Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22383 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22383 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23170/2021 R.G. proposto da
DIAGNOSTICA PER IMMAGINI DEL DOTT. RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in CATANIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE CATANIA , in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME
Oggetto: Pubblica Amministrazione – Prestazioni specialistiche ambulatoriali -Strutture accreditate presso SSN -Sconto tariffario ex art. 1, comma 796, lett. o), della l. n. 296 del 2006 – Estensione oltre il triennio 2006-2009 – Esclusione Fondamento – Fattispecie relativa alla Regione Sicilia
R.G.N. 23170/2021
Ud. 27/03/2025 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO CATANIA n. 344/2021 depositata il 15/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 27/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 344/2021, pubblicata in data 15 febbraio 2021, la Corte d’appello di Catania, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE CATANIA, ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Catania n. 3321/2017, pubblicata in data 12 luglio 2017, la quale, a propria volta, aveva respinto la domanda della medesima società.
Quest’ultima – struttura sanitaria operante in regime di accreditamento aveva agito al fine di far accertare l’insussistenza del credito di € 136.147,62, vantato dall’AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CATANIA a titolo di ripetizione di somme già corrisposte in esecuzione degli accordi contrattuali annuali ex art. 8quinquies , D. Lgs. 502/92.
L’AZIENDA RAGIONE_SOCIALE DI CATANIA, infatti, aveva comunicato all’odierna ricorrente il ripristino con effetto retroattivo delle tariffe di cui al D.A. n. 1977/07, le quali, a propria volta, prevedevano l’applicazione di uno sconto tariffario ed erano state temporaneamente sospese.
L’AZIENDA, pertanto, aveva attivato il procedimento di recupero delle somme corrispondenti allo sconto temporaneamente non applicato.
3. La Corte d’appello ha respinto il gravame, rilevando che la domanda di accertamento negativo proposta dall’odierna ricorrente riguardava la pretesa dell’AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CATANIA di ripetere le somme corrisposte per la remunerazione delle prestazioni erogate a tariffa piena anziché con le tariffe scontate, per effetto della temporanea sospensione del D.A. n. 1977 del 28/09/2007, disposta con il D.A. n. 336 del 27/02/2008, nelle more della definizione del contenzioso amministrativo che aveva interessato lo stesso D.A. n. 1977, la cui efficacia era stata oggetto di sospensiva in pendenza di giudizio.
La Corte territoriale ha, in primo luogo, disatteso il motivo di gravame col quale veniva dedotta la carente integrità del contradittorio rispetto all’impresa di factoring cessionaria del credito oggetto del giudizio, in quanto ha rilevato che oggetto del giudizio era il rapporto di accreditamento, rispetto al quale legittimo contraddittore era, appunto l’AZIENDA RAGIONE_SOCIALE CATANIA, e non l’impresa di factoring.
La Corte d’appello ha quindi osservato che – conclusisi i giudizi amministrativi con il definitivo rigetto dei ricorsi proposti avverso il D.A. n. 1977 del 28/09/2007 – con successivo D.A. n. 170/2013 era stato stabilito il venire meno dei presupposti ai quali erano collegati gli effetti sospensivi disposti con il D.A. n. 336/2008, con conseguente ripristino, con valenza retroattiva, dei valori tariffari di cui al D.A. n. 1977/2007.
Premesso, quindi che la remunerazione delle prestazioni rese dai soggetti accreditati non costituisce oggetto di pattuizione in seno ai contratti stipulati tra l’AZIENDA e le singole strutture, ma viene uniformemente e previamente determinata dalle regioni, mediante tariffe fissate in base a specifiche regole, con propri provvedimenti autoritativi, a ciò autorizzate dalla norma primaria, la Corte territoriale ha escluso
di esercitare il potere di disapplicazione degli atti amministrativi, in quanto nella specie si sarebbe tradotto in un esame diretto della legittimità dell’atto amministrativo.
La Corte d’appello , infine, ha disatteso le argomentazioni con le quali la ricorrente veniva a sostenere la tesi dell’inapplicabilità retroattiva delle tariffe alle prestazioni già eseguite, rilevando che D.A. n. 170/2013 non aveva comportato un’applicazione retroattiva delle tariffe ma si era limitato ad una mera ricognizione del venir meno degli effetti sospensivi che erano stati disposti con il D.A. n. 1977 del 2007.
Ha quindi concluso che, venuta meno la sospensione del D.A. n. 1977/2007, lo stesso aveva ripreso piena operatività con conseguente reviviscenza della tariffazione precedente fin dall’originaria vigenza dello stesso D.A.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catania ricorre DIAGNOSTICA PER IMMAGINI DEL DOTT. RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso AZIENDA RAGIONE_SOCIALE DI CATANIA.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a sei motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte d’appello omesso di pronunciarsi su ‘motivi ed eccezioni’ e, nella specie, sul motivo con il quale si deduceva l’omessa
motivazione della pronuncia di prime cure e sull’eccezione di tardività del richiamo all’art. 1339 c.c.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1339 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto applicabile il disposto di cui all’art. 1339 c.c. ai contratti tra le par ti già eseguiti.
Argomenta, in particolare, il ricorso che i contratti conclusi tra le parti non avevano le caratteristiche di contratti di durata e che, conseguentemente, agli stessi dovevano trovare applicazione le tariffe stabilite con diverso D.A. 24059/1997, risultand o invece inapplicabile l’art. 1339 c.c. ‘non essendovi alcuna ‘residua durata’ che legittimerebbe in thesi l’applicazione del disposto di cui all’art. 1339 c.c.’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 101 e 102 c.p.c.; 8bis e 8quinquies, D. Lgs. n. 502/92.
Si censura la decisione della Corte d’appello per avere escluso la sussistenza di un litisconsorzio necessario rispetto all’impresa di factoring cui i crediti dell’odierna controricorrente sarebbero stati ceduti.
Osserva la società ricorrente che l’eccezione è stata disattesa dalla Corte territoriale facendo riferimento al rapporto di accreditamento, il quale invece, ex art. 8bis, D. Lgs. n. 502/92 intercorre tra Regione e struttura sanitaria, laddove nella specie a venire in rilievo era il diverso rapporto tra Azienda Sanitaria e struttura sanitaria.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., il carattere apparente della motivazione della sentenza.
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1, comma 796, lett. o), Legge n. 296/2006; del D.M. 12 settembre 2006, del D.A. 1977 del 28.9.2007 e del D.A. 336/2008.
Si censura la decisione impugnata in quanto la stessa non avrebbe considerato che il D.A. n. 170/2013, nel ripristinare le tariffe scontate, non poteva incidere sui contratti già interamente eseguiti dalle parti e relativi a rapporti già esauriti, in applicazione dei principi di buona fede, correttezza, diligenza e reciproco affidamento, senza dubbio applicabili alla fattispecie, poiché, anche ricorrendo alla figura della concessione di servizio pubblico (richiamata dal giudice di appello), occorreva sempre distinguere l’atto di accreditamento istituzionale (art. 8 quater d.lgs. n. 502 del 1992) dall’accordo contrattuale (art. 8 quinquies d.lgs. n. 502 del 1992).
Si evidenzia ulteriormente che:
-contrariamente a quanto asserito nella decisione impugnata, nei contratti conclusi tra le parti non era inserita alcuna riserva di ripetizione;
-con sentenza emessa il 24 giugno 2021, il Consiglio di Stato ha in parte annullato il D.A. n. 170/2013, ritenendo che l’art. 1, comma 796, lett. o), l. n. 296 del 2006 avesse efficacia temporale limitata agli anni 2007 e 2008, con la conseguenza che il D.A. n. 170/2013 non poteva giustificare la ripetizione dei compensi liquidati per gli anni successivi;
-tale ricostruzione proposta sarebbe anche coerente con la sentenza della Corte costituzionale n. 203/2006, che aveva già affermato il basilare principio giuridico per cui una norma che prevede una riduzione della remunerazione contrattualmente prevista per le prestazioni sanitarie rese in regime di accreditamento deve senz’altro interpretarsi nel senso che può sì incidere sui contratti già stipulati, ma solo con decorrenza successiva alla sua entrata in vigore, ossia con esclusivo riguardo
alle prestazioni sanitarie non ancora eseguite dai soggetti accreditati.
1.6. Con il sesto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., per avere la corte condannato la ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Argomenta il ricorso che ‘sulla base dei motivi esposti avrebbe dovuto condannare controparte al pagamento delle spese di lite, per cui si chiede la cassazione di tale punto della pronunzia impugnata, con condanna al pagamento delle spese legali del giudizio di primo grado e di ap pello’ .
2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Poiché la ricorrente viene a dolersi dell’omessa pronuncia della Corte territoriale ‘su motivi ed eccezioni’ , è opportuno esaminare separatamente i due profili, peraltro sempre affermandone l’inammissibilità.
Quanto all’omess a pronuncia su una eccezione di natura processuale -e cioè ‘la tardività e per l’effetto l’inammissibilità del richiamo all’art. 1339 c.c.’ – è sufficiente richiamare il consolidato orientamento di questa Corte, a mente del quale il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10422 del 15/04/2019; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25154 del 11/10/2018; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1876 del 25/01/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22083 del 26/09/2013).
Quanto, invece, alla doglianza riferita alla mancata statuizione su ‘motivi’ di appello, si deve invece ricordare che, per integrare il vizio di omessa pronuncia, occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto (cfr.
Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12652 del 25/06/2020; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 15255 del 04/06/2019; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 18491 del 12/07/2018; Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014).
Tale ipotesi si verifica quando il giudice non decida su alcuni capi della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte, ovvero pronunci solo nei confronti di alcune parti, e non nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 452 del 14/01/2015), così come il mancato o insufficiente esame delle argomentazioni delle parti integra un vizio di natura diversa, relativo all’attività svolta dal giudice per supportare l’adozione del provvedimento, senza che possa ritenersi mancante il momento decisorio (cfr. Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 5730 del 03/03/2020; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017; Cass. Sez. L, Sentenza n. 1360 del 26/01/2016).
Nel caso in esame, la ricorrente viene a dedurre una omessa pronuncia in relazione al motivo di appello con il quale censurava la decisione di prime cure per difetto di motivazione.
Ebbene, è agevole osservare che, secondo costante orientamento di questa Corte, il vizio di nullità della sentenza di primo grado per mancanza di motivazione non rientra fra quelli, tassativamente indicati, che ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comportano la rimessione della causa al primo giudice, dovendo il giudice del gravame, ove ritenga la sussistenza del vizio, porvi rimedio pronunciando nel merito della domanda, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che è privo di rilevanza costituzionale (cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 13733 del 17/06/2014; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13705 del 12/06/2007; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13426 del 20/07/2004).
È inevitabile constatare, allora che, nel momento in cui la Corte territoriale è venuta in ogni caso a pronunciarsi sulla questione sottoposta al suo vaglio senza ravvisare il vizio di motivazione, ha implicitamente disatteso il motivo di gravame, fermo restando che, anche nell’ipotesi di ritenuta fondatezza dello stesso, la Corte non avrebbe potuto provvedere diversamente dall’assumere una decisione nel merito, essendo in ogni caso esclusa l’applicazione dell’art. 354 c.p.c.
Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso.
Lo stesso, infatti, non riesce a cogliere -e quindi censurare adeguatamente – la ratio della decisione impugnata, la quale è venuta a richiamare l’art. 1339 c.c. solo in relazione alla tematica della predeterminazione delle tariffe da applicare nei contratti conclusi tra la struttura accreditata ed il Servizio Sanitario, mentre ha imperniato il proprio decisum sulla ben diversa considerazione per cui, venuta meno la temporanea sospensione disposta con il D.A. n. 336 del 27/02/2008, il precedente D.A. n. 1977 del 28/09/2007 aveva ripreso piena vigenza con effetto ex nunc -e cioè, come se non fosse mai stato sospeso -con conseguente applicazione a tutti i contratti conclusi dalle parti nel corso degli anni.
Tale ratio -sulla quale si avrà modo di ritornare in sede di esame del quinto motivo -non risulta in alcun modo censurata adeguatamente dal motivo in esame, da ciò derivando l’inammissibilità dello stesso.
Il terzo motivo di ricorso è, invece, infondato.
In fattispecie sul punto quasi sovrapponibile a quella ora in esame, infatti, questa Corte (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16585 del 2024) ha osservato che ‘ il rapporto tra cedente e cessionario – sia nel caso in cui la cessione sia stata notificata al debitore ceduto, sia nel caso in cui sia stata da costui accettata – rimane autonomo e distinto da quello tra
cessionario e debitore ceduto e così pure dal rapporto tra cedente e debitore ceduto, giacché non si tratta di un rapporto giuridico sostanziale unico comune a più soggetti (cfr. Cass. 15.12.1987, n. 9295) ‘ ; che ‘g li enunciati postulati possono essere riferiti pur ai rapporti che si correlano ad un contratto di factoring ‘ ; che ‘ da tempo questo Giudice spiega che, al di fuori dei casi in cui la legge espressamente impone la partecipazione di più soggetti al giudizio instaurato nei confronti di taluno di essi , ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario allorché l’azione tenda alla costituzione o alla modifica di un rapporto plurisoggettivo unico ovvero all’adempimento di una prestazione inscindibile, incidente su una situazione giuridica inscindibilmente comune a più soggetti (cfr. Cass. 27.6.2006, n. 17027; Cass. 30.1.1995, n. 1093; Cass. (ord.) 16.2.2023, n. 4849). ‘
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
Giova rammentare che questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Il motivo di ricorso, invece, si limita ad affermare del tutto apoditticamente la incomprensibilità della motivazione della decisione impugnata senza neppure procedere ad un’analisi del percorso argomentativo seguito dalla Corte catanese e senza individuare alcun possibile elemento anche solo astrattamente riconducibile alle ipotesi prima elencate, da ciò derivando la radicale inammissibilità del motivo medesimo.
Ciò non esime questa Corte dal rilevare, in ogni caso, che nessuna delle carenze estreme cui viene ora a ridursi l’ambito applicativo dell o art. 132, n. 4), c.p.c. risulta ravvisabile nella motivazione della decisione impugnata, la quale espone il proprio percorso argomentativo in modo sintetico ma comunque completo, univoco, comprensibile ed immune da affermazioni reciprocamente inconciliabili.
Fondato è, invece, il quinto motivo.
La tematica, invero, è stata recentemente affrontata da questa Corte in numerosi propri precedenti, ai quali, in questa sede, si intende dare continuità e con i quali è stato reiteratamente affermato il principio per cui, in tema di remunerazione di prestazioni sanitarie rese per conto del Servizio sanitario nazionale, lo sconto previsto dall’art. 1, comma 796, lett. o), della l. n. 296 del 2006, operativo anche in Sicilia per effetto del D.A. n. 1745 del 2006, secondo le tariffe determinate dal successivo D.A. n. 1997 del 2007, essendo collegato al piano di rientro della legge finanziaria, ha efficacia temporalmente limitata al triennio 2007-2009 anche in tale Regione (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 22742 del 12/08/2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 22735 del 2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16585 del 2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4832 del 2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4160 del 2024; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 36566 del 2023).
Richiamata la motivazione di tali precedenti anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., si può, in questa sede, sinteticamente ribadire la posizione di questa Corte, e cioè che i provvedimenti assessoriali della Regione Sicilia via via succedutisi nella materia hanno dato attuazione alla disciplina nazionale in tema di sconti, senza produrre alcuna indebita modifica dei rapporti intercorsi fra strutture ambulatoriali e RAGIONE_SOCIALE, poiché all’esito del contenzioso riguardante il D.A. n. 1977/2007, l’Assesso rato ha semplicemente preso atto del venir meno dell’efficacia sospensiva prodotta dall’intervento cautelare del giudice amministrativo, non trattandosi di ripristino retroattivo delle tariffe scontate, ma della loro ‘reviviscenza’ connessa al venir meno dell’effetto sospensivo (v. tra le tante Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 14778 del 10/07/2020; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 36566 del 30/12/2023; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4832 del 23/02/2024).
Questa stessa Corte ha anche precisato che la disciplina introdotta dall’art. 1, comma 796, lett. o), l. n. 296 del 2006, operativa ed efficace anche in Sicilia per effetto del D.A. n. 1745/2007, secondo le tariffe determinate con il D.A. n. 1977/2007, è intrinsecamente connaturata al ‘piano di rientro” esplicitato nella legge finanziaria e, pertanto, ha efficacia temporalmente limitata, che non può superare il triennio 2007/2009 (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 10582 del 04/05/2018; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 27007 del 05/10/2021; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20758 del 28/06/2022; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4832 del 23/02/ 2024).
Alle stesse conclusioni è pervenuta la sentenza del Consiglio di Stato che ha affermato che lo sconto che le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del RAGIONE_SOCIALE devono praticare ai sensi dell’art. 1, comm a 796, lett. o), l. n.
296 del 2006, è limitato al triennio 2007-2009, con conseguente invalidità del D.A. n. 170/2013, nella parte in cui, prendendo atto della reviviscenza delle tariffe scontate, a seguito del rigetto delle impugnazioni che avevano determinato la sospensione c autelare dell’efficacia del D.A. n. 1977/2007, non tiene conto di tale limite temporale ai fini del recupero del credito derivante dagli sconti applicati (Cons. Stato, Sez. III, Sentenza n. 4840 del 24/06/2021; conf. Cons. Stato, Sez. III, Sentenza n. 4843 del 24/06/2021).
In base al meccanismo normativo sopra descritto, infatti, il decreto ministeriale ha determinato le tariffe massime da applicare.
Entro il limite della soglia massima determinata dal decreto ministeriale la Regione ha fissato le tariffe, ed ove tale soglia risulti superata l’importo eccedente resta a carico del bilancio regionale.
Le due fonti, in sintesi, concorrono, nel senso che l’autorità ministeriale determina la soglia massima, mentre la regione fissa la tariffa in concreto da applicare entro la detta soglia.
Lo sconto trova quindi applicazione sulla tariffa fissata dalla Regione nell’ambito della soglia massima determinata con il decreto ministeriale ed ove tale soglia venga superata unica conseguenza è che l’eccedenza resti a carico del bilancio regionale (v. da ultimo Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4832 del 23/02/2024).
Nella Regione Sicilia l’applicazione della legge statale è stata prevista dal D.A. n. 1745 del 2007 a far data dal 01/01/2007, poi, con il D.A. n. 1977 del 2007 è stato sancito che le tariffe massime applicabili nel territorio della Regione Sicilia per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale a far data dal 1/10/2007 sarebbero state quelle precisate dal D.M. Salute 13 settembre 2006, art. 3, con l’applicazione dello sconto previsto dall’art. 1 , comma 796, lett. o), l. n. 296 del 2006.
A seguito del provvedimento di sospensione del D.A. n. 1977 del 2006 da parte del giudice amministrativo, è stato adottato il D.A. n. 336 del 2008, che ha previsto la reviviscenza dei valori tariffari previgenti al D.A. (previsti dal D.A. n. 24059/1997 e dal D.A. n. 7104/2005), nelle more della definizione del giudizio amministrativo, e con riserva di ripetizione.
A seguito della definizione del contenzioso amministrativo con rigetto dei ricorsi proposti avverso il D.A. n. 1977/2007 e la cessazione degli effetti sospensivi scaturenti dal D.A. n. 366/2008, è stato emanato l’ulteriore D.A. n. 170/2013 che ha ripristinato il D.A. n. 1977 del 2007 (tra le tante, v. da ultimo Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4832 del 23/02/2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 11079 del 10/06/2020).
Lo sconto da praticare, ai sensi dell’art. comma 796, lett. o), l. n. 296 del 2006, è comunque limitato al triennio 2007-2009 (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 10582 del 04/05/2018; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 27007 del 05/10/2021; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20758 del 28/06/ 2022; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4832 del 23/02/2024).
Come evidenziato anche dal Consiglio di Stato, il D.A. n. 170/2013 non si prefigge di esprimere una potestà amministrativa, ma si limita a prendere atto del venir meno, per effetto della definizione sfavorevole ai ricorrenti dei giudizi aventi ad oggetto il D.A. n. 1977/2007, della sospensione dei relativi effetti giuridici disposta nelle more dei giudizi amministrativi, senza però tenere conto del fatto che la fonte del regime tariffario ripristinato aveva perso, a decorrere dal 2010, la sua efficacia, limitata al triennio 2007/2009, come rilevato dalla Corte costituzionale nella menzionata sentenza e da numerosi altri precedenti giurisprudenziali anche di legittimità ivi richiamati.
Nel caso in esame, la decisione impugnata non risulta conforme ai principi qui richiamati, dal momento che la Corte territoriale ha invece
ritenuto legittimo il recupero di somme erogate senza l’applicazione dello sconto tariffario negli anni successivi al 2009, e cioè in anni nei quali tale sconto non era più operativo, con la conseguenza che, nei limiti appena specificati, il motivo deve essere accolto.
L’accoglimento del quinto motivo determina l’assorbimento del sesto.
Il ricorso deve quindi essere accolto limitatamente al quinto motivo, inammissibili i motivi primo, secondo, terzo e quarto ed assorbito il sesto motivo e, per l’effetto, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, la quale si conformerà ai principi qui richiamati e provvederà a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, dichiara inammissibili il primo, il secondo, il terzo e il quarto ed assorbito il sesto, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima