Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3507 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3507 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21030/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore Generale Legale Rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Legale Rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
avverso la sentenza n. 5433/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Con ricorso per decreto ingiuntivo, l’RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, l’RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore , adiva il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE per ottenere ingiunzione di pagamento nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE) per la corresponsione della somma di € 33.545,98 (oltre interessi e spese), quale saldo del corrispettivo delle prestazioni attinenti alla branca di analisi cliniche eseguite nei mesi di luglio, agosto, settembre, ottobre e novembre 2011 a favore degli assistiti del RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. in esecuzione del rapporto di accreditamento con il SSN ai sensi dell’art. 8 quater e quinquies del d. lgs. n. 502/1992.
In accoglimento del ricorso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE emetteva decreto ingiuntivo n. 508/2013.
Avverso detto decreto ingiuntivo proponeva opposizione l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la revoca, per non essere il credito né liquido né esigibile ed in ogni caso per essere la somma richiesta ed ingiunta non dovuta in forza della decurtazione delle tariffe imposta dalla Regione Campania con D.G.R.C. n. 1268/2008 in esecuzione della legge n. 296/2006 art. l, comma 796 lett. O (Finanziaria 2007). In tesi di parte opponente, i corrispettivi spettanti alla controparte dovevano essere oggetto degli sconti tariffari previsti dalla legge n. 296/2006 art. l, comma 796 lett. O (Finanziaria 2007), nonché negati in forza del superamento dei tetti di spesa previsti dall’art. 5, comma 2, del contratto stipulato dalle parti per quell’anno.
L’RAGIONE_SOCIALE resisteva all’opposizione, chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo (e, quindi, della condanna al pagamento della somma dovuta), contestando l’inapplicabilità della riduzione percentuale delle tariffe disposta dalla legge finanziaria 2007 a seguito dell’annullamento, con sentenza del Consiglio di Stato del 2.3.2010, del tariffario stabilito con D.M. del 12.09.1996, cui faceva espresso riferimento la norma in questione ed eccependo la mancata prova del superamento del tetto di spesa.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 4680/2017 rigettava l’opposizione, ritenendo che:
-lo sconto previsto dall’art. 1, comma 796 lett. o), L. 296/2006 avesse durata limitata al triennio 2007 – 2009, dovendo la sua disciplina essere considerata di carattere transitorio, come precisato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 94/2009;
-come affermato dalla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n. 908/2015, l’inapplicabilità del predetto sconto derivava anche dall’adozione di un proprio tariffario (DGRC n. 1874 del 31 marzo 1998) da parte della Regione Campania, con la possibilità per questa di stabilire tariffe superiori a carico dei bilanci regionali;
-il predetto sconto non potesse essere applicato in via contrattuale alla luce del contenuto dell’art. 5 del contratto sottoscritto dalle parti (secondo cui «1. La remunerazione delle prestazioni delle strutture erogatrici avverrà sulla base delle tariffe regionali previste dal vigente nomenclatore tariffario -al netto degli sconti di legge e fatti salvi eventuali adeguamenti tariffari che tuttavia non potranno comportare aumento del limite di spesa di cui all’art. 4 . – 2. In ogni caso l’importo fissato quale limite di spesa al netto dello sconto ex lege 296/2006 costituisce il limite massimo di remunerazione delle. prestazioni acquistate nell’anno 2011 anche in caso di modifica delle tariffe o eliminazione dello sconto»), atteso che <<mediante tale previsione le parti hanno voluto stabilire che il limite massimo di remunerabilità delle prestazioni contrattuali era determinato dal tetto di spesa, ossia che quest'ultimo non poteva mai essere superato, a prescindere dall'applicabilità degli sconti tariffari. Con tale clausola, dunque, le parti non hanno voluto contrattualizzare il sistema degli sconti, ma si sono limitate a prevedere che, qualunque fosse la tariffa applicabile alle prestazioni (con o senza sconto), in ogni caso il limite di spesa non poteva essere mai superato» (così a pagina 5 della sentenza del giudice di primo grado).
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello l'RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che, in riforma della sentenza del
giudice di primo grado, fosse revocato il decreto ingiuntivo opposto, con vittoria delle spese processuali. In particolare, parte appellante articolava due motivi: con il primo denunciava come errata la valutazione del primo giudice, che aveva affermato la non applicabilità dell'art. 1 comma 796 lettera o) della legge n. 296/2006 (e, dunque, dello sconto ivi previsto) per le prestazioni rese nell'anno 2011; con il secondo censurava la decisione del giudice di primo grado in cui aveva ritenuto lo sconto non applicabile anche per via pattizia.
Si costituiva l'RAGIONE_SOCIALE che contestava in fatto e in diritto l'impugnazione avversaria, della quale chiedeva il rigetto.
La Corte d'appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 5433/2019, rigettando l'impugnazione, confermava integralmente la sentenza del giudice di primo grado, condannando l'RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese processuali relative al grado.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso l'RAGIONE_SOCIALE.
Ha resistito con controricorso l'RAGIONE_SOCIALE.
Per l'odierna udienza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre sono state depositate memorie da parte dei Difensori di entrambe le parti.
Il Collegio si è riservato il deposito della motivazione della decisione entro il termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.L'RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso due motivi.
1.1. Con il primo motivo denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale, rigettando il suo primo motivo di appello ha ritenuto non applicabile la normativa
statale sull’erroneo presupposto che la stessa fosse superata dal tariffario regionale.
Al riguardo, richiama Cass. n. 13367/2018, che ha confermato la sentenza n. 3137/2015 della stessa corte territoriale, motivando proprio sulla applicabilità dello sconto nonostante l’intervento del Tariffario Regionale; nonché Cass. n. 25845/2017.
1.2. Con il secondo motivo denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale, rigettando il suo secondo motivo di appello, ha ritenuto non applicabile la normativa convenzionale sull’erroneo presupposto che la stessa fosse superata dal tariffario regionale.
Sostiene che la corte territoriale: a) travisando la questione del contratto della scontistica della legge n. 296/2006, ha erroneamente riferito detto contratto solo all’importo fissato come limite di spesa (e non anche alla remunerazione delle singole prestazioni); b) ha accolto un’interpretazione dell’art. 5 comma secondo dello schema di contratto allegato alla delibera commissariale n. 24/2011, contrastante con quanto osservato da questa Corte in fattispecie analoghe (Cass. n. 8348 e n. 17034/2018).
Rileva che anche il TAR Campania con sentenza n. 833/2016, oltre a ribadire l’applicabilità della normativa statale dello sconto, ha confermato l’applicabilità di quest’ultimo non solo sui limiti di spesa per l’esercizio 2011 ma anche sui valori delle singole tariffe, come imposto dalla norma finanziaria statale.
Rileva che la Corte costituzionale, con sentenza n. 94/2009, ha disatteso tutte le questioni di legittimità costituzionale che sembrano oggi riproposte da parte resistente.
Si duole che: a) l’RAGIONE_SOCIALE ha fatturato, per le prestazioni sanitarie rese, senza applicare lo sconto che era dovuto sia per legge che per accorto contrattuale; b) l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto emettere note di credito per l’importo contestato (relativo alle fatture ingiunte ed opposte a titolo di sconto non effettuato); c) l’RAGIONE_SOCIALE si era a tanto impegnato ad esito dei tavoli tecnici intercorsi tra l’RAGIONE_SOCIALE e le RAGIONE_SOCIALE, formalizzati con la deliberazione n. 294/2012 (adottata a chiusura del monitoraggio dell’anno 2011); d) nonostante quanto previsto dall’art. 7 comma 2 del contratto, sottoscritto tra le parti, l’RAGIONE_SOCIALE non soltanto non ha depositato le note di credito (per l’importo fatturato, ma non dovuto), ma ha anche avviato la procedura monitoria, violando le norme regolamentari di correttezza, cui avrebbe dovuto attenersi.
Ribadisce che nel caso di specie il contratto richiama espressamente l’applicazione della L. n. 296/2006 (e prevede pertanto lo sconto tariffario ivi previsto) mentre la corte territoriale lo ha negato senza una adeguata e logica motivazione.
2. Il ricorso non è fondato.
2.1. Non fondato è il primo motivo.
Come di recente ribadito da questa Corte (Cass. n. 10311/2023, n. 13367/2018 e n. 25845/2017), con orientamento cui va assicurata continuità per l’intrinseca coerenza tra le premesse e le conclusioni e la piena condivisibilità dell’impostazione ermeneutica, la disciplina dettata dall’art.1, comma 796, lett. o) della legge n. 296/2006 va interpretata nel senso che la potestà tariffaria delle regioni si esercita nell’ambito delle tariffe massime fissate dell’autorità ministeriale, il cui superamento comporta che l’eventuale eccedenza resta a carico dei bilanci regionali, con la conseguenza che lo sconto trova applicazione sulla tariffa fissata in concreto dalla regione nell’ambito della soglia massima determinata dal decreto ministeriale.
Ed è stato altresì precisato (cfr. Cass. n. 17014/2022; n. 27366 e n. 3676/2020; n. 10582/2018) che la predetta disposizione non può trovare applicazione oltre il triennio 2007-2009, rilevando che: a) la sua vigenza non ha costituito oggetto di proroga da parte del d.l. n.248/2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 31/2008; b) il legislatore con l’art. 79 del d.l. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge n.133/2008, ha introdotto l’obbligo di adeguamento delle tariffe secondo i costi standard delle prestazioni, in tal modo manifestando la volontà di superare definitivamente la disciplina transitoria e sommaria della tariffazione forfetaria, in quanto inadeguata a garantire una efficiente ed imparziale allocazione delle risorse. D’altra parte, il carattere transitorio della disciplina in materia di sconti tariffari, risultante dall’art. 1, comma 796, lett. o), 1. 296/2006, trova conferma in quanto statuito successivamente dal Giudice delle leggi, che, nel confutare le riserve esternate in ordine alla ragionevolezza della norma (cfr. Corte cost. n. 94/2009 e n. 243/2010), ha fatto notare come nel relativo scrutinio «assuma rilievo il carattere transitorio della norma» (senza rimarcare alcun elemento argomentativo che possa porsi a fondamento della tesi per cui la transitorietà della norma debba ritenersi prorogata sine die, sino, cioè, ad un termine altrimenti imprecisato, piuttosto che essere ancorata all’ incipit di essa che ne fissa chiaramente la durata nell’arco di un triennio).
Dando applicazione ai suddetti principi la corte territoriale ha correttamente affermato che lo sconto previsto dalla legge n. 296/2006, non essendo applicabile dopo il triennio 2007/2009, non è applicabile nel caso di specie, nel quale era in discussione l’esistenza o meno dello sconto rispetto alle prestazioni dispensate dall’RAGIONE_SOCIALE ricorrente nei mesi di luglio, agosto, settembre, ottobre e novembre 2011.
2.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Parte ricorrente invero sostiene che lo sconto tariffario, di cui sopra, avrebbe dovuto essere applicato nella specie quanto meno per accordo contrattuale e riporta (p. 30) il contenuto dell’art. 7 comma secondo del contratto sottoscritto tra le parti, ma inammissibilmente omette di riportare in ricorso il contenuto delle altre clausole negoziali rilevanti (riportati invece nella sentenza impugnata, pp. 6 e 7) ed in modo altrettanto inammissibile genericamente afferma <>.
Al riguardo, appare utile osservare che il formante normativo, giurisprudenziale e convenzionale segnala che, contrariamente a quanto qui si rileva, il motivo è specifico e quindi ammissibile quando, nell’indicare un atto o un documento o un contratto su cui esso si basa, ne precisa: a) l’oggetto ed i riferimenti topografici (pagine, paragrafi o righe) dei brani riportati, b) la fase processuale in cui è stato creato o prodotto; c) dove sia rinvenibile; d) quando e come sia stato sottoposto al sindacato dei giudici del merito.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 4500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2024, nella camera di