SENTENZA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI N. 6328 2025 – N. R.G. 00004379 2021 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 09 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dai magistrati:
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME Consigliere
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME
Consigliere rel.
riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nel procedimento contrassegnato con il n. NUMERO_DOCUMENTO RNUMERO_DOCUMENTO., avente ad oggetto ‘ Altre controversie di diritto amministrativo ‘, fissato per la trattazione scritta all’udienza collegiale del 28.5.2025 e vertente
TRA
(P.IVA , in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura alle liti rilasciata su foglio separato da ritenersi apposta in calce all’atto di appello, dagli avv.ti NOME COGNOME (c.f. P.
) e NOME COGNOME (c.f. ) ed elettivamente domiciliata unitamente ai propri procuratori presso l’ufficio legale dell’ente, sito in alla INDIRIZZO; C.F. C.F.
APPELLANTE
E
P.IVA ), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura alle liti rilasciata su foglio separato da ritenersi apposta in calce alla comparsa di costituzione in appello, dagli avv.ti NOME COGNOME (c.f. , NOME COGNOME (c.f. ) e NOME COGNOME (c.f. ) ed elettivamente P. C.F. C.F. C.F.
domiciliato presso il loro studio, sito in Santa Maria Capua Vetere (CE) alla INDIRIZZO;
APPELLATO
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso monitorio, depositato presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 15.7.2017, il (d’ora in poi solo ‘), provvisoriamente accreditato per l’erogazione di prestazioni di laboratorio di analisi chimico -cliniche ed istologiche, chiedeva ingiungersi all’ (d’ora in avanti solo ) il pagamento della somma di € 125.998,00, oltre interessi moratori di cui agli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002, a titolo di saldo del corrispettivo dovutogli per le prestazioni erogate in favore degli assistiti del negli anni 2010, 2011, 2012 e gennaio 2013, non versatogli dall’ per effetto dell’applicazione, a suo avviso illegittima, dello sconto tariffario ex art. 1, comma 796, lett. o) della L. n. 296/2006. Parte Parte
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere accoglieva il ricorso e, con decreto n. 2587/2017, depositato in data 11.10.2017, ingiungeva all’ il pagamento dell’importo richiesto, oltre ‘ interessi di legge dal dovuto al saldo ‘. Parte
Avverso tale decreto, con atto di citazione notificato in data 21.11.2017, proponeva opposizione l’ deducendo l’infondatezza della pretesa creditoria azionata e la non debenza dell’importo rivendicato, in quanto scaturente dall’applicazione della normativa sullo sconto, nonché dall’efficacia e validità dello sconto tariffario anche oltre il triennio 2007 -2009 in base alle previsioni contenute nel contratto stipulato tra le parti. Parte
Costituendosi in giudizio con comparsa depositata in data 14.6.2018, il Centro chiedeva il rigetto dell’opposizione e la condanna dell’ al pagamento della somma ingiunta, evidenziando l’inapplicabilità dello sconto tariffario sia in via normativa, stante il carattere transitorio della norma in oggetto, sia in via pattizia, attesa la genericità delle clausole contrattuali di cui agli artt. 4 e 5, in cui si richiama l’art. 1, comma 796, lett. O della Legge n° 296/2006. Parte
Con sentenza n. 833/2021 pubblicata il 30.3.2021, il Tribunale sammaritano, ritenuta preliminarmente sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, sul presupposto che l’oggetto della controversia non atteneva all’esercizio di poteri valutativi/discrezionali della PA, ma all’adempimento di obbligazioni aventi fonte nel rapporto di concessione, rigettava l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo opposto e condannando l’ al pagamento delle spese di lite. A fondamento della decisione affermava che non erano oggetto di contestazione le prestazioni erogate dal Centro e che l’operatività dello sconto previsto dall’art. 1 comma 796 lett. o) l. 296/2006 era limitata al triennio 2007 -2009, con la conseguenza che esso non poteva operare con riferimento alle prestazioni oggetto del giudizio, erogate dal 2010 al gennaio 2013. Escludeva, altresì, che la disciplina dello sconto sulle singole prestazioni potesse applicarsi in virtù delle pattuizioni contrattuali, stante il generico richiamo della norma sullo sconto contenuto negli artt. 4 e 5 del Parte
contratto sottoscritto tra le parti, da cui doveva evincersi l’insussistenza di una volontà delle parti di recepire pattiziamente lo sconto di cui alla citata normativa.
Con atto di citazione notificato in data 26.10.2021, l’ ha proposto tempestivo appello, lamentando, con un primo motivo di doglianza, l’ error in iudicando nell’avere ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario in luogo di quella del giudice amministrativo, considerato l’esercizio di poteri autoritativi della P.A. in materia di programmazione sanitaria. Con un secondo complesso motivo, l’appellante ha censurato l’errore del primo giudice nella valutazione del petitum , deducendo che la pretesa creditoria azionata non doveva essere inquadrata quale mancato pagamento di prestazioni, bensì come (non dovuta) richiesta di maggiorazione del prezzo derivante dalla richiesta inapplicabilità dello sconto contrattualmente previsto; sul punto, l’ ha dedotto, da un lato, l’erroneità dell’interpretazione contrattuale fornita dal Tribunale, nonostante il chiaro e univoco tenore letterale delle sue previsioni e la indubbia volontà delle parti (entrambi operatori qualificati) di recepire lo sconto; e, dall’altro lato, che ‘le somme richieste nell’atto introduttivo rappresentano il superamento del limite di spesa relativamente alle predette annualità, che non è possibile corrispondere, giacché. per le prestazioni rese, la società è stata già remunerata nei limiti invalicabili dei Decreti regionali all’epoca vigenti’. Con il terzo e ultimo motivo, infine, ha censurato l’applicazione della disciplina sugli interessi di mora di cui al d.lgs. 231/2002, ritenendola non operante nella fattispecie in esame. Chiedeva, quindi, di ‘annullare la sentenza e riformarla nel senso di accogliere integralmente l’opposizione proposta in primo grado’ e dichiarare che nulla è dovuto da parte della al Centro appellato, con vittoria di spese e onorari di entrambi i gradi di giudizio. Parte Part Parte
In via subordinata, chiedeva ammettersi CTU contabile per accertare il superamento del tetto di spesa per la macroarea di riferimento per gli anni 2010, 2011 e 2012.
Costituendosi in giudizio con comparsa depositata in data 1.2.2022, il Centro appellato ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. e, nel merito, la sua infondatezza.
All’udienza collegiale del 28.5.2025, tenutasi mediante il deposito di note di trattazione scritta ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., la causa veniva trattenuta in decisione, previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
Va, preliminarmente, rigettato il primo motivo di gravame, avente ad oggetto la carenza di giurisdizione del giudice ordinario, condividendo questa Corte la valutazione già compiuta nella sentenza di primo grado, per la quale, poiché la controversia in esame ha ad oggetto diritti soggettivi, che non attengono ad aspetti involgenti poteri autoritativi della PRAGIONE_SOCIALE., ma esclusivamente all’accertamento della sussistenza del diritto soggettivo del Centro accreditato al pagamento delle
somme richieste e non corrisposte, per illegittima decurtazione a titolo di sconto tariffario, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario (cfr. ex multis Cass. n. 30963/2022; Cass. n. 372/2021).
Parimenti infondato è il secondo motivo di appello.
Con esso l’ ha censurato l’erronea valutazione del petitum da parte del primo giudice, assumendo che l’importo rivendicato dal non costituirebbe il saldo del corrispettivo per le prestazioni erogate, bensì una maggiorazione del prezzo, derivante dalla mancata applicazione dello sconto, contrattualmente previsto, sulle tariffe. Contemporaneamente, ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 quinquies d.lgs. 502/1992, nonché degli artt. 1362 e 1372 c.c. sull’interpretazione dell’efficacia del contratto e della volontà dei contraenti, nonché l’omessa valutazione della documentazione depositata. Sul punto, ha dedotto l’erroneità della decisione per aver escluso l’applicabilità dello sconto in via contrattuale, nonostante il chiaro tenore letterale degli artt. 4 e 5 del contratto e il puntuale richiamo alla normativa sullo sconto in essi contenuto ( ‘le tariffe siano calcolate al netto dello sconto ex lege 296/2006, anche in caso di riduzione o eliminazione dello stesso’ ), a dimostrazione della consapevole accettazione dell’istituto da parte dei contraenti e della loro volontà, in quanto soggetti qualificati, di estendere in via convenzionale la previsione – che originariamente era solo normativa – anche per gli anni successivi al 2009 (cfr. pagg. 9 e 10 atto di appello). Ha, poi, censurato l’omessa pronuncia, da parte del giudice di prime cure, in ordine all’accezione di nullità del contratto ex art. 1419 c.c., per non aver ritenuto che la clausola relativa all’applicazione dello sconto tariffario aveva carattere essenziale, la cui mancanza inficiava l’intero contratto. All’interno dello stesso motivo, infine, l’ ha dedotto, con un’ulteriore doglianza, la non debenza delle somme rivendicate, in quanto rappresentanti il superamento del limite di spesa per le annualità in contestazione. ‘ E ciò è innegabile, laddove la previsione contrattuale precisa l’importo previsto come tetto limite di spesa, già decurtato dello sconto ‘ (cfr. appello pag. 17). Parte Parte
Tali censure, da esaminarsi congiuntamente stante la loro evidente connessione, non possono trovare accoglimento.
Va innanzitutto precisato che non è oggetto di appello la questione inerente all’efficacia temporale dell’art. 1, comma 796 lett. o), l. 297/2006, su cui il Tribunale ha ritenuto – con statuizione non impugnata e, quindi, passata in giudicato, uniformandosi all’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, che essa sia limitata al solo triennio 2007 -2009 (Cass., n. 10582/2018; Cass. n. 27007/2021, da ultimo anche Cass. ord. n. 8190/2023, Cass. ord. n. 22742/2024) .
Il motivo di appello in esame va, pertanto, limitato alla sola interpretazione delle clausole pattizie e in particolare degli artt. 4 e 5 del contratto, al fine di verificare la volontà delle parti di
richiamare o meno lo sconto tariffario previsto per il periodo precedente dalla legge 297/2006, determinandone così la ‘contrattualizzazione’ anche per il periodo successivo.
Ritiene il collegio di uniformarsi ai numerosi precedenti di questa Corte, cui si intende dare continuità, secondo i quali l’interpretazione delle clausole contrattuali non consente di estendere lo sconto tariffario di cui alla legge del 2006 anche alla remunerazione delle singole prestazioni rese dopo il periodo di efficacia della norma (cfr. ex multis , Corte d’Appello di Napoli 1400/2023).
Ai sensi dell’art. 5 del contratto, infatti: « 1. La remunerazione delle prestazioni alle strutture erogatrici avverrà sulla base delle tariffe regionali previste dal vigente nomenclatore tariffario – al netto degli sconti di legge e fatti salvi eventuali adeguamenti tariffari che, tuttavia, non potranno comportare aumento del limite di spesa di cui all’art. 4.; 2. In ogni caso, l’importo fissato quale limite di spesa al netto dello sconto ex legge 296/06 costituisce il limite massimo di remunerazione delle prestazioni acquistate nel 2010 dai centri privati, anche in caso di modifica delle tariffe vigenti e/o di riduzione o eliminazione dello sconto ex legge 296/06» .
Nel precedente art. 4 (rubricato ‘R apporto tra spesa sanitaria e acquisto delle prestazioni’ ), erano, poi, stati individuati i limiti di spesa della totalità delle prestazioni dell’anno 2010 per la branca di Patologia Clinica, richiamando espressamente l’applicazione dello sconto di cui alla legge n. 296/2006.
È evidente, alla stregua del chiaro tenore letterale delle suddette previsioni, che il richiamo, nel contratto, allo sconto previsto dalla Legge n. 296/2006 è riferito unicamente all’importo fissato come limite di spesa e non anche alla remunerazione delle singole prestazioni. In altri termini, deve ritenersi che le parti si erano limitate a prevedere che, qualunque fosse la tariffa applicabile alle singole prestazioni, con o senza sconti di legge e con o senza adeguamenti tariffari, in ogni caso non si sarebbe potuto superare il limite di spesa generale determinato con l’applicazione dello sconto ex lege n. 296/2006.
In sostanza, il richiamo allo sconto anzidetto contenuto negli artt. 4 e 5 è operato, in maniera espressa e ripetuta, esclusivamente con riferimento alla fissazione dei limiti di spesa, ma non anche alla remunerazione delle singole prestazioni, per le quali, al contrario, gli articoli citati richiamano le tariffe regionali previste dal nomenclatore tariffario, con la generica aggiunta « al netto degli sconti di legge e fatti salvi eventuali adeguamenti tariffari ».
Tale inciso richiama, come mera clausola di salvaguardia, la possibilità di tener conto di interventi normativi regionali di diminuzione o aumento delle tariffe, sempre entro i limiti di spesa fissati, ma non certo lo sconto di cui alla legge 296/2006 (che sarebbe stato, altrimenti, espressamente richiamato, come le parti hanno fatto quando si è trattato di determinare i limiti di spesa).
In conclusione, il mancato esplicito richiamo nel contratto, nella parte riguardante la determinazione delle prestazioni remunerabili, allo sconto previsto dalla legge n. 296/2006 impedisce di ritenere che le parti abbiano voluto applicare tout court detto limite alla retribuzione delle singole prestazioni previste dal tariffario regionale (cfr., ex multis , nel medesimo senso, le sentenze di questa Corte n. 272/2018; n. 357/2018; n. 673/2018; n. 1360/2018; n. 4203/2018; n. 252/2019; n. 257/2019; n. 753/2019, n. 3444/2022, n. 1125/2023).
Infondata è anche la doglianza riferita all’omessa pronuncia sull’eccezione di nullità del contratto ex art. 1419 c.c., in quanto in mancanza della pattuizione sullo sconto le parti non sarebbero addivenute ad un accordo, costituendo il recepimento dello sconto una clausola essenziale.
Ed infatti, sebbene il primo giudice non si sia pronunciato su tale eccezione, espressamente formulata dall’ nella comparsa conclusionale il primo grado (cfr. pag. 7) e, in ogni caso, comunque rilevabile d’ufficio dal giudice, nelle previsioni di cui agli artt. 4 e 5 del contratto non si ravvisa nessuna delle cause di nullità di cui all’art. 1418 c.c., né la nullità del contratto può derivare dall’interpretazione delle singole clausole da parte del giudice. Peraltro, l’ non ha dedotto nessuna specifica circostanza per cui l’eventuale nullità della singola clausola si debba estendere all’intero contratto, né di ciò ha offerto la prova, essendosi limitata a dedurre che la previsione dello sconto costituisce ‘passaggio obbligato per l’azienda sanitaria, tenuta al rispetto dei limiti della spesa pubblica secondo gli obblighi comunitari’. Orbene, come già evidenziato sopra, il rispetto del suddetto limite risulta contrattualmente garantito dal richiamo allo sconto non quale limite alla singola remunerazione, bensì quale parametro sulla cui base determinare il limite di spesa generale. In tal senso, quindi, le previsioni del contratto non risultano affette da nullità neppure per contrarietà a norme imperative. Parte Parte
Nessuna contraddizione è, poi, ravvisabile tra l’esclusione dell’applicazione dello sconto alle singole prestazioni e la necessità che la spesa delle sia contenuta nei limiti delle risorse disponibili, attesa la possibilità per l’ in caso di superamento dei tetti di spesa, di operare la regressione tariffaria. Parte Parte
Deve, pertanto, ritenersi inammissibile e comunque infondata la doglianza con cui l’ ha lamentato che il riconoscimento delle somme azionate comporterebbe ‘ un illegittimo sforamento del tetto di spesa’ , poiché ‘ le somme richieste nell’atto introduttivo rappresentano il superamento del limite di spesa relativamente alle predette annualità che non è possibile corrispondere giacché per le prestazioni rese, la società è stata già remunerata nei limiti invalicabili dei Decreti regionali all’epoca vigenti ‘ (pagg. 17 e 18 atto di impugnazione). Parte
La circostanza, nei termini dedotti in appello, non era mai stata prospettata in primo grado, in cui l’ si era sempre limitata ad eccepire la necessità di applicare lo sconto alle singole Parte
prestazioni per evitare di sforare i tetti di spesa, senza mai eccepire che il mancato pagamento dell’importo rivendicato con il ricorso monitorio era coincidente con la regressione tariffaria applicata o era relativo a prestazioni rese dopo il superamento del budget.
In ogni caso, la deduzione formulata nell’atto di appello non solo risulta sfornita di prova relativa al fatto che la somma ingiunta effettivamente fosse corrispondente alla RTU applicata al centro sulla base di un limite generale di remunerabilità delle prestazioni determinato al netto dello sconto; ma risulta persino contraddittoria rispetto all’impianto generale delle difese dell’ per cui legittimamente le somme ingiunte non sarebbero state pagate in applicazione dello sconto sulle singole prestazioni previsto dagli artt. 4 e 5 del contratto. Parte
Correttamente, quindi, il primo giudice, sulla base della prospettazione delle parti, ha ritenuto che l’importo rivendicato dal costituisse il residuo pagamento delle prestazioni erogate per le annualità in contestazione, che l’ non aveva remunerato ritenendo applicabile lo sconto tariffario sulle singole prestazioni. Parte
Inammissibile e, comunque, infondato è anche il terzo motivo di appello, con il quale l’ per la prima volta, ha censurato l’error in iudicando da parte del primo giudice per aver ritenuto riconosciuto gli interessi di mora ex d.lgs. 231/2002, sebbene essi fossero già stati riconosciuti nel decreto ingiuntivo e l’ sul punto non avesse formulato in primo grado uno specifico motivo di opposizione. Parte Parte
In ogni caso, l’applicabilità degli interessi moratori previsti dal d.lgs. 231/2002 (nella prassi detti anche ‘commerciali’ o ‘comunitari’) ai crediti verso le aziende sanitarie locali dei titolari di strutture sanitarie private accreditate, anche solo provvisoriamente, ai fini dell’erogazione di prestazioni sanitarie in favore degli assistiti dal a titolo di corrispettivo delle prestazioni rese a questi ultimi, è da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità e da questa stessa Corte (cfr., Cass. 14349/2016, 20391/2016, 5796/2017, 8668/2017, 12479/2017, 28824/2017, 17591/2018, 17665/2019, e da ultimo SS.UU. 35092/2023). In particolare, la Suprema Corte, con principio ormai consolidato, ha riconosciuto che ‘ Le prestazioni sanitarie erogate ai fruitori del Servizio sanitario nazionale dalle strutture private con esso accreditate, sulla base di un contratto scritto, successivo alla concessione che ne regola il rapporto di accreditamento, concluso dalle stesse con la pubblica amministrazione dopo l’8 agosto 2002, rientrano nella nozione di transazione commerciale di cui all’art. 2 del d.lgs. n.231 del 2002, avendo le caratteristiche di un contratto a favore di terzo, ad esecuzione continuata, per il quale alla erogazione della prestazione in favore del privato da parte della struttura accreditata corrisponde la previsione dell’erogazione di un corrispettivo da parte dell’amministrazione pubblica. Ne consegue che, in caso di ritardo nella erogazione del corrispettivo dovuto da parte della amministrazione obbligata, spettano alle strutture private accreditate gli interessi legali di mora ex art. 5 del d.lgs. n.231 del 2002 ‘.
Ne consegue che, il contratto stipulato tra l’ente pubblico accreditante e il soggetto accreditato, non è un accordoquadro, bensì è un contratto a prestazioni corrispettive tra un’impresa e una pubblica amministrazione, che comporta la prestazione di servizi – nel caso in esame, a favore di un terzo a fronte del pagamento del prezzo, sussumibile, quindi, nel concetto di ‘transazione commerciale’ di cui al d.lgs. n. 231 del 2002, potendosi configurare nel corso della sua esecuzione l’inadempimento di ciascuna delle due parti.
Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello dell’ va rigettato e la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 833/2021, pubblicata il 30.3.2021, va confermata. Parte
Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore del appellato, sulla base dei criteri di cui al DM 147/2022, tenendo conto del valore della controversia, ai minimi di tariffa, stante la serialità delle questioni trattate, detratta la fase istruttoria non svolta, con distrazione, in favore degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella misura di un terzo ciascuno, stante la dichiarazione di averne fatto anticipo.
Deve, infine, darsi atto, in ragione dell’esito dell’impugnazione proposta, che ricorrono le condizioni per il versamento di un ulteriore importo, da parte dell’appellante a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, co. 1 -quater , d.P.R. 115/02. Parte
P.Q.M.
La Corte di Appello di Napoli, definitivamente pronunziando sull’appello proposto dall’ , avverso la sentenza n. 833/2021 emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e pubblicata in data 30.3.2021, nei confronti del così provvede:
1) rigetta l’appello, confermando la sentenza impugnata;
condanna l’ , in persona del Direttore Generale p.t. , al pagamento, in favore del delle spese di lite del presente grado di giudizio, che si liquidano in € 5.000,00 per compensi professionali, oltre Iva, C.p.a. e rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% sui soli compensi, da distrarre, nella misura di 1/3 ciascuno, in favore degli avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, stante la dichiarazione di anticipo ex art. 93 c.p.c.;
3) dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello. Parte
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 3.12.2025
Il Consigliere estensore AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME