Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7065 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7065 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
Con la sentenza n. 603/2015, il Tribunale di Roma ha riconosciuto il diritto di NOME COGNOME ad ottenere la decorrenza giuridica del rapporto dirigenziale dal 9.3.2000 (data di deposito del ricorso al TAR del Lazio definito con la sentenza n. 61/2001) ed ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) al risarcimento del danno patrimoniale pari alle differenze retributive tra la suddetta data e quella di assunzione del 20.11.2001 .
La Corte di Appello di Roma, in parziale accoglimento del gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE) avverso tale la sentenza, ha dichiarato il diritto di NOME COGNOME ad ottenere la decorrenza giuridica RAGIONE_SOCIALE‘incarico di dirigente del RAGIONE_SOCIALEo ispettivo dalla data del 20.7.2001 ed ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore del medesimo, RAGIONE_SOCIALEa somma di € 14.350,62, oltre interessi legali dal 10.2.2008 al soddisfo.
La Corte territoriale ha ricostruito la vicenda processuale, evidenziando che il COGNOME aveva partecipato al concorso per esami, bandito dal RAGIONE_SOCIALE pubblicato sulla G.U. del 12.4.1997, per il conferimento di 20 posti di dirigente nel ruolo tecnico del RAGIONE_SOCIALE; nella relativa graduatoria, approvata con decreto n. 1069 del 31.3.1999 era risultato idoneo e si era collocato al 28° posto.
L’RAGIONE_SOCIALE aveva invitato i vincitori a presentarsi in data 1.12.1999 per la stipula del contratto di lavoro, ma quattro di essi non avevano assunto RAGIONE_SOCIALEo ed erano stati dichiarati decaduti dal diritto di nomina, un quinto aveva rinunciato pochi giorni dopo avere preso RAGIONE_SOCIALEo, ed altri due avevano rinunciato dopo circa
quattro mesi ed il COGNOME aveva pertanto chiesto alla medesima RAGIONE_SOCIALE di essere assunto; avendo ricevuto risposta negativa, aveva adito il giudice amministrativo.
Il TAR del Lazio, con sentenza n. 17/2001 (confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2898/2007), aveva annullato la determinazione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE di non ricorrere allo scorrimento RAGIONE_SOCIALEa graduatoria; in data 20.7.2001 l’RAGIONE_SOCIALE aveva invitato il COGNOME a presentarsi per la stipula del contratto di dirigente, ma subito dopo gli aveva comunicato il rinvio ad altra data in quanto erano intervenute le richieste di assunzione di altri idonei RAGIONE_SOCIALEo stesso concorso.
COGNOME aveva pertanto nuovamente adito il TAR per ottenere l’esecuzione RAGIONE_SOCIALEa precedente sentenza; il giudice amministrativo, con sentenza n. 9356/2001 ha disposto l’obbligo RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE di procedere allo scorrimento RAGIONE_SOCIALEa graduatoria.
La Corte territoriale ha osservato che avverso la decisione di rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda di immissione nel ruolo con decorrenza dalla data di notifica del ricorso (9.3.2000) il COGNOME non aveva proposto appello al Consiglio di Stato, con la conseguenza che su tale domanda si è formato il giudicato; ha inoltre ritenuto infondata la domanda di retrodatazione RAGIONE_SOCIALE‘incarico dirigenziale al dicembre 1999.
Ha rilevato che i giudici amministrativi hanno annullato il provvedimento impugnato ed hanno escluso la sussistenza di un diritto soggettivo perfetto del privato all’assunzione, senza precisare il momento RAGIONE_SOCIALEo scorrimento, e dunque del perfezionamento del diritto all’assunzione, limitandosi a precisare che il ricorso alla graduatoria doveva essere effettuato entro il limite massimo di validità RAGIONE_SOCIALEa medesima.
Il giudice di appello ha dunque ritenuto la sussistenza di un giudicato di rigetto sulla domanda di assunzione in base allo scorrimento RAGIONE_SOCIALEa graduatoria nei termini richiesti dal ricorrente (immissione in ruolo dal dicembre 1999, data in cui quattro degli idonei avevano rinunciato al posto, ovvero dalla data del deposito del ricorso al TAR).
Considerato che il COGNOME si era classificato 28° e che i posti erano venti, ha ritenuto che il medesimo dovesse attendere lo scorrimento fino al 28° posto;
ha pertanto ritenuto insufficienti le 7 rinunce e decadenze intervenute nei primi 4 mesi dal 1.12.1999 (secondo le prospettazioni contenute nel ricorso di primo grado), evidenziando che solo nel luglio 2001 si erano verificati i presupposti per l’assunzione, in quanto vi era stato un effettivo scorrimento da parte RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione.
Ha reputato ininfluenti sulla posizione del COGNOME sia la sospensione RAGIONE_SOCIALE‘assunzione da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE in ragione RAGIONE_SOCIALEa presentazione di altre domande di scorrimento (in quanto il TAR in sede di ottemperanza aveva rilevato che l’RAGIONE_SOCIALE, in attuazione RAGIONE_SOCIALEe sentenze del giudice amministrativo, avrebbe dovuto far scorrere la graduatoria solo per coloro che, come il COGNOME, avevano presentato ricorso innanzi al giudice amministrativo), che la stipula di RAGIONE_SOCIALE a tempo determinato.
Quanto al secondo profilo, ha valorizzato le circostanze che le assunzioni a termine (solo quattro per la qualifica dirigenziale) non erano state effettuate prima del maggio 2001 e ancorché fosse presumibile che con tali nomine l’RAGIONE_SOCIALE avesse in parte riempito le vacanze causate dalle pregresse rinunce nel concorso a 20 dirigenti, ha escluso che il COGNOME potesse avere una posizione di vantaggio, in quanto era 28° ed era preceduto in graduatoria dai 4 colleghi che come lui avevano fatto ricorso al TAR.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria.
11 . L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
DIRITTO
Con l’unico motivo, il ricorso denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo e la conseguente errata applicazione del giudicato amministrativo in relazione alla retrodatazione RAGIONE_SOCIALEa decorrenza giuridica RAGIONE_SOCIALE‘assunzione.
Addebita alla sentenza impugnata il travisamento del giudicato amministrativo in relazione ai termini di maturazione del diritto all’assunzione del ricorrente.
Evidenzia che il giudice di appello ha omesso di considerare che l’art. 13, comma 6, del d.l. n. 67/1997, posto a fondamento RAGIONE_SOCIALEe pronunce amministrative, ha previsto l’immediata copertura di 20 posti tecnici con qualifica di dirigente, che nel mese di dicembre 1999 i posti da coprire erano già cinque (come risulta anche dalla sentenza impugnata), che in attuazione RAGIONE_SOCIALEe sentenze del giudice amministrativo l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto scorrere la graduatoria solo per coloro che avevano presentato ricorso al TAR, e che nel caso di specie li idonei aventi diritto allo scorrimento prima del COGNOME erano solo quattro, come affermato dal TAR del Lazio in sede di ottemperanza.
Lamenta la contraddittorietà RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, che si è discostata dagli incontrovertibili elementi nella medesima indicati; evidenzia inoltre che l’obbligo RAGIONE_SOCIALE‘esponente all’assunzione non discende dalla pronuncia del giudice amministrativo , ma direttamente dalla legge, che impone l’immediata copertura dei 20 posti di dirigente tecnico, e non il mero collocamento in graduatoria.
Il ricorso è inammissibile.
L a sentenza impugnata ha rilevato la sussistenza di un giudicato di rigetto sia in ordine alla domanda del COGNOME di assunzione in base allo scorrimento RAGIONE_SOCIALEa graduatoria nei termini richiesti dal ricorrente (immissione in ruolo dal dicembre 1999), sia in ordine alla domanda del COGNOME di immissione nel ruolo con decorrenza dalla data di notifica del ricorso al TAR.
A fronte di tali statuizioni, il ricorso lamenta il travisamento del giudicato amministrativo costituito dalla sentenza del TAR del Lazio n. 18/2001 (confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2898/2007), sostenendo che lo stesso giudicato ha riconosciuto il diritto alla retrodatazione RAGIONE_SOCIALE‘immissione in ruolo del COGNOME alla data RAGIONE_SOCIALEa notifica RAGIONE_SOCIALE‘originario ricorso al TAR (9.3.2000).
Deve innanzitutto rammentarsi che il giudicato esterno, in quanto provvisto di ‘vis imperativa’ e indisponibilità per le parti, va assimilato agli ‘elementi normativi’, sicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua RAGIONE_SOCIALE‘esegesi RAGIONE_SOCIALEe norme e non già deg li atti e dei negozi giuridici, in base agli artt. 12 disp. prel. cod. civ., con conseguente sindacabilità degli eventuali errori
interpretativi sotto il profilo RAGIONE_SOCIALEa violazione di legge (v. Cass. S.U. n. 11501/2008; Cass. n. 30838/2018).
Ciò premesso, il ricorso è formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 4 e 369 n. 4 cod. proc. civ., non è autosufficiente, in quanto non trascrive la parte del giudicato di cui lamenta il travisamento, né localizza il giudicato, e non consente dunque di verificare la fondatezza RAGIONE_SOCIALEa censura.
Questa Corte ha chiarito che l’esercizio del potere -dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto RAGIONE_SOCIALEe regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012); la parte non è dunque dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base RAGIONE_SOCIALE‘errore denunciato e di riportare nel ricorso, nelle parti essenziali, gli atti rilevanti, non essendo consentito il mero rinvio per relationem , perché la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza RAGIONE_SOCIALEa censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (cfr. fra le più recenti Cass. S.U. n. 20181/2019; Cass. n. 20924/2019).
Gli oneri sopra richiamati sono, altresì, funzionali a permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame risulti indispensabile ai fini RAGIONE_SOCIALEa decisione sicché, se da un lato può essere sufficiente per escludere la sanzione RAGIONE_SOCIALEa improcedibilità il deposito RAGIONE_SOCIALEa richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio nonché dei fascicoli di parte di entrambi i gradi del giudizio di merito, dall’altro non si può mai prescindere dalla specificazione RAGIONE_SOCIALE‘esatta sede in cui il documento o l’atto sia rinvenibile (Cass. S.U. n. 25038/2013).
La decisione RAGIONE_SOCIALEa Corte Europea dei Diritti RAGIONE_SOCIALE‘Uomo del 28 ottobre 2021, COGNOME ed altri contro Italia, ha escluso che l’orientamento sopra richiamato sia in sé lesivo del diritto di accesso alla giurisdizione superiore ed ha rilevato che la cosiddetta autosufficienza del ricorso, se applicata senza cadere in eccessivo formalismo, serve a semplificare l’attività RAGIONE_SOCIALE‘organo giurisdizionale nazionale e ad assicurare nello stesso tempo la certezza del diritto nonché la corretta amministrazione RAGIONE_SOCIALEa giustizia (punto 75) in quanto, consentendo alla Corte di
Cassazione di comprendere il contenuto RAGIONE_SOCIALEe doglianze sulla base RAGIONE_SOCIALEa sola lettura del ricorso, garantisce un utilizzo appropriato e più efficace RAGIONE_SOCIALEe risorse disponibili ( punti 78, 104 e 105).
Le Sezioni Unite di questa Corte, nel recepire detta sollecitazione, con la sentenza n. 8950 del 18 marzo 2022 hanno affermato che l’onere di «specifica indicazione» imposto dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. non si può «tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso», ma hanno anche ritenuto necessaria l’individuazione chiara del contenuto RAGIONE_SOCIALE‘atto, cosa che nel caso in esame non è avvenuta.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, RAGIONE_SOCIALE‘obbligo, per il ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese di giudizio, che liquida in € 4. 500,00 per competenze professionali, oltre spese prenotate a debito;
dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘obbligo per parte ricorrente, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 9.2.2024.
Il Presidente NOME COGNOME