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Scorrimento graduatoria: P.A. libera su nuove selezioni

La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non è obbligato a utilizzare lo scorrimento di una graduatoria esistente per le progressioni di carriera interne. Alcuni dipendenti, idonei in una selezione del 2008, avevano chiesto la promozione e l’accesso a una selezione superiore, ma la Corte ha confermato la legittimità della scelta dell’ente di indire una nuova procedura selettiva, in virtù del suo potere discrezionale.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Scorrimento Graduatoria: Quando la P.A. Può Indire un Nuovo Concorso?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per i dipendenti pubblici: la gestione delle progressioni di carriera e l’utilizzo dello scorrimento graduatoria. La questione centrale riguarda la discrezionalità della Pubblica Amministrazione nel decidere se attingere da una graduatoria di idonei esistente o indire una nuova procedura selettiva. La decisione chiarisce i confini di questo potere, distinguendo nettamente tra assunzioni dall’esterno e progressioni di carriera interne.

I Fatti del Caso: La Richiesta dei Dipendenti e la Scelta dell’Ente

Un gruppo di dipendenti di un importante ente nazionale di previdenza sociale, inquadrati nell’Area C, profilo C3, aveva partecipato a una selezione interna nel 2008 per il passaggio al profilo superiore C4. Pur essendo risultati idonei, non si erano classificati in posizione utile per la promozione (i cosiddetti “idonei non vincitori”).

Anni dopo, nel 2016, l’ente ha indetto una nuova procedura selettiva per il passaggio a vari profili, tra cui il C4 e il C5. I dipendenti hanno contestato questa decisione, sostenendo che l’ente avrebbe dovuto utilizzare lo scorrimento della graduatoria del 2008 per promuoverli al profilo C4. Inoltre, ritenevano di avere diritto a partecipare alla selezione per il profilo C5, una volta ottenuto l’inquadramento superiore.

La Decisione nei Precedenti Gradi di Giudizio

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le richieste dei lavoratori. I giudici di merito hanno stabilito che le norme che favoriscono lo scorrimento delle graduatorie si applicano principalmente alle procedure di “assunzione” dall’esterno, per garantire il principio del pubblico concorso, e non automaticamente alle progressioni di carriera interne. La scelta di indire un nuovo concorso è stata considerata una decisione discrezionale dell’amministrazione, volta a bilanciare i vari interessi pubblici.

L’Analisi della Cassazione e i motivi del ricorso

I dipendenti hanno presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due vizi:
1. Omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 c.p.c.): Sostenevano che la Corte d’Appello non si fosse pronunciata sulla loro argomentazione secondo cui la mera idoneità al profilo C4 avrebbe dovuto garantire la partecipazione alla selezione per il C5, data l’equivalenza formale delle mansioni nell’Area C.
2. Carenza di motivazione (violazione dell’art. 132 c.p.c.): Ritenevano che la sentenza d’appello fosse priva di una motivazione adeguata, specialmente riguardo alle censure avanzate.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, giudicandolo infondato. Gli Ermellini hanno chiarito che la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua decisione. Respingendo la richiesta principale di promozione al profilo C4 tramite scorrimento, la corte territoriale aveva implicitamente, ma logicamente, escluso anche il conseguente diritto a partecipare alla selezione per il C5. Pertanto, non vi era stata alcuna omessa pronuncia, ma un assorbimento del secondo motivo di appello nel rigetto del primo.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la scelta tra lo scorrimento di una graduatoria esistente e l’indizione di un nuovo concorso per le progressioni verticali rientra nel potere discrezionale della Pubblica Amministrazione. Le norme che privilegiano lo scorrimento sono pensate per l’accesso dall’esterno e non si estendono in modo automatico alle dinamiche interne di carriera.

La motivazione della sentenza d’appello è stata ritenuta né assente né meramente apparente, ma chiara nell’esporre la ratio decidendi: la non utilizzabilità della graduatoria del 2008 precludeva ogni ulteriore pretesa. La decisione dell’ente era legittima, in quanto espressione di una scelta discrezionale volta alla cura dell’interesse pubblico primario.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida l’orientamento secondo cui la Pubblica Amministrazione gode di ampia discrezionalità nella gestione delle progressioni di carriera interne. Per i dipendenti pubblici, ciò significa che l’idoneità in una graduatoria non si traduce in un diritto automatico alla promozione tramite scorrimento, specialmente quando l’amministrazione, con una scelta motivata, opta per una nuova procedura selettiva. La decisione sottolinea la distinzione tra le regole per l’accesso al pubblico impiego e quelle per lo sviluppo di carriera interno, confermando che quest’ultimo è governato da logiche che lasciano un margine significativo all’autonomia organizzativa dell’ente.

La Pubblica Amministrazione è sempre obbligata a utilizzare lo scorrimento di una graduatoria esistente per le progressioni di carriera interne?
No. Secondo la Corte, l’obbligo di preferire lo scorrimento della graduatoria rispetto all’indizione di un nuovo concorso non si applica automaticamente alle selezioni per le progressioni di carriera interne. La P.A. conserva un potere discrezionale in materia.

L’idoneità in una graduatoria per una certa posizione (es. C4) dà automaticamente diritto a partecipare a selezioni per posizioni superiori (es. C5)?
No. La Corte ha ritenuto che il diritto a partecipare alla selezione per la posizione C5 fosse escluso dal mancato riconoscimento del diritto alla posizione C4 tramite scorrimento, respingendo l’idea di un’equivalenza automatica tra le diverse posizioni economiche ai fini della partecipazione a nuove selezioni.

Quando la motivazione di una sentenza è considerata “apparente” e quindi nulla?
La motivazione è “apparente”, e la sentenza nulla, quando, pur essendo graficamente presente, contiene argomentazioni che non rendono percepibile il fondamento della decisione, cioè non chiariscono il ragionamento seguito dal giudice per arrivare al suo convincimento. In questo caso, la Corte ha escluso tale vizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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