Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20596 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 20596 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 19789/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
– controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1340/2023, depositata il 28.3.2023, NRG 1697/2020;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6.5.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha insistito per il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME per la ricorrente e l’Avv. NOME COGNOME per i controricorrenti.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME è candidata risultata idonea non vincitrice di un concorso per la dirigenza di seconda fascia svoltosi tra il 2006 ed il 2009 presso il Ministero del Lavoro, posizionata al 103° posto della graduatoria, dalla quale sono stati assunti i 22 candidati di cui al bando originario e poi, per scorrimento, secondo quanto si legge nella sentenza impugnata, i candidati collocati fino al 64° posto e quindi, secondo quanto dice in un passaggio la ricorrente, fino al 75° posto.
La ricorrente ha agito, dapprima davanti al TAR e poi, in esito alla declinatoria di giurisdizione, davanti al Tribunale di Roma, chiedendo l’accertamento dell’illegittimità delle nomine in posizioni dirigenziali di seconda fascia di personale estraneo a quel concorso, presso il medesimo Ministero, intervenute negli anni, con disapplicazione di quegli atti e declaratoria del proprio diritto all’assunzione, per effetto dello scorrimento della graduatoria concorsuale da cui doveva attingersi il corrispondente personale dirigenziale; o, in subordine, il risarcimento del danno.
Si tratta di posizioni dirigenziali che, secondo quanto emerge dalla sentenza qui impugnata, hanno avuto riguardo a coperture realizzate mediante mobilità da altra P.A., ai sensi dell’art. 30 del d. lgs. n. 165 del 2001, a mobilità dei segretari comunali e provinciali ai sensi della legge n. 311 del 2004 ed all’attribuzione ad interim ad altro personale.
La Corte d’Appello di Roma, confermando la pronuncia di rigetto delle domande da parte del Tribunale di quella stessa città, ha ritenuto che la scelta della Pubblica Amministrazione di non dare corso a scorrimento delle graduatorie fosse discrezionale, in assenza di obblighi in tal senso che non si rivengano da speciali disposizioni di legge, dalla contrattazione collettiva o dal bando, sicché era del tutto legittima la decisione del Ministero di ricorrere
a quelle forme alternative di copertura dei posti che consentivano il raggiungimento di varie finalità, quale l’acquisizione di personale già formato, l’immediata operatività delle scelte, l’assorbimento di eventuale personale eccedentario, oltre che il risparmio di spesa, richiamandosi anche l’art. 16, co. 1, della legge n. 246 del 2005 e l’obbligo prioritario ivi sancito di ricorso alla mobilità.
La Corte d’Appello riteneva altresì infondata la pretesa della ricorrente di fruire della possibilità concessa alle P.A. dall’art. 3, co. 5, del d.l. n. 90 del 2014, di recuperare facoltà assunzionali dalle annualità precedenti in cui esse non erano state utilizzate e ciò in quanto tale facoltà non imponeva di colmare l’intera dotazione delle risorse di personale, quando in concreto ciò non fosse stato necessario.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi, resistiti da controricorso del Ministero.
Il Pubblico Ministero ha depositato nota con la quale ha insistito per il rigetto del ricorso, con richiesta poi confermata in udienza pubblica.
È in atti memoria della ricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso per cassazione denuncia, richiamando, l’art. 360 n 4 c.p.c., l’ error in procedendo sub specie di violazione degli artt. 111, co. 6, Cost., 132, n. 4 e 161 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., sostenendo che la sentenza impugnata non conterrebbe risposta, se non del tutto apparente, alle domande volte a far accertare l’illegittimità delle nomine e la loro attuazione effettuata senza invece utilizzare la graduatoria concorsuale ancora vigente. Il secondo motivo denuncia, ancora ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 112, 132, n. 4, 210 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. e con esso si afferma che la Corte d’Appello avrebbe
omesso di pronunciare sui profili di illegittimità delle nomine effettuate a favore di personale diverso dagli idonei del concorso dirigenziale, come altresì di approfondire i temi sul piano istruttorio, in ragione anche dell’istanza di esibizione formulata e del principio di vicinanza dalle prova, sostenendo che la declaratoria di illegittimità anche di una sola delle nomine effettuate in tal modo avrebbe comportato lo scorrimento della graduatoria in favore della ricorrente.
Il terzo motivo ritiene -richiamando gli artt. 112, 115, co. 1, 132, n. 4 e 118, disp att., del c.p.c. -che la Corte territoriale avrebbe trascurato la mancata contestazione da parte del Ministero dei fatti addotti dalla ricorrente a fondamento della propria domanda.
Il quarto motivo adduce invece la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 63 del d. lgs. n. 165 del 2001, nonché dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990.
La censura, al cui interno sono trascritte numerose pagine delle difese svolte in grado di appello, critica la sentenza impugnata per non avere essa considerato le molteplici violazioni di legge in cui il Ministero sarebbe incorso nel conferimento degli incarichi, omettendo altresì di svolgere adeguata istruttoria, in corretta applicazione dei principi sull’onere della prova, rispetto alla domanda di disapplicazione che -ripete la ricorrente -avrebbe portato, in presenza dell’illegittimità anche solo di una delle nomine effettuate, al riconoscimento del suo diritto ad essere assunta, stante la prova, insita nella nomina di altro personale, dell’intento della P.A. di coprire quei posti dirigenziali.
I motivi vanno esaminati congiuntamente, data la loro connessione logico-giuridica.
Non può sostenersi che manchi la motivazione o sia stata omessa la pronuncia rispetto agli effetti dell’asserita illegittimità delle nomine effettuate attraverso percorsi diversi rispetto a quello dello scorrimento delle graduatorie.
La Corte d’Appello, come già evidenziato nello storico di lite, ha infatti argomentato in ordine alla discrezionalità della P.A. nel decidere o meno lo scorrimento delle graduatorie, in assenza di previsioni espresse di legge, di contrattazione collettiva o del bando ed ha sottolineato la ricorrenza di varie esigenze che giustificavano le scelte assunte e di norme che imponevano di dare priorità alla mobilità.
Se è vero che la Corte territoriale ha in proposito ragionato con riferimento alla scelta originaria e generale di procedere a copertura mediante mobilità, essa ha tuttavia negato che sussista un diritto dei canditati idonei a che si proceda allo scorrimento delle graduatorie, a fronte anzi di un obbligo per la P.A. di preferire la mobilità, e ciò ha il senso -al di là della correttezza giuridica in sé della valutazione -di escludere, anche in ipotesi a fronte dell’illegittimità delle assunzioni di terzi attraverso altre modalità, l’esistenza di situazioni da tutelare in capo ai ricorrenti che siano state indebitamente lese dall’operato del Ministero.
4. Ciò posto, va quindi detto che la domanda, per quanto riguarda appunto la pretesa di declaratoria del diritto all’assunzione quale conseguenza della disapplicazione delle nomine altrui, è -come in sostanza rileva anche il Pubblico Ministero nella propria requisitoria scritta – manifestamente infondata sul piano giuridico.
4.1 E’ intanto da dire, in via generale, che l’assunto della Corte d’Appello secondo cui, pur in presenza di una graduatoria di idonei ancora suscettibile di scorrimento, non vi è alcun diritto a che esso abbia corso, se non vi siano norme che lo impongano, è del tutto coerente con la giurisprudenza di questa S.C. la quale ha ritenuto che nel pubblico impiego contrattualizzato, anche ai fini della selezione interna per l’accesso a posti superiori vacanti, analogamente a quanto accade per le procedure concorsuali preordinate all’assunzione di dipendenti, la scelta dell’amministrazione di utilizzare le graduatorie degli idonei “per
scorrimento” non costituisce un diritto soggettivo degli stessi, ma postula sempre l’esercizio prioritario di una discrezionalità della P.A. nel coprire il posto o la posizione disponibile, ove un obbligo in tal senso non sia contemplato dalla contrattazione collettiva o dal bando (Cass. 12 febbraio 2018, n. 3332) o, può aggiungersi, dalla legge.
Altrettanto è a dirsi per la prevalenza delle mobilità sullo scorrimento, che è addirittura imposta dall’art. 30, co. 2 e co 2 -bis nel testo vigente, e qui ratione temporis applicabile, dopo le integrazioni apportate dall’art. 16, co. 1 della l. n. 246 del 2005 (co. 2) e dal d.l. n. 7 del 2005 conv. con mod. in l. n. 43 del 2005 (co. 2-bis): Cass. 18 maggio 2017, n. 12559, il cui argomentare è poi ripreso sul piano giuridico da Cass. 13 ottobre 2023, n. 28568.
4.2 Ciò posto -ed è questo il punto -non è fondata la tesi della ricorrente, che intenderebbe far derivare dall’asserita illegittimità delle nomine effettuate con modalità diverse dallo scorrimento della graduatoria un suo diritto all’assunzione.
Dato per superato il tema della giurisdizione, non fatto oggetto di ulteriori questioni dalle parti, è tuttavia da escludere che, se anche venga annullata o disapplicata, come è qui chiesto, la nomina di un dirigente pervenuto attraverso mobilità, così come se risulti invalido il conferimento ad interim di un certo incarico dirigenziale, ciò possa in alcun modo far sorgere un diritto ad essere assunto per chi sia collocato come idoneo nella graduatoria ancora aperta di un precedente concorso.
In tali frangenti, alla P.A. resterebbe infatti permessa, una volta annullata la precedente nomina, una nuova valutazione ex nunc della situazione, che potrebbe concludersi non solo con la scelta di non coprire affatto quel posto (v. Cass. 3 novembre 2021, n. 31427), ma di farlo ancora con modalità diverse da quelle dello scorrimento ed in particolare -dovendo in linea di principio lo
scorrimento prevalere sul bando di un nuovo concorso (Cass. 31 gennaio 2020, n. 2316; Cons. Stato, ad. plen. 28 luglio 2011, n. 14) -con la mobilità, anche in questo caso caratterizzata dalla prevalenza rispetto allo scorrimento di cui si è appena sopra detto.
È dunque impossibile riconoscere l’esistenza di un diritto soggettivo all’assunzione basato soltanto sull’illegittimità di nomine avvenute con altre modalità.
Ciò rende superflua sul punto ogni altra questione, ivi compreso qualsivoglia approfondimento istruttorio sulle illegittimità delle diverse nomine attuate secondo le modalità alternative di cui si è detto o il tema dell’onere della prova, sul quale non vi è luogo ad interrogarsi a fronte di una pretesa comunque giuridicamente infondata.
La pretesa azionata in causa risulta peraltro essere, in via di ultimo subordine, impostata anche sul piano risarcitorio.
5.1 Non è del tutto chiaro su quali presupposti esattamente fosse domandato il risarcimento del danno e ciò è già sufficiente, perché il difetto di specificità rende il ricorso inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c.
Tuttavia, se il senso di quella pretesa fosse quello per cui le illegittime nomine di altri o la preferenza per la mobilità o per gli incarichi ad interim non esplicitata in forme adeguate di motivazione, avrebbero leso l’interesse degli idonei del concorso ad una corretta conduzione dell’attività amministrativa, la domanda avrebbe la sostanza della richiesta di risarcimento del danno per lesione di un interesse legittimo pretensivo.
Una tale pretesa, afferendo all’ambito della responsabilità extracontrattuale, postula tuttavia la prova, a carico di chi agisce, dell’illegittimità del comportamento della P.A. e del nesso causale tra essa ed il danno (Cass., S.U., 22 luglio 1999, n. 500; Cons. Stato, ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7).
Quindi, ciò imporrebbe la prova sia, in ipotesi, dell’illegittimità della scelta di fondo di dare preferenza alla mobilità o alla copertura ad interim , oppure, in mancanza, dell’illegittimità della copertura del posto quale in concreto realizzata con modalità diverse dallo scorrimento.
In quest’ultimo caso, inoltre, si dovrebbe avere la prova che, se non si fosse proceduto con quelle diverse nomine o a fronte dell’annullamento (o disapplicazione, secondo l’impostazione ora data dalla ricorrente alla propria pretesa) di esse, la riedizione del potere da parte della P.A. avrebbe portato alla nomina della ricorrente, valendo, mutatis mutandis , i principi fissati dal consolidato orientamento secondo cui il risarcimento (in ipotesi, anche per perdita di chance ) è dovuto solo se sia data prova, sul piano della probabilità, che un regolare iter procedurale avrebbe comportato l’ottenimento del provvedimento favorevole (v., per i principi generali, Cons. Stato, ad. plen., 7/2021, cit. e giurisprudenza amministrativa ivi richiamata; Cass. 27 luglio 2021, n. 21535; Cass. 13 ottobre 2011, n. 21170).
6.1 Tutto ciò esclude che, sul piano probatorio, si possano avallare generiche istanze esplorative di ricerca documentale finalizzate e verifiche ex post di legittimità.
L’onere allegatorio e probatorio è di chi agisce e non si può certo parlare di vicinanza della prova rispetto ad un’azione di rango aquiliano.
Da disattendere è anche ogni questione sulla mancata contestazione, addotta con il terzo motivo in relazione anche a profili valutativi nel cui contesto l’istituto non opera (Cass. 6 luglio 2022, n. 21403; Cass. 30 gennaio 2024, n. 2844) e comunque con riferimento generico ed inidoneo come tale ad integrare i requisiti di specificità propri del ricorso per cassazione (art. 366 c.p.c.), in sostanza la ricorrente facendo riferimento a tutto quanto da essa addotto a fondamento della propria azione.
Ma non è così che vanno formulate, proprio per il richiamato principio, le censure nel giudizio di legittimità, dovendosi -con riferimento qui alla domanda risarcitoria -semmai evidenziare tutti i fatti storici di cui sarebbe necessaria la prova, far constare la loro allegazione puntuale e quindi la eventuale non contestazione, mentre il motivo contiene la trascrizione delle ragioni addotte in appello, rimettendo in ipotesi alla S.C. di ricercare quanto di esse potesse essere rilevante, decisivo o riguardare realmente fatti esattamente dedotti nella loro materialità storica.
6.2 Quanto agli altri profili, e con riferimento all’ipotetica illegittimità della preferenza data alla mobilità, la Corte territoriale ha ben spiegato -e fondatamente per quanto sopra detto -le ragioni per cui quest’ultima prevale sullo scorrimento delle graduatorie.
Anche quella dei segretari comunali e provinciali è -per esplicita previsione di legge (art. 1, co. 49 della legge n. 311 del 2004) e della contrattazione collettiva (art. 32 del CCNL dei segretari comunali e provinciali 1998-2001), il tutto come ampiamente spiegato da Cass., S.U., 19 gennaio 2016, n. 784 -una mobilità, destinata in forza delle norme anche a prevedere inquadramenti dirigenziali e dunque valgono analoghi principi.
Del resto, il ricorso per cassazione non può muoversi sulla base di generiche affermazioni di illegittimità della mobilità speciale così attuata, essendo pur sempre necessario rappresentare – sempre per i principi di cui all’art. 366 c.p.c. su cui si è detto ad altro proposito ed ancor più ove si ragioni in termini di responsabilità per fatto illecito, con quanto ne segue in punto di oneri probatori ragioni specifiche e chiaramente enucleate di sostegno della pretesa che giustifichino l’intervento cassatorio.
Analoghe carenze riguardano poi la questione delle nomine ad interim e del tutto generiche oltre che svolte con chiaro intento esplorativo sono le deduzioni rispetto ad asserite illegittimità delle
nomine mediante mobilità -talora ancorate a parametri inconferenti, come quando si fa riferimento alla mancata comunicazione alla ricorrente, quale idonea da concorso, delle nomine effettuate con la mobilità, senza spiegare su quale base dovesse essere svolto tale incombente.
6.3 Oltre a ciò, ed in via ancora assorbente, nessun elemento risulta in ordine al fatto che, a fronte della (ipotetica) illegittimità delle nomine la P.A. avrebbe comunque coperto il posto allorquando tale illegittimità fosse stata accertata e che essa avrebbe proceduto con lo scorrimento della graduatoria.
L’esistenza di un tale nesso viene prospettato, nell’intero impianto delle difese della ricorrente, sulla base di un vantato diritto allo scorrimento, ma si è già detto che del tutto correttamente la Corte territoriale ne ha escluso l’esistenza.
Anzi, il ragionamento della Corte d’Appello secondo cui legittimamente e doverosamente va data preferenza alla mobilità, vale evidentemente anche rispetto a questo punto ed in senso contrario rispetto alla ricostruzione di un nesso causale, anche ove si valuti il tema sul piano del giudizio prognostico in ordine all’ipotetica lesione di interessi legittimi.
6.4 Non vi sono dunque elementi per sostenere che la scelta (doverosamente preferenziale) per la mobilità o anche quella per l’ interim fossero illegittime e, quanto alla mobilità dei segretari comunali e provinciali, il ricorso per cassazione non contiene motivi formulati in modo idoneo ad evidenziare profili di erronea applicazione di norme da parte della Corte territoriale.
Infine, in via ulteriormente assorbente, mancano adeguati profili prognostici sul nesso causale, ovverosia nel senso che, ove rimosse in ipotesi quelle scelte alternative per la copertura dei posti vacanti, si sarebbe proceduto a scorrimento; così come, secondo quanto si dirà anche in prosieguo, è del tutto aleatorio che uno scorrimento avrebbe portato all’attribuzione del posto alla ricorrente.
Ciò non consente dunque l’accoglimento dei motivi neanche da questo punto di vista.
Il quinto motivo adduce la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 3, co. 102, della legge n. 244 del 2007, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, degli artt. 19. 30. 34 bis del d. lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 2, co. 6, della legge n. 135 del 2012 e della circolare della funzione pubblica del 22.2.2011.
7.1 Il motivo, che concerne il tema del recupero di facoltà assunzionali non fruite nelle annate precedenti, è formulato trascrivendo integralmente i passaggi del ricorso in appello e riprendendo ad un certo punto anche i temi dei primi motivi del ricorso per cassazione sui quali già si è detto.
Si tratta -per quanto riguarda i profili autonomi del motivo in esame – di formulazione inammissibile perché la Corte territoriale ha spiegato come l’esistenza di facoltà assunzionali non utilizzate in certe annate non obblighi ad assunzioni corrispondenti negli anni successivi, se la P.A. non ritenga di procedervi ed il motivo doveva prendere posizioni ripartitamente su questa argomentazione, come non ha fatto, non bastando la trascrizione delle difese di appello.
7 .2 In ogni caso, se l’assunto è quello in ordine a diritti che deriverebbero da ipotetiche illegittimità della scelta di non procedere alle assunzioni seppure queste ultime fossero teoricamente consentite dalla normativa, valgono considerazioni analoghe a quelle già svolte in precedenza.
Sia sul piano dell’attribuzione diretta del posto, sia sul piano risarcitorio -e fermo da quest’ultimo punto di vista il rilievo di cui supra , punto 5.1 – la ricorrente dovrebbe infatti dimostrare che le eventuali disponibilità in organico non sarebbero state colmate con la mobilità e poi altresì che lo scorrimento avrebbe comportato la sua assunzione.
7.3 Sul primo punto non vi sono elementi e tutto resta estremamente generico.
7.4 Ma anche il secondo punto, in sé assorbente, non presenta elementi di conforto alla tesi della ricorrente.
Anche quanto sostenuto al secondo motivo di ricorso, ove si afferma che la graduatoria di cui si chiede lo scorrimento sarebbe vigente « nei confronti solo della NOME » – si ipotizza per il fatto che altri non avevano contestato la mancata assunzione – è ricostruzione giuridica non proponibile, perché, se lo scorrimento deve avere corso, esso non può che coinvolgere tutti coloro che erano posizionati in quella graduatoria, a prescindere dalle azioni giudiziali da essi svolte, perché non può certo essere l’iniziativa giudiziaria a comportare il sorgere di una precedenza che nei fatti non c’è secondo l’ordine della graduatoria.
Il che vanifica anche sul piano della graduatoria del concorso il riscontro del nesso causale favorevole alla ricorrente, in quanto essa è collocata al 103° posto, mentre le assunzioni hanno raggiunto solo il 75° posto e dunque non si vede su quale base concreta dovrebbe concludersi nel senso che, se le assunzioni vi fossero state, si sarebbe davvero giunti a quella posizione.
Si tratta in sostanza, anche da questo punto di vista, di ragionamenti astratti ed aleatori, inidonei a sorreggere validamente il ricorso per cassazione.
8. Il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) degli artt. 91 e 92 c.p.c., sostenendo che la Corte d’Appello avrebbe dovuto compensare le spese, stante la reiezione dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Ministero, nonché alla luce del comportamento ostativo delle controparti rispetto all’acquisizione della documentazione necessaria al giudizio e dalla definizione bonaria della controversia.
È intanto da escludere che la reiezione dell’eccezione di giurisdizione abbia rilievo al fine di una valida decisione sulla soccombenza basata sulla infondatezza della domanda di merito.
Vale infatti il principio per cui in materia di procedimento civile, il criterio della soccombenza deve essere riferito alla causa nel suo insieme, con particolare riferimento all’esito finale della lite, sicché è totalmente vittoriosa la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta, a nulla rilevando che siano state disattese eccezioni di carattere processuale o anche di merito (Cass. 2 settembre 2014, n. 18503; Cass. 5 aprile 2003, n. 5373; Cass. 9 novembre 1981, n. 5914 del 09/11/1981).
È dunque da escludere che si possa parlare di soccombenza reciproca.
Ciò posto, la definizione della questione sulle spese in base al principio di soccombenza non impone alcuna motivazione sulla mancata valorizzazione di particolari circostanze al fine di addivenire alla compensazione (Cass. 26 aprile 2019, n. 11329; Cass., S.U., 15 luglio 2005, n. 14989).
Il ricorso va dunque integralmente disatteso e le spese del grado restano parimenti da regolare secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 6 maggio 2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
La Presidente
NOME COGNOME