Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5005 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5005 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6128-2018 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto
Altre ipotesi pubblico impiego
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/02/2024
CC
avverso la sentenza n. 1303/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 19/08/2017 R.G.N. 1890/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
1. con sentenza del 19 agosto 2017 la Corte d’appello di Catanzaro accoglieva l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE e, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda di NOME COGNOME, la quale, collocatasi al secondo posto di un concorso per la copertura di un posto a tempo indeterminato categoria D3 bandito dall’RAGIONE_SOCIALE, aveva chiesto dichiararsi il proprio diritto all’assunzione presso la RAGIONE_SOCIALE, appartenente allo stesso comparto, previo scorrimento della graduatoria, con risarcimento del danno; la Corte d’appello rigettava altresì l’appello principale della COGNOME contro la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato inammissibile, perché nuova, la sua domanda risarcitoria da ritardata assunzione;
il giudice d’appello rilevava -sulla base della prova documentale e delle circostanze rimaste incontestate – che la RAGIONE_SOCIALE, in primis , non aveva adottato determinazioni volte a coprire con personale esterno il posto vacante, rimasto ‘non disponibile’, in quanto nella programmazione del fabbisogno triennale relativa agli anni 2005/2007, e successivi, non era stata affatto prevista la copertura del posto categoria D3, sicché l’istituto dello ‘scorrimento’ della graduatoria non poteva operare;
aggiungeva che, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, non era stata provata neppure l’intesa fra le due amministrazioni, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, richiesta dall’art. 1 comma 100 della legge n. 311/2004 ai fini dell’utilizzabilità della graduatoria da parte di amministrazione diversa da quella che l’ha approvata, dal che conseguiva l’inutilizzabilità a monte della graduatoria su cui effettuare lo scorrimento;
osservava, infine, che la COGNOME, non avendo il diritto all’assunzione, non poteva ambire all’accoglimento della domanda di risarcimento del danno da ritardata assunzione;
avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di sette motivi assistiti da memoria, resistiti con controricorso dalla RAGIONE_SOCIALE.
Considerato che:
i primi quattro motivi di ricorso riguardano il rigetto della domanda volta al riconoscimento del diritto all’assunzione mediante lo scorrimento della graduatoria;
con il primo si denuncia, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dei principi sull’estensione della nozione giuridica di atto amministrativo e sull’atto amministrativo implicito; dalla sequenza delle evidenze documentali emergerebbe, a parere della ricorrente, l’innegabile decisione del Commissario dell’Ente di scorrere la graduatoria in linea con il connesso piano del fabbisogno di personale per l’anno 2008;
con il secondo mezzo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, commi 1 e 2, 35, comma 4, d.lgs. n. 165/2001, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento alla parola “determinazione” della p.a. inserita nei testi normativi precitati, per esprimere la volontà di procedere allo
scorrimento della graduatoria; basterebbe, ad avviso della ricorrente, un comportamento concludente o anche implicito dell’amministrazione di rendere disponibile il posto vacante senza l’apertura di una nuova procedura concorsuale;
con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 4, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in quanto la sentenza impugnata – che oblitera il testo del piano di fabbisogno dell’amministrazione del 2008 voluto dal Commissario – sottintende che il vincolo di legge per il reclutamento di personale non venga soddisfatto con una pianificazione operante per un solo anno; senonché, dalla delibera camerale n. 63/2008, contenente il testo del nuovo piano del fabbisogno di personale per il 2008, si evince la finalità di realizzare lo scorrimento della graduatoria, ivi precisandosi che solo il secondo posto libero D3 avrebbe dovuto essere riservato agli interni;
con il quarto si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 63, co. 1, d. lgs. n. 165/2001, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, cod. proc. civ., in quanto la sentenza gravata non ravvisa nella delibera camerale n. 63/2008 dell’Ente un atto di natura paritetica, con il quale si era manifestata la volontà di procedere con lo scorrimento della graduatoria nell’ambito di un piano poi tuttavia non attuato solo per l’opposizione delle OO.SS.; tant’è che dal verbale di riunione del 21.4.2008 si rileva che il segretario generale era venuto a perorare lo scorrimento non condividendo le osservazioni delle OO.SS.;
con il quinto mezzo, che afferisce alla mancata prova dell’intesa tra le amministrazioni sull’utilizzo della graduatoria, si denuncia violazione dell’art. 11, n. 2, c.p.a., nonché dell’art. 50 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, cod. proc. civ., in quanto la sentenza gravata, contro la regola della preclusione
processuale, prende in considerazione nel giudizio riassunto un tema non trattato dinanzi al giudice amministrativo; in ogni caso, la nota dell’RAGIONE_SOCIALE confermava l’adesione all’utilizzo della graduatoria e precisava che, a richiesta, si sarebbe rilasciato il formale nulla osta;
con il sesto mezzo ci si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 3, n. 61, legge n. 350/2003, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, cod. proc. civ., in quanto secondo la Corte di merito la ratio della norma, circa l’accordo per l’utilizzo di graduatoria approvata da altro Ente, non potrebbe dirsi conseguita allorché il primo ente abbia avuto il documento espressivo dell’adesione dell’altro all’operazione; il giudice d’appello, «fermandosi all’aspetto meramente formale», non aveva guardato «alla portata sostanziale degli atti infraprocedimentali» da cui si desumeva, viceversa, l’intesa tra le due amministrazioni ai sensi dell’art. 1 comma 100 legge n. 311/2004;
col settimo, ed ultimo, motivo di ricorso si denuncia, ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omesso esame della richiesta risarcitoria già formulata dinnanzi al TAR e reiterata dinanzi al giudice del lavoro in sede di riassunzione; pur dovendosi constatare che il rigetto dell’appello principale della COGNOME era conseguenziale all’accoglimento di quello, incidentale, della RAGIONE_SOCIALE, il giudice d’appello avrebbe dovuto nondimeno rilevare che l’azione risarcitoria era stata tempestiva, sicché erronea era la pronuncia di inammissibilità del giudice di primo grado dovuta essenzialmente ‘ad un’omessa percezione dei dati documentali’.
In applicazione del principio processuale della “ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., vanno esaminati con priorità il quinto e il sesto motivo del ricorso, la cui inammissibilità assorbe ogni altra questione dibattuta fra le parti.
La causa, infatti, può essere decisa sulla base della questione di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che
sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, secondo l’indirizzo espresso da questa Corte: «a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità di giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 cod. proc. civ.» (Cass. n. 363 del 2019; Cass. n. 11458 del 2018; Cass. 12002 del 2014; Cass. S.U. n. 9936 del 2014).
11. A riguardo, giova evidenziare che nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato l’orientamento secondo cui qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, ciascuna idonea a sorreggere il decisum , i motivi di ricorso devono essere specificamente riferibili, a pena di inammissibilità, a ciascuna di dette ragioni (cfr. fra le tante Cass. n. 17182/2020; Cass. n. 10815/2019) ed inoltre l’inammissibilità o l’infondatezza della censura attinente ad una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile o rigettata (cfr. Cass. n. 15399/2018).
12. Orbene, nella specie il giudice d’appello rilevava con una duplice ratio decidendi che la RAGIONE_SOCIALE non aveva adottato determinazioni volte a coprire con personale esterno il posto vacante, mediante scorrimento della graduatoria, e, (seconda ratio ), che non era stata comunque provata l’intesa fra le due amministrazioni, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, richiesta dall’art. 1 comma 100 della legge n. 311/2004 ai fini dell’utilizzabilità della graduatoria da parte di amministrazione
diversa da quella che l’aveva approvata, donde l’inutilizzabilità (ai fini dello scorrimento) della graduatoria medesima;
quinto e sesto motivo sono, appunto, incentrati sulla (sola) seconda ratio decidendi ;
il quinto difetta anzitutto di specificità ex art. 366 cod. proc. civ. non avendo la ricorrente riportato il contenuto degli atti processuali rilevanti; infatti, il ricorrente che censuri la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, deducendo la tardiva introduzione di una questione, deve specificare ai fini del rispetto del principio di autosufficienza del ricorso anche gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione (ex multis, Cass. 9888/2016, Cass. n. 15910/2005; n. 7846/2006; n. 27197/2006). Nel caso di specie, la ricorrente non ha trascritto, neanche nei passaggi salienti, gli atti processuali della fase giurisdizionale amministrativa, per consentire al Collegio di verificare se effettivamente la questione legata all’assenso dell’RAGIONE_SOCIALE fosse stata, o meno, oggetto ab origine di dibattito fra le parti, onde la pronuncia d’inammissibilità di tale censura si impone.
Per il resto, il quinto mezzo mira a un riesame nel merito del compendio documentale per addivenire, attraverso una diversa interpretazione del materiale istruttorio, a un risultato conforme ai desiderata della ricorrente, riesame (evidentemente) precluso in questa sede di legittimità.
Anche il sesto motivo pone essenzialmente una questione di interpretazione degli atti e documenti di causa, non consentita in sede di legittimità, al di fuori (beninteso) della prospettazione della violazione delle regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362 cod. civ. e ss. qui (si noti) nient’affatto dedotta.
L’inammissibilità del quinto e del sesto mezzo, rendono conseguentemente inattaccabile una delle due rationes decidendi della
sentenza impugnata, id est quella secondo cui ‘non era stata provata l’intesa fra le due amministrazioni che soltanto avrebbe potuto rendere utilizzabile la graduatoria’; tanto basta, or dunque, per ritenere inammissibili, sulla base dell’orientamento già richiamato al punto 11, anche i primi quattro motivi di ricorso, appalesandosi superflua ogni ulteriore disamina sull’esistenza di un diritto all’assunzione in base allo scorrimento della graduatoria alla stregua della volontà (ipotetica) dell’Ente di coprire il posto vacante con tale specifica modalità;
18. quanto al settimo motivo, l’inammissibilità dipende dal rilievo che la ricorrente non si confronta con il decisum che, negando il diritto all’assunzione, conclude coerentemente per l’infondatezza d’ogni domanda di danno da ritardata assunzione, sicché è evidente l’assenza di specificità e, prima ancora, di interesse alla doglianza, appalesandosi essa incentrata sulla (asserita) tempestività dell’azione risarcitoria, negata dal primo giudice sulla base «di un’omessa percezione dei dati documentali»;
conclusivamente, il ricorso dev’essere dichiarato nel complesso inammissibile, con addebito delle spese di legittimità alla COGNOME, parte soccombente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. 200,00 per esborsi e €. 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali al 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma l’8 febbraio 2024.