 1674 del 2024 cit. e precedenti ivi richiamati).
A maggior ragione questi principi valgono in tema di scorrimento, in quanto è la natura stessa di quest’ultimo che porta a ritenere applicabile la normativa vigente nel momento in cui si pretende di realizzare lo scorrimento medesimo (così Cass. Sez. U., 02/10/2012, n. 16728); con la conseguenza che, una volta che l’ Amministrazione abbia assunto la decisione di coprire il posto attingendo allo scorrimento della graduatoria, tale decisione risulta equiparabile, nella sostanza, all’espletamento di tutte l e fasi di una procedura concorsuale, con identificazione degli ulteriori vincitori, ancorché mediante l’utilizzazione dell’intera sequenza di atti apertasi con il bando originario, recante la c.d. lex specialis del concorso, e conclusasi con l’approvazione della graduatoria, che individua i soggetti da assumere (così, ancora, Cass. Sez. U. n. 16728 del 2012, cit.).
Pertanto, con la delibera di procedere allo scorrimento si riattiva l’intera sequenza concorsuale, ma, inevitabilmente, occorre considerare i requisiti di validità vigenti al momento della determinazione assunta dall’ Amministrazione.
In consequenzialità logico-giuridica con le precedenti considerazioni, è stato dunque chiarito che lo ius superveniens , costituito dalle limitazioni introdotte con il d.lgs. n. 150 del 2009 ai concorsi riservati al personale interno, risulta preclusivo dell’asserito diritto vantato dai dipendenti allo scorrimento della graduatoria.
Infatti l’a rt. 24 del d.lgs. n. 150 del 2009, nella versione applicabile ratione temporis , prima delle modifiche apportate con il d.lgs. n. 74 del 2017 prevedeva: «Ai sensi dell ‘ articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come introdotto dall ‘ articolo 62 del presente decreto, le amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1° gennaio 2010, coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni.».
La disposizione esclude la legittimità del ricorso all’assunzione attingendo a graduatorie di concorsi riservati ad interni banditi anteriormente al 2010 proprio
perché la normativa sopravvenuta è intesa a limitare le possibilità di coprire i posti disponibili con personale interno, recependo le sollecitazioni provenienti dalla Corte costituzionale in ordine alla piena attuazione del principio di cui all’art. 97 Co st. (in particolare, già con le sentenze nn. 333 del 1993 e 313 del 1994).
In tal senso, come già ritenuto da questa Corte (Cass. Sez. L, 17/05/2024, n. 13757), è condivisibile il consolidato orientamento espresso in proposito dal giudice amministrativo, che, in ragione della normativa sopravvenuta (secondo cui la progressione dei pubblici dipendenti tra le aree può avvenire solo in base ad un concorso pubblico, con riserva di posti al personale interno fino al massimo del 50% di quelli messi a disposizione), ha ritenuto che «dopo il 1° gennaio 2010, non sono più previste le progressioni verticali riservate agli interni e quindi non è più consentito nemmeno lo scorrimento delle graduatorie relative a procedure per progressioni verticali interamente riservate ai dipendenti, con la conseguenza che tali graduatorie sono escluse da ll’ambito di applicazione delle norme che nel tempo hanno disposto la proroga legale dell’efficacia e che, dal 1° gennaio 2010, dall’inserimento come idonei in tali graduatorie non può più discendere alcuna legittima aspettativa» (così Cons. St. 16/08/2021, n. 5884 e precedenti conformi ivi richiamati), giungendo a configurare un ‘divieto’ per le amministrazioni di coprire i posti a suo tempo sottoposti a procedura riservata (così, Cons. St. 25/06/2018, n. 3897).
Tale approdo ermeneutico risulta ulteriormente avvalorato dalla considerazione che il d.lgs. n. 150 del 2009 non ha previsto uno specifico regime transitorio che valesse a salvaguardare le graduatorie dei concorsi interni avviati antecedentemente all’entra ta in vigore della riforma, sicché, anche sotto questo profilo, l’interpretazione adottata nella sentenza impugnata non può essere ricevuta.
Essendo pacifico riguardo alla progressione interna per la quale l’odiern o controricorrente invoca lo scorrimento che il Rao era risultato idoneo in quanto collocato oltre i 920 posti banditi, occorre concludere per la fondatezza del secondo mezzo, con conseguente assorbimento della prima censura.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. con il rigetto della domanda proposta in primo grado dalla controricorrente.
Quanto alle spese processuali, le stesse possono essere compensate limitatamente ai gradi di merito, attesa la novità della questione rispetto all’epoca di tali giudizi .
Mentre, in applicazione della regola della soccombenza, l’attuale controricorrente va condannato al pagamento delle le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da NOME COGNOME compensa tra le parti le spese relative ai gradi di merito e condanna la attuale parte controricorrente a rifondere al Ministero le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 3000,00 per competenze professionali, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2024.
La Presidente
NOME COGNOME