Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5309 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5309 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31239/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
-controricorrente –
Oggetto:
Pubblico
impiego –
Costituzione
rapporto
–
Avviamento
all’assunzione
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 08/02/2024 CC
avverso la sentenza n. 377/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 26/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 08/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 377/2018 del 26 aprile 2018, la Corte d’appello di Catania, nella regolare costituzione dell’appellato RAGIONE_SOCIALE, ha accolto l’appello proposto da COGNOME avverso la sentenza n. 575/2015 del Tribunale di Siracusa e, per l’effetto, ha condannato il medesimo RAGIONE_SOCIALE a sottoporre COGNOME alla prova tecnica selettiva di cui alla richiesta di avviamento del 10 dicembre 2003.
Come riferito dalla decisione impugnata, nel dicembre 2003 il RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto alla SCICA di Noto l’avviamento di tre nominativi alla selezione per l’assunzione a tempo indeterminato nella qualifica di operatore servizio tecno-manutentivi cat. A1 affossatore necroforo.
Avvenuto l’avviamento di tre nominativi , il RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE aveva proceduto alle prove selettive, all’esito delle quali era stato assunto solo il candidato collocato al primo posto della graduatoria, essendo risultato l’RAGIONE_SOCIALE idoneo.
L’odierno controricorrente, posizionato al quarto posto della graduatoria, aveva allora agito per ottenere l’accertamento del proprio diritto ad essere sottoposto alle prove selettive, deducendo un obbligo in tale senso del RAGIONE_SOCIALE, avendo quest’ultimo rite nuto non idonei gli altri due soggetti indicati.
Respinta la domanda da parte del Tribunale di Siracusa, la Corte d’appello di Catania, nell’accogliere il gravame ha richiamato il disposto
di cui agli artt. 25 e 27, d.P.R. 487/1994, osservando che il Comune era tenuto ad inoltrare la richiesta di avviamento a selezione per un numero di lavoratori doppio rispetto ai posti da ricoprire e che, in caso di mancato superamento delle prove da parte di alcuni dei lavoratori, era tenuto a sostituire i soggetti non idonei mediante ulteriori avviamenti secondo l’ordine della graduatoria con la conseguenza che, nel caso in esame, dichiarati non idonei due dei tre lavoratori sottoposti a prova, il RAGIONE_SOCIALE era da ritenersi tenuto a sottoporre a prova l’odierno ricorrente, quale quarto in graduatoria.
La Corte, poi, ha disatteso la deduzione del RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE secondo il quale i due posti ulteriori erano stati coperti mediante procedure di stabilizzazione, affermando che tale circostanza non era stata documentata.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catania ricorre il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 116 Cost.; 14, Statuto Regione Sicilia, 4, comma 16, L. 56/1987; 4, D.P.C.M. 392/1987; L.R. Sicilia 36/1990.
Il ricorrente impugna la decisione della Corte d’appello di Catania, in quanto quest’ultima avrebbe applicato erroneamente il d.P.R. 487/1994, laddove, stante l’autonomia statutaria della Regione Sicilia
e la riserva di legislazione esclusiva a favore di quest’ultima in materia di regime degli enti locali, la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare le LL.RR. Sicilia nn. 36/1990 e 12/1991, le quali richiamano la L. 56/1987, la quale, a propria volta, richiama il D.P.C.M. n. 392/1987.
Argomenta il Comune ricorrente, sulla base di tali previsioni, che esse era tenuta a chiedere alla sezione competente per l’avviamento un numero di lavoratori unicamente pari a quello dei posti da ricoprire e non equivalente al doppio dei posti medesimi, con conseguente assenza di alcun vincolo a sottoporre l’odierno ricorrente -quarto nella graduatoria -alla prova selettiva.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale:
-avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo costituito dall’avvenuta copertura dei posti rimasti liberi mediante procedure di stabilizzazione di LSU;
-non avrebbe posto a fondamento della decisione i fatti non contestati specificamente dall’odierno controricorrente il quale non avrebbe specificamente contestato tale allegazione da parte del RAGIONE_SOCIALE.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 91 c.p.c. in quanto la statuizione della Corte territoriale sulle spese di lite sarebbe l’erroneo frutto dell’erronea decisione del merito della controversia.
I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.
2.1. Occorre rammentare che la Corte di cassazione, in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l’osservanza e
l’uniforme interpretazione della legge, può ritenere fondata o infondata la questione sollevata dal ricorso anche sulla base di argomenti diversi da quelli prospettati dalle parti, perché l’esercizio del potere di qualificazione giuridica dei fatti accertati nel giudizio di merito, come esposti nel ricorso e nella sentenza gravata, incontra come RAGIONE_SOCIALE limite quello imposto dall’art. 112 c.p.c. (cfr. fra le tante Cass. n. 25223/2020; Cass. n. 27542/2019; Cass. n. 18775/2017; Cass. 11868/2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Tale facoltà deve essere esercitata nel caso in esame, in quanto alla soluzione della controversia si deve pervenire attraverso la ricostruzione di un quadro normativo parzialmente difforme rispetto a quello preso in esame dalle parti ed adottato dalla decisione impugnata.
2.2. Questa Corte ha già in passato (Cass. Sez. L, Sentenza n. 33252 del 2021) richiamato la ricostruzione del rapporto, da un lato, tra la materia – riservata in via esclusiva al legislatore statale dell’ordinamento civile in tema di trattamento economico e giuridico dei dipendenti pubblici e, dall’altro lato, la competenza regionale in materia di regime degli Enti locali, come chiarita dalla Corte costituzionale in numerose pronunce.
Va, pertanto, rammentato che la Corte Costituzionale ha precisato, nel delineare i confini tra ciò che è ascrivibile alla materia “ordinamento civile” e ciò che invece ricada nella competenza regionale, che sono da ricondurre alla prima “gli interventi legislativi che dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere (ex multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)” (sentenza n. 32 del 2017), rientrando invece nella seconda “i profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego pubblico regionale” (sentenze n. 241 del 2018 e n. 149 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 191 del 2017 e n. 63 del 2012).
Detti principi valgono anche per una Regione ad autonomia speciale, quale la Regione Siciliana ( ex plurimis , sentenze n. 194 e n. 16 del 2020, n. 81 del 2019, n. 172 del 2018, n. 257 del 2016, n. 211 del 2014, n. 151 del 2010 e n. 189 del 2007), alla cui competenza esclusiva appartiene la materia di “ordinamento degli uffici e degli enti regionali” di cui all’ art. 14, lettera p, dello Statuto (sentenza n. 25 del 2020).
Si è quindi affermato che, quando la disposizione regionale non regolamenta il rapporto di lavoro, bensì detta una disciplina finalizzata alla realizzazione di esigenze organizzative dell’amministrazione, viene in rilievo non già la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, bensì quella regionale nella materia “ordinamento degli uffici e degli enti regionali”, la quale comunque incontra i limiti derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economiche sociali, quali sono le disposizioni di cui al D. Lgs. n. 165/2001 (Corte cost. 22 febbraio 2021, n. 25).
2.3. Operata tale premessa, tuttavia, si osserva che a venire in rilievo nella specie è la L.R. Sicilia n. 10/2000 ( Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana. Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. Istituzione dello RAGIONE_SOCIALE. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento. ), il cui art. 1, comma 2, stabilisce espressamente che ‘ Per quanto non previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche ed integrazioni, sostituendo al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Consiglio dei Ministri rispettivamente il Presidente della Regione e la Giunta regionale. ‘ .
Detto richiamo ‘mobile’ viene quindi ad estendersi alla successiva disciplina del D. Lgs. n. 165/2001, il cui art. 35, comma 1, lett. b), fissa come principio generale quello per cui ‘ L’assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro: (…) b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, facendo salvi gli eventuali ulterio ri requisiti per specifiche professionalità’ .
Il successivo art. 70, comma 13, del medesimo D. Lgs. n. 165/2001 , dispone invece che ‘ In materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto dagli articoli 35 e 36, salvo che la materia venga regolata, in coerenza con i principi ivi previsti, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti ‘ .
Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che l’applicazione del d.P.R. n. 487/1994, affermata anche nella decisione impugnata, non risulti preclusa dall’invocata autonomia statutaria della Regione Sicilia, in quanto è stata la Regione stessa, esattamente nell’esercizio dei propri poteri di autonomia, ad optare in epoca ben successiva alla L.R. Sicilia n. 36/1990, invocata dal ricorrente, senza peraltro considerare che quest’ultima richiamava comunque la fonte nazionale di cui alla L. n. 56/1987 -per un richiamo diretto alla disciplina statale in tema di avviamento al lavoro.
2.4. Consegue direttamente da dette considerazioni l’infondatezza anche del secondo motivo.
Quest’ultimo, infatti, postulava l’accoglimento della tesi della correttezza dell’avviamento di un numero di candidati solo equivalente ai posti da coprire, e non invece pari al doppio di tali posti.
Esclusa la fondatezza di tale tesi, emerge la irrilevanza della circostanza che solo successivamente gli altri due posti fossero stati coperti con la stabilizzazione di personale precario, ferma l’ulteriore considerazione per cui il motivo viene in realtà a sindacare la valutazione degli elementi probatori rimessa invece al giudice di merito, cui ulteriormente spetta apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto che gli è riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte, la quale, ex art. 115 c.p.c., produce l’effetto della relevatio ad onere probandi (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3680 del 07/02/2019), in quanto tale apprezzamento esige l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda e delle deduzioni delle parti da ciò derivando che l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione risulta sindacabile in cassazione solo per solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. L, Sentenza n. 10182 del 03/05/2007).
Il terzo motivo è inammissibile.
Ci si trova di fronte ad un motivo meramente ottativo o ipotetico, in quanto finalizzato a prospettare uno scenario alternativo di decisione sulle spese di lite nel giudizio di merito in caso di recepimento delle tesi delle ricorrenti.
È evidente, tuttavia, che un motivo col quale si prospetti quella che avrebbe dovuto -o dovrebbe -essere la diversa regolamentazione delle spese di lite nello scenario di un ipotetico – auspicato – diverso
esito del giudizio di merito non costituisce un vero ed ammissibile motivo di gravame -non censurandosi nel concreto la decisione sulla spese per la diretta violazione di una delle regole di distribuzione di cui agli artt. 91 segg. c.p.c. – ma una semplice prospettazione alternativa, destinata ad essere o assorbita dall’eventuale accoglim ento degli altri motivi di ricorso -rendendosi in quel caso necessaria una nuova statuizione sulle spese – o, in caso di rigetto dei motivi medesimi -come è nel caso in esame – a risultare inammissibile per radicale carenza di autonomia.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna il Comune ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 8 febbraio