Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 185 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 185 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13560/2021 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME DI NOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME DI NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME , rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (EMAIL giusta procura speciale allegata al ricorso.
–
ricorrenti – contro
INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (avv.EMAIL che lo rappresenta e difende, anche disgiuntamente, con l’avvocato COGNOME NOME (avv.EMAILinpsEMAIL, giusta procura speciale in calce al controricorso. -controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 879/2021 depositata il 10/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti odierni convenivano in giudizio, avanti al Tribunale di Napoli, l’INPDAP, esponendo: -) che, in forza del d.l. n. 351/2001, avevano acquistato gli immobili siti in Napoli, INDIRIZZO, di cui erano conduttori, a seguito della loro dismissione da parte dell’ INPDAP, ente proprietario; -) che
avevano diritto a vedersi restituita la riduzione del prezzo d’acquisto pattuita dall’INPDAP ai sensi del Protocollo d’intesa del 7 maggio 2003 stipulato dall’ente con le OO.SS. degli inquilini; -) che con tale Protocollo l’INPDAP si era infatti impegnato a riconoscere una riduzione del valore di tutti i cespiti del CDN, fissando tale riduzione nella misura dell’8% del prezzo di stima dei singoli alloggi: -) che tale riduzione era stata pattuita tenendo conto delle pessime condizioni di fatto in cui gli alloggi versavano, e quindi del decremento del valore dei singoli cespiti; -) che successivamente era intervenuto il d.l. 41/2004, emanato per far fronte alle notevoli variazioni dei valori degli immobili che si erano verificate dal 2001 (data di entrata in vigore del decreto n. 351) sino alla data di esaurimento delle operazioni di cartolarizzazione, variazioni che avrebbero portato danno agli acquirenti; ) che il citato d.l. prevedeva all’art. 1 che i prezzi di vendita degli immobili avrebbero dovuto essere calcolati sulla base dei valori alla data di ottobre 2001, fissando un coefficiente progressivo di abbattimento da applicarsi sia alle vendite in essere sia a quelle già avvenute, nella forma del rimborso dell’eccedenza; per il territorio di Napoli il coefficiente era pari a 0,75; -) senonchè, rispetto agli odierni ricorrenti, che avevano acquistato nell’anno 2003, l’INPDAP non aveva riconosciuto la piena applicazione del coefficiente di riduzione dello 0,75 del prezzo versato, bensì il solo rimborso della differenza tra questo coefficiente di abbattimento e la percentuale dell’8% già determinata sul prezzo finale di vendita, sul rilievo per cui la previsione normativa del coefficiente aggregato di abbattimento assorbisse e sostituisse la riduzione percentuale fissata con il Protocollo del 7 maggio 2003.
In sostanza, quindi, gli odierni ricorrenti, in allora attori, chiedevano l’applicazione in loro favore della applicazione della percentuale di riduzione dell’8%, così come determinata e
specificata nel Protocollo di intesa del 7 maggio 2003, indipendentemente dall’applicazione del coefficiente aggregato di abbattimento di cui al d.l. 41/2004.
1.1. Svolgevano intervento adesivo nel giudizio i signori COGNOME, COGNOME e COGNOME
Si costituiva, resistendo, l’INPDAP, che in particolare sosteneva che l’accordo sindacale del 7 maggio 2003 era stato assorbito e reso inefficace dalla sopravvenuta disciplina del coefficiente aggregato di abbattimento di cui al d.l. 41/2004.
1.2. Con sentenza n. 11230/2013 il Tribunale di Napoli, rilevando che non vi era prova dell’assunto dell’Ente secondo cui il coefficiente aggregato di abbattimento di cui al d.l. 41/04 avesse assorbito lo sconto in percentuale dell’8% – pattuito con il Protocollo del 2003, accoglieva la domanda e condannava l’INPDAP al rimborso in favore degli attori e degli intervenuti delle somme richieste (che l’ente non aveva contestato nel quantum ).
Avverso tale sentenza proponeva appello l’INPS, in qualità di successore ex lege dell’INPDAP; si costituivano, resistendo al gravame, gli appellati.
In particolare l’INPS deduceva: -) la violazione degli artt. 1965 e ss. cod. civ per le avvenute transazioni dei signori COGNOME COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME COGNOME, COGNOME; ) l’inammissibilità dell’intervento dei signori COGNOME e COGNOME; ) la violazione dell’art. 3 comma 20 del d.l. 351/2001 per COGNOME NOME, per omessa manifestazione di volontà optativa entro il 31 ottobre 2001; -) la identità di ratio tra le riduzioni di cui al Protocollo del 2003 e di cui al d.l. 41/2004.
2.1. I signori COGNOME COGNOME e COGNOME proponevano appello incidentale, lamentando che il giudice di prime cure non si era avveduto delle loro istanze ed aveva loro liquidato somme errate nel quantum .
Successivamente, il solo COGNOME NOME conveniva l’INPDAP avanti al Tribunale di Napoli, allegando di aver esercitato il diritto di opzione, di essere stato messo in grado di acquistare l’immobile dopo circa tre anni dall’esercizio di tale diritto e, alla luce della evoluzione normativa descritta, di aver diritto a beneficiare della riduzione del prezzo nella misura fissata dal d.l. 41/04, con il coefficiente di abbattimento fissato per la provincia di Napoli.
3.1. Con sentenza n. 5939/2017 il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda, condannando l’ente alla restituzione della differenza tra il prezzo effettivamente versato ed il prezzo determinato in applicazione del coefficiente di abbattimento.
Avverso tale sentenza l’INPS proponeva appello, tra l’altro deducendo la improponibilità della domanda dell’COGNOME per frazionamento dell’unico credito nascente dall’unico diritto al rimborso.
I due appelli dell’INPS venivano riuniti e decisi dalla Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 879/2021 del 10 marzo 2021, con cui: ) veniva accolto l’appello dell’ INPS avverso la sentenza n. 11230/2013, con conseguente rigetto della domanda proposta dagli originari attori, acquirenti degli immobili dismessi; -) veniva dichiarato assorbito l’appello incidentale proposto dai signori COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME; ) veniva accolto l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza n. 5939/2017 ed in particolare veniva dichiarata improponibile la domanda proposta da COGNOME NOME.
Avverso tale sentenza tutti i ricorrenti indicati in epigrafe propongono ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Resiste l’INPS con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME denunciano, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. la violazione dell’art. 1965 cod. civ. in relazione all’art. 84 cod. proc. civ.
Lamentano che la corte di appello è incorsa in errore di diritto, là dove ha ritenuto che: ‘l’oggetto specifico dell’accordo transattivo, intervenuto nelle date del 25.12.2005 e 3.1.2006 appare appunto finalizzato a dirimere la controversia giudiziale tra le menzionate parti e l’INPDAP, con cui detto Ente era stato convenuto in giudizio onde sentir accertare il loro diritto al rimborso del maggior prezzo da loro corrisposto per l’acquisto delle dette unità immobiliari, come previsto dal DL 23.2.2004 n. 41 convertito con modificazioni nella L. 23.4.2004 n. 104. Con detto accordo l’INPDAP ha riconosciuto il diritto di coloro che ne avevano i requisiti, al rimborso del maggior prezzo da loro corrisposto per l’acquisto delle rispettive unità immobiliari, come previsto dalla suindicata norma di legge e, dal canto loro, gli attori hanno dichiarato di accettare a transazione e tacitazione totale e definitiva del diritto al rimborso del maggior prezzo di cui trattasi, la somma come sopra determinata … e con l’impegno ad estinguere il giudizio in corso, rinunciando espressamente ad ogni e qualsivoglia diritto e/o azione connessa e/o consequenziale al giudizio transatto relativamente al contratto di compravendita … Appare quindi irrilevante la limitazione, sostenuta dagli appellati, della rinuncia ai soli atti del giudizio in corso che sarebbe stato fatto dichiarare estinto posto che, contrariamente a detto assunto difensivo, appare invece chiaramente manifestata la volontà di rinunziare a ogni e qualsivoglia diritto connesso o consequenziale al giudizio transatto … cosicchè deve ritenersi certamente
ricompreso anche l’oggetto del giudizio che ci occupa’.
Con il secondo motivo i ricorrenti tutti denunciano, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 1362 cod. civ. in relazione alla illogica ed illegittima interpretazione del combinato dell’art. 1 co. II e III del d.l. 41/04 e delle pattuizioni contenute nel testo dell’accordo sindacale del 7.05.2003, nonche’ dell’art. 1, ultimo comma del d.m. 14493/04.
Lamentano che la corte d’appello è incorsa in un evidente errore di diritto, pervenendo ad una interpretazione del combinato disposto dell’art. 1 del menzionato d.l. 41/04 e del testo dell’accordo collettivo del 7 maggio 2003 assolutamente inesistente e, comunque, non consentita.
Con il terzo motivo, i ricorrenti COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME denunciano, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Deducono che è ‘rimasta inevasa la questione della domanda formulata da tali parti, non essendo necessari ulteriori approfondimenti e non essendovi stata alcuna contestazione sul quantum debeatur, né in I° né in II° grado, ferma restando l’esattezza e la correttezza della pronuncia di I° grado in ordine all’an debeatur, e considerato che il Giudice di I° grado è incorso in un evidente errore sul quantum debeatur (laddove, non avvedendosi di quanto richiesto dagli istanti, ha liquidato loro delle somme erronee, peraltro da dividersi al 50% tra gli stessi), e chiedono in via principale che questa Suprema Corte decida nel merito, pertanto pervenendo a ‘condannare l’INPS, quale successore dell’INPDAP, alla restituzione in favore del sig. COGNOME NOME della somma di Euro 8.648,24, alla restituzione in favore del sig. NOME della somma di Euro 8.431,68, alla restituzione in favore del sig. COGNOME NOME della somma di Euro 6.589,68, alla restituzione in favore del sig. COGNOME NOME della somma di Euro 5.340,32. Il tutto con i dovuti interessi,
nella misura già fissata in sentenza di I° grado’.
Con il quarto motivo il ricorrente COGNOME denuncia la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’art. 5 d.lgs. 104/1996 ed all’art. 3, comma 20 d.l. 315/2001 conv. in l. 140/2001 nonché all’art. 1 d.l. 41/2004 conv. in l. 104/2004 e al d.m. 14493/04.
Lamenta che la corte di merito non ha correttamente considerato la sua posizione, connotata dal fatto per cui egli non avrebbe ‘mai dichiarato di aver manifestato la propria volontà di acquisto ai sensi dell’art. 3, comma 3 del d.l. n. 351/2001, ma ha invece dichiarato di aver manifestato la volontà di acquisto ben prima della emanazione di tale decreto legge, ai sensi e per gli effetti del d.lgs. n. 104/1996’ (v. p. 37 del ricorso).
Con il quinto motivo il ricorrente COGNOME denuncia violazione dell’art. 360 comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione alla dichiarazione di improponibilità della domanda per parcellizzazione del credito.
Censura l’impugnata sentenza là dove, tra l’altro, afferma che, sebbene vogliano ritenersi diversi i petita nei due giudizi, essi discenderebbero comunque dal medesimo fatto storico ed al momento della proposizione del primo giudizio erano ben noti i fatti posti a fondamento del secondo giudizio.
6. Il primo motivo è inammissibile.
Non riporta e non trascrive il contenuto degli atti di transazione e, là dove anche argomenta in ordine al contenuto dei poteri di transigere del difensore, parimenti non riporta e non trascrive alcunchè; né le transazioni né la procura risultano prodotti.
Pertanto, questa Corte non è posta nelle condizioni di poter valutare la decisività e la fondatezza delle censure proposte.
Va rammentato che il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., interpretato in modo non
formalistico secondo i principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 (Cass. S.U. 18 marzo 2022, n. 8950), consiste in un’esposizione che deve garantire a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia ma anche del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U., 28 novembre 2018, n. 30754, che richiama Cass., n. 21396 del 2018); la valutazione in termini d’inammissibilità del ricorso non esprime, naturalmente, un formalismo fine a sé stesso, bensì il richiamo al rispetto di una precisa previsione legislativa volta ad assicurare uno “standard” di redazione degli atti che, declinando la qualificata prestazione professionale svolta dalla difesa e presupposta dall’ordinamento, si traduce nel sottoporre al giudice nel modo più chiaro la vicenda processuale permettendo, in quel perimetro, l’apprezzamento delle ragioni della parte (Cass., Sez. U., n. 30754 del 2018, cit.); si tratta, come evidente, di una ricaduta del principio di specificità del gravame, calato nel giudizio a critica vincolata qual è quello della presente sede di legittimità (v. Cass., 8117/2022).
Il secondo motivo, come pure il quinto, che per la stretta connessione può essere scrutinato congiuntamente ad esso, sono fondati.
7.1. Ancora di recente, questa Corte ha avuto modo di affermare il seguente principio di diritto: ‘in tema di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, nella determinazione del maggior prezzo pagato che l’ente è tenuto a rimborsare agli acquirenti che ne facciano richiesta, il coefficiente di abbattimento ex art. 1 del d.l. n. 41 del 2004 (per il Comune di Napoli pari al 24,05%) deve ritenersi applicabile all’importo effettivamente versato, già comprensivo della riduzione dei valori di stima nella misura dell’8%, concordata dall’ente con i sindacati
degli inquilini, trattandosi di benefici che operano su piani distinti, in quanto la norma nazionale opera a livello generale ed ha lo scopo di ricondurre ad equità situazioni di disparità dovute ai ritardi della pubblica amministrazione nella conclusione del procedimento di stima, mentre l’accordo locale è destinato ad incidere sul prezzo anche in ragione delle condizioni manutentive dell’immobile’ (v. Cass., 4032/2024; v. già in precedenza Cass., n. 26810/2022; Cass., n. 27250/2023).
Sulla scorta di tali precedenti, cui si intende dare continuità, va pertanto rilevato:
-che nel caso di specie è pacifico che l’INPDAP -oggi INPSdovesse corrispondere agli odierni ricorrenti il rimborso, come contemplato dalla disciplina sopra riportata, sulla base del coefficiente di abbattimento come determinato ai sensi dell’art. 1, comma 2, del suddetto d.l. n. 41 del 2004;
-che la questione controversa è se la sopravvenuta riduzione del prezzo intervenuta per via legislativa ex d.l. n. 41 del 2004 costituisca una duplicazione della riduzione già intervenuta tra le parti in virtù del citato accordo del maggio 2003, e dunque se l’ente proprietario, nell’effettuare il rimborso, debba considerare la riduzione dell’8 % praticata sulla base del suddetto accordo ovvero calcolare il suddetto abbattimento sul prezzo originariamente determinato, senza cioè computare l’indicata decurtazione;
-che la ratio chiaramente evincibile dal dato letterale, consente di affermare che l’intento del legislatore sia stato quello di evitare che l’anomalo aumento del valore del mercato immobiliare, verificatosi nell’anno 2001, andasse a detrimento di quegli acquirenti che, solo per cause imputabili all’ente proprietario, per il ritardo nell’espletamento della procedura di vendita, avendo dovuto subirne gli effetti, con evidente disparità di trattamento rispetto a quelli, che avevano ottenuto l’acquisto
entro tempi più rapidi e, comunque, prima dell’anomalo aumento dei prezzi. E tale norma risulta essere intervenuta dopo che, a livello locale, le rappresentanze sindacali degli inquilini o conduttori di immobili appartenenti ad enti pubblici avevano condotto trattative ed ottenuto accordi, che tenessero conto delle “peculiarità locali” della vendita, sicché laddove il legislatore avesse voluto eliderne gli effetti e le condizioni a livello locale rideterminate, ben avrebbe potuto e dovuto farne espressa menzione nella legge, successiva a tutte le rimostranze ed agli accordi che, pur determinatisi a livello locale, avevano indotto all’adozione della Legge in commento a livello nazionale;
-che l’accordo locale e la normativa legislativa si pongono su piani distinti , essendo il primo destinato -mediante uno scontoad incidere sulla determinazione del prezzo, anche in considerazione delle condizioni manutentive e di fatto degli immobili oggetto di cartolarizzazione, mentre la seconda, operando a livello nazionale e generale, ha lo scopo -mediante un demoltiplicatoredi ricondurre ad equità una situazione di disparità, determinatasi per ritardi imputabili alla P.A. nella conclusione del procedimento di stima.
7.2. In forza dei suindicati principi, risulta pertanto erronea l’interpretazione del combinato disposto del contenuto del Protocollo del 7 maggio 2003 e dell’art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l. 23 febbraio 2004 n. 41, data dalla Corte di Appello di Napoli nella sentenza impugnata, nel senso che il prezzo base per praticare l’abbattimento non sarebbe quello di vendita, comprensivo del concordato sconto dell’8%, bensì quello normativamente previsto nell’ambito della disciplina generale di cui all’originario d.l. n. 351 del 2001, sicchè il d.l. n. 41/2004 avrebbe superato il contenuto dell’accordo sindacale e non sarebbe consentito il cumulo delle due riduzioni.
Siffatta interpretazione è inoltre smentita dal dato testuale
del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 14493 del 26.03.2004, richiamato espressamente dai ricorrenti, ed emanato per introdurre le modalità applicative delle disposizioni normative contenute nel d.l. n. 41/2004, che, all’ultimo comma, ha sancito: ‘al prezzo determinato ai sensi dell’art. 1 del decreto -legge n. 41, sono applicati gli eventuali ulteriori abbattimenti di prezzo cui il conduttore abbia diritto’, così riconoscendo esplicitamente la legittimità di ulteriori sconti non compresi nel richiamato coefficiente aggregato di abbattimento.
7.3. Come detto, anche il quinto motivo è fondato, in forza dei principi di diritto posti da questa Suprema Corte (v. anche Cass., 26856/2016), per cui risulta accertata la diversità ed autonomia tra il credito al rimborso di cui all’accordo sindacale del 7 maggio 2003, fondato su titolo contrattuale, ed il credito all’applicazione del coefficiente aggregato di abbattimento del prezzo, previsto dal d.l. 41/04 e dunque riconosciuto ex lege .
Nel caso di specie non risulta quindi predicabile -ed erra la corte di merito là dove invece la rileval’improponibilità della domanda dell’Indolfi, data la diversa causa petendi tra le due azioni, che dunque lo legittimava alla loro proposizione in tempi e momenti separati.
8. Il terzo ed il quarto motivo vanno dichiarati assorbiti.
Il terzo motivo, perché nel riesaminare i fatti e le questioni di causa secondo i sopra indicati principi di diritto, la corte di merito potrà rivalutare nel quantum anche la posizione dei signori COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME
Il quarto motivo, perché pone delle questioni logicamente conseguenti a quelle oggetto del quinto motivo; sgombrato il campo da qualsivoglia riferimento alla improcedibilità per abusivo frazionamento del credito, la corte di merito dovrà riesaminare le domande proposte dall’COGNOME sotto il profilo delle questioni relative all’esercizio del diritto di opzione.
In conclusione, il primo motivo va dichiarato inammissibile, il secondo ed il quinto motivo vanno accolti, mentre il terzo ed il quarto vanno dichiarati assorbiti.
L’impugnata sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, per nuovo esame in applicazione dei suindicati principi ed anche per provvedere alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo ed il quinto motivo, dichiara assorbiti il terzo ed il quarto motivo.
Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza