Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4160 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4160 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30480/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 918/2019 depositata il 19/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa e ragioni della decisione
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n.918/2019 depositata il 19.4.2019 respingeva l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE -d ‘ ora in avanti, breviter, il RAGIONE_SOCIALE confermando la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE che aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE per il pagamento RAGIONE_SOCIALE somme relative a prestazioni rese per il RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2009 che l’RAGIONE_SOCIALE aveva indebitamente decurtato, applicando lo sconto tariffario di cui all’art.1, c.796, lett.o), della l.n.296/06.
La Corte di appello riteneva l’istanza di sospensione del giudizio per pregiudizialità, pur ammissibile, infondata, non avendo il RAGIONE_SOCIALE fornito elementi dai quali desumere che le sentenze emesse dal Tar Lazio, che avevano peraltro rigettato le impugnazioni contro il d.a. n.1977 del 2007 e 170 del 2013, fossero state impugnate innanzi al RAGIONE_SOCIALE di Stato come dedotto, in assenza peraltro di elementi in ordine al contenuto ed alle parti degli stessi. Nemmeno l’appellante aveva fornito elementi in ordine all’ordinanza di sospensiva del D. Ass.Reg. siciliana n.170/13 che sarebbe stata pronunziata dal CGA.
Nel merito, la Corte di appello riteneva che correttamente il giudice di primo grado, investito della decisione sul merito della pretesa azionata in INDIRIZZO monitoria, avesse valutato gli elementi esistenti al momento della decisione, non risultando peraltro l’annullamento del d. Assessoriale RAGIONE_SOCIALE Sicilia (DARS) n.1977/2007 dagli elementi documentali prodotti. Precisava, ancora, che in base al regime di accreditamento la remunerazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni rese dai soggetti previamente accreditati non era oggetto di pattuizione in seno ai contratti stipulati con l’RAGIONE_SOCIALE ed i singoli ambulatori, ma ai sensi dell’art.1339 c.c. era uniformemente e previamente determinata mediante tariffe fissate in base a specifiche regole RAGIONE_SOCIALE Regioni con propri provvedimenti autoritativi. Peraltro, il
d.a.r.s. n.1977 del 2007, nello stabilire le tariffe scontate, non si era riportato al solo d. m. del 12.9.2006, dichiarato illegittimo dal g. a., ma aveva direttamente fatto applicazione degli sconti tariffari stabiliti dalla l. n. 296/2006, art.1 c.796, lett. o). Aggiungeva poi che il RAGIONE_SOCIALE di Stato aveva più volte ribadito la vigenza RAGIONE_SOCIALE tariffe determinate dal D.M. del 22 luglio 1996, pur se annullato in sede giurisdizionale, continuando a produrre effetti quanto agli sconti tariffari per diretta volontà del legislatore, poiché ‘…la reviviscenza per il periodo successivo a tale legge, RAGIONE_SOCIALE tariffe stabilite con il D.M. Bindi del 1996 si ricollega direttamente alla norma di legge statale(la cui costituzionalità è stata statuita dal giudice RAGIONE_SOCIALE leggi)’. Aggiungeva, ancora, la Corte di appello che la D. Ass. Reg. S ic. n.170/2013 che aveva ripristinato l’efficacia del D. Ass. Reg. Sic. n.1977 del 2007 -con la quale era stato adottato nella RAGIONE_SOCIALE siciliana lo sconto tariffario- non poteva essere disapplicata dal giudice ordinario, involgendo la dedotta illegittimità di quell’atto un sindacato in via principale sulla legittimità della determinazione RAGIONE_SOCIALE tariffe disposte a livello regionale che non era consentita nell’ambito della disapplicazione consentita dagli artt. 4 e 5 della l. n. 2248/1865, all. E. Escludeva che il giudice di prime cure fosse andato oltre le ragioni addotte dall’opponente nell’esaminare la domanda per avere considerato il d. ass. reg. sic. del 2013 che aveva ripristinato gli effetti del d. ass. n.1977 sopravvenuto rispetto al momento del deposito del ricorso monitorio e non il d. ass. n.336 del 27.2.2008 che aveva sospeso l’efficacia dello stesso d. a. vigente a quell’epoca, ritenendo che il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo era investito della cognizione piena del merito della domanda e della sua fondatezza al momento della decisione. Escludeva, infine, che il d. ass. n.1977 avesse avuto efficacia retroattiva quanto alle tariffe rispetto al momento nel quale le prestazioni erano state effettuate in favore del SSN, essendosi limitato alla mera ricognizione del venir meno
del presupposto che aveva indotto l’amministrazione regionale a sospendere in via generale l’applicazione RAGIONE_SOCIALE tariffe introdotte con il D. Ass. n. 1977 del 2007.
Anche a ritenere disapplicabile il D. Ass. 170 del 2013, l’esaurimento degli effetti sospensivi del D. Ass. del 2007 disposto dal D. Ass. n.336 del 2008 in ragione della pendenza di giudizi proposti dagli interessati si sarebbe prodotto per effetto della definizione in senso favorevole all’amministrazione dei giudizi stessi in relazione alla natura provvisoria della sospensione erga omnes disposta.
Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, al quale ha resistito l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
La causa è stata posta in decisione all’udienza camerale del 6.2.2024.
Con il primo motivo -indicato come 1.1. in ricorso – il ricorrente prospetta il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art.1339 c.c. Premesso che la questione dello sconto tariffario risulta superata da quanto affermato dalla Corte costituzionale (sent.n.94/2009) il ricorrente rileva che la questione demandata a questa Corte è quella della esatta applicazione dell’istituto della etero -integrazione dei contratti di rilevanza pubblica con riguardo a tariffe amministrate in relazione alla disciplina generale contenuta nel d.lgs.n.502/1992 e del principio generale di affidamento. La questione era dunque quella di verificare la concreta esecuzione del D. Ass. n.170/2013 e la capacità dello stesso di incidere sull’accordo contrattuale già eseguito. La Corte di appello, nel fare riferimento all’art. 1339 c.c. per giustificare l’applicazione al contratto RAGIONE_SOCIALE regole fissate dalle Regioni con propri provvedimenti, avrebbe erroneamente ritenuto che il contratto originariamente concluso con l’RAGIONE_SOCIALE e le strutture sanitarie potesse essere etero-integrato sulla base RAGIONE_SOCIALE tariffe non vigenti al tempo
nel quale le prestazioni erano state eseguite, omettendo di considerare che l’eterointegrazione del contratto non potrebbe che riguardare l’avvenire e cioè la residua parte del contratto e non per i rapporti esauriti. Ne conseguirebbe che, essendo la tariffa in vigore nell’anno 2009 quella riportata nel d. ass. del 1997, anche a non volere parlare di effetti retroattivi del D. Ass. n.170/2013 che aveva posto nel nulla il D. Ass. n.336/2008, sospensivo della tariffa del 2007, la tariffa applicabile al rapporto non potrebbe che essere quella vigente nel 2009- così testualmente a pag.8, penultimo cpv. del ricorso per cassazione-, non essendo appunto invocabile la eterointegrazione del contratto. Nella specie, la Corte di appello avrebbe reputato corretto l’operato dell’RAGIONE_SOCIALE che aveva decurtato l’importo di euro 58.823,41 dalle prestazioni sanitarie eseguite nell’anno 2009, difformemente rispetto alle tariffe imperative, vigenti nel 2009 che erano quelle riportate nel D. A. n. 24059 del 1997. Assume peraltro che il contratto era stato eseguito nel rispetto dell’art.8 quinquies, comma 2 del d.lgs. n. 502/1992.
Con il secondo motivo -indicato come 2.1 in ricorso – si deduce la violazione dell’art.8 quinquies, c. 2 lett. b), d, e bis, e dell’art. 8 sexies, c.1 e 4 del d.lgs. n. 502/1992. Il quadro normativo indicato dal ricorrente dimostrerebbe che gli accordi tra strutture che erogano assistenza sanitaria ed ente pubblico sarebbero soggetti ad un tetto predefinito, determinato in base alle remunerazioni corrispondenti alle prestazioni che l’azienda territoriale acquista, predeterminate in modo inderogabile che non consentirebbe un regime di variabilità RAGIONE_SOCIALE tariffe, ammettendosi unicamente variazioni tariffarie in aumento rispetto a quelle previste negli accordi contrattuali, avendo pertanto la Corte di appello, a dire del ricorrente, errato nel non considerare l’azione dell’ASP in stridente contrasto con le disposizioni anzidette ‘in quanto modificativa retroattivamente, unilateralmente e in diminuzione i valori tariffari costituenti elementi essenziali sul piano sinallagmatico, del
contratto di assegnazione del budget relativo all’anno 2009, in ordine alla predeterminazione della base economica dello stesso.’
Con il terzo motivo -indicato come 3.1 – si deduce la violazione dell’art. 1175 c.c. e dell’art. 1375 c.c. e del principio generale di affidamento. Agli accordi tra struttura e RAGIONE_SOCIALE, specie degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimenti, disciplinati dall’art.11 della l. n. 241/1990, dovrebbero applicarsi i canoni privatistici di cui alle disposizioni appena ricordate in tema di correttezza e buona fede. Il ricorrente, avendo sottoscritto il contratto relativo all’anno 2009, affidandosi alle tariffe vigenti, ratione temporis, avrebbe posto ragionevole affidamento circa il numero RAGIONE_SOCIALE prestazioni che avrebbe potuto erogare entro il budget accordato e sulla base dello strumento contrattuale annuale che prevedeva una ben precisa valorizzazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni in rapporto alle tariffe vigenti al tempo di cui al d. a. n.24059 dell’11.12.1997.
Con il quarto motivo -indicato come 4.1 – la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt.2, 4 e 5 della l. n. 2248/1865, all. E, in relazione all’art.1339 c.c., nonché degli artt.8 quinquies, c. 2 lett. b), d, e bis, e dell’art.8 sexies, c.1 e 4 del d.lgs. n. 502/1992 da parte del D. Ass. n.170/2013. La Corte di appello avrebbe errato nel ritenere non disapplicabile l’atto amministrativo suindicato in relazione al sindacato in via principale sollecitato, risultando la disapplicazione nella disponibilità del giudice ordinario, in relazione all’oggetto dell’accordo, relativo a diritti soggettivi sollecitati nel giudizio, nel quale si era sostenuta l’impossibilità di subire un trattamento economico peggiorativo rispetto a quello contrattualmente e normativamente previsto alla luce del d. ass. n.1997, perciò sollecitando la disapplicazione dei provvedimenti assessoriali che avevano ripristinato, in via retroattiva, le tariffe meno favorevoli.
Il primo motivo, verso il quale si appunta la dedotta inammissibilità prospettata dalla controricorrente, come gli altri
motivi, pongono nella sostanza in discussione il merito della questione controversa fra le parti, riguardante appunto l’applicabilità o meno degli sconti tariffari rispetto alle tariffe regolatrici del rapporto convenzionale concluso fra le parti; applicazione che la Corte di appello ha ritenuto corretta sulla base di una motivazione complessa, nella quale si è affermato che gli stessi sconti, incidenti sulle determinazioni assessoriali che avevano stabilito le nuove tariffe (scontate) ed applicati sulla base di d. ass. alla sanità della RAGIONE_SOCIALE siciliana n.1977 del 2007, andavano applicati, integrando ex lege l’accordo concluso fra strutture specialistiche e RAGIONE_SOCIALE in base all’art.1339 c.c.
Le stesse, a giudizio della Corte, non aggrediscono in modo preciso e puntuale la sentenza impugnata che si è fondata sui capisaldi di seguito esposti:
i provvedimenti adottati dalla RAGIONE_SOCIALE di determinazione dello sconto tariffario per l’anno 2009 non integravano il contenuto del contratto, ma si ponevano come elementi ad esso esterni, determinativi della tariffa fissata con provvedimenti autoritativi da parte della RAGIONE_SOCIALE che avevano peraltro fatto applicazione diretta dei criteri fissati normativamente dall’art.1c.796, lett. o) l.n.296/2006, poggiando dunque direttamente sulla legge;
il d. Ass. n.1977 del 2007 e il d. Ass. n.170/2013 non potevano essere oggetto di disapplicazione, venendo in considerazione come atti della cui legittimità non poteva occuparsi il giudice ordinario in quanto la loro verifica della loro legittimità ‘comporterebbe nell’ambito di questo giudizio un esame diretto della legittimità dell’atto amministrativo da parte del giudice ordinario che pertanto non poteva disapplicarlo’;
il D. Ass. n.170/2013 non aveva effetto retroattivo, essendosi limitato ad una mera ricognizione del venir meno del presupposto che aveva indotto l’amministrazione regionale a sospendere in via generale, con il d. Ass.n.336 del 2008, l’applicazione RAGIONE_SOCIALE tariffe
relative agli sconti tariffari introdotte in Sicilia con il D. Ass. n.1977 del 2007.
Ciò posto, il primo motivo è in parte inammissibile, non avendo riprodotto in alcun modo, né il contenuto del ‘contratto’ al quale dovrebbe riferirsi l’eterointegrazione che la Corte di appello aveva considerato, né il contenuto dei vari decreti assessoriali che si sarebbero susseguiti, peraltro evocando un decreto assessoriale in tema tariffario -d.a.n.24059 del 1997 – che dovrebbe essere, a dire della ricorrente applicabile alla fattispecie, mai prima indicato nella sentenza o negli atti difensivi redatti dalla stessa ricorrente nel corso del giudizio di merito, non facendone specifica menzione nel ricorso per cassazione. Ciò impedisce a questa Corte di valutare se la questione sia stata formulata nei termini esposti nel motivo di ricorso.
Quanto al secondo motivo, lo stesso non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata sopra ricordata, ipotizzando una violazione del quadro normativo richiamato e soprattutto una ‘modifica retroattiva ed unilaterale dei valori tariffari che costituivano elementi essenziali sul piano sinallagmatico del contratto di assegnazione, senza tuttavia argomentatamente contestare la motivazione addotta dal giudice di appello in ordine all’applicazione ex lege RAGIONE_SOCIALE tariffe disposta in base all’art.1 c.796, lett. o) l.n.296/2006. Regolamentazione che, secondo la Corte di appello, aveva determinato la fissazione dello sconto tariffario, regolando ab externo le tariffe ed il rapporto convenzionale fra la struttura ambulatoriale e il ssn.
Ora, tale motivo ipotizza, in definitiva, un quadro fattuale diverso da quello tenuto in considerazione dalla sentenza e non allega alcun elemento idoneo a rendere autosufficiente la censura ritenendo peraltro, nel terzo motivo, gli accordi conclusi con la RAGIONE_SOCIALE come contratti soggetti alle regole di correttezza e buona fede.
In tal modo il ricorrente ha finito con il prospettare non un vizio di legge, ma una vera e propria lettura alternativa RAGIONE_SOCIALE vicende relative ai rapporti fra la ricorrente e l’RAGIONE_SOCIALE che sollecita una valutazione meritale non consentita a questa Corte, peraltro senza nemmeno riprodurre il contenuto dell’accordo stesso e senza adeguatamente aggredire la decisione impugnata.
In ogni caso e volendo entrare nel merito RAGIONE_SOCIALE contestazioni che costituiscono il fondo dei motivi qui esaminati, ritiene la Corte che gli stessi siano infondati alla stregua di quanto già affermato da questa Corte con specifico riferimento alle vicende degli sconti tariffari adottati a livello RAGIONE_SOCIALE dall’art.1, c.796 lett. o) della legge finanziaria del 2006 e recepiti nella RAGIONE_SOCIALE Sicilia, allorché si è ritenuto che i provvedimenti assessoriali via via succedutisi nella materia avevano dato attuazione alla disciplina RAGIONE_SOCIALE senza produrre alcuna indebita modifica dei rapporti intercorsi fra strutture ambulatoriali e SSN.
Si è ritenuto che ‘la disciplina ex lege ed, in particolare, il meccanismo dello sconto tariffario introdotto in quella sede è la risultante di un bilanciamento a cui il legislatore ha inteso procedere tra le esigenze, di garantire egualmente a tutti i cittadini e salvaguardare sull’intero territorio RAGIONE_SOCIALE il diritto fondamentale alla salute nella misura più ampia possibile e di rendere compatibile la spesa sanitaria con la limitatezza RAGIONE_SOCIALE disponibilità finanziarie che è possibile ad essa destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi da realizzare in questo campo (Corte Cost. sent. 94 del 1990), onde l’imperatività di essa e la cogenza che ne segue per le amministrazioni regionali sarebbe difficilmente controvertibile; dall’altro, che nella parabola vissuta dall’istituto nel tormentato teatro siciliano il D. A. 27.2.2008 n. 336 si era indotto a ripristinare il regime tariffario al netto degli sconti solo al fine di recepire gli effetti della sospensiva disposta dal giudice amministrativo dei
precedenti DD. AA. 29.8.2007 n. 1745 e 28.9.2007 n. 1977, recettivi come detto dello sconto tariffario ex lege 796/2006, donde la sua efficacia era condizionata alla definizione del contenzioso riguardo a questi ultimi, di modo che al verificarsi della condizione risolutiva in esso prevista quale conseguenza della reiezione dei ricorsi avverso i già menzionati DD. AA. e quindi al venir meno degli effetti RAGIONE_SOCIALE sospensive ivi adottate la temporanea sospensione degli sconti tariffari ha cessato di produrre ogni effetto ed ha ripreso pieno vigore il relativo meccanismo e con esso anche la riserva di ripetizione RAGIONE_SOCIALE maggiori somme erogate in pendenza della sospensiva pure contenuta nel D. A. 336/2008.’ -cfr. Cass. n.14778/2020-.
Si è poi chiarito che ‘Per la Sicilia, il Decreto Assessoriale della Sanità n. 1977 del 28 settembre 2007 ha recepito integralmente tale normativa RAGIONE_SOCIALE, senza eccezioni (art. 1: “le tariffe massime applicabili nel territorio della RAGIONE_SOCIALE siciliana per la remunerazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, a far data dall’1 ottobre 2007, sono quelle previste dall’art. 3 del decreto del Ministero della salute del 12 settembre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 289 del 13 dicembre 2006, nonché dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 796, lett. o), (legge finanziaria 2007), di cui all’allegata tabella “A” che fa parte integrante del presente decreto”) -cfr. Cass. n.36566/2023-.
Si è inoltre affermato, sempre con riferimento alla questione dei c.d. sconti tariffari in ambito regionale siciliano, che ‘Quanto al rapporto tra normativa statale e disposizioni regionali, questa Corte ha già correttamente affermato che “compito del decreto ministeriale è quello di determinare le tariffe massime. Entro il limite della soglia massima determinata dal decreto ministeriale le RAGIONE_SOCIALE fissano le tariffe, ed ove tale soglia risulti superata l’importo eccedente resta a carico del bilancio regionale. Non vi è dunque
un’antitesi di fonte regionale e fonte ministeriale… Le due fonti concorrono, nel senso che l’autorità ministeriale determina la soglia massima mentre la regione fissa la tariffa in concreto da applicare entro la detta soglia, con la conseguenza che la tariffa eccedente quella soglia resta a carico della regione. Lo sconto trova quindi applicazione sulla tariffa fissata dalla RAGIONE_SOCIALE nell’ambito della soglia massima determinata con il decreto ministeriale ed ove tale soglia venga superata unica conseguenza è che l’eccedenza resti a carico del bilancio regionale” (da Sez. 3, 31/10/2017, n. 25845; Sez. 3, n. 10582 del 04/05/2018). Nella RAGIONE_SOCIALE Sicilia l’applicazione della legge statale era stata prevista dal D.A. n. 1745 del 2007 a far data dal 1/1/2007; poi, con il D.A. n. 1977 del 2007 era stato sancito che le tariffe massime applicabili nel territorio della RAGIONE_SOCIALE Sicilia per la remunerazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale a far data dal 1/10/2007 erano quelle precisate dal D.M. Salute 13 settembre 2006, art. 3, con l’applicazione dello sconto della L. n. 296 del 2006, ex att. 1, comma 796, lett. o). A seguito del provvedimento di sospensione del D.A. n. 1977 del 2006 da parte del G.A. era stato adottato il D.A. n. 336 del 2008 – che aveva previsto la reviviscenza dei valori tariffari previgenti al d.a. sospeso (previsti dal Decreto n. 24059 del 1997 e dal Decreto 7104 del 2005) nelle more della definizione del giudizio amministrativo – con riserva di ripetizione” – e quindi, a seguito della definizione del contenzioso amministrativo con rigetto dei ricorsi proposti avverso il D.A. n. 1977 del 2007 e la cessazione degli effetti sospensivi scaturenti dal D.A. n. 366 del 2008, era stato emanato l’ulteriore D.A. n. 170 del 2013 che aveva ripristinato il D.A. n. 1977 del 2007-cfr.Cass.n.11079/2020-.
In definitiva, il diritto vivente di questa Corte è fermo nell’escludere che la disciplina assessoriale sopra ricordata resa in ambito regionale siciliano abbia indebitamente applicato nella RAGIONE_SOCIALE siciliana il regime di sconti tariffari introdotto dalla legislazione
RAGIONE_SOCIALE per il periodo di vigenza della legislazione RAGIONE_SOCIALEtriennio 2007/2009- che viene qui in considerazione.
Ed infatti, anche di recente questa Corte, ribadendo l’operatività nella RAGIONE_SOCIALE siciliana degli sconti tariffari per effetto della legislazione RAGIONE_SOCIALE e del ricordato d. a. n.1977 del 2007, ha ritenuto che ‘Secondo l’indirizzo di questa Corte, cui si ritiene di dover dare continuità, “in tema di remunerazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni rese per conto del RAGIONE_SOCIALE dalle strutture private accreditate, lo sconto da praticare, ai sensi della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 796, lett. o), è limitato al triennio 20072009″ (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 10582 del 04/05/2018, Rv. 648596 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27007 del 05/10/2021, Rv. 662736 – 01). L’applicabilità degli sconti tariffari di cui alla L. n. 296 del 2006 anche per l’anno 2009 (cioè, l’ultimo anno del triennio 20072009) è, del resto, implicitamente, ma inequivocabilmente, riconosciuta nei richiamati precedenti di questa Corte (in particolare, cfr.: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 10582 del 04/05/2018, Rv. 648596 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25845 del 31/10/2017), che – in controversie tra RAGIONE_SOCIALE e strutture sanitarie – hanno escluso le riduzioni tariffarie in questione per il solo anno 2010, confermandole, invece, in relazione alle prestazioni rese nell’anno 2009. Nelle suddette decisioni vengono altresì richiamate, a sostegno dell’assunto per cui gli sconti tariffari hanno operato per l’intero triennio 2007/2009, anche le pronunzie n. 739, del 1 febbraio 2017, del RAGIONE_SOCIALE di Stato, nonché n. 94, del 2 aprile 2009, della Corte Costituzionale, dalle quali (sebbene invocate dalla società ricorrente a sostegno dei suoi contrari assunti) deve ritenersi emergere, in effetti, la sostanziale conferma che l’applicabilità degli sconti tariffari disposti dalla L. n. 296 del 2007 ha efficacia temporalmente limitata, ma estesa all’intero triennio 2007/2009 (quindi, essa opera fino al 31 dicembre 2009), mentre il termine del 31 dicembre 2008 è riferito alla sola necessità
dell’aggiornamento RAGIONE_SOCIALE tariffe, senza peraltro incidere direttamente sulla applicabilità del suddetto sconto nelle more, purché nell’ambito del triennio 2007/2009.’ -cfr.Cass.n.36566/2023-.
In questa stessa linea interpretativa si è mossa la Corte di appello, appunto ritenendo che la determinazione assessoriale degli sconti tariffari e conseguentemente RAGIONE_SOCIALE tariffe in Sicilia per il periodo in considerazione- prestazioni specialistiche rese fra il gennaio ed il dicembre 2019- aveva pienamente rispettato i canoni normativi di fonte primaria, senza in alcun modo vulnerare il contenuto RAGIONE_SOCIALE convenzioni, appunto integrato per effetto dei provvedimenti normativi anzidetti ed anche a prescindere dal venir meno, per la caducazione in sede giurisdizionale, del d.m. Bindi del 1996.
Principi, peraltro, pienamente coerenti, con la giurisprudenza del RAGIONE_SOCIALE di Stato richiamata nella sentenza del C.G.A. n.503/2022 prodotta unitamente alla comparsa conclusionale dal RAGIONE_SOCIALE ricorrente e, specificamente con la sentenza n.4840/2021- e la coeva 4843/2021- del RAGIONE_SOCIALE di Stato che ha rigettato i ricorsi di numerose strutture ambulatoriali proposte avverso la decisione del Tar Lazio che aveva rigettato il ricorso proposto contro i D. A. 29 agosto 2007 n. 1745 e il D. A. 28 settembre 2007 n. 1977 e con motivi aggiunti contro il d. ass. n. 170/2013 del 28 gennaio 2013 quanto al triennio 2007/2009. In quella occasione il RAGIONE_SOCIALE di Stato ha affermato che ‘l’applicazione RAGIONE_SOCIALE tariffe di cui al d. m. 22 luglio 1996, con lo ‘sconto’ previsto dall’art. 1, comma 796, lett. o) l. n. 296/2006, trova autonomo fondamento nella portata cogente di quest’ultima disposizione, tenuto conto della genesi e della finalità della stessa (espressamente declinate dal legislatore nel senso di «garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 20072009, in attuazione del protocollo di intesa tra il Governo, le Regioni e le RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per un patto
RAGIONE_SOCIALE per la salute sul quale la RAGIONE_SOCIALE, nella riunione del 28 settembre 2006, ha espresso la propria condivisione»): con la conseguenza che l’eventuale annullamento del D. A. 28 settembre 2007 non potrebbe giammai, come auspicato dalla parte appellante, restituire vitalità precettiva al tariffario regionale di cui al D. A. 11 settembre 1997, essendo stato ormai soppiantato, con la forza gerarchicamente prevalente tipica della legge formale, dal disposto del citato art. 1, comma 796, lett. o) legge n. 296/2006. La tesi esposta trova il conforto della più recente giurisprudenza di questa Sezione (cfr. sentenza n. 6357 del 20 ottobre 2020), con la quale è stata affermato, quanto alla ‘immediata applicabilità della disciplina RAGIONE_SOCIALE, che esclude l’illegittimità del decreto presupposto’, che ‘con le disposizioni assessoriali in questione è stata assicurata l’applicazione alla RAGIONE_SOCIALE siciliana della norma prevista nella legge finanziaria, perché avente valore (come affermato dalla sentenza Corte costituzionale n. 94 del 2 aprile 2009) di principio fondamentale di coordinamento della finanza.’ Principi espressi, come detto, anche da questa Corte- cfr., conformi ex plurimis , Cass. n. 10582/2018, Cass. n. 27007/2021, Cass. n. 13037/2022-. Da qui l’infondatezza dei rilievi censori esposti dalla parte ricorrente.
Quanto al quarto motivo, la censura è parimenti infondata.
Come già ritenuto da questa Corte ed anche sopra ricordato, i provvedimenti regionali resi dall’Assessore alla Sanità della RAGIONE_SOCIALE siciliana riguardavano il recepimento nella RAGIONE_SOCIALE anzidetta della disciplina RAGIONE_SOCIALE di cui all’art.1, c.796, lett. o) della legge finanziaria 2007, ai quali si riferisce il motivo, e hanno determinato la misura dello sconto tariffario nella RAGIONE_SOCIALE siciliana, recependo la disciplina RAGIONE_SOCIALE e sono stati impugnati innanzi al giudice amministrativo, riguardando il sistema di determinazione RAGIONE_SOCIALE tariffe direttamente le convenzioni stipulate fra ambulatori e RAGIONE_SOCIALE.
Ciò nella prospettiva del giudice di appello, rendeva impossibile il loro sindacato innanzi al g.o. all’interno dei giudizi nei quali il loro contenuto veniva direttamente in gioco. Il giudice di appello ha infatti richiamato numerose pronunzie di questa CorteCass.nn.20321/2007, S.U. n.1142/2007, Cass.S.U. n.1373/2006, Cass.n.19659/2006, Cass.n.2588/2022- alcune RAGIONE_SOCIALE quali rese in ambito di tariffe applicabili ai soggetti concessionari di rapporti conclusi nell’ambito del ssn.
I principi espressi dalla Corte di appello sono senz’altro coerenti con la giurisprudenza di questa Corte che, più di recente, ha avuto modo di ribadire che “il potere di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo da parte del giudice ordinario non può essere esercitato nei giudizi in cui sia parte la P.A., ma unicamente nei giudizi tra privati” (Cass., Sez. Un., n. 2244 del 2015). Il giudice ordinario non può dunque mettere in discussione l’efficacia del provvedimento sulla controversia a lui devoluta e deve riconoscerla, decidendo, dunque, la controversia con il dare rilievo alla deliberazione e senza poterne metterne in discussione la validità e l’efficacia. In altri termini il giudice ordinario ha un potere di accertamento incidentale limitato alla sola esistenza della deliberazione e non può sindacare la sua validità ed efficacia, stante l’indicata esclusione del potere di disapplicazione, che si risolve nell’impossibilità di dar corso ad un accertamento incidenter tantum , altrimenti consentito dall’art. 34 cod. proc. civ. La ragione del restringimento della cognizione incidentale derivante dalla riferita interpretazione restrittiva dell’art. 5 della legga abolitiva del contenzioso amministrativo è che l’accertamento sulla materia oggetto dell’eccezione fondata sulla deliberazione è riservato alla giurisdizione ammnistrativa e dunque: a) se la parte privata non l’ha ancora impugnato le compete di eventualmente impugnarlo, mentre frattanto deve soggiacere alla sua efficacia; b) se l’impugnazione non è avvenuta ed il provvedimento si è
consolidato, la soggezione è a maggior ragione giustificata; c) se l’impugnazione è avvenuta e sia stata rigettata con sentenza dell’a.g.a. passata in cosa giudicata, vi è solo da dare rilievo a quest’ultima-cfr. Cass. S.U. n. 28053/2018, resa in una vicenda nella quale si discuteva, in punto di giurisdizione, della incidenza sulla pretesa di prestatori di servizi in ambito RAGIONE_SOCIALE dei provvedimenti in tema di c.d. tetto di spesa-.
Orbene, nel caso di specie la Corte di appello ha espresso siffatti principi occupandosi del d. ass. n. 1977 del 2007 -e del d. a. n. 336 che ne aveva ripristinato la vigenza – che era appunto rivolto a determinare le tariffe massime applicabili nel territorio della regione siciliana -richiamando il d. ass. n. 1745/2007 relativo agli sconti tariffari – e che, riguardando appunto la determinazione RAGIONE_SOCIALE tariffe, non poteva che involgere profili di discrezionalità riservati alla p.a. sindacabili in via principale ed in via esclusiva dal giudice amministrativo. Sicché il giudice di appello ha correttamente rifiutato di compiere un sindacato principale sulla legittimità dei provvedimenti assessoriali di determinazione RAGIONE_SOCIALE tariffe massime applicabili nel territorio della RAGIONE_SOCIALE siciliana per la remunerazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale a far data dall’1.10.2007.
Quanto al d. ass.n.1745 del 2007 ed al d. a. n. 170/2013, relativo all’applicabilità degli sconti tariffari nella regione siciliana, la censura proposta perde di consistenza una volta affermato che tali sconti erano direttamente applicabili in forza della disciplina RAGIONE_SOCIALE in forza della cogenza della portata dell’art.1, c. 796 lett. o), l. n. 296/2006 già espressa dalla Corte costituzionale e dal giudice amministrativo nei precedenti appena ricordati. La stessa Corte di appello ha poi aggiunto che il d. ass. n.170 si era limitato a prendere atto del venir meno, per effetto della definizione sfavorevole ai ricorrenti dei giudizi aventi ad oggetto il D. A. n. 1977/2007, della sospensione dei relativi effetti giuridici disposta,
nelle more dei giudizi di merito ed in esecuzione RAGIONE_SOCIALE ordinanze cautelari del giudice amministrativo di primo grado, mediante il D. A. n. 336 del 27 febbraio 2008. Ragion per cui ha in definitiva escluso che lo stesso avesse l’obiettivo di esprimere una potestà amministrativa, invece affermando un effetto ripristinatorio dei decreti assessoriali del 2007 e ritenuti legittimi.
Conclusione alla quale già pervenne questa Corte nel ritenere che ‘lo stesso RAGIONE_SOCIALE in sede giurisdizionale, ha puntualizzato che l’Amministrazione, con il Decreto n. 170 del 2013, “ha preso atto dell’avveramento della condizione apposta al proprio Decreto n. 336 del 2008 (la cessata pendenza cioè dei giudizi “sospesi” ed il conseguente venir meno RAGIONE_SOCIALE astratte ragioni di dubbio sulla legittimità del provvedimento originario) ed ha disposto perciò la revoca della sospensione adottata con tale decreto…il quale dunque, ha perduto efficacia, con conseguente reviviscenza ab origine RAGIONE_SOCIALE tariffe “sospese” di cui al D. A. n. 1977 del 2007″ (sent. 111 del 6/2/2015). Pertanto, il venir meno degli effetti RAGIONE_SOCIALE sospensive cautelari (poiché i relativi giudizi erano stati definiti dai giudici amministrativi con la reiezione dei ricorsi, sia in primo sia in secondo grado) ha determinato la realizzazione della condizione adottata con il D. A. n. 366 del 2008. Non è quindi ravvisabile la pretesa retroattività di effetti, collegata al ripristino RAGIONE_SOCIALE originarie (e più sfavorevoli) tariffe; piuttosto si è trattato della loro reviviscenza, automatica e ipso iure , determinata dal venir meno dell’effetto sospensivo, in ragione dell’avveramento della condizione prevista dal D. A. n. 366 del 2008.’ -cfr. Cass. n. 11079/2020-.
Tanto è sufficiente per ritenere nel suo complesso infondate le censure esposte nel quarto motivo.
Né assume rilievo dirimente la sentenza del C.G.A. n.503/2022, prodotta dalla ricorrente unitamente alla comparsa conclusionale,
dalla quale il RAGIONE_SOCIALE vorrebbe fare discendere l’annullamento del d. a. n.170/2013 rispetto al caso di specie.
Si tratta di una lettura della sentenza del C.G.A. che non può essere in alcun modo condivisa, ove si consideri che la sentenza n. 4840/2021 del RAGIONE_SOCIALE di Stato sulla base della quale il C.G.A. ha annullato il d. ass. n. 170/2013 prende luogo dall’annullamento parziale del detto provvedimento pronunziato dalla sentenza n. 4840/2021 solo per la parte in cui aveva ripristinato lo sconto tariffario per il periodo successivo al triennio 2007/2009, ciò risultando agevolmente dalla lettura della sentenza n. 4840/2021. Pronunzia già qui ricordata nella quale, al contrario, è stata espressamente confermata la legittimità del d. ass. anzidetto con riferimento al triennio 2007/2009 che viene qui in discussione, avuto appunto riguardo all’oggetto della lite , le prestazioni ambulatoriali rese fra il gennaio ed il dicembre 2009.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in favore dell’RAGIONE_SOCIALE in euro 4.000,00 per onorari, oltre euro 200,00 per esborsi.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso il 6 febbraio 2024 nella camera di consiglio della prima